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Autore: SilviAngel    14/06/2017    3 recensioni
Di come Derek scopre il fantasmagorico mondo delle FF...
Dl testo:
Derek era sempre stato un lupetto curioso e, almeno nei confronti delle sorelle, quasi invadente, per questo, quando notò la lucetta laterale del portatile ancora accesa, non poté resistere.
Sollevato lo schermo, si accorse che il computer non si era spento ma era stato solamente messo in standby.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Il branco, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola storiella senza pretese.
Erika è viva. Derek è alpha… perché Derek deve essere alpha.
Cora è ancora in città… per il resto, be’, leggere per capire!
 
A_Wolf_In_My_Life
 
“Ehi Cora! Hai letto l’ultimo capitolo? È una meraviglia” la voce di Erika arrivò squillante all’udito delicato di Derek non appena mise piede fuori dalla propria camera.
“Ha aggiornato con un giorno di anticipo? Dannazione! No, non l’ho ancora letto” rispose stizzita la sorella dell’alpha.
“Fallo il prima possibile perché non resisto, ne dobbiamo assolutamente parlare”
“Non azzardarti a spoilerarmi ciò che succede, altrimenti ti strangolo nel sonno”
 
Nell’ascoltare la minaccia scherzosa, sperava, di Cora, Derek sorrise tra sé e sé, felice che la sorella avesse legato così tanto con la beta e, scendendo le scale, tentò di non produrre il minimo rumore.
 
“Comunque, prima di leggere il nuovo capitolo, mi sono riletta il precedente. Ho dovuto! Ci aveva lasciato a metà di una scena così hot, che era un peccato non gustarsela per bene tutta insieme. Fai altrettanto” consigliò Erika.
“Stanne certa. Inoltre il capitolo della scorsa settimana era qualcosa da far saltare le coronarie. Tutta quella passione!” un sospiro lasciò la gola di Cora, mentre la lupa si sedeva sul divano accanto all’amica per poi aggiungere felice “Non so quante volte ho riletto il pezzo in cui il lupo è geloso e inizia a strusciarsi sul ragazzino per ricoprirlo del suo odore. Dio, non so che darei per assistere a una scena del genere”
“Hai il pc a portata di mano? Potresti metterti in pari mentre vado di sopra a vestirmi. Se non sbaglio dovremo vederci con gli altri in centro tra circa mezz’ora”
“Hai ragione, vai a prepararti e lasciami scivolare in un mare di feels”
 
Derek ed Erika si incrociarono a metà delle scale a chiocciola e, dopo un cenno di saluto, in silenzio proseguirono ciascuno per la propria strada.
Giunto nella sala principale del loft, il padrone di casa si rivolse alla sorella incuriosito nel trovarla accoccolata nell’angolo del divano, con il pc in grembo e così concentrata da mordicchiarsi le labbra, senza degnarlo neppure di uno sguardo o un cenno.
“Cosa c’è di così interessante su quello schermo?”
“Cosa?” scattò la lupa quasi saltando sul posto e fu solo grazie ai suoi ottimi riflessi che il computer non si sfracellò al suolo.
Cercando di non lasciar trasparire ansia, Cora abbassò completamente lo schermo del laptop prima di trovare parole di senso compiuto con cui rispondere.
“Oh, nulla di ché! Stavo leggendo qualche trama di film in uscita, sai pensavamo di andare al cinema”
 
L’alpha continuò a chiacchierare del più e del meno, impedendo di fatto alla sorella di proseguire quanto bruscamente interrotto. Fu per questo che sospirò affranta quando Erika tornò di sotto e la richiamò più volte, dicendole che erano in ritardo per l’appuntamento.
Alzandosi, Cora riaprì il pc ma ebbe solo la possibilità di tornare alla pagina principale del profilo autore e poi, vista la fretta, chiudere la sessione senza attendere che il pc ci spegnesse completamente.
 
Derek era sempre stato un lupetto curioso e, almeno nei confronti delle sorelle, quasi invadente, per questo, quando notò la lucetta laterale del portatile ancora accesa, non poté resistere.
Sollevato lo schermo, si accorse che il computer non si era spento ma era stato solamente messo in standby.
Mosse quindi un paio di volte il dito indice sulla zona mouse per riattivare la pagina e si ritrovò su un sito mai visto prima e che si chiamava AO3.
Ad una lettura più attenta, capì che aveva di fronte un elenco di link a storie – definite M/M e originali – tutte scritte da una sola persona che andava sotto il nickname di A_Wolf_In_My_Life.
Facendo sua la posizione sul divano in cui aveva trovato Cora, Derek cliccò, ignaro di ciò che sarebbe accaduto, sul primo link che aveva, accanto al titolo una serie di indicazioni per lui ancora sconosciute ma che scoprì essere dei semplici tag.
Gli occhi passarono in rassegna nuovamente la sigla M/M, la parola slash e in ultimo il termine werewolf.
 
Si stupì che Cora leggesse storie sui mannari, ma ancora più incuriosito da tutto ciò che stava scoprendo, cliccò finalmente sul titolo “Love at first sight”.
Iniziò a leggere la storia di un ragazzino e del suo migliore amico, delle loro scorribande e dei pasticci in cui si infilavano, tra partite di basket, amori non corrisposti e compiti in classe, fino a quando un bel giorno non giunse nel loro liceo un nuovo insegnate di storia.
Lì la narrazione prese una strana direzione, almeno per l’ingenuo animo di Derek.
La descrizione del protagonista, un certo Stuart, era stata fino ad allora quasi del tutto marginale ma con l’ingresso in scena del nuovo personaggio, l’alpha si trovò a sorridere di fronte ai buffi tentativi del liceale di apparire sexy e attraente agli occhi del professore.
Un professore giovane, atletico, dalla voce profonda e dai penetranti occhi verdi, almeno così diceva l’autore.
 
La scrittura era ancora un poco acerba, convenne il licantropo, ma scorrevole e piacevolmente accattivante.
Certo non avrebbe vinto il Nobel per la letteratura, ma era capace di trattenere il lettore davanti allo schermo.
Rise sonoramente quando Stuart, correndo per i corridoi, andò a sbattere contro quello che aveva più volte definito, parlando con l’amico, l’uomo protagonista di tutti i suoi sogni bagnati.
E fu esattamente in quel momento che una pulce, piccola al momento, si infilò infida nell’orecchio di Derek.
Il professore, con un atteggiamento per nulla consono alla sua posizione, prese il ragazzino per le spalle e lo sbatté al muro, intimandogli di fare attenzione e di levarsi dalla sua strada prima di – e l’alpha lesse più volte quelle parole per essere certo di non aver frainteso – corrugare le sopracciglia come Stuart aveva imparato fosse sua abitudine, quasi le usasse con un suo particolare linguaggio.
 
Derek interruppe la lettura e, cliccando sul pulsante che gli avrebbe permesso di tornare indietro di una pagina, prese un respiro profondo, dicendosi che tutti i dubbi che gli affollavano la mente non erano altro che frutto della sua dannata immaginazione.
Incapace di allontanarsi però dal pc, scorse nuovamente l’elenco delle storie, arrivando a un titolo che lo attirò più degli altri “Ciò che succede nella camera di un adolescente, resta nella camera di un adolescente”
 
Ritrovò in questa nuova storia ancora Stuart, il suo migliore amico e il professore di cui scoprì, nelle prime righe, il nome: Devon.
Le situazioni che venivano narrate erano sempre più fantasiose, soprattutto considerando il ruolo da insegnante di quest’ultimo.
Decise a quel punto di sospendere la lettura, anche se solo per il tempo necessario a recuperare dal frigorifero una birra fresca.
Tornato al pc, continuò a immergersi nella vita dell’adolescente, fino a quando questi, dopo un terribile giorno di scuola – costellato da figuracce a mensa e interrogazione a sorpresa – non fece ritorno a casa.
L’abitazione era immersa nella penombra del crepuscolo e Stuart si mosse sicuro giungendo sovrappensiero nella propria stanza.
Il liceale si spaventò nel notare un’ombra scura stagliarsi nella scarsa luce proveniente dalla finestra aperta e, cacciato un urlo, andò alla ricerca dell’interruttore.
L’intruso fu su di lui in un baleno, spingendolo con forza contro il battente della porta che si chiuse con un sordo e secco rumore.
“Chiunque tu sia, sappi che sono il figlio dello sceriffo e”
 
Un brivido corse lungo la schiena di Derek, ma imperterrito il mannaro continuò, come attratto da ciò che avrebbe ineluttabilmente scoperto.
 
“E non lo chiamerai” la voce profonda dell’insegnante colpì con il calore del suo umido soffio la guancia di Stuart.
“P-professore?” mormorò lui sconcertato dall’epifania “Cosa ci fate qui?”
“Cosa ci faccio qui?” sussurrò ancora l’uomo, prima di premersi con forza contro al corpo del giovane e aggiungere “Semplice, esaudisco i tuoi desideri” 
Senza attendere ulteriore risposta, Devon piegò il collo e portando la propria bocca sul collo liscio e profumato di Stuart vi lasciò un piccolo morso.
“Sei così morbido e fragile che potrei strapparti la gola con i denti”
 
Derek chiuse di scatto lo schermo del pc, rimanendo senza fiato.
 
Non era possibile che una persona potesse descrivere in modo così dettagliato certe cose.
Cose che assomigliavano dannatamente a quanto successo – romanzate e calate in una realtà alternativa, ma inequivocabili – a lui e a un certo ragazzino logorroico.
Posato il laptop accanto a sé sul divano e la birra sul tavolino di fronte, Derek si prese la testa tra le mani e cercò di mettere ordine tra i suoi pensieri.
Alla fine giunse a due possibili soluzioni: qualcuno aveva un’immaginazione così fervida da aver, accidentalmente, ipotizzato eventi completamente identici a quanto da lui vissuto oppure l’autore di quelle storie sapeva.
Scartando la prima ipotesi, l’unica rimasta apriva a sua volta due vie alternative: o Stiles aveva raccontato ogni singolo accadimento a una terza persona che si era arrogata poi il diritto di mettere ogni avvenimento nero su bianco – fantasticandoci sopra – oppure il liceale stesso era l’autore di tutto ciò che aveva sin lì letto.
 
Senza riflettere si lanciò fuori dal loft, gettandosi in una corsa a perdifiato dal quartiere di periferia, in cui era collocato il palazzo in cui viveva, al bosco e quando, stanco ma non ancora abbastanza, fece ritorno a casa, valutò fosse utile allenarsi ancora e così fece.
Dopo una rapida doccia, Derek reputò di essere sufficientemente stremato da potersi concedere qualche ora di sonno e fu in quel momento che la sorella rientrò in casa.
“Ciao fratellone”
“Ehi, ti sei divertita questa sera?”
“Certo, come sempre e, come sempre, tutti si sono chiesti perché non ti fossi unito a noi” puntualizzò la lupa.
“Sai che non amo troppo la compagnia” cercò di giustificarsi Derek.
“Lo so, ma una cosa è non amare troppo la compagnia, un’altra è fare il lupo brontolone e scontroso chiuso nella sua wolfcaverna. Parole di Stiles, non mie” disse Cora, alzando le mani.
“Stiles?”
“Sì, Stiles. Hai presente? Quel ragazzino dannatamente intelligente, ficcanaso e che pare tenga a tutti, te compreso”
Derek, non sapendo cosa dire, decise fosse più saggio tacere e, osservando la sorella infilarsi sotto il braccio il laptop da lui abbandonato tempo prima sul divano, udì poi le sue parole mentre ella già si dirigeva verso le scale.
“Domani è il suo compleanno, lo sceriffo è di turno in centrale e Stiles ha invitato tutti” sottolineò tale termine “a casa sua e tu, volente o nolente, verrai. Penserò io al regalo, mi darai poi la tua parte”
L’alpha non ebbe il tempo di ribattere e a capo chinò, poco dopo spense le luci e la seguì.
 
Steso sul grande letto della propria camera, il licantropo sbuffò verso il soffitto.
Era stanco, era tranquillo nella sua caverna, allora perché mai non riusciva ad addormentarsi?
Senza che potesse controllare i suoi pensieri, essi presero a vagare, tornando alla breve conversazione avuta con Cora.
Doveva ammettere che la sorella avesse purtroppo pienamente ragione. Era un periodo calmo, senza grandi minacce o nemici, perfetto affinché il branco si consolidasse e rafforzasse i propri legami, ma da pessimo alpha, quale sentiva di essere, Derek lo aveva in pratica abbandonato a se stesso.
Non interagiva con i suoi beta se non durante gli sporadici allenamenti nei boschi e aveva quasi completamente ignorato i membri umani.
Il suo animo sembrò chetarsi all’improvviso nell’attimo in cui decise che sì, la sera successiva avrebbe partecipato alla festa per il compleanno di Stiles e, girandosi su un fianco, sperò che il sonno giungesse rapido.
 
Fu così, ma a posteriori, Derek lo maledisse.
Si destò accaldato e irritato come non ricordava di essere stato da tempo e sapeva perfettamente quale ne fosse la causa.
 
Era eccitato, eccitato a causa di un assurdo sogno che provava vergogna anche solo a ricordare, ma la sua mente, spudorata, glielo riproponeva come in un loop.
Aveva sognato si trovarsi al limitare di una bellissima radura immersa nel verde, a petto nudo, sudato come dopo una folle corsa, ma non era di certo quella la causa del suo stato, ma il ragazzino seduto a cavallo del suo bacino intento a ondeggiare in modo provocante, sfregando i propri glutei sulla sua erezione.
Se solo socchiudeva gli occhi, Derek rivedeva le sue mani stringersi attorno ai fianchi di Stiles e ribaltare agilmente le loro posizioni, sentiva il proprio corpo farsi strada tra le sue cosce spalancate e godere della sensazione dei loro inguini che si scontravano.
La voce e i gemiti di Stiles inondavano le sue orecchie, l’idea del sapore della sua pelle gli invadeva la bocca, la morbidezza della sua pelle gli riempiva le mani.
Frustrato e ancora eccitato, il mannaro gettò all’aria le coltri e ringhiando furioso, si diresse verso il bagno.
Era necessaria una doccia.
Era necessario pensare ad altro.
Mentre stringeva tra le mani il bordo del lavandino, con il capo piegato in avanti, quasi si spaventò nell’udire la voce sonnacchiosa della sorella.
“C’è qualcosa che non va?”
Senza spostarsi, di certo non voleva che Cora lo vedesse in quelle condizioni, rispose “Non volevo svegliarti, ma semplicemente non riesco a dormire. Mi faccio una doccia e poi torno a letto”
“Sai cosa mi aiuta a prendere sonno? Navigare un po’ su internet. Fatti una doccia, io ti porto il pc in camera” e senza attendere altro, Cora uscì dal bagno.
 
Derek non era stato sufficientemente veloce dal contrastare l’idea della sorella.
Cosa avrebbe potuto dire?
Che proprio da lì era giunta la causa del suo attuale problema? Sospirando, fece scivolare a terra i morbidi pantaloni del pigiama e l’intimo, rimanendo completamente nudo per il tempo necessario a che l’acqua divenisse almeno tiepida, non aveva mai amato l’acqua gelida, neppure in piena estate.
Risolta la spinosa questione della sua ingombrante erezione, l’alpha indossò solamente i boxer e, a passo lento, tornò nella propria stanza.
Nella luce generata dall’abatjour vide chiaramente la macchia nera del laptop sulle coltri e chiusi per un secondo gli occhi e inspirato forte, andò incontro al suo destino.
 
Non fu facile ritrovare la pagina di A_Wolf_In_My_Life dato che Cora aveva opportunamente cancellato l’intera cronologia, ma ricordando il sito di partenza, creò un account e poi andò alla ricerca dell’autore.
Dopo un attimo di indecisione cliccò sul nickname e immediatamente vide scorrere davanti ai suoi occhi i vari link alle storie pubblicate.
Nel buio della sua camera e nella sicurezza avvolgente del suo letto, Derek si prese il tempo per analizzare con maggior attenzione sia la struttura della pagina che i vari racconti.
Notò che l’autore prediligeva le storie da un capitolo solo – come quelle che aveva letto nel pomeriggio – ma che vi erano anche due racconti più lunghi che contavano ciascuno più di venti capitoli, di cui uno ancora in corso di pubblicazione.
Tornando a far scendere il cursore, così da leggere tutti i titoli presenti, uno in particolare solleticò la sua curiosità: Birthday Gift.
Non poteva che essere un segno del destino e, senza il minimo dubbio, aprì la storia.
Prima di inoltrarsi nella lettura però Derek notò, con la coda dell’occhio, che quanto si apprestava a gustare era stato pubblicato solo poche ore prima.
 
Quando il racconto giunse alla fine, Derek sospirò affranto.
Non perché la lettura non fosse stata coinvolgente e affascinante – a tratti avrebbe osato dire appagante – ma per il fatto che lo aveva eccitato nuovamente e, per questo, spento il pc e la luce sul comodino, si apprestò a mettere mano al suo problema, ben sapendo che la sua immaginazione avrebbe fatto il resto del lavoro.
E così fu, non appena si fu disteso comodamente ed ebbe infilato la mano nei boxer tesi, il viso stravolto dal piacere di Stiles e il suo corpo impacciato e liscio gli affollarono la mente.
Non interruppe le proprie carezze, non rinnegò ciò che stava compiendo – masturbarsi pensando a quel dannato ragazzino – né poté negare che fu uno dei più soddisfacenti cinque contro uno da parecchio tempo a quella parte.
Rilassato e in pace con il mondo, finalmente il sonno giunse, consapevole che il giorno successivo si sarebbe trovato faccia a faccia proprio con Stiles.
 
***
 
Cora, tra sé e sé, si domandò più volte come mai non avesse dovuto insistere particolarmente per convincere il fratello ad andare a prepararsi e pregarlo di non tenere un comportamento scorbutico come il suo solito, ma alla fine, giunti sulla soglia della villetta dello sceriffo, decise di lasciar perdere e godersi la serata.
Era felice di passare del tempo in compagnia del branco, della nuova e stramba famiglia che l’aveva accolta a braccia aperte e non voleva pensare ad altro.
Non fu il padrone di casa ad aprire l’uscio, ma Scott che, facendone le veci, li invitò ad accomodarsi, lasciare le giacche nell’armadio a muro e seguirlo poi in salotto.
 
Derek si guardò in giro, tentando di convincersi che i suoi occhi non stavano andando alla ricerca di un corpo longilineo, che le sue orecchie non erano tese nel tentativo di udire una voce che, almeno negli ultimi tempi, aveva acquisito alcune note più profonde pur restando acidula e unica nel suo genere.
“Ehi fratellone” lo distrasse Cora prendendolo in giro “stai già cercando una via di fuga?”
“Non mettermi in testa strane ma ottime idee” stette al gioco il mannaro.
“Senti, tieni qui” riprese la giovane allungandogli il pacchetto che conteneva il regalo per il festeggiato “Devo andare a parlare con Erika”
Senza dargli possibilità di controbattere, Derek si ritrovò tra le mani un involto morbido con tanto di nastro e fiocco e fu esattamente in quel momento che Stiles decide fosse giunta l’ora di lasciare la cucina e raggiungere gli ospiti, sbucandogli praticamente alle spalle e inducendolo a voltarsi di scatto.
“Wou… Sourwolf non agitarti! Sono solo io” sorrise il liceale e abbassando gli occhi vide quanto l’altro teneva tra le mani.
Accorgendosi di dove fosse arrivato il suo sguardo, il licantropo sporse leggermente in avanti il pacchetto senza dire neppure una parola.
“È per me?” pose l’ovvia domanda il padrone di casa, forse perchè genuinamente stupido dalla prospettiva che il lupo gli avesse portato un dono.
Come era solito fare, Derek, in una manciata di secondi, rovinò tutto.
“È da parte di Cora” disse, spingendogli il regalo tra le mani e incrociando poi le braccia al petto.
“Ah” mormorò – forse deluso – il ragazzo “allora è meglio che vada a ringraziarla” e volgendogli la schiena si allontanò da lui.
 
La festa prese lentamente piede di fronte ai numerosi stuzzichini che il padrone di casa aveva preparato e ad alcune bottiglie di birra di cui Derek non si domandò la provenienza. Mentre osservava il branco, non poté non accorgersi di come, di tanto in tanto, gli occhi di Stiles se ne andassero in giro per la sala, posandosi poi su di lui, si fermassero un istante – come a volersi sincerare che l’alpha fosse ancora lì – prima di scappare via veloci.
“Allora” la voce di Cora lo sorprese all’improvviso “sei ancora vivo. Certo non si può dire che tu sia l’anima della festa, ma è pur sempre un passo avanti”
Derek fece per aprire bocca e rispondere a tono alla sorella, ma Erika scelse quel momento per urlare più volte “Regali, regali”
Stiles si ritrovò così catapultato al centro della scena e, seduto a terra circondato da tutti i suoi amici, iniziò a scartare i doni ricevuti.
Vi erano videogames, libri, un abbonamento annuale a Netflix che fece venire i lucciconi al padrone di casa, fino a che giunse il turno del pacchetto incartato alla rinfusa da Cora.
Stracciando la carta senza grande attenzione, Stiles strinse poco dopo tra le mani una t-shirt blu scura con al centro del petto il simbolo di Superman.
“Wow è bellissima Cora! È quella dell’ultimo film e hai addirittura azzeccato la taglia”
“All’inizio ero disperata, ma poi” Derek, senza conoscere il motivo, provò una sensazione di pericolo e le successive parole della sorella la confermarono “ho avuto la fortuna di trovare una maglietta nel cassetto di mio fratello che certamente non era sua e, avuta conferma fosse tua, il resto è stato facile”
 
Cadde il silenzio nella stanza.
Stiles divenne in un baleno rosso come un pomodoro mentre il suo cuore iniziò a battere frenetico.
Derek sgranò gli occhi nel trovarsi quelli di tutti gli altri addosso.
Cora sollevò un angolo delle labbra, fiera come non mai di sé.
“Oh, be’ ecco… sì, be’, grazie” balbettò il figlio dello sceriffo, cercando di non soffocare, posò la maglietta insieme agli altri regali, stando bene attento a non sollevare lo sguardo, consapevole che non avrebbe saputo come reagire se due occhi verdi fossero stati su di lui.
 
La serata andò avanti in modo piacevole, tra risate e chiacchiere e, quando oramai la mezzanotte era passata da un pezzo, gli invitati iniziarono a lasciare la casa, augurando ancora una volta a Stiles un buon compleanno.
 
Derek guidò verso il loft a velocità sostenuta, senza dire neppure una parola, ma ci pensò Cora a iniziare una conversazione che non avrebbe certamente portato a nulla di buono.
“Allora, bella festa, vero? Visto che non sei morto? Uscire di tanto in tanto non ti fa male, anzi, penso che non possa che fare bene al tuo caratteraccio. Hai notato come erano tutti sorpresi ma sollevati dalla tua presenza, soprattutto qualcuno…”
“Cara sorellina, mi spieghi la ragione di quella tua infelice uscita sulla maglietta? Mi hai messo in imbarazzo con tutto il branco e se c’è una cosa che odio è fare la figura del coglione”
“Fidati che sei bravissimo da solo a fare la figura del coglione, non hai di certo bisogno del mio aiuto e poi, a voler essere del tutto sinceri, non ho detto nulla che non fosse la mera verità. Davvero non ti sei chiesto il motivo che ti ha spinto a tenere in un cassetto una t-shirt non tua?”
“Dannazione è una maglietta! Solo una maglietta, non una fottutissima…”
“Dichiarazione d’intenti?” e, dopo un attimo di silenzio che Derek sembrò non sapere come colmare, Cora riprese “Davvero non hai analizzato un poco i tuoi comportamenti? Tu sei attratto da quel ragazzino come le api dal miele e lui altrettanto. Oh, ma siete bravi a negarlo a voi stessi, dannatamente bravi”
 
Erano intanto arrivati sotto la loro abitazione ma, mentre la lupa aprì la portiera dell’auto per scendere, il maggiore rimase nell’abitacolo.
“Che fai ora mi tieni il muso?”
“Vado a farmi un giro” e, non appena la lamiera si richiuse con clangore, la Camaro partì veloce.
Derek aveva davvero intenzione di schiarirsi le idee guidando nella notte, come aveva detto alla sorella, ma resosi conto di aver, oramai per la gran parte, solamente rifatto la strada coperta pochi minuti prima, alla fine cedette e completò il tragitto, giungendo infine nuovamente di fronte – o quasi – alla villetta dello sceriffo.
 
Le luci al piano inferiore erano ancora accese, sia in sala che in cucina.
Derek suppose che Stiles stesse ancora rassettando le due stanze così da non far trovare il caos al padre che sarebbe rientrato all’alba e ne ebbe la conferma quando, mossi alcuni passi, avvertì chiaramente il rumore di stoviglie e il colorito imprecare del ragazzo sulla quantità di carta – probabilmente da pacchi – disseminata sul pavimento.
In silenzio e senza conoscere il motivo, il mannaro sorrise. I suoi piedi di mossero all’iniziò titubanti e poi sempre più sicuri. Aggirò la facciata dell’abitazione e giunto sul retrò non ebbe alcuna difficoltà a individuare nel buio la finestra socchiusa della camera da letto del ragazzo.
 
Il branco aveva davvero devastato il suo salotto: briciole e bicchieri vuoti ovunque.
Stiles impiegò non poco a rendere presentabile la stanza e, decidendo che avrebbe potuto pensare alla cucina il giorno dopo, spense le luci sul suo cammino e si diresse di sopra.
I raggi della luna permisero al ragazzo di scorgere una sagoma scusa poggiata al davanzale della sua finestra.
Pronto a vendere cara la pelle – anche se un piccolo brivido di piacevole aspettativa non voleva saperne di abbandonarlo – allungò la mano verso l’interruttore e, inondata la stanza di luce, rimase a bocca aperta.
Derek Hale, in tutto il suo cupo splendore, era nella sua innocente camera.
“Cosa, cosa ci fai qui?” riuscì a dire dopo un paio di secondi di imbarazzante silenzio.
“Sono qui per darti il tuo regalo”
“Il-il mio regalo?” la voce stridula di Stiles fece gonfiare l’ego – e inaspettatamente non solo – del licantropo che, con un seducente sorriso, si mosse avvicinandosi al liceale che ancora sostava dando le spalle alla porta oramai chiusa.
“So che questa sera non hai ricevuto il regalo che vuoi davvero”
“Il regalo che voglio davvero?”
Il figlio dello sceriffo non sapeva far altro che ripetere, con tono sorpreso, le parole dell’altro.
“Certo. So che ciò che davvero desideri per il tuo compleanno si trova nei miei pantaloni. Mi spiace solamente non avere gli occhiali da sexy professore” confessò il lupo, giunto oramai a meno di un passo dal giovane.
 
Derek era così vicino che venne investito da una dirompente zaffata di puro panico.
Avvertiva inoltre, ad ondate sempre crescenti, il calore che il corpo di Stiles stava emanando, chiaro sintomo del pompare forsennato del suo cuore, capace di portare la pelle del viso ad assumere immediatamente sfumature di un rosa acceso.
La bocca del liceale non era mai stata così asciutta, la lingua immobile, del tutto incapace di muoversi e articolare suono.
Fu Derek a parlare ancora, senza accennare ad allontanarsi di un solo millimetro.
“Ho letto molto ultimamente, sai? E chi l’avrebbe mai detto che quella tua testolina sempre in movimento fosse così fantasiosa e perversa”
Gli occhi grandi e limpidi di Stiles divennero in un secondo lucidi, non in grado di gestire la vergogna che il giovane stava provando.
All’improvviso, il figlio dello sceriffo parve ritrovare la forza di reagire e con rabbia portò i palmi aperti sul petto del mannaro. Cogliendolo di sorpresa, riuscì a spingerlo via, allontanandolo da sé.
Non contento, Stiles coprì la distanza che si era tra loro creata e, ripetendo con ira il gesto, continuò a spingerlo.
“Vattene via. Vattene via. Vattene via” iniziò a urlare Stiles ad ogni spinta, riuscendo inaspettatamente a far indietreggiare Derek fino alla finestra.
Con il viso deformato dalla collera, il liceale piantò i suoi occhi in quelli del licantropo che, non sapendo come ribattere, in silenzio scavalcò il davanzale se ne andò nella notte.
 
Stiles rimase per un tempo indefinito in piedi, di fronte alla finestra ancora spalancata con l’unico intento di calmare il battito del proprio cuore e incamerare più aria possibile.
Conosceva il suo corpo e ancor meglio la sua mente. Quello che stava vivendo in quel momento non era un iniziale attacco di panico, era solo rabbia mista a una quantità abnorme di limpida vergogna.
Come un automa, il ragazzo di mosse verso la scrivania e, sollevato lo schermo del laptop, in pochi clic fu sul proprio profilo autore.
Il dito era a pochi millimetri dall’area mouse, la freccetta del cursore già posizionata sulla scritta disattiva profilo. Con un lento respiro, abbassò il polpastrello e A_Wolf_In_My_Life scomparve nell’oblio.
 
La mattina successiva, Derek si svegliò tranquillo, anche se un sottile senso di colpa prese piede lentamente in lui, non appena iniziò a scendere le scale.
Cora ed Erika stavano parlando sottovoce accoccolate sul divano, apparentemente ignare ancora della presenza dell’alpha.
“Pensavo di avere un problema sul mio account o che ci fosse stato un crash in uno dei server, ma quando mi hai detto che anche tu non trovavi più nulla” sospirò la giovane Hale, lasciando cadere il capo sullo schienale del sofà.
“Mi è preso un colpo. Ieri sera non riuscivo a prendere sonno e così avevo deciso di rieleggere qualche oneshot e niente, non ho più trovato niente. Tutto sparito” confermò Erika, aggravando il peso che schiacciava sempre più il petto di Derek.
“E se… se avesse cancellato tutto per sempre e non postasse più nulla?” ipotizzò Cora.
“Non dirlo neanche per scherzo. Non conosco l’autore, ma sai meglio di me che quando uno scrittore cancella tutto è perché è successo qualcosa di brutto. Non ci voglio neppure pensare”
 
Il mannaro non aveva alcun dubbio.
Stavano parlando di A_Wolf_In_My_Life, quindi, in parole povere, di Stiles.
Mentre Derek raggiungeva il centro della grande stanza le ragazze finalmente si resero conto della sua presenza e, cercando di mostrarsi al meglio, lo salutarono e pochi minuti dopo sparirono al piano di sopra.
Il licantropo afferrò sicuro il proprio cellulare e trafficando quanto necessario, ebbe in pochi attimi la prova definitiva di ciò che aveva supposto.
Stiles non solo aveva cancellato tutto ciò che aveva pubblicato e, ricordando la sfilza di titoli vista in precedenza, aveva buttato via davvero tante e tante parole, ma per il sito non esisteva neppure più un profilo che corrispondesse al nickname digitato.
Derek cercò di non pensarci ma, nell’arco della giornata, fallì più e più volte, ritrovandosi poi a sera, steso nel proprio letto, con la mente che libera e felice se ne andava alla ricerca delle parti più succulente dei racconti del liceale, riproponendoglieli in modo anche troppo nitido e dettagliato.
Per il povero alpha, la notte fu quindi un inferno, sensuale, piacevole e appagante, ma pur sempre un inferno.
 
Quando anche il giorno successivo stava per volgere al termine senza che nessuno del branco si fosse presentato, senza invito, alla sua porta, Derek cedette e domandò alla sorella se fosse accaduto qualcosa.
“Strano tu l’abbia chiesto, di solito sei contento quando non ti stiamo troppo tra i piedi” all’occhiataccia ricevuta, la giovane lupa riprese “Non ci sono grandi pericoli e quindi a farci ammattire sono i piccoli problemi”
“Non ti seguo” ammise candidamente il maggiore.
“Siamo preoccupati per Stiles”
“Stiles?”
“Sì, Stiles! Hai presente? Quel ragazzino che parla sempre e sembra non fermarsi mai, quello ai cui problemi sembra non ci sia mai tempo per pensare? Ecco, proprio lui. Ha qualcosa che non va. Se ne sta zitto e, a detta di Scott e Lydia che sono in classe con lui, ha sempre un’espressione triste e ha addirittura urlato contro a Erika”
“Avrà un momento no” cercò di alleggerire la situazione.
“Stiles non ha momenti no, o meglio, li ha come tutti, ma non li ha mai dati a vedere. Vuol dire che questa volta deve essere accaduto qualcosa di davvero importante”
 
Derek borbottò qualcosa di incomprensibile e se ne andò dal loft, convinto che una passeggiata gli avrebbe migliorato l’umore e forse alleggerito la coscienza.
Purtroppo non fu così.
Si ritrovò a vagare per Beacon Hills fino a quando giunse in prossimità del liceo e, accortosi che mancava ormai davvero poco alla fine dell’allenamento pomeridiano di lacrosse, decise di attendere.
Dopo pochi minuti, vide arrivare dal campo Scott, Isaac e Jackson che parlottavano tra loro, carichi di zaini e borsoni.
“È successo qualcosa?” domandò allarmato Scott che, dopo averlo visto dall’altra parte della strada, si era avvicinato a passo spedito.
“No, volevo sincerarmi foste tutti vivi dato che sono due giorni che non ho cuccioli molesti in giro per casa”
Salutandolo con un cenno del capo, l’ex kanima e Isaac se ne andarono ciascuno per la propria strada, lasciando soli gli altri due.
“Dove è il tuo amichetto umano?”
“Non lo so” rispose sinceramente Scott, alzando le spalle.
“Stai scherzando? Siete praticamente gemelli siamesi”
“È un paio di giorni che mi evita e non so perché. Non è il compleanno della madre e neppure l’ anniversario della sua morte. Sono quelli di solito i periodi in cui preferisce a volte starsene per i fatti suoi. Davvero non ho idea di cosa gli passi per la testa. Viene a scuola, socializza il meno possibile e non si ferma neppure agli allenamenti. Se ne va senza dirmi dove e so che non è a casa, ho verificato e-”
“Non ho tempo da perdere con le vostre beghe adolescenziali”
Derek si intromise nello sproloquio dell’altro, soprattutto perché era evidente stesse perdendo tempo se neppure Scott era in grado di dirgli dove fosse il suo compare.
Senza dare tempo al liceale di aggiungere altro, l’alpha gli voltò le spalle e, salito in auto, se ne andò dal piazzale antistante la scuola.
 
Fermo ad un semaforo, rifletté sulle poche informazioni ottenute: Stiles era triste e taciturno, non frequentava gli allenamenti ma non era neppure a casa.
Quel dannato ragazzino non gliela stava rendendo facile, per niente.
Con un ringhio trattenuto, Derek svoltò verso la periferia senza neppure sapere come mai qualcosa lo stesse spingendo in quella direzione.
Giunse ben presto al limitare della zona abitata di Beacon Hills e, superata anche le piccole e grandi strutture dell’area industriale, si ritrovò al limitare della riserva. Continuò a guidare sull’interstatale fino a quando – mentre oramai il sole iniziava a calare oltre le cime degli alberi più alti – vide sul ciglio della strada la Jeep sgangherata di Stiles.
Accostò, parcheggiando esattamente dietro l’altra vettura e, accortosi che non vi fosse il conducente all’interno, si guardò intorno.
Non c’era anima viva, ma subito dopo notò i paletti di metallo e una vecchia catena arrugginita che reggeva un cartello di divieto di oltrepassare quella linea.
Conoscendo il figlio dello sceriffo – e la sua allergia congenita alle regole – fu fin troppo semplice  addivenire alla consapevolezza che quella, e solo quella, fosse la via intrapresa dall’altro.
 
Avanzò nell’erba alta per alcune centinaia di metri e d’un tratto sentì lieve l’odore inconfondibile di Stiles. Era fresco e frizzante, ma con un tono di tristezza che lo costrinse ad arricciare il naso mano a mano che si avvicinava.
Mossi ancora alcuni passi e, giunto in un piccolo spiazzo, finalmente trovò l’oggetto della sua ricerca.
Stiles era seduto su un vecchio tronco caduto, i gomiti sulle ginocchia e il capo stretto tra i palmi.
“Mi spieghi perché quando i problemi non ti trovano da soli te li vai a cercare? Cosa ci fai nel bosco da solo?” esordì con voce piena Derek, spaventando a morte l’umano.
Il licantropo si aspettava una battura tagliente, una delle sue solite frecciatine sul fatto che attentassero alla sua vita cercando di causargli un infarto, ma non arrivò nulla si simile. Anzi, neppure una parola venne detta e, subito dopo lo scatto repentino all’insù, il volto del giovane tornò a dare la sua completa attenzione alla vegetazione accanto ai suoi piedi.
“Non sto scherzando, sta diventando buio, faresti meglio a tornare a casa” Derek cercò ancora di liberarlo dall’apatia che pareva averlo avvolto, ma senza risultati.
 
Avvicinatosi a grandi passi, l’alpha strinse le dita con forza calibrata attorno alla spalla del giovane, scuotendolo in modo deciso.
“Ti vuoi decidere a parlare?”
“Vattene via”
“Dannazione, Stiles. Si può sapere che diavolo ti prende?” gridò il licantropo non potendo trattenersi ulteriormente.
“Tu… tu hai letto…” balbettò imbarazzato e arrabbiato al tempo stesso “Non avresti dovuto”
“Io ho letto. Sì, come migliaia di altre persone, se non ricordo male”
“Tu non avresti dovuto” la voce finalmente si fece udire forte, anche se straziante e rotta da alcuni singhiozzi “Tu non avresti dovuto mai sapere che… che”
“Che ti piaccio?”
Stiles annuì.
“Secondo te perché ho fatto in modo che tu lo sapessi?”
“Non capisco. Che sapessi cosa?” domandò curioso il liceale, non sicuro di dove l’altro stesse andando a parare.
“Segui il mio ragionamento” iniziò a spiegare Derek.
Il lupo di sedette a cavalcioni del tronco e, spinto il figlio dello sceriffo a voltarsi, anche se di poco, a lato, solo allora riprese a parlare.
“Supponiamo che una sera io mi sia imbattuto in una delle tue storie”
Derek avvertì l’accelerata del cuore di Stiles e l’aumento del calore che la sua pelle ora emanava, inspirando a pieni polmoni quel mix fantastico di imbarazzo ed eccitazione.
“Dicevo mi sono ritrovato a leggere una delle tue fantasie, avrei potuto benissimo tenere per me tale scoperta, invece non l’ho fatto”
“Certo! Perché mai privarti dell’occasione di prendere in giro quello scemo di Stiles” si intromise il liceale.
“Non mi pare di averti preso in giro”
“Ah no? Scusa allora dovevo essere ubriaco. Cosa poteva mai essere, se non uno scherzo, il tuo presentarti in camera mia offrendomi in dono il contenuto dei tuoi pantaloni?”
“Mi sono piaciute le tue storie”
“Cosa?” domandò incredulo Stiles.
“Potrebbero essere utili alcuni accorgimenti di sintassi e forma per rendere la narrazione più fluida in alcuni punti, ma mi sono piaciute”
“Capisco, ti piace come scrivo. Ok” tentò di assorbire la notizia, del tutto impreparato a ciò che avrebbe a breve udito.
“Mi piace quello che scrivi. Mi piacciono le tue fantasie” ammise a chiare lettere Derek, scivolando verso di lui e arrivando quasi a ingabbiare Stiles tra le cosce spalancate.
“Ok, non capisco” balbettò Stiles, sgranando gli occhi per la distanza tra loro che, inaspettatamente, non faceva altro che ridursi sempre di più.
“Mi sono eccitato leggendole” ammiccò Derek, legando i loro sguardi.
“Ora basta, smettila di giocare con me” urlò Stiles nel silenzio che pareva aver paralizzato per un istante l’intero bosco e, grazie alla sorpresa generata in Derek, il giovane riuscì ad alzarsi e ad allontanarsi di qualche passo.
L’alpha non poteva perdere quella occasione così unica e speciale.
Erano soli, avevano scoperchiato il vaso di Pandora e poteva, nel riserbo della foresta, raccontare anche i sui segreti.
 
In pochi attimi, Derek lo raggiunse e avvolgendogli lesto le braccia attorno al torso lo tirò a sé, impedendogli di continuare la fuga.
“Non è una bugia e neppure un perfido divertimento” sussurrò all’orecchio di Stiles bevendo avido i brividi che un misero contatto tra le sue labbra e la pelle del lobo aveva fato scaturire in entrambi “Mi sono eccitato leggendo e mi sono eccitato anche solo ripensandoci. Dio, riuscivo a immaginarti, a immaginarci fare tutto ciò che hai raccontato, parola per parola. È stato bello per te scrivere quelle scene quanto lo è stato per me leggerle?”
“Sì” mormorò imbarazzato il ragazzo.
“E allora perché scappi da me?”
“Perché non è vero, non è reale. Non è minimamente possibile che tu-”
Stiles non poté terminare la propria frase perché venne voltato con estrema facilità ritrovandosi a guardare da vicino – troppo vicino – le labbra socchiuse del moro, quel naso perfetto che così tante volte aveva immaginato annusarlo con reverenza e i suoi occhi verdi e magnetici che sembravano stringerlo più di quanto non facessero le braccia ancora avvolte attorno a lui.
All’improvviso un morbido e avvolgente suono giunse all’udito di Stiles e scuotendo il capo, sorrise tra sé e sé.
“No. Tu non puoi fare questa… questa cosa! Non puoi fare le fusa, io-”
“Non faccio le fusa. Non sono un gatto, sono un licantropo” si indispettì Derek, corrugando la fronte.
“Aspetta. Ti stai comportando da lupo? È una questione lupo – preda?”
“No. Il lupo non ha tale potere su di me. Per quanto ti suoni strano, sono più umano di quanto pensi. È solo una questione ragazzo a cui piace un altro ragazzo. Ora che ne dici di calmarti un po’?”
Stiles serrò le labbra in una linea sottile, annuendo rapido.
“Se ora io ti baciassi, tu cosa faresti?”
“Probabilmente rischierei un collasso, ma penso valga la pena rischiare. Sono pronto” rispose timoroso e spavaldo allo stesso tempo.
Lo sbuffo di una risata trattenuta riempì l’aria attorno a loro e il liceale si rabbuiò all’istante, convinto nuovamente che l’altro lo stesse solo ingannando.
“Non sto ridendo di te. È che sei quello che sei, sempre e comunque. Andiamo su!” lo incitò, allontanandosi a fatica dal suo corpo e sciogliendo l’abbraccio che ancora li legava “Ti accompagno alla macchina”
“Ma come? E i baci?” si affrettò a chiedere alla schiena di Derek dato che il moro si era già incamminato nella direzione che entrambi, in momenti differenti, avevano percorso.
“Datti una mossa, Stiles, altrimenti ti lascio da solo in mezzo al bosco”
“Non, non lo faresti. Vero?”
“Non mi tentare, Stilinski”
“Almeno aspettami!” mosse i primi passi Stiles, cercando di raggiungere il licantropo “Non ho la visione notturna come te”
Giunto a meno di un metro dal maggiore, con enorme stupore, lo vide voltarsi – anche se non completamente – verso di lui e allungare all’indietro un braccio, la mano tesa.
“Sbrigati” e muovendo le dita, lo esortò a prenderle “Non voglio averti sulla coscienza e, conoscendoti, potresti inciampare nei tuoi stessi piedi”
Stiles vide il proprio arto muoversi in avanti, desideroso di accogliere senza tentennamenti l’invito ricevuto e, trattenendo il respiro, posò il palmo contro quello un poco più grande del lupo, le cui dita rapide si chiusero, trascinandolo così in avanti.
 
Arrivare alla strada e quindi ai loro mezzi di trasporto, fu più semplice del previsto e assolutamente troppo rapido, a detta di Stiles – e forse non solo – perché era consapevole che non appena i loro piedi avrebbero toccato l’asfalto e i lampioni li avessero avvolti nella loro luce giallognola, quella piccola bolla di felicità si sarebbe infranta, le loro mani si sarebbero separate e ciascuno sarebbe andato per la sua strada.
Le previsioni del liceale iniziarono immediatamente ad avverarsi, in quanto non appena i profili della Jeep e della Camaro si stagliarono davanti a loro, in contemporanea la voce di Derek si udì e la sua mano allentò la presa scivolando via da quella del figlio dello sceriffo
“Il lupo ha portato Cappuccetto Rosso fuori dal bosco”
Il licantropo mosse un passo verso la propria auto, ma non riuscì ad andare oltre. Sorpreso dall’assenza di risposte o battute da parte del giovane, si voltò trovandolo immobile esattamente dove lo aveva lasciato, concentrato a guardare le proprie dita ora dolorosamente libere.
Derek istintivamente strinse a pugno la mano che fino a poco prima accoglieva quella lunga e calda dell’umano, per resistere alla tentazione di tornare a toccarlo.
“Faresti meglio ad andare” il lupo si mosse verso l’altro, prima di riprendere “Considerando l’affidabilità di quel catorcio che ti ostini a guidare, forse è meglio che io ti segua fino a casa tua. Che ne dici?”
“Non chiamare catorcio la mia meraviglia”
Con animo leggero, il figlio dello sceriffo si diresse allo sportello e, apertolo seppure con qualche difficoltò, si accomodò e mise in moto.
“Allora” il liceale si sporse dal finestrino “sei pronto?”
Scuotendo il capo sorridendo, Derek si affrettò a raggiungere la Camera e a prepararsi al viaggio più lento che la sua auto avesse mai affrontato.
 
Il tragitto fu tranquillo.
Guidarono con calma, assaporando l’aria tiepida della sera che entrava dai finestrini abbassati, consapevoli ciascuno della presenza dell’altro.
Gli occhi di Stiles volarono rapidi allo specchietto retrovisore appena prima di apprestarsi a svoltare nella via che avrebbe – forse – decretato la fine di quell’assurdo incontro. Tra sé e sé, sperava che così come quello della Jeep, anche il lampeggiante della Camaro si accendesse, unico e silenzioso segno che Derek avesse intenzione di seguirlo davvero fino a casa.
E così avvenne.
Il cuore del ragazzo fece le capriole e gli angoli delle labbra si sollevano felici.
 
Parcheggiata l’auto davanti alla saracinesca del garage, Stiles scese, impaziente di incontrare nuovamente il mannaro e, quando vide la macchina nera fermarsi morbida lungo il marciapiede, si avvicinò con una piccola e inaspettata sicurezza.
Vedendo poi scendere il finestrino del lato passeggero, il padrone di casa, rivestendosi di sfacciataggine, si chinò, appoggiandosi ad esso e lasciando penzolare all’interno dell’abitacolo le mani.
“Allora, programmi per la serata? Ti va una pizza o qualcos’altro, potrei cucinare e-”
“Mi spiace ma ho da fare. Ci vediamo Stiles”
Il ragazzo si tirò su come punto sul vivo e mormorando un rapido saluto, si diresse verso casa senza più voltarsi indietro.
 
Che sciocco era stato a credere alle parole di quel lupo da strapazzo, si rimproverò Stiles, incamminandosi verso le scale e arrivando di fronte alla porta del bagno.
Non aveva fame e, consapevole che il padre sarebbe tornato il mattino dopo, non aveva neppure il dovere di occuparsi della cena del genitore.
“Stupido. Stupido. Davvero pensavi di poter piacere a uno così?” borbottò al proprio riflesso con lo spazzolino tra i denti, sputacchiando dentifricio ovunque.
Rassegnatosi a passare la serata a recuperare qualche episodio di Game of Thrones, si infilò un leggero paio di pantaloni di cotone e, sospirando, agguantò la t-shirt con cui da tanto – troppo – tempo dormiva: quella maglietta – lorda di sangue – che Derek aveva dovuto lasciare a casa sua e che, opportunamente lavata e stirata, era entrata di diritto nel suo personale e preferito abbigliamento da notte.
 
A capo chino, Stiles raggiunse la propria stanza e, a tentoni accese la luce.
D’un tratto l’ultima voce che avrebbe pensato di udire ancora quella sera, lo costrinse a sollevare il viso.
“Ce ne hai messo di tempo, ragazzino”
Derek era appoggiato al davanzale della finestra, le braccia incrociate e le gambe di poco aperte, come se fosse li ad aspettare già da un po’.
“Come mai sei qui? Non avevi da fare?”
“Ho da fare. Allora, anche se in ritardo, vuoi il tuo regalo di compleanno?” la voce bassa e ruvida di Derek solleticò il corpo di Stiles mentre il primo abbandonava la sua posizione avvicinandosi a passo sicuro alla sua preda che, istintivamente, arretrò fino a scontrarsi con la porta.
Non c’era nessuna traccia di paura nella scia di Stiles, solo trepidante tensione e attesa, mentre un sorriso – capace di destabilizzare per un secondo anche il burbero alpha – si faceva strada sulle sue labbra.
“Ti mancano di nuovo gli occhiali” scherzò il liceale.
“Nessuna fantasia. Nessun insegnante e studente. Solo io e te”
“Solo io e te” ripeté il figlio dello sceriffo, facendo leva con le mani sulla porta così da spingersi un poco in avanti.
 
Chi fece suo l’ultimo centimetro che li separava?
Chi sfiorò per primo la bocca dell’altro?
Di chi furono i denti che desiderosi morsero un labbro?
Di chi fu la lingua che curiosa oltrepassò un confine oramai abbattuto?
Alla fine, in tutta sincerità fu poco importante.
Stiles e Derek si stavano baciando all’imbrunire di una sera qualunque, di un giorno qualunque.
Mani correvano a sfiorare pelle, a stropicciare indumenti e a stringere carne, fino a che un ginocchio curioso non incappò in una non fraintendibile rigidità.
Un gemito languido lasciò la gola di Stiles anche se egli cercò di fermarlo portando una mano alla bocca.
“No. Voglio sentirti”
“Non è giusto che io sia già in questo stato e-”
Il liceale non poté finire la frase perché le ultime parole si incagliarono una sull’altra nell’attimo in cui Derek spinse in avanti il proprio bacino dando prova di essere nella stessa condizione del ragazzo.
“Come vedi non sei l’unico”
“Oh”
“Penso che dovremmo sbarazzarci di questo inopportuno inconveniente se vogliamo goderci la nottata” disse in tono quasi neutro il mannaro, non accorgendosi di come suonassero assurde le sue parole alle orecchie del padrone di casa.
“Scusa, ma non capisco. Perché inconveniente?”
“Siamo troppo su di giri. Dobbiamo levarci il pensiero del primo orgasmo e, fidati, mi ringrazierai”
“Ok”
Non ancora del tutto convinto, Stiles si rimise all’esperienza del maggiore e ritornando nell’oblio causato dai baci umidi e caldi, si lasciò spostare passo dopo passo fino al letto e distendere su di esso.
Derek non lo seguì. Rimasto in piedi, lentamente e in silenzio con gli occhi fissi in quelli del liceale, portò le mani al bordo della t-shirt e con un unico gesto fluido la levò, lasciandola poi cadere a terra. Non abbassò il capo neppure quando le dita si posarono sul bottone dei jeans e ghignò, quando Stiles si coprì il viso con le braccia mugugnando con tono quasi doloroso.
“Che hai?” chiese l’alpha.
“Non è possibile. Tu sei in camera mia. Tu sei in camera mia e ti stai spogliando. Non è possibile, non è possibile”
“Guardami”
Quando, qualche attimo dopo, Stiles obbedì, ciò che vide lo lasciò a bocca aperta.
Il lupo era a pochi passi da lui coperto solo da un paio di aderenti boxer scuri.
“Sono qui” mormorò il maggiore, avvicinandosi “Sono davvero qui” ripeté prima di stendersi coprendo con il proprio corpo quello teso di Stiles.
 
Riprese a baciarlo con dolcezza, come a volerlo rassicurare ulteriormente e solo quando lo sentì nuovamente presente e partecipe, osò “Posso spogliarti?”
“Certo, anche se non è che ci sia poi molto da vedere, cioè-”
“C’è quello che voglio vedere. Questa è la cosa importante” lo interruppe Derek, calando sulle sue labbra mentre le mani armeggiavano con i pantaloni prima e con la maglietta subito dopo.
 
I baci si interruppero perché il lupo era troppo desideroso di esplorare il corpo liscio e attraente del liceale e, mentre le labbra scendevano lente ma sicure lungo il collo e sul petto, una mano, senza incertezze, si poso a palmo aperto sul membro eretto ancora coperto dal cotone degli slip.
“Gli slip di Capitan America sono un tocco di classe” rise Derek sulla pelle arrossata dai numerosi passaggi della sua barba.
“Hai da ridire su Cap?”
“Assolutamente no, anche se ti immaginavo più come Team Ironman”
“Infatti lo sono, per questo ho le mutande di Cap” avvertendo il dubbio farsi strada negli occhi di Derek, Stiles si affrettò ad aggiungere “Parleremo più avanti del fantastico mondo Stony e di tante altre favolose ship”
“Ship?”
“Potremmo ricominciare a baciarci, per favore?” mugolò Stiles andando a riprendersi le labbra del moro.
 
Derek non si negò e le loro labbra tornarono a unirsi ancora e ancora mentre le dita curiose del mannaro oltrepassavano il tessuto di cotone per toccare finalmente l’erezione piena del padrone di casa che, nel bacio, mugolò sorpreso e su di giri.
Allontanando per un attimo la bocca da quella dell’altro, il maggiore domandò “Cosa vuoi che faccia?”
“Eh?”
“Mi hai capito benissimo. Cosa vuoi che faccia?”
“Oh mio Dio… non sta succedendo davvero” gemette Stiles coprendosi gli occhi con una mano.
“Dici? Eppure mi pare di stringere qualcosa” scherzò Derek aumentando la presa sulla carne tesa del liceale, strappandogli uno squittio per nulla virile.
“Voglio fare sesso con te” sussurrò Stiles ancora a viso coperto.
“Allora devi dirmelo guardandomi”
Derek vide il petto del compagno sollevarsi e riabbassarsi di colpo prima che questi facesse quanto richiesto.
“Sei sicuro? Potremmo anche solo divertirci un po’” si sincerò Derek.
Un’espressione contrariata oscurò per un attimo la lussuria negli occhi castani e con una forza e un’agilità che non credeva di avere, l’umano fece leva sul torace del licantropo riuscendo – chissà grazie a quale divinità – a mettere spalle al letto Derek e a salire a cavalcioni dei suoi fianchi.
“Sono vergine, non sono stupido. Voglio fare sesso con te. Niente Dobbiamo levarci il pensiero del primo orgasmo” scimmiottò le parole che il lupo aveva usato poco prima e aggiunse “So cosa voglio e voglio te”
“Bene” ringhiò Derek e, infilate le mani sotto il tessuto dei boxer, strinse a palmi aperte le natiche sode del ragazzo, costringendolo a spingersi contro il proprio bacino.
 
L’intimo volò velocemente sul pavimento, il lubrificante venne recuperato dal cassetto del comodino e mentre baci infuocati tornavano a legarli, dita curiose percorsero il solco che celava l’apertura inviolata di Stiles oltrepassando poi, delicate ma smaniose, lo stretto anelli di muscoli.
Il padrone di casa nuovamente mugolò felice.
 
Prima di essere piacevole, fu fastidioso, addirittura a tratti doloroso o scomodo, ma al tempo stesso ugualmente perfetto.
Derek sentiva di essere amato e accettato come mai gli era successo prima d’ora.
Stiles avvertì l’inaspettato dolce tepore di lasciarsi avvolgere, accudire e proteggere.
Ci furono gemiti e parole, ringhi e schiocchi osceni di pelle contro pelle prima che entrambi giungessero al piacere, crollando poi – uno sull’altro – nella morbidezza del letto sfatto.
 
Riprendendo fiato, Stiles – comodamente accoccolato al fianco del mannaro – riuscì a borbottare “Niente a che vedere con quello che scrivevo”
“Non direi. I tuoi racconti erano piuttosto realistici, te lo posso garantire. Tornerai a scrivere?”
“Non saprei… penso di aver bisogno prima di parecchio materiale prima di poter pensare di pubblicare ancora” ammise malizioso Stiles, puntando il mento al centro del petto di Derek e guardandolo con un piccolo sorriso sulle labbra.
“Be’ non hai che da chiedere” stette al gioco il licantropo tirandolo a sé all’improvviso e baciandolo per mille volte e altre mille ancora.
 
***
 
“Cora”
Erika entrò nel loft come una furia, incurante dell’educazione e del tono decisamente troppo alto della sua voce vista l’ora mattutina, sventolando stretto in mano il proprio cellulare.
Derek sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo evidentemente contrariato dall’interruzione e già pronto a richiamare all’ordine la sua beta.
La minore dei fratelli Hale scese rapida la scala a chiocciola attirata dal trambusto fatto dall’amica e, non appena mise piede nella stanza principale, venne letteralmente assalita dalla ragazza bionda.
“Mi dici che hai da strillare in questo modo?”
“L’account è tornato visibile e anche tutte le sue storie. Per non parlare di quella nuova che ha appena pubblicato. Devi assolutamente leggerla, è una bomba”
Derek udì lo squittio felice della sorella e la vide saltellare sul posto, imitata da Erika.
“Davvero?”
“Oh sì. L’ultima oneshot è sesso allo stato puro. È sexy, è dolce, è, non so, vera. Penso che qualcosa sia entrato nella vita del nostro autore preferito e a giudicare dalle descrizioni” e la voce della lupa si affievolì, ma non abbastanza da impedire a Derek si sentire tutto “deve essere qualcosa di molto molto grosso”
 
Derek sorrise compiaciuto, gongolando e crogiolando il proprio ego nei – per nulla velati anche se inconsapevoli – complimenti appena ricevuti.
Aveva in programma di vedersi con Stiles quella sera e di certo avrebbero avuto qualcosa da leggere e, forse, qualcosa di nuovo da scrivere.
 
Spero che la storia vi sia piaciuta.
Ho usato AO3 non per mancare di rispetto a EFP, ma per una mera questione realistica, sono pur sempre negli USA e mi pareva sensato riferirmi a un sito di fanfiction internazionale.
Alla prossima.
   
 
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