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Autore: Nocturnia    20/06/2017    3 recensioni
Tre volte erano scivolate tra di loro quelle parole; le prime due era stata Alex, l'ultima Albert.
Solo una era stata raccolta - accettata.
Alla fine, la più importante.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Devil in I'
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Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.



"By the time I’ve finished with you,
you won’t know whether you’ve been kissed or cut,
whether you were loved or butchered.
And either way you probably won’t care,
just grateful you came close enough to touch."
- Warsan Shire -




The Ones




Non hanno mai pregato, non hanno mai supplicato.

Sarebbe stato indegno.

Pregano gli imbecilli, oppure i deboli. Coloro che hanno bisogno di un dio ineffabile e trasparente che vegli su di loro - sui loro peccati, sulle loro vergogne.

Pentiti, e tutto sarà perdonato - persino la tua azione peggiore.

Tra di loro parole del genere non sono mai esistite: non potevano essere concepite.

Non dovevano.

Eppure...

"Mi dispiace."

Tre volte erano scivolate tra di loro quelle parole; le prime due era stata Alex, l'ultima Albert.
Solo una era stata raccolta - accettata.
Alla fine, la più importante.


****

1.

Sei anni.
Un'ultima notte insieme, un'alba d'aprile incredibilmente fredda.
Tanto era stata lontana da Raccoon City (da lui) tanto le ci era voluto per tornare.
Le sfiora la linea pulsante della carotide con le dita, stringe.
Alex non sfugge, accoglie la sua rabbia - il suo dolore.
Gli uffici della S.T.A.R.S. giacciono quieti, silenziosi.
"Mi dispiace." gli dice, e Albert rafforza la presa, sollevandola quasi da terra.
"Mi dispiace." ripete, e geme quando la sua bocca le trova la piega del collo - morde.
Le farà male, lo sa; almeno quanto lei ne ha fatto a lui.
Torturerà i suoi pensieri, la sua pelle; distruggerà quello che troverà nel mezzo.
Alex s'inarca all'indietro, ascolta le sue mani premerle sui fianchi, tra le cosce.
"Mi dispiace." mormora, e chiude gli occhi.
Wesker la trattiene contro di sé e affonda.


2.

Non puoi chiedere perdono ai morti: non possono più risponderti.
Alex trema - vibra d'una furia repressa e assoluta.
Fissa il cielo africano, le sue nubi inconsistenti.
La sede della Tricell è un buco senza più alcuna importanza, sedie rovesciate e uffici vuoti.
Si porta una mano al petto, scivola con i polpastrelli su tutto ciò che resta di Albert - cenere e polvere.

Grani d'ossidiana e oro.

Alle sue spalle i suoi uomini stanno raccogliendo ciò che il BSAA non ha trovato degli esperimenti di Wesker - della sua vita.
Las Plagas, Uroboros - tragedie annunciate.
Alex storna lo sguardo, lo posa sulla scrivania di Excella - spaccata in due, decorata dagli avanzi di uno degli infetti.
"Mi dispiace." mormora, e deglutisce "Avrei dovuto accettare la tua offerta."

Sarei dovuta venire con te. Qui, in Africa. Impedirti di morire per il delirio di un altro uomo - di Spencer.

Il silenzio è già una risposta.


3.

Lenzuola sgualcite, ridotte a nulla più di un pugno azzurro sul fondo del letto.
Pelle umida, cosce bagnate; Alex si schiude sotto le sue mani, geme e morde e viene - un suono quasi timido.
Albert si stupisce sempre di quanto Alex riesca a sembrare sguarnita in quei momenti - di quanto l'immagine di lei piegata tra le sue gambe non corrisponda allo sguardo che poi gli riserva.
Non ha pudore, limiti - non ne conosce.
Lo cerca senza vergogna, conquista i suoi spazi.
Accoglie le sue mani lungo i fianchi, sulle costole - più in alto, fino alla curva morbida dei seni e attorno alla bocca.
Blandisce in punta di lingua i polpastrelli, chiude gli occhi - morde.
Albert libera un gemito indecente, affonda - fino a quando non c'è più spazio che possa dividerli.
Le schiude le cosce, si solleva sui gomiti.
Wesker studia il suo volto, la sua fragile bellezza: la bocca socchiusa, l'espressione concentrata - le guance arrossate.
Ribalta le posizioni, lecca un filo di sangue e altro.
Lo mormora tra i suoi capelli, tra i denti snudati.
La percepisce tendersi sotto di lui, aggrapparsi alle sue spalle e lacerargli la pelle con quelle sue unghie piccole e laccate di rosso.
Annusa il suo desiderio, la sua incertezza: un odore che si posa sulla lingua e nel cuore.
Lo ripete, ancora e ancora - fino a quando non ci crede anche lui. Fino a quando non ci crede anche lei.
Alex singhiozza, viene; lo trascina a fondo con lei.
Albert la segue senza rimpianti.

****

"Lo senti, questo cuore?
È una cosa marcia, corrotta.
È una cosa che non dovrebbe esserci.
Non dopo quello che ho fatto. Che abbiamo fatto.
Eppure batte ancora. Si trascina.
E a volte, mi chiedo perché lo faccia.
Cosa lo spinga a esistere - a cercare di assomigliare a quello degli altri.
E me lo domando, nelle ore più chiare del mattino, quando la notte muore.
Poi l'ho capito. L'ho visto, Alex.
E ho capito che questo momento - questo istante - era un buon posto per concludere la nostra storia. O per iniziarla."





"They shared the weight of memory.
They took up what others could no longer bear.
Often, they carried each other, the wounded or weak."
- Tim O'Brien -




Note dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi come tali.
Secondo la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.
   
 
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