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Autore: ethelincabbages    14/06/2017    5 recensioni
Questa è la storia di quello che sarebbe successo se Harry e Hermione non fossero stati quei retti e leali eroi che noi conosciamo. Questa è la storia di quello che sarebbe potuto succedere in una tenda nascosta nel nulla inglese, una notte di dicembre, tra due ragazzi soli, spaventati e alla ricerca di un po' di calore. Questa è la storia di un errore.
Chi sei, Chris? Chi sei?
Un’incrinatura sul percorso lineare del destino. Sei un pensiero scritto frettolosamente nella stesura di una lettera altrimenti perfetta, una frase sbagliata che hanno cercato con sollecitudine di cancellare, sistemare, riordinare in qualche modo. E non ci sono riusciti.

Avvertimenti: Questa storia contiene una buona dose di drammaticità postmoderna, qualche triangolo amoroso, diversi cliché, personaggi che potrebbero essere considerati Out of Character e personaggi non presenti nella saga originale.
Genere: Angst, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
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Questo epilogo è dedicato
a chi da sempre mi ha ascoltato,
lunghe prediche ha sopportato
e stupide rime col participio passato.
Auguri sciocchi arrivano in ritardo
ma vorrei usarli come stendardo
di ore vissute a ridere e plottare
le vite traverse di Harry e Hermione,
e consigli e sostegno e parole e silenzio
quel racconto d'inverno ha segnato un settennio
e "Altri cento!" e "Altri mille!" è l'augurio che lascio
senza scordare un bicchiere di scotch liscio.

Eppure...

Tra i sorrisi e le lacrime di questa conclusione
so che c'è un'altra giornata da celebrare,
quella banda di amici  'delusionali'
che presto o tardi finiranno negli annali;
frutto perfetto di un'imperfetta commistione
di menti, follia e una passione viscerale:
tra rebus, fanfiction, teorie e rock 'n rolling
ancora non siamo stati capaci di trovare
chi è quel pazzo che ha dato la roba alla Rowling!


 
 
Epilogo
È in Arabia un uccello chiamato Fenice, che può rinascere attraverso gli umori che si rinnovano dalla sua carne, una volta morto ritorna in vita. Dobbiamo credere che solo gli uomini non possano rinascere?
Sant’Ambrogio - Sulla morte del fratello Satiro
Southwark, London, 17 Marzo 2018
Chriseys A. Granger. La grafia minuta e scomposta identificava con assoluta certezza la proprietaria di quell’infinità di spartiti sparpagliati sulla tastiera dell’organo.
Chris li raccolse uno alla volta, avendo cura di sistemarli in ordine secondo la scaletta. Deve essere passata la signora Winchester, rifletté, mentre cercava la quinta pagina dell’Hallelujah di Handel. Dove sarà finita?
La signora Winchester si occupava di tenere in ordine la chiesa e la segreteria di padre William ma, per qualche motivo sconosciuto alla ragazza, adorava anche lanciarle occhiatacce bieche quando la incontrava e, soprattutto, sembrava nutrire una passione sconfinata nel metterle in disordine gli spartiti quando spolverava la vecchia chiesa. E c’era molto da spolverare, in quella chiesa, dove trovasse il tempo per farle i dispetti restava un mistero.
Era piccola la Chiesa di San Dunstan di Canterbury – o di san Deusdedit o di un altro santo con un nome altrettanto improbabile; i nomi delle chiese suonavano all’orecchio di Chris sempre un poco strani. Era piccola, vecchia e polverosa. E bellissima. La pietra delle colonne che adornavano la navata centrale aveva il profumo delle scale di Hogwarts, e la luce che cadeva dal rosone nel tardo pomeriggio illuminava di sfumature rossastre le ali della colomba scolpita in bassorilievo sul fronte dell’altare.
Chris l’aveva scoperta una di quelle sere in cui vagava senza meta tra una stazione metro e l’altra, mentre cercava di ritrovare quel gelataio all’angolo dove aveva comprato un cono fragola e pistacchio insieme a Teddy o quella statua con gli occhiali a cui aveva inavvertitamente cambiato colore a sette anni.
Dopo quella che ormai soleva ricordare come la Catastrofe, si era ritrovata sempre più spesso a fare quelle lunghe passeggiate in solitaria, muovendosi nella sua città come i suoi concittadini Babbani, con i mezzi pubblici e le proprie gambe. Se ne andava alla ricerca della sua infanzia felice, di quel perché che aveva dato un senso alle scelte di Harry e Hermione. Aveva bisogno di trovare un senso a quelle scelte. Volevamo solo che fossi felice, bollicina. E lo era stata – felice –, con le macchie di gelato sulla maglia e le sue prime magie involontarie.
Rincorrendo quei ricordi lontani, aveva scoperto in un angolo nascosto di Southwark quelle quattro vecchie mura, un parroco loquace e un organo meraviglioso. Abituarsi all’idea di scambiare due chiacchiere con padre William pur di toccare i tasti di quell’organo era stato fin troppo semplice. Quelle colonne e quella luce soffusa del tardo pomeriggio contenevano in sé la quiete dei suoi Notturni preferiti.
“Chissà dov’è Chris?”
Il soggetto di quella domanda percepì con chiarezza la voce di Harry chiedere con curiosità. Era evidente dal tono usato che il suo padre biologico non aveva mai avuto modo di apprezzare davvero l’atmosfera di una chiesa e il silenzio che si dovrebbe a quei luoghi sacri. Gironzolava attorno alle prime file di banchi, avanti e indietro, piegandosi a leggere le incisioni sulle lastre di marmo delle colonne o gli strani disegni sul pavimento. In quel momento, sembrava affascinato in particolare dalle lettere greche scolpite sulla gigantesca candela a destra dell’altare. Padre William lo aveva chiamato cero pasquale, o qualcosa di simile.
Hermione, invece, aveva preferito sedersi in una delle panche centrali. Ignorava i movimenti impazienti di Harry e, con il capo chino, pareva volesse concentrare tutta la sua attenzione sulle proprie mani raccolte una nell’altra. Lei le preghiere da bambina le aveva conosciute.
Chris non li vedeva insieme in una stessa stanza da mesi e, in quel momento, poté constatare con i propri occhi quello che la professoressa McGranitt si era appurata di sottolineare con le sue frasette a metà durante l’ultimo tè e pasticcini che avevano condiviso. Era la stessa cosa che persino Ron si era preoccupato di farle notare.
Ronald Weasley aveva uno strano modo di biasimare chi gli aveva stravolto la vita, e aveva un approccio ancora più bizzarro all’idea di non preoccuparsi più degli affari di quei due idioti incapaci capoccioni che erano stati i suoi migliori amici per gran parte del suo tempo al mondo.
“Pensi davvero che dovrei odiare le persone che mi hanno portato a prendere la migliore decisione della mia esistenza?” le aveva spiegato mentre prendevano i biglietti per la passeggiata al giardino magizoologico che avevano promesso a Hugo da mesi. “Chrissie, il fatto è che credevo... no, ero sicuro che una volta che avessimo spezzato il Circolo della Taciturnità Sommersa saremmo riusciti tutti a vivere una vita più serena.”
“Il circolo di cosa?”
“Della Taciturnità Sommersa. È una cosa che mi ha spiegato Luna.”
Luna Lovegood, ovviamente. La stessa Luna che, mentre loro facevano la fila, bisbigliava segreti e meraviglie all’orecchio del sempre più impaziente piccolo Weasley. Diceva un sacco di cose intelligenti e strambe Luna Lovegood, non solo all’orecchio di Hugo, e Ron di recente aveva preso l’abitudine di ascoltarle, ripeterle un po’ a pappagallo e di sorridere come un imbecille a qualsiasi cosa gli accadesse. Chris aveva avuto l’onore di incontrarla quell’unica volta e aveva capito due cose: Ron aveva finalmente trovato qualcuno che condivideva la sua nonchalance con le pubbliche dimostrazioni d’affetto, e Hugo aveva scovato l’accompagnatrice perfetta per le sue osservazioni ossessive sulla polvere dorata prodotta dal corno del Ricciocorno Schiattoso. Le famiglie infelici saranno tutte disgraziate in maniera propria, ma anche quelle felici hanno il diritto di scoprire il loro unico modo per esserlo. La serenità conquistata da Ron dopo il suo divorzio da Hermione era tanto più preziosa agli occhi di Chriseys: nessuno meritava un lieto vivere più di Ronald Weasley.
Un lieto vivere che, invece, la sua ex-moglie sembrava determinata a evitare ad ogni costo. Ed era questo che preoccupava Ron e la professoressa McGranitt e, a quel punto, anche Chris.
Qualche mese dopo la Catastofe e il divorzio di Ron e Hermione, Ginny aveva seguito l’esempio del fratello e, con un biglietto d’aereo sempre in borsa, aveva deciso di assecondare le richieste del suo caporedattore e coprire tutte le trasferte delle squadre di Quidditch più in voga. Il ramo più giovane della grande e felice famiglia Weasley aveva ceduto, alla fine.
Lo stakanovismo di Hermione aveva preso il sopravvento sul suo dolore e sul suo senso di colpa e si era circondata sempre più di lavoro e lavoro e lavoro, concedendosi solo qualche cena o passeggiata imbarazzante con Chrissie, Rosie e Hugo. Harry invece si sforzava fin troppo di dividersi tra i suoi studenti e i suoi figli – i suoi quattro figli. I tentativi di limitare i danni di una separazione frettolosa erano lodevoli ma abbozzati, e nel frattempo dimenticava se stesso; Chris non lo aveva visto mai trasandato e distratto come in quel periodo.
Chriseys sapeva di avere un ruolo da protagonista in quella situazione, anche lei aveva avuto il suo bel da fare con i postumi della Catastrofe – c’era un motivo per cui ricordava gli eventi di quel periodo con quel nome. Ma anche la rabbia e la delusione più profonda hanno uno strano modo di abbandonare i cuori mentre il fuoco che le alimenta si spegne piano, piano, grazie a imbarazzanti gesti d’affetto e buona volontà. E, ora che il fuoco aveva finito per consumarsi su se stesso, Chris finalmente riusciva a vedere quanta verità ci fosse nelle preoccupazioni di Ron e della professoressa McGranitt. Vedeva sua madre e vedeva suo padre. Ed erano soli.
I vent’anni che avevano passato in mezzo al Circolo della Taciturnità Sommersa non potevano, d’altronde, essere trascorsi senza lasciare dei segni più o meno permanenti.
Chris si soffermò qualche istante in più nell’abside che ospitava l’organo senza farsi vedere dai suoi genitori. Osservò Harry mentre si sedeva accanto a Hermione e le chiedeva qualcosa sottovoce. “Sonorus,” la ragazza bisbigliò l’incantesimo il più delicatamente possibile. D’altronde, era stato proprio Harry a insegnarle che origliare non è sbagliato se si persegue un bene superiore.
“Le chiese sono strane. È tutto così silenzioso e ritualistico. Mi rendono inquieto. Non aveva detto alle cinque? Dove sarà?” domandò Harry. Sta mettendo a frutto le tue lezioni di Ficcanasaggine101 dietro una stupida colonna. Hermione non si curò di rispondere alle sue richieste impazienti. “Forse potremmo approfittarne per parlare un po’ io e te,” continuò lui, utilizzando tutto un altro tono.
“Il silenzio ti ispira confessioni, Harry?” rispose lei.
“Il silenzio non saprei, ma lo sguardo di quella statua lassù sicuramente sì,” le spiegò Harry, alzando gli occhi verso il Cristo in croce che cadeva dal soffitto sull’altare. Chris si morse la lingua prima di lasciarsi sfuggire un risolino che avrebbe tradito la sua posizione.
Hermione da parte sua non dovette trattenere il sorriso. Rivolse anche lei gli occhi alla statua. Chris si sorprese a osservare l’espressione addolorata che le si dipinse all’improvviso sul viso, la vide poi piegare di nuovo la testa verso il pavimento e sentì appena il bisbiglio: “Tu conosci tutti i miei peccati.”
“E nessuno più di te conosce i miei. Almeno fino a qualche tempo fa… e solo tu puoi aiutarmi, cosa si fa quando ti manca la tua migliore amica?”
A Chris parve di percepire tutto d’un tratto il carattere inopportuno del suo origliare silenzioso. Stava tradendo la loro intimità e se ne vergognò. Queste non erano confessioni che toccava a lei sentire. Strinse gli spartiti tra le mani e uscì fuori dal suo nascondiglio, ma né Harry né Hermione si accorsero della sua presenza, impegnati com’erano a bisbigliarsi segreti tra le panche di una chiesa.
“E se avesse ragione Ron? Se il circolo della Taciturnità Sommersa non fos-”
“Hai parlato anche tu con Luna? Per Merlino, devo vederla assolutamente. Devo capire in maniera precisa cosa diamine è questo benedetto circolo di cui parlate tutti…”
“È quello che succede quando si smette di comunicare con sincerità delle proprie emozioni, paure o sentimenti,” Chris si avvicinò per spiegare la sua interpretazione dell’argomento, facendo sobbalzare Hermione e sorridere Harry. “O almeno questo è quello che sono riuscita a capire mentre Hugo lanciava bolle di sapone dalla bocca blaterando sul Ricciocoso.”
“Allora ci sei.” Chris lasciò che Harry le baciasse affettuosamente la guancia in segno di saluto e si accoccolò nel suo abbraccio. Era tenero e imbarazzante al tempo stesso, ma riuscivano a incontrarsi sempre così poco, che male c’era a godere di un po’ di affetto? In fondo, avevano ancora qualche anno da recuperare.
Hermione si limitò a sorriderle dolcemente, mentre metabolizzava il fatto che nessuno avesse ritenuto necessario farle presente che il suo bambino incontenibile avesse lanciato bolle di sapone dalla bocca. Probabilmente, in quel frangente, stava decidendo che mai più avrebbe permesso a Chris e Ron di portare in giro Hugo, almeno per i successivi dieci anni.
“Per quanto il posto sia carino,” incominciò Harry, piegandosi di lato nel tentativo di guardare Chris negli occhi. “Cos’è che devi dirci di così importante da necessitare di un altare?”
Chriseys notò Hermione alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa, incapace di trattenere un sorriso canzonatorio. Tipico di Harry. Non aveva letto la brochure che Chris gli aveva mandato e aveva immaginato da sé ventimila teorie, una più assurda dell’altra, sul perché del loro incontro.
“Non è che adesso mi spunta Blackwood all’improvviso?” Ecco appunto. Una teoria più assurda dell’altra. Cosa avrebbero dovuto fare lei e Damian in una chiesa? Oh! Sentì le guance avvampare, probabilmente in quel momento aveva il viso più rosso di un peperone.
“No!” Solo Harry con la sua iperprotettività poteva andare a pensare una cosa del genere. Non aveva neanche vent’anni, per Merlino! Altari, chiese, fidanzati e anelli. Non era ancora il tempo di pensare a queste cose. Decisamente no. “No, no. Non hai letto il volantino che ti ho mandato? È qui che tengo il concerto la settimana prossima…”
“Oh, il concerto! Con l’organo e la tipa strana!” La tipa era un soprano dall’aspetto giunonico che aveva avuto il piacere di incontrare l’aitante genitore della bimbetta al piano e non aveva avuto problemi a rendere noto il suo immediato interesse per quegli occhi verdi profondi e tormentati. Harry aveva accettato le sue avances per i primi cinque minuti della loro conoscenza e poi era scappato a gambe levate.
“Il pub della famiglia di William è dietro l’angolo…” continuò a spiegare Chris, sperando di distrarre Harry dai suoi pessimi ricordi del suo ultimo spettacolo.
“Certo, MacDonald! Me l’avevi detto che saremmo andati al pub di MacDonald, vero?”
Chris annuì lentamente. “Mi sarà sfuggito di mente,” borbottò lui, abbassando lo sguardo.
“Allora possiamo andare?”
“No. A dire il vero, prima volevo farvi vedere una cosa.” Per il discorso che Chris aveva in mente, i tavoli in legno del pub di William non erano il contesto ideale. Aveva bisogno di un posto ben riparato e di recuperare dentro di sé il coraggio di parlare chiaramente con i suoi genitori. “C’è una… un fonte battesimale di là, che,” si rivolse esclusivamente a Hermione, “che pensavo ti potesse piacere…” Non era una scusa di per sé, anche se il fonte battesimale era solo una delle cose che aveva intenzione di mostrare loro.
Il fonte in piombo era installato su una colonna in pietra nell’unica cappella laterale della chiesa. Chris si premurò di isolare il luogo da occhi indiscreti prima di farsi perseguire da sua madre per Esposizione Inappropriata della Magia. Le ali spiegate di una fenice in volo costituivano il decoro scultoreo principale del fonte, il becco dell’animale puntava verso l’alto mentre fiamme decise si alzavano dalla colonna a circondare l’immagine dell’uccello nell’atto della sua rinascita.
“Una fenice su un fonte battesimale? Decisamente appropriato,” mormorò Hermione, quasi riflettesse tra sé e sé, poi si rivolse a Chris con un sorriso saputo. “Dai, spara questo grande rospo che sembra ti stia mangiando viva…”
“Perché siete così convinti che debba dirvi qualcosa di terrificante?”
“Perché tu sembri terrorizzata. E ci hai invitato a cena, insieme. Non stiamo mai insieme, noi tre.”
Chris si sorprese a dover constatare la verità di quell’affermazione, quante volte si era ritrovata da sola con Harry e Hermione dopo aver scoperto di essere figlia loro? Le contava sulle dita di una mano.
“LaprofessoressaMcGranittdicechevoinonriuscitepiùaesserelepersonecheeravateprimaecheèarrivatoilmomentodilasciareandareilpassatoeperdonare,” disse tutto d’un fiato. Aveva chiuso gli occhi come una bambina che confessa il grave peccato di aver rubato un paio di caramelle. Era difficile esternare tutto ciò che non andasse in quel loro precario equilibrio, forse non era poi così semplice spezzare i circoli.
“Se magari riuscissi a ripetere tutto senza mangiarti le parole, forse, potremmo capire qualcosa anche noi,” Harry la bacchettò bonariamente, mentre tirava su gli occhiali e le fissava gli occhi sul viso.
“Ron e la professoressa McGranitt sono preoccupati per voi,” spiegò, stando attenta a scandire le parole.
“Ron?”
“Anche Ron, sì. Siamo tutti preoccupati. Voi due state… Credo di dover partire da… posso?” chiese e indicò a entrambi i gradini che conducevano al fonte battesimale come possibile seduta. Harry si accomodò sul gradino più alto, con le spalle poggiate al muro, Hermione scelse il gradino più basso ai suoi piedi, Chris si posizionò di fronte ad entrambi, dando le spalle al fonte battesimale. Le chiacchierate sui pavimenti scoscesi sarebbero potute diventare facilmente una tradizione di famiglia.
“A Hogwarts avevo un professore di Difesa Contro le Arti Oscure piuttosto capace,” Chris alzò le sopracciglia rivolta verso suo padre. Harry non trattenne una risata mentre Hermione alzava gli occhi al cielo. “E non ho mai avuto molti problemi nella materia, giusto?”
“Sei sempre stata piuttosto capace anche tu, tesoro.”
“Ma non sono mai riuscita ad evocare un Patronus completo.” Chris fermò sul nascere la protesta che vide comparire nello sguardo di Harry. Era un tratto così squisitamente paterno che Chris, nonostante tutto, non riusciva a non apprezzare: Harry avrebbe difeso per sempre le capacità della sua bambina anche e soprattutto dal suo stesso implacabile senso di autocritica.
Prima della Catastrofe, era stata colpa di Riddle, che le inibiva ogni pensiero felice perché la voleva triste, sola e alla sua mercé, ma anche dopo la sua definitiva scomparsa Chris aveva sempre avuto problemi a cercare un momento talmente gioioso da permetterle l’evocazione del suo Patronus. I suoi pensieri felici erano sempre stati un po’ confusi, ingarbugliati tra rabbia, delusione, gioia, noia, paura, e tutto quell’ammasso di emozioni contrastanti che di solito veniva chiamato vita. William MacDonald aveva sempre avuto ragione: per evocare un vero Patronus bisogna possedere un po’ dell’incoscienza e dell’innocenza di Peter Pan.
“Qualche giorno fa stavo cercando di capire se fosse il caso di alzare di un semiton-, cioè ero all’organo di là e c’era una bella luce e mi è tornata in mente una cosa che mi ha detto Damian una volta sulla mia testa dura e la tendenza che ho a pensare troppo alle cose. Lo sapete quanto gli piaccia avere un’opinione decisa su tutto.” Non ti devi concentrare, Chris. Ti concentri e poi pensi troppo. Non ti lasci avvolgere dal ricordo: deve conquistarti, sorprenderti, dominarti. Prova a pensare al tuo amato pianoforte. “Mi ha consigliato di pensare alla musica. Allora mi son seduta al piano e ho capito.”
“Prova a pensare a cosa ti succede quando suoni,” le aveva consigliato una sera a cena, tra un pezzo di pizza, un bicchiere di vino e le classiche lamentele da fine giornata. “Oppure potresti pensare a me,” aveva poi concluso, con un mezzo occhiolino e un bacio rapido.
Chris si era fermata spesso a pensare alla risposta giusta da dare alla prima proposta, quella seria. Cosa succedeva quando suonava? Era diverso. Il mondo scompariva e restavano solo le note a vibrare nell’aria. La gente la smetteva di sbagliare e confondersi con mezze parole e buone intenzioni. Quando suonava, non aveva l’urgenza di dover pensare a qualcosa di felice.
Non doveva sforzarsi. Come quando Damian intrecciava le dita fredde tra le sue e se ne stavano così a fare gli idioti insieme senza aspettarsi nient’altro. Come quando Hugo voleva ascoltare la storia del Principe Volante e allora si accucciava insieme a Rosie tra le sue braccia. Come quando, da bambina, rubava il primo boccone della torta alle mele della mamma. Come quando Teddy e Albus volevano far gareggiare una lumaca e una tartaruga sulla strada sterrata dietro la Tana e James rideva a crepapelle.
Come quando Harry le baciava la guancia, anche se pungeva. Come quando Hermione si metteva al piano con lei, anche se suonava malissimo. Non doveva sforzarsi.
“Expecto Patronum,” scandì con chiarezza, rievocando i suoi pensieri con l’incoscienza e l’innocenza di Peter Pan. Dalla punta della bacchetta si alzò rapida in volo, sbattendo rapida le sue ali, una piccola fenice d’argento.
Piroettò in aria un po’, rilasciando la sua scia argentea tra i capelli spettinati di Harry e le dita di Hermione, fino ad andare a posarsi sulla spalla di Chriseys.
Chris sentì lo sguardo orgoglioso di Hermione su di sé e non poté fare a meno di sorridere soddisfatta. “E sapete qual è la cosa più bella di Ariel?” ricominciò a spiegare. “Che è un po’ come l’acqua nel fonte battesimale, no? È un simbolo.” Una fenice trova sempre il modo di risorgere tra le polveri di mirra e cannella, le fenici ricominciano sempre da capo. Ricominciare: verbo transitivo e intransitivo, cominciare daccapo, riprendere dopo una interruzione più o meno lunga. Rinascere. “L’acqua del battesimo purifica il bambino, le ceneri della fenice le permettono di ricominciare. Non credo di riuscirmi a spiegare bene.”
“La fenice ritorna in vita, ristorata dai fluidi prodotti dal proprio organismo, lascia andare il passato e ricomincia da capo, non dimenticando, ma ripartendo da ciò che l’ha cambiata, perché tutto ciò che ha affrontato, nel bene e nel male, l’ha resa più forte… È quello che hai fatto tu ed è quello che stai cercando di dirci, anche se in maniera un po’ bislacca,” chiarificò Hermione per lei. Nessuno sapeva spiegare le cose meglio.
“Ecco.” Annuì, lasciando che la mano di sua madre stringesse la sua. “Temo voi due abbiate passato troppo tempo nelle vostre ceneri da aver dimenticato come fare a rinascere. Eravate due eroi una volt-”
“Chris, noi no-”
“Eravate i miei eroi, una volta.” Non poteva lasciare che la interrompessero ora. “Ma tutti i più grandi eroi sono uomini, e gli uomini sbagliano e voi avete fatto la vostra buona dose di sciocchezze. E se ogni errore ha una sua condanna, ogni condanna raggiunge il suo tempo. Smettetela di punirvi, non serve a nessuno, tantomeno a voi due. Non è distruggendo la vostra identità o la vostra amicizia che recupererete quello che avete perso.”
Chris osservò, distorti dalle lacrime, il capo chino di Harry che ascoltava con attenzione e il viso concentrato di Hermione. Era da qualche anno che aveva smesso di lottare con la sua naturale emotività. Commuoversi e arrabbiarsi con gli occhi lucidi era parte di lei. Tirò un profondo respiro. “Stiamo bene, stiamo tutti bene. È arrivato il momento di andare avanti.”
“Quand’è che sei diventata così determinata?”
“Non saprei, pare sia una dote di famiglia.”
 
 

 
Appendice

“Aspetta un secondo, hai chiamato il tuo Patronus come la sirenetta della Disney?”
“Peggio. Lo ha chiamato come lo spiritello della Tempesta di Shakespeare.”
“Uhm… entrambi?”
“…”
“Sei una tale secch-…  Granger!”
“E cosa vorrebbe dire essere Granger, secondo te?”
*
“Mi spieghi per bene quella roba delle bolle di sapone che uscivano dalla bocca di mio figlio?”
“Ma niente, solo un incantesimo andato male, credo… Avrà fatto tutto da solo, sai com’è a quell’età? Io cambiavo sempre il colore delle cose, ti ricordi? Oppure sarà stata la bimbetta bionda con la madre strana che abbiamo incontrato alla gabbia del leone.”
“Chi era?”
“Ron ha detto di conoscerla, Laura, Leila, Lav… Qualcosa del genere.”
“Lav?”
“Ora che ci penso Luna non sembrava tanto contenta di averla incontrata. Andavate a scuola insieme?”
“Lav!”
“Harry, smettila di ridere.”
 
*
“Posso uccidere Blackwood?”
“No.”
“Posso mutilarlo o ferirlo gravemente?”
“Harry!”
“No!”
“Tre anni sono un sacco di tempo, no? Voglio dire, per due ragazzini... ”
“Harry, finiscila! Damian è un gran bravo ragazzo, è intelligente, determinato, educato. Dovresti apprezzare un po’ di più il buon gusto di Chris.”
“Hermione, parli così solo perché è così determinato a entrare nelle tue grazie che ti porta il caffè tutte le mattine.”
“È un ottimo assistente personale. Non credo che avrei potuto trovare di meglio tra tutti quei burocrati al Ministero.”
“Be’, fa davvero un caffè fantastico, soprattutto la mattina quando fa freddo e sei sotto il piumo-, oh!”
“…”
“…”
“Posso ucciderlo? Perché non posso ucciderlo?”
*
“Pensi davvero che dovrei accettare la carica di Ministro?”
“Certo.”
“È che… queste leggi medievali mi hanno sempre un po’ destabilizzato. Non sarebbe meglio se fossero i maghi e le streghe a scegliere il loro Ministro? O perlomeno a scegliere i rappresentanti che poi scelgano il Ministro? Mi spiego?”
“Ed è proprio per questo motivo che saresti un Ministro fantastico.”
*
“Ma non arriva più Ted? Mi aveva detto che sarebbe passato più tardi.”
“Avrà avuto qualche contrattempo. Il tirocinio al San Mungo non è una passeggiata.”
“Oh, sì, probabilmente avrà avuto un contrattempo alto, biondo e disponibile.”
“Harry!”
“Be’, è quello che fa quasi ogni sera, no? Sto iniziando a preoccuparmi. Quella di questo mese si chiama Dalida.”
“Non è bionda però. Ed è piuttosto… simpatica.”
“Non lo pensi davvero, Chris.”
“No. Ma che possiamo farci? Finché lui è contento.”
“Ma lo è davvero?”
“Non potreste entrambi rispettare le scelte di Ted e… cambiare discorso perché è alla porta e non credo sarebbe felice di sapere che state spettegolando di lui.”

*
 
“Su, professor Potter! Giù con quella birra!”
“Chrissie, forse dovresti dire al tuo amico di non andarci così pesante con Harry.”
“Lo regge.”
“Ne sei sicura?”
“Sì, che lo regge!”
“Harry non è mai andato molto d’accordo con le bollic-ehm”
“…”
“…”
“Mi manca un po’, sai?”
“Cosa?”
“Essere… lo sai… Bollicina.”
“Tu sei sempre la mia Bollicina, Chris. Sempre.”

 

Questa storia mi ha accompagnato per quasi un buon quarto della mia vita. Un sacco di tempo. Ho portato con me Chriseys per così tanto tempo perché sono cocciuta e non volevo lasciarla andare prima che la sua storia fosse conclusa. Quest’anno sono riuscita finalmente a condividerla con voi e spero che questa lettura vi abbia dato un po’ di gioia e un po’ di tristezza e un po’ di rabbia e un po’ di commozione, spero che abbiate potuto conoscere i miei Chris, Damian, Harry, Hermione, Ted, Ron e Ginny, tutti parte imperfetta di questa girandola incostante che è la vita.
Se sono arrivata a mettere questa tanto sognata parola FINE lo devo a roxy, che c’era all’inizio e c’è ancora adesso, lo devo a Bea, che ogni settimana leggeva pazientemente i miei messaggi noiosi e miei capitoli complicati, lo devo a Lights, che continuava a prendermi in giro diffidando delle mie intenzioni di portare a termine la storia e alla fine l’ha letta (yeah!) e continua a prendermi in giro per la mia lentezza; ma soprattutto lo devo a voi lettori pazienti, quelli di sei anni fa, quelli che son tornati, quelli che son arrivati quest’anno, voi che mi avete accompagnato in questo lungo percorso e avete sognato e combattuto insieme a Chris e ai suoi genitori a metà.
Grazie!

 

 

   
 
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