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Autore: ethelincabbages    07/06/2017    3 recensioni
Questa è la storia di quello che sarebbe successo se Harry e Hermione non fossero stati quei retti e leali eroi che noi conosciamo. Questa è la storia di quello che sarebbe potuto succedere in una tenda nascosta nel nulla inglese, una notte di dicembre, tra due ragazzi soli, spaventati e alla ricerca di un po' di calore. Questa è la storia di un errore.
Chi sei, Chris? Chi sei?
Un’incrinatura sul percorso lineare del destino. Sei un pensiero scritto frettolosamente nella stesura di una lettera altrimenti perfetta, una frase sbagliata che hanno cercato con sollecitudine di cancellare, sistemare, riordinare in qualche modo. E non ci sono riusciti.

Avvertimenti: Questa storia contiene una buona dose di drammaticità postmoderna, qualche triangolo amoroso, diversi cliché, personaggi che potrebbero essere considerati Out of Character e personaggi non presenti nella saga originale.
Genere: Angst, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
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Capitolo 39
Tra cenere e polveri
 
3:00 PM. Al nostro solito posto.
Damian
Chris attraversò con calma il tunnel sotto il Lago Nero prima di spiegare nuovamente l’origami inviatole da Blackwood. Voleva assicurarsi di non essersi sbagliata. Damian aveva una grafia così minuta e precisa che era quasi irritante. Come tutto di lui, del resto.
“Adesso abbiamo anche un posto nostro?” domandò, a mo’ di saluto, non appena lo vide. Era rannicchiato su se stesso ai piedi della quercia che aveva fatto da cornice al loro primo incontro privato nella Foresta Proibita, aveva un libro sulle gambe e il mantello gli copriva ogni lembo di pelle. Su di lui, Fanny se ne stava accovacciata, arpionando concentrata uno dei suoi rami preferiti. Era un quadretto strano, in quel paesaggio imbiancato dalla neve. Strano, ma non del tutto spiacevole.
Quando Damian sentì la voce di Chris, alzò gli occhi dal libro e ne incrociò lo sguardo. Sorrise.
“Hai capito benissimo a quale posto mi riferissi. Sei qui, no?”
Damian mise via il libro e le porse una mano inguantata. Chris l’afferrò e gli si sedette accanto. Scoprì con piacere che intorno al ragazzo la temperatura era considerevolmente più calda. Capì solo con qualche attimo di ritardo e un po’ di rossore in viso che non era solo merito del calore umano che il corpo di Damian emanava: il ragazzo aveva riscaldato l’aria intorno alla quercia, con buona probabilità grazie a uno di quegli incantesimi che non si stancava mai di leggere sui suoi libri polverosi.
“Perché siamo qui?” gli chiese, piegando di lato il capo, alla ricerca dei suoi occhi chiari. Per quanto i suoi incantesimi potessero essere efficienti, avrebbero comunque potuto chiacchierare con tranquillità al calduccio in una qualsiasi delle aule di Hogwarts.
“Fanny voleva vederti,” disse lui, indicando la fenice che li osservava coi suoi occhi neri. “Mi daresti il braccio? Il sinistro.”
“No,” rispose lei d’istinto. Mesi a proteggerlo le avevano fatto dimenticare che ormai di quel segreto non restava che una sciocca cicatrice.
“Dammi la mano, Chris,” Damian strinse i denti nel pronunciare il suo nome. “Per cortesia.”
Non sarebbe stata un po’ di reticenza a farlo demordere. Era fastidioso il suo sguardo fisso. Adesso stava anche accennando il suo solito piccolo ghigno, che aveva da sorridere?
Chriseys decise, infine, di dargliela vinta, porgendogli il braccio. D’altronde, non aveva molto altro da nascondergli da quel punto di vista.
Damian afferrò la mano fredda di lei tra le sue coperte dai guanti di lana. La lana le irritava la pelle, avrebbe voluto puntualizzare lei, ma rimase in silenzio a osservare le azioni risolute di Blackwood. Con calma le spostò il mantello e poi, sempre in silenzio, arrotolò piano la manica del pullover. L’aria fredda accarezzò la cicatrice sul polso della ragazza: i contorni della stella erano quasi del tutto sbiaditi, ma il simbolo del Signore Oscuro non esisteva più.
“Ti stavo dicendo,” ricominciò lui, “Fanny voleva vederti.”
Chris decise di dare attenzioni anche al resto del mondo solo dopo che lui ebbe parlato, si rese conto che Fanny aveva abbandonato il suo trespolo e volava intorno alle loro teste, le ali che sbattevano a ripetizione. Chris ne vide gli occhi concentrati e stanchi. Era una macchia bianca quella sotto l’occhio destro? Da quando stava invecchiando, la sua Fanny? Non poté però soffermarsi su quelle nuove paure perché la fenice si era ora appressata al suo braccio e due sue piccole lacrime le bagnarono la pelle con dolcezza. La cicatrice scomparve.
“Lo ha fatto anche per me.”
“Oh!” Chris si sentì commossa, confusa e spaesata. Due lacrime di fenice non avrebbero potuto annullare l’anno passato, due lacrime di fenice non potevano restituirle le persone che aveva perso, né cancellare tutti i ricordi che aveva condiviso con Riddle, ma veder scomparire quel doloroso promemoria era già tanto per cui essere grata.
Grazie. Fanny annuì al suo cenno del capo, prima di tornare a posarsi sul suo ramo prediletto. Aveva difficoltà a svolazzare.
“Oh!”
“Gi-ià,” Damian balbettò, richiamando l’attenzione su di sé. Continuava a tenerle la mano nella sua, ma guardava altrove, quasi fosse imbarazzato. Qualche fiocco di neve si era incastrato tra i suoi ciuffi scuri e si scioglieva lentamente.
“E… da-, da quando voi due andate d’accordo?”
“Da quando mi ha salvato dalla morte per ipotermia,” spiegò lui. Sembrava più che sereno a riguardo.
“Oh,” bisbigliò appena Chris, cercando nei suoi occhi la condanna che sentiva di meritarsi.
Damian si rifiutò di darle corda, preferiva catalogare l’avvenimento come qualcosa di sciocco e irripetibile. “La punta del grammofono si è bloccata, Granger?”
“Io…” iniziò lei, ma non seppe proseguire. “Mi dispiace.”
Le dita inguantate di Damian ora le solleticavano le nocche. Voleva rafforzare la stretta sulla sua mano, intrecciando le loro dita.
“Lo so. E lo sa anche Fanny. E lo sanno tutti. Non eri te stessa in quel momento.”
“Non è andata esattamente così.” Chris si bloccò, cercando di trovare le parole giuste per spiegare cosa le passasse per la testa in quei momenti. Damian annuì, incoraggiandola a continuare. “Mi piacerebbe davvero credere che non fossi in controllo delle mie azioni ma… Mi sentivo arrabbiata e confusa e sola, e quella cosa, la sua ultima scheggia d’anima, era lì, con me, lo è sempre stata. Era – è – parte di me. Era come dicevi tu, e Ted, e Harry, e la professoressa McGranitt.”
“L’assenza della luce è una parte necessaria della sua stessa esistenza,” asserì Damian con sicurezza, quasi stesse proclamando una massima antica di indubitabile verità.
“Questo non è uno dei Sette Principi Fondamentali sull’Universo secondo i pensatori magici orientali, vero?”
“In realtà, credo sia una canzone,” chiarì lui, scuotendo un po’ con le dita i riccioli che gli erano caduti sul viso. “Chriseys, facciamo tutti delle cose che feriscono le persone che ci stanno intorno prima o poi, anche con le migliori intenzioni, anche per scherzo o per abitudine, anche solo perché non abbiamo mai guardato una situazione attraverso gli occhi di qualcun altro.” Abbassò lo sguardo e Chris si rese conto che le stava osservando l’incavo del collo. “Ma neanche io sono un coglione arrogante ventiquattro ore su ventiquattro.”
“Non ventiquattro su ventiquattro, no. Abbastanza spesso però.”
Chris sorrise all’evidente imbarazzo di lui, e si stupì dell’agio con il quale le loro dita si erano intrecciate. A chi apparteneva quella mano così salda e protettiva?
Damian Blackwood non era il tipo che Chris avrebbe accostato a una chiacchierata consolatoria. Era un presuntuoso invadente con la scrittura ordinata e troppo nitida che aveva gli occhi di tutta Hogwarts concentrati sul suo bel viso. E si era imposto con cocciutaggine e insolenza nel suo dolore solitario quando nessun altro aveva cercato di comprendere quella solitudine. Siamo uguali, gli piaceva proclamare quando voleva farla arrabbiare. Siamo maschere, aveva sempre cercato di dirle. Era sveglio e impiccione, e alto, moro e affascinante. E adesso le prendeva la mano e non chiedeva nulla, nulla, nulla se non un po’ di serenità condivisa. Serenità, un concetto con cui Chris aveva perso familiarità da un po’ di tempo.
“E quindi come stai, Chriseys?” Aveva anche un bel modo di pronunciare il suo nome. Per intero, con calma, attento a far sibilare le due esse e a scandire per bene le vocali.
“Potrebbe andare peggio,” lei si lasciò sfuggire.
Era tutto così diverso, ormai. I pensieri non scappavano più, non c’erano serpenti, non c’erano voci segrete nella testa, tutto sembrava essere più leggero, in un certo senso. E malgrado ciò, provare a ristabilire un rapporto onesto con Harry e Hermione, i suoi genitori, era una questione che non riusciva ad affrontare del tutto.
“Hermione, mia sorella, quella che credevo fosse mia sorella, è in realtà mia madre. Ma questo tu l’avevi già capito. E… Harry Potter, quello che credevo fosse uno dei migliori uomini che camminasse su questa terra, è mio padre,” spiegò. “Mi hanno dato in adozione ai miei… nonni e tutti insieme appassionatamente mi hanno mentito da sempre.”
Damian sogghignò sorpreso. Di fatto, l’unica informazione che gli mancasse in quel gran casino che era la situazione familiare di Chris era il nome del suo padre biologico. Harry, l’Eroe. Ma era ancora un eroe poi?
“E io non so ancora bene cosa fare di tutta questa cosa,” continuò lei, con un gesto delle mani indicò se stessa e quello che aveva intorno, quasi non sapesse come afferrare questa cosa. “È cambiato tutto.” La foresta era bruciata e ora non restava che cenere. Quante volte aveva fatto quell’analogia? Non riusciva a smettere. La piccola Chrissie non era che un albero a cui avevano bruciato ogni foglia e che adesso provava, tra cenere e polveri, ad assorbire quel poco di linfa che restava nelle radici.
“Ti hanno ferito,” rispose lui con calma, “è giusto che tu sia arrabbiata…”
“Perché ho la sensazione che ci sia un ma alla fine di questa frase?”
“Ma,” ricominciò lui. “Non lasciare che rabbia e silenzi si intromettano tra te e le persone a cui vuoi bene.”
Chris si ritrovò ad annuire. Aveva la sensazione di aver già imparato quella lezione. Si sentiva ferita e arrabbiata dalle azioni di Harry e Hermione, ma sapeva di amarli profondamente, così come loro amavano lei. Ed era proprio per questo motivo che faceva così male.
“Sei un tale vecchio saggio, Blackwood. Non avrei mai pensato di conoscere questo lato di te.”
“Non è il solo lato di me che non conosci.” Damian sorrise di nuovo, con tutti i suoi trentadue perfetti denti bianchi. Perché non sorrideva così più spesso? “Dimmi un po’, come va con Lupin?” domandò.
“Va,” rispose lei, sospirando appena. Anche con Ted non era poi così semplice ricominciare da dove avevano lasciato. La loro amicizia un tempo si nutriva di giochi di bambini e musica, mentre adesso stavano cercando di imparare a suonare una nuova canzone. “E a te? Come va con Amelia Selwyn?”
“Non va,” la imitò lui, prima di elaborare. “Troppo possessiva e poco comprensiva. E non le piace la Scozia. Non l’avremmo mai concluso quel primo appuntamento…” scherzò. Poi, dopo aver giocherellato un po’ con le dita di Chris, parve diventar serio. “Mi-, mio padre è scozzese,” spiegò.
“Il tuo papà Babbano?”
“Quello che ti è successo mi ha fatto pensare molto, non so perché…” Chris riconobbe nel contegno di Damian la necessità di parlare e la difficoltà a farlo. Di solito, s’irrigidiva al solo nominare il suo papà Babbano, provocarlo costantemente su quel punto era una delle armi che Chris era abituata ad usare per tenerlo a distanza. Prima. “Durante le feste sono stato a Invercauld, da lui.”
“I tuoi saggi consigli sono dettati da esperienza, quindi…”
“Non parlavamo da-, non ci vedevamo da tre anni, da quando…” Era morto suo fratello. “Ha una nuova compagna adesso, e io ho una nuova sorella. Molto, molto piccola. Minuscola. Masie, si chiama così. Ha gli occhi di Kei. Enormi e azzurri. Ha i suoi occhi, capisci?”
Chris annuì e strinse più forte la mano inguantata che ancora la proteggeva dal freddo. “Perché mi racconti queste cose, Damian?”
“Perché adesso posso, no?”
“Certo che puoi.”
Chris si sentì travolgere dalla voglia di stringerlo tra le braccia e non lasciarlo andare più tra i meandri di quel folle, folle mondo che li aveva resi così distanti all’apparenza eppure così simili. “Siamo amici, Damian?” gli chiese.
“Amici?” rispose lui. Non sembrava del tutto felice di quella definizione.
La mano di Chris decise di sua spontanea volontà di abbandonare la stretta di quella di lui per accarezzargli la guancia e sentire la sua pelle leggermente ispida sotto le dita. Damian piegò il collo e un accenno di sorriso ricomparve sul viso, a mostrarle quanto apprezzasse quella carezza. Chris riuscì a percepire i muscoli della sua mandibola contrarsi mentre lei ne tracciava i contorni col pollice.
Non solo amici…”
Le loro labbra s’incontrarono a metà strada. Rapide, incoscienti e delicate.
Chris gli accarezzò le labbra con la punta della lingua, delicata e impertinente al tempo stesso. Lui rispose succhiandogliela con risoluzione, mentre le cingeva la vita e la attirava a sé. La ragazza si ritrovò a posizionarsi a cavalcioni su di lui, mentre le sue dita continuavano l’esplorazione di viso e collo, fino a giocherellare con i riccioli dietro la nuca.
Era passato fin troppo tempo dall’ultima volta. Chris si ripromise di non far trascorrere mai più intervalli così lunghi tra i loro baci. La lasciavano sempre senza fiato, i suoi baci.
“Damian,” sussurrò col fiato corto. “Non dovr-!”
“Lo so, lo so,” si affrettò a bisbigliare lui, senza permetterle di allontanarsi. “La vita è un casino, noi siamo un casino.” Le sfiorò il naso con il proprio, aveva un sorriso nello sguardo. “Proviamoci, Chris.”
Damian riprese a baciarla e lei non poté fare a meno che lasciarsi sedurre ancora una volta da quella sua talentuosa bocca. Non era mai stata davvero capace di resistere a quelle labbra, d’altronde.
Lo sbattere d’ali della loro silenziosa terza amica li avvertì che c’era anche un universo intorno a loro due, e che Fanny aveva deciso un'altra volta di cambiare posizione. I due ragazzi si allontanarono mal volentieri l’uno dall’altra.
“Non mi ha ucciso, alla fine,” disse lui, lanciando un’occhiatina verso la fenice.
Chriseys sorrise. “È brava a giudicare le persone.”
Con una pacatezza dovuta alla sua incredibile età, Fanny decise di andare a posarsi esattamente alle spalle dei due ragazzi. Chris si sorprese di nuovo a scoprire la stanchezza nei suoi movimenti. Ciononostante, questa apparente difficoltà non impedì all’animale di provocare Damian beccandogli più volte l’orecchio sinistro.
“Ahi!”
“Vuol dire che ti trova simpatico.” Chris questa volta non trattenne la risata che le corse sulle labbra. Fanny si rivolse a lei, posando il becco sulla sua spalla, quasi le volesse parlare.
Li stava salutando, per sempre o per un po’. Questo è quello che accade quando offri il cuore a una creatura selvatica. Prima o poi, vola via.
“Che le prende?”
Dopo un ultimo sguardo a Chriseys, Fanny si allontanò, spalancò le proprie ali e spiccò il volo. Era una visione sensazionale. Una macchia di rosso in quella foresta innevata, il colore che sprizza da ogni parte sul bianco della neve.
“Sta andando via,” spiegò Chris, cercando istintivamente rifugio nell’abbraccio di Damian. Posò il capo sulla spalla che lui le porgeva mentre osservava la sua amica volare via. “Ha finito di tenermi d’occhio.”
“Quindi sta morendo sul serio,” bisbigliò lui. Anche Blackwood aveva imparato a capirla. Era semplice, in fondo, quando Fanny voleva farsi comprendere.
“Sì,” sussurrò anche lei. “Ma è una fenice.”
Troverà sempre un modo per rinascere dalle proprie ceneri.

 
 
Note: Prima di tutto, in questo testo ci sono due o tre allusioni a robe di cultura popolare e meno popolare, ciò che riconoscete è merito di, in ordine, George Martin, Jason Mraz, Bernie Su e Kate Rorick, e Truman Capote.
E adesso… *respirone* Ci vorrebbe una fotografia di me in questo momento per spiegarvi quanto è complicato scrivere queste note: ci sono troppe cose che vorrei dire e che credo esploderanno la settimana prossima. Oppure imploderanno.
Questo capitolo è stato un punto interrogativo gigantesco per un sacco di tempo, ma in fondo Chris e Damian avevano imboccato questa stradina di nascosto tanti capitoli fa e non c’era nulla che io potessi fare per costringerli a cambiare direzione. Ovviamente considero mio ogni singolo personaggio di questa storia, ma a questi due ho dato un nome. Potrebbe sembrare una cosa sciocca, ma non lo è per me – li ho immaginati, li ho scoperti diversi da come pensavo fossero, sono cresciuti e cambiati tra le mie mani. Dovevo rispettare questo cambiamento.
Non restano che altre tremila parole, non resta che un epilogo. E adesso che la fine è vicina, a me non resta che affrontare il mio ultimo sipario. Così cantava Frank Sinatra. Onestamente spero che questo non sia affatto il mio ultimo sipario, ma sei anni son tanti e forse questa conclusione tanto agognata mi colpisce più di quanto dovrebbe. Non posso promettere che il finale vi soddisferà, non posso promettere che ne varrà la pena – per me lo è valsa, tutti questi anni, ne è valsa completamente la pena, ma solo grazie a chi prendeva in giro la mia lentezza e alla fine mi spingeva a continuare, solo grazie a chi ha letto ed è tornato ogni settimana, credendo in questi sciocchi personaggi, solo grazie a voi. Posso però anticiparvi che faremo un salto temporale di tre anni, e posso assicurarvi che ritroveremo Harry, ritroveremo Hermione e ritroveremo Chris. Come è giusto che sia.

 
   
 
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