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Autore: Tigre Rossa    16/06/2017    3 recensioni
Dis gli tirò un pugno sul braccio, sorridendo “Hai dimostrato che è sempre un errore sottovalutare uno hobbit di Erebor.”
Lo hobbit arrossì, troppo sorpreso e felice per parlare.
Uno hobbit di Erebor . . .
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Può uno piccolo hobbit crescere tra i nani di Erebor e sentirsi a casa?
Potrà mai diventare uno di loro e trovare il proprio posto, prima che le fiamme di Smaug annullino ogni cosa?
Bilbo!raised by dwarves AU - Bagginshield
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bilbo, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 1 – Solo un piccolo hobbit

 

 

 

 

 

 

 

Ci preoccupiamo di ciò che un bambino diventerà domani, ma ci dimentichiamo che lui è qualcuno oggi.
- Stacia Tauscher

 

 

 

 

“Bilbo! Dis!”

 

Il principe Frerin si tirò indietro un ciuffo ribelle di capelli biondi e si guardò attentamente attorno, gli occhi scuri e divertiti alla ricerca delle sue due piccole, sfuggenti ombre.

Da dietro una colonna si sentì una risatina sommessa, seguita da un basso ‘Shh!’.

Il giovane nano sorrise vittorioso e, facendo attenzione a non fare rumore, si avvicinò piano alla colonna. Prima che potesse muoversi ancora, però, una voce femminile urlò ‘Ora!’ e due piccole figure schizzarono fuori dal loro nascondiglio, allontanandosi nei lunghi corridoi di Erebor.

“Prendici se ci riesci, Fre!” gridarono, ridendo e lanciandogli vispi sguardi di sfida. Subito il principe partì all’inseguimento, ma le due figure erano molto veloci e riuscirono a distanziarlo in fretta, evitando agilmente le varie persone che incrociavano per la strada.

“Ce l’abbiamo fatta!” gridò allegra la più grande, voltandosi per un attimo verso la sua compagna, ma così facendo finì dritta addosso un nano che non aveva visto arrivare. Cadde a terra di botto, e l’altra si fermò accanto a lei, esclamando preoccupata “Dis! Stai bene?”.

Prima che questa potesse rispondere, una voce più profonda la sovrastò “Che cosa ci fate qui, voi due?”.

I piccoli fuggitivi sobbalzarono, ed alzarono contemporaneamente lo sguardo sul nano che, severo e silenzioso, si ergeva davanti a loro e li fissava con i suoi freddi occhi color del ghiaccio.

“Thorin!” dissero insieme, deglutendo appena.

Il principe di Erebor incrociò le braccia, senza staccare lo sguardo dalla giovane nana dai lunghi capelli biondi e dal piccolo hobbit dagli occhi grandi e più blu del mare che aveva davanti “Dis, Bilbo. Cosa state combinando?”.

La bambina si alzò da terra, spolverandosi la gonna scarlatta ed evitando lo sguardo del fratello maggiore “Niente.” rispose secca, con quella autorità e sicurezza che era propria della stirpe di Durin e che faceva parte di lei nonostante la sua giovane età.

Al suo fianco, il piccolo annuì, passandosi distrattamente una mano tra i capelli.

Thorin alzò appena un sopracciglio, ma non ebbe il tempo di ribattere che si sentirono risuonare nell’aria i passi pesanti e la voce squillante di Frerin.

“Sto arrivando, piccole pesti, e quando vi avrò preso . . .. oh, ciao, Thorin!” esclamò il biondo quando vide il maggiore fermo in mezzo alla via, fermandosi di botto per poi fingere un sorriso, a suo parere completamente innocente e per nulla colpevole, ovviamente “Cosa fai di bello qui, nadad?”.

Il nano lo fissò con aria quasi divertita ”Perso qualcosa, Frerin?” domandò, facendo un cenno ai bambini che stavano in mezzo a loro.

Il principe più giovane fece una smorfia, portandosi una mano alla testa “Stavamo facendo un giro e mi sono, ehm . . . scappati.” spiegò debolmente, imbarazzato.

Il fratello arricciò un angolo della bocca “Ma davvero? Non l’avrei mai detto, guarda.” Poi, però, il suo sguardo si fece immediatamente più severo, così come la sua voce. “Non avresti allenamento a quest’ora, tu?”

Frerin alzò gli occhi al cielo e sospirò stancamente “Andiamo, nadad . . .”

“Non dire ‘andiamo’ a me, Frerin.” lo rimproverò l’altro, fulminandolo con lo sguardo “Allenamento. Ora. Buzun.”

“E di questi due che ne faccio?” ribatté, indicando i due bambini con le grandi mani già segnate da lotte e combattimenti “Avevo promesso a Belladonna ed a nostro padre che avrei badato a loro durante le udienze.”.

Dis, che fino a quel momento aveva seguito quasi con noia la discussione fra i suoi fratelli, si animò all’improvviso e, lanciato un veloce sguardo con l’amico, esclamò assieme a lui, eccitata “Veniamo con te!”.

Il biondo a quella proposta si illuminò, ma prima che qualcuno di loro potesse aggiungere altro Thorin frenò quell’entusiasmo sul nascere con un gesto deciso.

“Non se ne parla. Siete troppo piccoli.” obbiettò con fermezza il principe.

“Bilbo è piccolo, io ho diciannove anni!” ribatté arrabbiata la principessa, voltandosi verso il maggiore e mettendosi le mani sui fianchi.

“Io non sono piccolo!” obbiettò invece lo hobbit, rifilando un’occhiataccia all’amica e mettendo in quelle parole tutta la sicurezza dei suoi tre anni appena compiuti.

“Dai, Thorin!” gli diede man forte Frerin, sorridendo con quell’aria furba che tanto lo caratterizzava “Non sei tu quello che dice sempre che non è mai troppo presto per imparare a cavarsela da soli? E poi, li terrei d’occhio io.”

“A parte il fatto che è proprio questo che mi preoccupa, Dwalin ti staccherebbe la testa se ti presentassi nelle sue sale degli addestramenti con i flagelli di Erebor.” ribatté con un pizzico di fastidio il corvino “E non ho alcuna intenzione di stare a sentire le sue lamentele per le prossime venti lune.”.

Il biondo sbruffò, borbottando tra sé e sé qualcosa di non proprio gentile nei confronti del fratello, per poi dire “E allora, li tieni tu o cosa?”.

A quelle parole Dis strabuzzò gli occhi e fece una faccia orripilata, come se gli fosse stata offerta la peggiore delle morti, ma il piccolo hobbit alzò lo sguardo verso Thorin, speranzoso e pieno di aspettativa.

Il principe ci pensò su giusto qualche secondo, prima di annuire con fare quasi stanco “Li porto su con me.”.

Frerin sbottò un ‘D’accordo’ metà sconsolato e metà seccato, per poi inginocchiarsi di fronte alla sorella e al bambino “Beh, io ci ho provato.” mormorò, facendogli l’occhiolino “Fateglielo rimpiangere, d’accordo?”.

La biondina si batté il petto ed annuì quasi con aria seria, mentre al suo fianco il piccolo strizzò goffamente l’occhio nel tentativo di emulare il gesto del più grande.

Il nano ridacchiò e gli scompigliò i capelli, prima di alzarsi e fare un cenno al fratello “Buona fortuna.”.

Il principe di Erebor gli lanciò uno dei suoi sguardi assassini, sollevò appena il mento e sibilò “Muoviti, nadadith.”.

Quello gli fece la linguaccia, per poi allontanarsi sbruffando.

Quando scomparve, Dis si voltò verso il fratello maggiore “Dobbiamo per forza venire con te, Thorin? Possiamo cavarcela benissimo da soli.” fece con voce decisa, la fronte aggrottata e lo sguardo fiero.

“Quando nostro nonno e nostro padre termineranno le udienze, vorranno trovare ancora qualcosa di Erebor.” obbiettò sarcasticamente l’altro “E dubito che ci riusciranno, se vi lascio girare da soli per la Montagna.”.

La principessa sbruffò “Guastafeste.” ringhiò tra i denti, gli occhi che lampeggiavano.

Thorin accennò ad un sorriso “E’ mio dovere e privilegio esserlo. Adesso su, si torna nelle nostre stanze.” Si rivolse allo hobbit, che lo osservava attentamente con i grandi occhi blu “Tu resterai da noi fino a quando tua madre non verrà a prenderti. Shândabi?”.

Il bambino annuì subito “Shândabi.” rispose, sorridendo appena al nano dai capelli corvini. L’amica lo guardò male e gli rifilò una gomitata nelle costole.

“Ahi! Dis!” gemette, massaggiandosi il punto colpito e lanciandole uno sguardo dolorante.

“Non fraternizzare con il nemico, ‘lbo.” lo sgridò la compagna, incrociando le braccia e storcendo la bocca in una smorfia di disapprovazione.

Bilbo aggrottò la fronte, confuso “Thorin non è il nemico, è tuo fratello.” obbiettò, continuandosi a massaggiare il fianco “Ohi.”

“E’ la stessa cosa.” ribatté lei, infilandosi dietro le orecchie una ciocca di capelli “E smettila, che non ti ho fatto così male.”

“Hai i gomiti fatti di acciaio, mi hai fatto male.” sbruffò il piccolo.

Il figlio di Thrain alzò gli occhi al cielo “Su, andiamo.”.

Si voltò ed iniziò a camminare, e dopo un attimo di esitazione i due lo seguirono, uno ancora massaggiandosi il fianco e l’altra continuando a sbruffare ed a dire “Vedi perché è il nemico? Prima ci manda via Frerin, ed ora ci trascina con lui in un mondo di noia ed oblio.”.

“Non è vero.”.

“Sì, invece” insistette lei, senza smettere di camminare “Vedi Frerin da qualche parte, per caso? Niente Frerin, niente divertimento, lo sai.”.

Lo hobbit tirò su con il naso, non sapendo cosa risponderle, per poi rivolgersi di nuovo al principe nano “Perché hai mandato via Frerin?”.

Il giovane gli lanciò uno sguardo un po’ sorpreso. I suoi occhioni, pieni di aspettativa, lo spinsero a rispondere sinceramente, per quanto dubitasse che tale risposta potesse essere compresa da un bambino così giovane “Perché ogni figlio di Erebor deve fare il proprio dovere, senza eccezioni, e Frerin prima di tutti. E’ uno degli eredi al trono. Deve mettere i propri doveri prima di qualsiasi altra cosa.”

Il piccolo sembrò pensarci su per qualche momento, e poi annuì “E’ giusto.” fece, il viso infantile improvvisamente serio “Quando sarò grande, anche io farò il mio dovere, e combatterò per Erebor come fate tu e Fre’.” esclamò con decisione, gli occhi che gli brillavano di una luce che il nano non aveva mai visto prima di quel momento sul suo volto.

Thorin aggrottò la fronte, preso un po’ alla sprovvista da quelle parole, troppo infantili e troppo adulte allo stesso tempo“Tu non sei costretto a farlo. Puoi scegliere. Non sei un nano come noi, sei uno hobbit. Non devi seguire per forza le nostre usanze ed i nostri obblighi.” ribatté, cercando di non sembrare troppo freddo.

Bilbo lo fissò come se avesse detto la più grande delle idiozie “Anche la mamma è una hobbit, eppure combatte con re Thror e il capitano Drifa. Ha sconfitto branchi di mannari. Ha salvato la vita a Thrain tante volte.” rispose quasi con rabbia, attraversandolo con i suoi grandi occhi blu “E io da grande voglio essere come la mamma. Voglio combattere per Erebor. Sarò Bilbo, il flagello degli orchi e dei mannari!” esclamò, brandendo in aria una spada immaginaria.

Dis rise, divertita “Oh, ti sbagli, Bilbo. Io sarò il flagello di orchi e mannari, tu sarai solo il mio scudiero.” fece, affiancandolo e tirandogli i capelli.

Il piccolo hobbit la guardò male e le allontanò il braccio con una smorfia “Io sarò il flagello di orchi e mannari.”.

“Io!”

“No, io!”

“Ioo!”

“Limitatevi ad essere il mio flagello, per il momento.” il principe gli lanciò uno sguardo ammonitore, zittendoli.

Beh, per circa sette secondi.

La discussione riprese subito, ancora più accesa di prima, e Thorin dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo in un moto di sconforto.

 

Erano passati pochi anni da quella tempestosa sera di fine settembre in cui Belladonna Tuc era arrivata alle porte di Erebor con in braccio il piccolo Bilbo, eppure sembravano solo pochi giorni.

I due ospiti erano stati accolti con tutti gli onori e con tutto il calore di cui il popolo dei nani era capace. Nessuno aveva dimenticato i servigi e la lealtà che la hobbit aveva offerto al Re Sotto la Montagna ed al Principe Ereditario negli anni passati. Fundin aveva assegnato a Bella la Coraggiosa i migliori tra gli alloggi del Regno, vicino alla sezione reale, ed era stata subito nominata consigliera del sovrano.

Tutti, nella famiglia reale, erano già molto affezionati a Bella, e ci volle meno di niente per far sì che prendessero ad adorare  anche il nuovo arrivato.

Frerin l’aveva praticamente adottato come fratello minore dal primo momento in cui l’aveva visto, e Dis, dopo un’iniziale diffidenza, aveva fatto lo stesso. Il maggiore ricordava bene il modo in cui si era oscurata in volto quando le era stato mostrato il nuovo arrivato. Aveva strappato il neonato dalle braccia della madre, per poi studiargli il visetto infantile con aria critica e scontrosa. Il piccolo l’aveva guardata per qualche secondo con i suoi grandi occhioni blu, confuso, per poi spiazzarla completamente regalandole un enorme e dolcissimo sorriso sdentato. E da allora, il cuore della piccola principessa era ben stretto in quelle sue manine minuscole da hobbit.

I due eredi di Durin l’avevano guidato nei primi passi e nelle prime parole, insegnandoli addirittura il Khuzdul. Quando Thror l’aveva scoperto era andato letteralmente su tutte le furie, e con lui l’intera famiglia reale. La loro lingua, donatagli dal Creatore in persona, era sacra; mai, in passato, era stato permesso a qualcuno che non appartenesse al loro popolo di conoscerla. Solo i nani, che la custodivano gelosamente come se fosse il più prezioso dei tesori, potevano parlarla, al sicuro, tra le rocce a cui appartenevano, lontano da orecchie indegne. Il gesto di cui si era macchiata il figlio e la figlia minori di Thrain era imperdonabile, e le conseguenze potevano essere veramente gravi se assieme al proprio istruttore Balin non fossero riusciti, grazie anche al sostengo di Thorin stesso, a dimostrare le loro azioni non solo come naturali e, anzi, addirittura logiche. In fondo, il piccolo Bilbo sarebbe cresciuto lì, ed avrebbe tranquillamente appreso da sé il Khuzdul a forza di sentirlo da coloro che lo circondavano, e la sua vita sarebbe stata condizionata sempre e comunque dalla loro, dalle loro abitudini, usanze, regole e guerre. Perché, allora, impedirgli di essere a tutti gli effetti un vero figlio di Erebor, negandogliene i privilegi e limitandolo solo a seguirne i doveri?

Alla fine, dunque, allo hobbit era stato permesso di apprendere sia il Khuzdul che le loro usanze, in modo che potesse crescer e vivere come uno di loro in tutto e per tutto. Era stata una decisione a lungo sofferta e da molti osteggiata, ma alla fine Thror aveva ceduto, ed il piccolo era entrato a far parte a tutti gli effetti del Regno Sotto la Montagna. Si trattava, probabilmente, del più grande dono mai concesso a qualcuno dal popolo di Mahal, anche se lo hobbit non ne aveva la benché minima idea.

 

Thorin si voltò a guardare i bambini, che dietro di lui continuavano a scherzare tra loro, a tirarsi piccoli colpi ed a rincorrersi, ridendo ed urlando a gran voce, ignari dei suoi pensieri.

 

Prima ancora che il figlio di Belladonna potesse reggersi in piedi decentemente, Dis aveva iniziato a portarselo dietro ovunque andasse, e man mano che entrambi crescevano, il legame tra loro si era rafforzava incredibilmente. Erano inseparabili, il piccolo hobbit dagli occhi profondi e la principessa dai lunghi capelli biondi. Dov’era una, c’era anche l’altro, sempre insieme come se fossero gemelli. Dei gemelli malandrini, certo. Scomparivano per ore intere, piccole pesti senza vergogna, ed al loro passaggio accadevano le cose più incredibili; oggetti e gioielli scomparivano per poi essere ritrovati in posti improbabili il giorno dopo, distrutti o praticamente irriconoscibili, vari nani si ritrovavano con la barba tagliata e i capelli rasati a zero, le fucine venivano puntualmente sconvolte. Erano, secondo il parere di tutti, le più pestifere creature mai vissute sotto l’ombra della Montagna, tanto che il soprannome ‘flagelli di Erebor’ era diventato più che comune tra le povere vittime dei loro scherzi. Non che Bilbo facesse granché, alla fine. Era ancora troppo piccolo per fare davvero danni. Era Dis la vera mente diabolica del duo. Lo hobbit le andava semplicemente dietro, anche se con un entusiasmo a dir poco preoccupante. Ogni singolo nano tremava al solo pensiero di quello che avrebbero combinato, quando tutti e due sarebbero arrivati nella tragica età dell’adolescenza.

 

Comunque, tra i tre discendenti di Durin, Thorin era quello meno legato al piccolo. Non che lo odiasse anzi, ci era ormai affezionato, seppur non come i suoi fratelli. Lo inteneriva e le sue accese discussioni con mastro Bomfur sul perché non potesse mangiare tre torte nello stesso pasto lo divertivano enormemente, ma a parte il tenerlo d’occhio ogni volta che doveva evitava di averci molti contatti. Preferiva non legarsi troppo a lui, sospettando che con il tempo ciò gli avrebbe portato solo preoccupazioni eccessive. Aveva un grandissimo rispetto per sua madre e comprendeva le decisioni di suo nonno, ma dubitava che quello fosse il posto giusto per il bambino o che un giorno potesse sul serio far parte del loro popolo. Se Belladonna aveva dimostrato negli anni il coraggio e la ferocia di una vera nana, Bilbo sembrava troppo fragile e debole per riuscire un giorno a seguire le sue orme ed a guadagnarsi il proprio posto nella Montagna. Perché sì, se voleva davvero appartenere a quel mondo, nonostante tutto ciò che aveva detto e promesso Thror, un giorno avrebbe dovuto guadagnarsi il rispetto del suo popolo, e dimostrare a tutti che era uno di loro, almeno dentro, e fino a quando non l’avrebbe fatto sarebbero stati davvero pochi i nani che l’avrebbero accettato come tale.

Ma più guardava quello scricciolo dai grandi occhi profondi storcere il naso di fronte all’oro ed ai gioielli e spaventarsi ai racconti di Frerin, più dubitava che un giorno ci sarebbe riuscito. Gli sembrava così fuori posto, così innaturale in mezzo a tutti quei bambini nani che, nonostante la giovane età, già parlavano di lame e pietre preziose con la sicurezza degli adulti e che erano capaci di mettere su risse niente male.

Bilbo non poteva appartenere a quel posto, e più ci pensava, più si rattristiva, perché l’entusiasmo di quel piccolo era così toccante e dolce da farlo stare male. Lui voleva profondamente appartenere a Erebor, ma Thorin dubitava che ci sarebbe mai riuscito.

 

“Thorin, ti sei incantato?”

Una voce acuta e una intensa serie di pizzicotti lo riportarono al presente, ed il principe dovette sbattere le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco ciò che lo circondava. Accanto a lui, Dis gli stava torturando il braccio, con un certo divertimento tra l’altro, e Bilbo stava spingendo la pesante porta nel tentativo di aprirla. Thorin, scosse la testa, sbruffò ed allontanò i due bambini, per poi aprire l’ingresso e fargli segno di entrare. I piccoli si infilarono dentro di corsa, per poi correre per i corridoi e nascondersi nelle camere dell’ultimogenita di Thrain, pronti probabilmente per l’ennesimo pomeriggio di giochi, discussioni e storie. Bilbo adorava ascoltare le storie di Dis, e lei si divertiva da morire a raccontargliele, soprattutto se si trattava delle avventure dei loro genitori. Dis era una guerriera, nel suo cuore giovane ed appassionato, e sentire e narrare le imprese di cui i suoi antenati e le persone che conosceva avevano affrontato la entusiasmava oltre ogni dire.

“Non distruggete nulla!” si limitò a gridargli dietro il nano dai capelli corvini, certo che le sue raccomandazioni non sarebbero state comunque ascoltate, e si avviò a sua volta verso la propria stanza, pensando sconsolato alle asce che lo aspettavano nella fucina del padre e che nemmeno quel giorno sarebbe riuscito a completare.

 

 

Quando, molte ore dopo, quella pesante porta si aprì nuovamente e il viso stanco ma comunque allegro di Belladonna fece capolino dall’uscio, come un gufetto curioso alla ricerca di novità, Thorin non se ne accorse nemmeno.

La hobbit rimase sull’uscio, osservando intenerita quel quadretto, non eccessivamente insolito ma capace di stringerle forte il cuore ogni singola volta. Gli eredi di Erebor erano accucciati di fronte al fuoco mentre il maggiore tra loro, seduto su un basso sgabello, lasciava che le sue dita danzassero su un’arpa d’oro, cantando un’antica ninna nanna della sua gente. Di fronte a lui, seduto sul pavimento e con la testa china, stava Frerin, le sue gambe ancora sottili che facevano da guanciale a Dis, profondamente addormentata. E tra di loro, stretto tra le braccia delicate del principe dai capelli dorati, stava il suo piccolo Bilbo, cullato anche lui dalla dolcezza di quella musica antica.

Ella si limitò a guardare ed ascoltare fino a quando la melodia non finì e il più grande dei giovani Durin non alzò lo sguardo dal trio addormentato, e poté vedere una profonda tenerezza e un infinito affetto in quegli occhi di ghiaccio, prima che la sorpresa ne prendesse il posto.

“Signora Belladonna.” si lasciò sfuggire sorpreso il principe, ma in un tono così basso da non poter disturbare i ragazzi addormentati. “Ci avete messo molto.”.

Ella annuì, sistemandosi con un gesto impaziente la gonna. Non si era ancora abituata ai pomposi e pensanti abiti dei Nani, e dubitava che ci sarebbe mai riuscita. “La politica con gli Elfi richiede sempre molto tempo, e presto anche voi scoprirete fin troppo bene il perché. “spiegò, non senza pensare con fastidio all’incontro infinito con i rappresentati del vicino reame elfico. “Vostro padre e vostro nonno vi raggiungeranno a breve.” aggiunse, per poi avvicinarsi piano ai tre ragazzi addormentati e, facendo un’enorme attenzione, sfilò il piccolo hobbit da quell’abbraccio allentato.

Bilbo non si svegliò, ma mugolò un po’ nel sonno, borbottando qualche parola in Khuzdule raggomitolandosi ancora di più tra le braccia della madre.

Belladonna non riuscì a trattenere un sorriso ed accarezzò delicatamente i capelli ricci del figlio, che con il passare degli anni si stavano schiarendo sempre di più, passando da un iniziale bruno scurissimo a un bel biondo ramato. “Grazie per aver badato a lui. Di nuovo.” sussurrò, senza riuscire a smettere di guardare il suo bambino.

“Non preoccupatevi, non è un problema.” replicò piano il giovane nano, e nella sua voce qualcosa colpì la hobbit e la spinse ad alzare lo sguardo.

Il viso del ragazzo era illeggibile, la bocca stretta in una linea sottile e gli occhi di ghiaccio, improvvisamente pensierosi, erano fissi sul piccolo Bilbo, quasi lo stessero studiando alla ricerca di qualcosa di segreto che non poteva vedere.

La giovane madre rimase sorpresa da quello sguardo, e dopo un momento di confusione chiese gentilmente “Sembrate teso, principe Thorin. Qualcosa vi turba?”.

A quelle parole il ragazzo sembrò riscuotersi e si affrettò subito a negare “No, niente affatto.” disse, senza però mai distogliere lo sguardo dal visino addormentato del bambino.

“Siete sicuro?” insistette la donna, avvicinandosi di un passo a lui. In quel momento, con quell’espressione così tenebrosa in volto e quella nuvola cupa nello sguardo, le ricordava tantissimo Thrain, quel vecchio nano testardo che rimuginava sempre su tutto senza lasciare mai che una sola parola gli sfuggisse dalle labbra. E che il suo primogenito gli somigliasse tanto non era una cosa buona, non sotto quel punto di vista. “Non vi ho mai visto con uno sguardo così serio.”

Scosse la testa e fece per negare di nuovo, ma poi il piccolo hobbit mormorò ancora nel sonno e lui rimase in silenzio per un lungo minuto a guardarlo, i suoi occhi di ghiaccio che andavano dal suo visino addormentato a quei pugni chiusi con forza. “Non è nulla.” borbottò infine, stringendosi nelle spalle, per poi aggiungere quasi contro la sua volontà “Solo, oggi Bilbo ha detto una cosa che . . . mi ha fatto pensare, ecco.”.

Aggrottò la fronte, confusa “Che cosa?”.

Thorin esitò, tormentandosi una delle sue corte trecce, e poi ripeté, precisamente come se gliele avessero impresse a fuoco nella testa, parola per parola tutto ciò che era stato detto quel pomeriggio.

La mezzadonna rimase a lungo in silenzio, studiando attentamente il giovane principe che ora non osava nemmeno incontrare il suo sguardo, e alla fine chiese, con una calma che spiazzò completamente il giovane erede al trono “Voi non credete che mio figlio possa far parte della vostra gente, non è vero?”.

Il corvino sobbalzò, come se qualcuno l’avesse appena colpito alle spalle “Non è così!” esclamò con tale forza da rischiare di svegliare i bambini. “Io . . . credo solo che questo posto sia troppo per lui.” aggiunse, abbassando la voce e lasciando di nuovo vagare il proprio sguardo sul corpicino addormentato del piccolo “Questa che tanto desidera non è una vita adatta a lui. E ciò mi preoccupa.”

Belladonna chiuse per un attimo i suoi profondi occhi color del mare, come se avesse aspettato quelle parole per un tempo infinitamente lungo ed adesso erano lì, dolorose e tangibili, a dare voce a tutti i dubbi che l’avevano tormentata per anni e che ancora adesso non riusciva a far tacere e forse non ci sarebbe riuscita mai. Ma, quando riaprì gli occhi in essi c’era forza e decisione, e quando parlò di nuovo la sua voce era ferma.

“Avete ragione. Questo posto è troppo per lui, come lo sarebbe per chiunque altro, e la vostra è una vita più dura e pericolosa di molte. Bilbo è solo un piccolo hobbit, esattamente come me.”

I suoi occhi scuri si posarono lievi sul bambino che stringeva tra le braccia, quel bambino che le ricordava tanto il suo perduto Bungo ma che già così piccolo non poteva essere più diverso da lui.

Alzò fiera il viso, il mento sollevato con fierezza in alto e una consapevolezza segreta che rendeva le sue parole di sillaba in sillaba più forti “Ma ha coraggio da vendere ed un sangue infuocato che non esiterà a versare per voi e Erebor. Se è questo il posto che sente suo, e se continuerà ad essere così, niente e nessuno potrà impedirgli di farne parte. Dategli tempo e vedrete, Thorin. Gli hobbit possono sembrare le più insignificanti delle razze, ma se gli darete un pizzico di fiducia, vi sorprenderanno in modi che adesso non potrete nemmeno immaginare.”

Poi, con un rispettoso cenno del capo, la fiera hobbit si congelò dal principe e scivolò via silenziosa com’era arrivata, lasciando il giovane principe da solo con le sue parole che sapevano di promessa, di destino, e di qualcosa di troppo grande per poter essere negato.

 

 

Thorin cercò a lungo di dimenticare quella conversazione accanto al fuoco con Belladonna, e con esse anche le ingenue e fiduciose parole di Bilbo. Ci provò davvero, in tutti i modi possibili. Ma era praticamente impossibile. La voce sicura di lei e quella candida di lui continuavano a tornare, senza lasciarlo mai in pace. Le sentiva durante gli allenamenti, nella forgia, quando badava a Dis o rimproverava Frerin, quando faceva i turni di guardia. Ovunque andasse, qualsiasi cosa facesse, quegli echi continuavano a tornare.

“Quando sarò grande, anche io farò il mio dovere, e combatterò per Erebor come fate tu e Fre’.”

“Ha coraggio da vendere ed un sangue infuocato che non esiterà a versare per voi e Erebor. Se è questo il posto che sente suo, e se continuerà ad essere così, niente e nessuno potrà impedirgli di farne parte.”

“Voglio combattere per Erebor.”

“Bilbo è solo un piccolo hobbit.”

“Sarò Bilbo, il flagello degli orchi e dei mannari!”

“Solo un piccolo hobbit . . .”

Così, alla fine, decise di dar loro ascolto.

 

Una settimana dopo, Thorin entrò nelle stanze di Dis, dove la sorellina e il piccolo hobbit stavano preparando un non del tutto plausibile piano per colorare di blu i biondissimi capelli di Frerin.

Quando la nanetta lo vide, fece una smorfia infastidita e sbruffò “Nadad, non ora. Io e ‘ilbo siamo in riunione! Dobbiamo organizzare una missione segreta.”.

“Sì, una missione molto segreta!” ripeté entusiasta il bambino, sbattendo le mani ed annuendo fiero di sé.

Il principe si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo e si segnò mentalmente di avvisare il fratello dei complotti di quelle due piccole pesti. “Me ne vado subito, Dis. Devo solo fare una cosa, prima.” disse alla sorella, per poi rivolgersi al più piccolo “Bilbo. Vieni qui, akhûnith.”.

Il bambino lo studiò confuso per un attimo, ma poi si alzò da terra e lo raggiunse, la curiosità che si leggeva chiaramente sul visino colmo di lentiggini.

Thorin si inginocchiò in modo che potesse guardarlo negli occhi e gli porse un involucro rosso scarlatto dalla forma irregolare

“Questo è per te. Prendilo, avanti.” lo incitò gentilmente. Il piccolo, non senza esitazione, gli tolse lo strano pacchetto dalle mani e iniziò a srotolare il tessuto per vedere cosa nascondesse, mentre l’amica gli si avvicinava curiosa.

Una piccola spada di legno, a perfetta misura d’hobbit, fece capolino tra la stoffa, e per un attimo il bambino trattenne il fiato, senza parole, per poi alzare lo sguardo stupefatto sul nano.

Un piccolo sorriso si formò sul viso severo del più grande “È simile a quelle che ho costruito per Dis e Frerin quando erano un po’ più grandi di te.” spiegò con un pizzico di dolcezza “Se devi diventare il flagello di orchi e mannari è meglio iniziare ad allenarsi subito, no?”

Il bimbo si strinse forte la spada al petto, incapace di fare altro per un lunghissimo momento se non lasciarsi sfuggire un  “È bellissima!” estasiato.

Dis studiò bene la spada, storse il naso e disse, con aria da superiorità “E’ più uno stuzzicadenti quello, piuttosto che una vera spada di legno. Non sai più fare giocattoli come una volta, nad’.”.

Quelle parole, stranamente, ebbero l’effetto di spezzare l’incantesimo che aveva colpito il più piccolo, perché sembrò riscuotersi dal suo stupore e, tenendo ben stretta la sua nuova spada nella mano destra, si lanciò contro il principe ereditario, abbracciandolo con tutta la forza che aveva e gridando commosso “Graziegraziegrazie!”.

Thorin restò immobile, senza sapere come reagire a quel gesto improvviso, ma tempo un minuto e lui si era già staccato e sollevava con orgoglio la sua spadina per aria, urlando grida di battaglia mentre l’amica scuoteva la testa, divertita da tutto quell’entusiasmo.

Al principe dai capelli color della notte non restò che rimanere a guardare, guardare Bilbo che saltellava felice nella stanza infilzando nemici immaginari mentre i suoi giganteschi occhi blu brillavano come i più preziosi dei gioielli.

Rimase lì, a guardare quel piccolo hobbit, nemmeno lui seppe per quanto, quasi stregato da quell’esplosione di vita e felicità e luce.

Era solo un piccolo hobbit con una minuscola spada di legno stretta tra le manine. Niente di più, niente di meno. Eppure, quell’immagine gli riempì il cuore, e se la tenne stretta per molto, molto tempo.

 

 

 

 

 


 

La tana dell’autrice

 

E niente.

Sì, ho deciso di riprendere in mano questo progetto dopo non so quanto tempo. Non avrei mai avuto intenzione di abbandonarlo, a dire il vero, ma una serie di cose mi hanno costretto a lasciarlo nel cassetto della mia mente per lungo tempo. Ma alla fine la nostalgia di Erebor ha avuto il sopravvento.

 

Non so cosa dire, se non che mi dispiace di aver fatto passare così tanto tempo tra il prologo e questo primo capitolo e che spero che almeno tutta questa attesa possa essere compensata, anche solo in parte.

 

Un abbraccio tigroso a tutti

 

T.r.

 

P.s.: Se c’è una cosa a cui non mi abituerò mai, nella Terra di Mezzo, è la differente concezione dell’età da popolo e popolo. Insomma, per gli Elfi, che sono immortali tranne se vengono uccisi in battaglia, la giovinezza dura 300 anni, i nani superano tranquillamente i 500 anni di vita, anche se più spesso muoiono attorno ai 250 a causa delle molte battaglie che devono affrontare, e gli hobbit, che sono i più ‘normali’, raggiungono la maggiore età a 33 anni e vivono spesso fino ai 100. Nella mia testa c’è tanta, taaanta confusione. Insomma, quanto corrisponde l’adolescenza per i nani, e fisicamente fino a quanto restano ‘non adulti’? E gli hobbit, quando terminano l’infanzia ed inizia l’adolescenza? Mi sono informata, ma non ho trovato molto, così ho immaginato che la maggiore età per i nani siano i 50 e l’adolescenza sia dai 25 in poi, e che per gli hobbit l’adolescenza inizi dai 16-20 fino ai 33. Non so quanto questa mia visione si avvicini alla realtà, ma beh, è una AU, ci può stare, andiamo. XD

 

Studiamo insieme . . . –pillole di Khuzdul-

 

Nadad: Fratello

 

Buzun : Vai

Nadadith : Fratellino

Shândabi : D’accordo

Akhûnith : piccolino

 

  
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