Elsa
si rannicchiò nello scialle azzurro, rabbrividendo dalla
testa ai piedi. Il
freddo della notte le mordeva la pelle, mentre un vento freddo le
scuoteva la
leggera vestaglia bianca intorno alle gambe sottili. I lunghi capelli
biondi le
abbracciavano le spalle minute, incorniciandole il viso ovale e i
grandi occhi
azzurri, in quell’istante fissi sul cielo pezzato di stelle
splendenti. Erano
umide, quelle iridi luminose, che riflettevano l’argento vivo
di una Luna
crescente alta, algida e così lontana.
Elsa
spaziò con lo sguardo tutt’intorno a lei, cercando
di distinguere nell’oscurità
che avvolgeva Arendelle qualcosa di famigliare, qualcosa che per anni
aveva da
sempre osservato da quel balcone.
C’erano
gli stendardi del Regno, che oscillavano al capriccio del vento prima
da una
parte e poi dall’altra. C’era qualche sentinella
che si concedeva un sonno
tranquillo – Elsa ne poteva vedere il capo corazzato
ondeggiare avanti e
indietro – probabilmente dopo aver bevuto un po’ di
vino per trovare conforto
dal freddo. C’era il fiordo, che rumoreggiava invisibile al
di là delle torri,
placidamente. C’era la cittadina, che si srotolava davanti a
lei e che dormiva
serenamente, in attesa di un nuovo giorno che pareva non arrivare mai.
E
poi c’era lei.
C’era
lei che se ne stava immobile sul balcone della propria camera da letto,
in
attesa, mentre tutti nel castello riposavano e –
chissà – forse sognavano il
Sole che da lì a poche ore sarebbe spuntato
all’orizzonte.
Elsa
strinse le palpebre e una lacrima scivolò sulla guancia
pallida, riflettendo la
luce della Luna per un breve e intenso istante. Tutti si aspettavano
grandi
cose da lei, in quel giorno: nel giorno della sua incoronazione, nel
giorno più
triste della sua vita.
Si
sentiva così sola, così spaesata, così
in
trappola!
Riaprì
gli occhi e per un istante ebbe il desiderio di scavalcare il
cornicione del
balcone e mettere fine alle proprie sofferenze. Probabilmente, Anna
sarebbe
stata una regina migliore di lei. Per lo meno, non possedeva un potere
tanto
tremendo e incontrollabile come il suo!
Elsa
indietreggiò, scuotendo il capo. Si portò una
mano alla fronte e tirò su con il
naso, ricacciando indietro un singhiozzo. Quali assurdi pensieri
avevano
affollato la sua mente! Non avrebbe mai compiuto un gesto del genere!
Mai e poi
mai!
Una
folata di vento le sparpagliò i capelli sulle spalle e le
arrossò le gote, costringendola
a risollevare lo sguardo e il capo. Le luci delle stelle tremavano al
di là
delle lacrime che le appannavano la vista e che scacciò con
un movimento lesto
dell’avambraccio. Guardò la Luna, insistentemente,
e si chiese se proprio in
quella notte Lui
l’avrebbe lasciata
da sola.
“Forse
non verrà”
si disse, “forse, adesso che sono
cresciuta e che sto per diventare regina, non vorrà
più vedermi...”.
Elsa
strinse i denti e si coprì le labbra con una mano tremante,
mostrando a quella
notte oscura le proprie debolezze, mettendosi a nudo davanti alle
tenebre che
parevano quasi incalzarla.
“Ormai,
è inutile
attendere oltre”.
Si
volse per rientrare nella propria stanza, ma nel farlo
incontrò la figura di un
giovane proprio sulla soglia del balcone, che la osservava con un caldo
sorriso, in quella notte così fredda.
Elsa
rimase immobile, le sue gambe si fecero molli. Non riusciva a credere
ai suoi
occhi: alla fine era giunto da lei, come le sere precedenti, come aveva
sempre
fatto per anni e anni fin da quando era bambina.
- Jack!
Gli
corse incontro, lasciando cadere a terra lo scialle, e gli
gettò le braccia al
collo, stringendolo con forza a sé.
Jack
Frost abbandonò a terra il proprio bastone e
ricambiò il gesto, inspirando il
suo profumo.
- Elsa – sussurrò con voce bassa, lambendole
appena un orecchio con le labbra.
Elsa
si aggrappò alla sua mantella marrone, con le lacrime che le
rigavano il viso.
- Credevo che non ti avrei più rivisto – gli
disse, fra un singhiozzo e l’altro
– credevo che, adesso che sto per diventare regina, non ti
saresti mai più
fatto vedere. Ormai sono cresciuta, Jack, e... e...
- ...E non mi interessa, Elsa – concluse Jack, staccandosi da
lei per poterla
guardare negli occhi – è vero, adesso non sei
più una bambina e io non dovrei
essere qui, ma... Tu credi ancora in me.
- E ci crederò sempre! – gli rispose,
stringendogli le mani fredde fra le sue –
In questi lunghi anni tu ci sei sempre stato. Sei l’unico che
comprende i miei
poteri, la mia solitudine e il mio dolore... Un dolore che
condividiamo, perché
soli al Mondo.
Jack
le carezzò una guancia e le sorrise di nuovo. Ah, quanto
erano caldi quei
sorrisi!
- Non siamo soli, Elsa – replicò – io ho
te e tu hai me. E questo varrà per
sempre. Per sempre!
Elsa
si perse in quelle iridi di ghiaccio, ombreggiate appena da una frangia
candida
come un raggio di Luna.
- Varrà anche domani notte, quando io sarò regina
di Arendelle? – gli chiese.
- Tu sarai sempre e solo Elsa – rispose risolutamente Jack
– almeno per me – e
si portò una sua mano al cuore.
Elsa
si rannicchiò contro il suo petto e chiuse gli occhi,
inspirando a fondo. Jack
aveva un profumo assai particolare, che non era mai stata in grado di
definire,
ma che le piaceva molto. Sapeva di infanzia e di quella rara gioia che
lui le
aveva sempre donato.
- Io ti amo.
Le
parole fuggirono via, oltrepassarono la barriera dei denti ancor prima
che
potesse trattenerle, ancor prima che potesse rendersene conto.
Elsa
avvampò come una lampada ad olio e si tirò
indietro con il volto in fiamme e le
mani premute sulle labbra. Gli occhi strabuzzati erano fissi in quelli
del
giovane, che ricambiavano con uno sguardo indecifrabile, nonostante la
sfumatura rosata che avevano preso le sue guance.
- Perdonami! – gli disse – Io... Non so cosa mi sia
preso, non volevo...
Ma
prima che potesse rimangiarsi quanto detto, Jack annullò le
distanze fra loro.
Le prese il viso fra le mani e premette le proprie labbra sulle sue, in
un
bacio impacciato, ma assai dolce.
Elsa
strabuzzò gli occhi e rimase immobile, assaporando a fondo
quel gesto tanto
inatteso quanto insperato. La realtà parve svanire e anche
il freddo della
notte divenne solo un’eco lontana.
Quando
si staccarono, rimasero vicini, con i nasi che si sfioravano appena.
- Ti amo anch’io, Elsa – le sussurrò
Jack sulle labbra – ti amo per ciò che
sei, per ciò che entrambi
siamo. Con
me non devi sentirti un mostro, mai.
Non devi allontanarmi, non devi rinnegare te stessa e ciò
che senti. Io ti
starò sempre accanto. È una promessa.
Elsa
posò la fronte contro la sua e gli sfiorò le mani
che ancora le stringevano il
viso. Lo guardò fissamente negli occhi e gli
regalò uno dei suoi rari sorrisi.
- Jack?
- Sì?
- Resta con me stanotte. Resta con me.
Jack
inclinò il capo sulla spalla destra e annuì
appena, mentre la Luna pareva
divenire dorata.
Angolino
dell’autrice:
Ciao
a tutti,
ed
ecco qui la mia seconda Jelsa. Vi confesso che avrei voluto osare un
po’ di più,
ma la storia ha deciso di trovare la sua conclusione in questo modo. E
sinceramente mi sta bene così :)
Essendo
– come già detto – la seconda Jelsa che
scrivo, non so fino a che punto abbia
senso. Ho infatti scritto “di pancia”, cercando di
immedesimarmi in Elsa e in
ciò che ha provato durante la notte che ha preceduto la sua
incoronazione.
La
OS si ricollega un po’ a questa,
in cui per l’appunto Jack ha iniziato a far visita ad Elsa
fin da quando lei
era solo una bambina, cercando di consolarla.
Che
dire, ancora?
Spero
che la storia vi sia piaciuta almeno un po’.
Senza
pretese,
Elly