Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Crateide    10/06/2017    4 recensioni
| Jelsa |
"E poi c’era lei.
C’era lei che se ne stava immobile sul balcone della propria camera da letto, in attesa, mentre tutti nel castello riposavano e – chissà – forse sognavano il Sole che da lì a poche ore sarebbe spuntato all’orizzonte.
Elsa strinse le palpebre e una lacrima scivolò sulla guancia pallida, riflettendo la luce della Luna per un breve e intenso istante. Tutti si aspettavano grandi cose da lei, in quel giorno: nel giorno della sua incoronazione, nel giorno più triste della sua vita."
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Elsa si rannicchiò nello scialle azzurro, rabbrividendo dalla testa ai piedi. Il freddo della notte le mordeva la pelle, mentre un vento freddo le scuoteva la leggera vestaglia bianca intorno alle gambe sottili. I lunghi capelli biondi le abbracciavano le spalle minute, incorniciandole il viso ovale e i grandi occhi azzurri, in quell’istante fissi sul cielo pezzato di stelle splendenti. Erano umide, quelle iridi luminose, che riflettevano l’argento vivo di una Luna crescente alta, algida e così lontana.

Elsa spaziò con lo sguardo tutt’intorno a lei, cercando di distinguere nell’oscurità che avvolgeva Arendelle qualcosa di famigliare, qualcosa che per anni aveva da sempre osservato da quel balcone.

C’erano gli stendardi del Regno, che oscillavano al capriccio del vento prima da una parte e poi dall’altra. C’era qualche sentinella che si concedeva un sonno tranquillo – Elsa ne poteva vedere il capo corazzato ondeggiare avanti e indietro – probabilmente dopo aver bevuto un po’ di vino per trovare conforto dal freddo. C’era il fiordo, che rumoreggiava invisibile al di là delle torri, placidamente. C’era la cittadina, che si srotolava davanti a lei e che dormiva serenamente, in attesa di un nuovo giorno che pareva non arrivare mai.

E poi c’era lei.

C’era lei che se ne stava immobile sul balcone della propria camera da letto, in attesa, mentre tutti nel castello riposavano e – chissà – forse sognavano il Sole che da lì a poche ore sarebbe spuntato all’orizzonte.

Elsa strinse le palpebre e una lacrima scivolò sulla guancia pallida, riflettendo la luce della Luna per un breve e intenso istante. Tutti si aspettavano grandi cose da lei, in quel giorno: nel giorno della sua incoronazione, nel giorno più triste della sua vita.

Si sentiva così sola, così spaesata, così in trappola!

Riaprì gli occhi e per un istante ebbe il desiderio di scavalcare il cornicione del balcone e mettere fine alle proprie sofferenze. Probabilmente, Anna sarebbe stata una regina migliore di lei. Per lo meno, non possedeva un potere tanto tremendo e incontrollabile come il suo!

Elsa indietreggiò, scuotendo il capo. Si portò una mano alla fronte e tirò su con il naso, ricacciando indietro un singhiozzo. Quali assurdi pensieri avevano affollato la sua mente! Non avrebbe mai compiuto un gesto del genere! Mai e poi mai!

Una folata di vento le sparpagliò i capelli sulle spalle e le arrossò le gote, costringendola a risollevare lo sguardo e il capo. Le luci delle stelle tremavano al di là delle lacrime che le appannavano la vista e che scacciò con un movimento lesto dell’avambraccio. Guardò la Luna, insistentemente, e si chiese se proprio in quella notte Lui l’avrebbe lasciata da sola.

“Forse non verrà” si disse, “forse, adesso che sono cresciuta e che sto per diventare regina, non vorrà più vedermi...”.

Elsa strinse i denti e si coprì le labbra con una mano tremante, mostrando a quella notte oscura le proprie debolezze, mettendosi a nudo davanti alle tenebre che parevano quasi incalzarla.

“Ormai, è inutile attendere oltre”.

Si volse per rientrare nella propria stanza, ma nel farlo incontrò la figura di un giovane proprio sulla soglia del balcone, che la osservava con un caldo sorriso, in quella notte così fredda.

Elsa rimase immobile, le sue gambe si fecero molli. Non riusciva a credere ai suoi occhi: alla fine era giunto da lei, come le sere precedenti, come aveva sempre fatto per anni e anni fin da quando era bambina.
- Jack!

Gli corse incontro, lasciando cadere a terra lo scialle, e gli gettò le braccia al collo, stringendolo con forza a sé.

Jack Frost abbandonò a terra il proprio bastone e ricambiò il gesto, inspirando il suo profumo.
- Elsa – sussurrò con voce bassa, lambendole appena un orecchio con le labbra.

Elsa si aggrappò alla sua mantella marrone, con le lacrime che le rigavano il viso.
- Credevo che non ti avrei più rivisto – gli disse, fra un singhiozzo e l’altro – credevo che, adesso che sto per diventare regina, non ti saresti mai più fatto vedere. Ormai sono cresciuta, Jack, e... e...
- ...E non mi interessa, Elsa – concluse Jack, staccandosi da lei per poterla guardare negli occhi – è vero, adesso non sei più una bambina e io non dovrei essere qui, ma... Tu credi ancora in me.
- E ci crederò sempre! – gli rispose, stringendogli le mani fredde fra le sue – In questi lunghi anni tu ci sei sempre stato. Sei l’unico che comprende i miei poteri, la mia solitudine e il mio dolore... Un dolore che condividiamo, perché soli al Mondo.

Jack le carezzò una guancia e le sorrise di nuovo. Ah, quanto erano caldi quei sorrisi!
- Non siamo soli, Elsa – replicò – io ho te e tu hai me. E questo varrà per sempre. Per sempre!

Elsa si perse in quelle iridi di ghiaccio, ombreggiate appena da una frangia candida come un raggio di Luna.
- Varrà anche domani notte, quando io sarò regina di Arendelle? – gli chiese.
- Tu sarai sempre e solo Elsa – rispose risolutamente Jack – almeno per me – e si portò una sua mano al cuore.

Elsa si rannicchiò contro il suo petto e chiuse gli occhi, inspirando a fondo. Jack aveva un profumo assai particolare, che non era mai stata in grado di definire, ma che le piaceva molto. Sapeva di infanzia e di quella rara gioia che lui le aveva sempre donato.
- Io ti amo.

Le parole fuggirono via, oltrepassarono la barriera dei denti ancor prima che potesse trattenerle, ancor prima che potesse rendersene conto.

Elsa avvampò come una lampada ad olio e si tirò indietro con il volto in fiamme e le mani premute sulle labbra. Gli occhi strabuzzati erano fissi in quelli del giovane, che ricambiavano con uno sguardo indecifrabile, nonostante la sfumatura rosata che avevano preso le sue guance.
- Perdonami! – gli disse – Io... Non so cosa mi sia preso, non volevo...

Ma prima che potesse rimangiarsi quanto detto, Jack annullò le distanze fra loro. Le prese il viso fra le mani e premette le proprie labbra sulle sue, in un bacio impacciato, ma assai dolce.

Elsa strabuzzò gli occhi e rimase immobile, assaporando a fondo quel gesto tanto inatteso quanto insperato. La realtà parve svanire e anche il freddo della notte divenne solo un’eco lontana.

Quando si staccarono, rimasero vicini, con i nasi che si sfioravano appena.
- Ti amo anch’io, Elsa – le sussurrò Jack sulle labbra – ti amo per ciò che sei, per ciò che entrambi siamo. Con me non devi sentirti un mostro, mai. Non devi allontanarmi, non devi rinnegare te stessa e ciò che senti. Io ti starò sempre accanto. È una promessa.

Elsa posò la fronte contro la sua e gli sfiorò le mani che ancora le stringevano il viso. Lo guardò fissamente negli occhi e gli regalò uno dei suoi rari sorrisi.
- Jack?
- Sì?
- Resta con me stanotte. Resta con me.

Jack inclinò il capo sulla spalla destra e annuì appena, mentre la Luna pareva divenire dorata.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti,

ed ecco qui la mia seconda Jelsa. Vi confesso che avrei voluto osare un po’ di più, ma la storia ha deciso di trovare la sua conclusione in questo modo. E sinceramente mi sta bene così :)

Essendo – come già detto – la seconda Jelsa che scrivo, non so fino a che punto abbia senso. Ho infatti scritto “di pancia”, cercando di immedesimarmi in Elsa e in ciò che ha provato durante la notte che ha preceduto la sua incoronazione.

La OS si ricollega un po’ a questa, in cui per l’appunto Jack ha iniziato a far visita ad Elsa fin da quando lei era solo una bambina, cercando di consolarla.

Che dire, ancora?

Spero che la storia vi sia piaciuta almeno un po’.

 

Senza pretese,

Elly

 

 

   
 
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