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Autore: Courfeyrac_    23/06/2017    1 recensioni
Riflessioni del Dottor John Watson dopo la morte dell'amico detective, sui versi di una canzone dei Breaking Benjamin:
"Non avresti dovuto farlo, scontrarti da solo col tuo destino. Potevamo uscirne, insieme. Perché è questo ciò che fanno gli amici, si aiutano a vicenda."
Genere: Angst, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Here I stand,
Helpless and left for dead.


 
Sono giorni che non chiudo occhio. Rimango seduto, sulla solita poltrona di pelle nera, ma non riesco a dormire. Non potrei mai farlo, soprattutto non qui. Dopo tutto, come potrei, voglio dire...
Rimango seduto, sulla solita poltrona di pelle nera, a fissare il vuoto per ore fuori dalla finestra, a cercarti tra la folla. Ma niente. Sono stanco morto, dovrei dormire e riposarmi, e invece sono tre giorni che rimango senza far nulla. Senza energie, neanche per trascinarmi a letto. Non riesco a chiudere occhio, perché se riesco a farlo mi torna alla mente quel momento, quel preciso momento ancora stampato fresco nella memoria.
Forse però dovrei sforzarmi almeno un po’, d’altronde non posso trascorrere la mia intera esistenza in questo modo. Ma le gambe non si vogliono muovere. Cosa posso fare? Dovrei cercare comunque di chiudere gli occhi e provare a non pensare? Spegnere il cervello sembra impossibile ora, quando va alla velocità della luce verso te.
Close your eyes
So many days go by...

 
Sì, i giorni passano, lentamente... E siamo già ad un mese dall’accaduto. Ancora troppo presto per dimenticare il sangue riversato su quel marciapiede candido. Ora di notte riesco ad abbandonarmi tra le braccia di Morfeo, ma tutto ciò non dura che un paio d’ore (già tanto rispetto a qualche settimana fa lo ammetto), ma non c’è riposo in questo dormire. Gli incubi riaffiorano, e non parlo di quelli della guerra. Mi lacerano mente e corpo. E’ maledettamente complicato sopravvivere in questo modo. I giorni passano, certo, ma mi rendo sempre più conto che andare avanti senza il mio migliore amico, la mia roccia è impensabile. Sì, la mia roccia. Eri tu a darmi la forza e il sostegno di cui avevo un disperato bisogno da quando, dopo la permanenza in Afghanistan, sono tornato nella movimentata Londra. Dopo la ferita alla spalla. Ero scosso, depresso, pensavo che non sarei più riuscito a vivere un’esistenza normale, e in un certo senso era così, tra i tanti casi da risolvere in compagnia del grande Sherlock Holmes. Venendo ad abitare con te ho scoperto che avevo ancora migliaia di opportunità, bastava scegliere. E non dovevo lasciarmi trasportare dai dolorosi ricordi... Ma ora? Ora che non ci sei più, da cosa devo lasciarmi trasportare?
Un sonno agitato, mi sveglio di soprassalto, madido di sudore, le coperte bagnate attaccate al petto nudo. Il tuo cuore che non batte, non più, il tuo sangue vermiglio... ed ecco che torna quel senso di vomito, prepotente come sempre. Mi affretto a raggiungere il bagno, alzare la tavoletta e riversare tutto quell’acido misto a ricordi strazianti che mi attorcigliano le budella. L’ennesima notte passata così, seduto sulle piastrelle scure e gelide del bagno, al 221B di Baker Street.
Easy to find what’s wrong,
Harder to find what’s right.

 
Pensi di aver fatto la cosa giusta, vero? Beh, ti sbagli.
Pensi che lasciare tutte le persone che ti volevano bene a piangerti su una tomba di marmo nero sia stato un gesto eroico, vero? Beh, ti sbagli di nuovo.
Non avresti dovuto farlo, scontrarti da solo col tuo destino. Potevamo uscirne, insieme. Perché è questo ciò che fanno gli amici, si aiutano a vicenda. Tu mi hai fatto uscire dal mio stato di stress dopo il ritorno a Londra e per me sarebbe stato il minimo aiutarti a trovare una soluzione al rompicapo, una piccola scappatoia, eppure efficace.
I believe in you,
I can show you that I can see right through
All your empty lies...

 
Ci sono momenti in cui mi dico "ha sicuramente fatto tutto il possibile per cavarsela, dopo tutto è (o meglio era) un genio. E se non è riuscito a trovare un’alternativa, semplicemente significa che non esisteva, non in quel momento". Ogni tanto mi ritrovo a ragionare su questo fatto come se fosse una verità assoluta, ne sono convinto. Poi però in altri, preso dallo sconforto, mi metto a parlare a voce bassa con il tuo amico poggiato sopra il caminetto. Ho le lacrime agli occhi e cerco di non fare troppo rumore o la nostra (pardon, ora solo mia) Signora Hudson potrebbe sentirmi e correre su per le scale, con il pericolo di cadere e farsi male... sai, tempo fa è successo.
Non ricordo come, mi ritrovavo a fissare il muro, lo sguardo sulla parete dove avevi disegnato uno smile con la vernice spray gialla e sul quale ti eri accanito con i proiettili della tua pistola perché a tuo parere "se lo meritava". Eri annoiato. Tutto qua. Nessun caso interessante. E durante questo minimo tempo immerso nei miei ricordi iniziavo a singhiozzare, prima piano, sommessamente, poi sempre più forte, le lacrime come acque di una cascata a bagnarmi le guance e a farmi pizzicare gli occhi. A questo punto la NON-SONO-LA-VOSTRA-GOVERNANTE iniziava  a correre su per le scale pensando mi fossi fatto del male (e in un certo senso ci aveva preso in pieno), ma uno scalino preso male con la punta del piede e la nostra (pardon, ora solo mia) cara Hudson si ritrovava con una costola rotta e due incrinate. Anche quello era stato uno shock. Poteva andare indubbiamente peggio sai: era facile rompersi un femore, battere forte la testa su uno scalino... ma in poco meno di un mese si è ripresa, anche meglio di prima. E’ così forte, lei.
Tutto questo per dire che se tu non te ne fossi andato, tutto questo non sarebbe successo. La nostra (pardon, mia)Signora Hudson non sarebbe dovuta rimanere a letto per un mese; io non me ne starei qui a piagnucolare come un bambino ferito accanto al tuo amico ossuto, col cuore in mille pezzi di fragile cristallo.
Chi potrebbe mai aggiustarlo, se non tu?
Dicevi che sarebbe andato tutto per il meglio. E io credevo alle tue parole.
Bugiardo, tu.
Infinitamente stupido, io.
I won’t stay long
In this world so wrong.

 
Infinitamente stupido, io. Come ho potuto minimamente, solo per un istante, credere che tutto sarebbe andato per il meglio? Quando si tratta di quel pazzo consulente criminale non può andare mai tutto liscio. E impararlo in questo modo... Cristo! La lezione più dura, più dolorosa della mia vita!
Io credevo in te, nel tuo genio che non mi aveva mai tradito. Vedendoti con il sorriso sulle labbra intuivo che avevi qualcosa in mente e sapevo anche che non me lo avresti detto per "non uccidere la suspense". Non me lo avresti detto, no. Come potevi. Sapevi che mi sarei opposto con tutte le mie forze, probabilmente tenendoti legato al tavolo del nostro appartamento. "GLI AMICI PROTEGGONO LE PERSONE" avrei urlato.
E così, senza dirmi una parola per quanto riguardava il tuo piano, sei andato incontro al tuo destino, non avresti potuto ignorarlo.
E ora il mio destino qual è? Quello di ricordare il più grande genio dei nostri tempi, pubblicando le nostre avventure, quelle più divertenti e quelle più scabrose o da togliere il fiato per la tensione. E per un certo periodo ci sono anche riuscito, sì. Poi però è diventato sempre più pesante raccontare i casi che ti vedevano come protagonista indiscusso nel risolvere puzzles e incastrare pericolosi assassini. Ad ogni storia scritta per il blog sentivo che la mia anima si riduceva sempre di più: piccoli brandelli si staccavano e andavano a mischiarsi alle parole scritte al portatile e pubblicate nel sito.
In questo momento, in questo preciso momento, la mia anima scura è ridotta a una piccola briciola. Si sta esaurendo, insieme al numero delle nostre avventure ancora da raccontare. Non ce la faccio più, sappilo. Non riuscirò a stare a lungo in questo mondo.
Say goodbye,
As we dance with the devil tonight,
Don’t you dare look at him in the eye,
As we dance with the devil tonight.

 
La nostra ultima avventura. Tu sul cornicione del St. Bart’s con la voce rotta, io in piedi in mezzo alla strada poco trafficata dalle auto, il telefono alle orecchie e le gambe tremanti, avendo intuito tutto ciò che sarebbe successo lì a poco. "Addio, John."

Chissà se era proprio in quel momento che il mio cuore e la mia mente andarono in frantumi, o se vederti raggiungere il suolo a grande velocità e il repentino tonfo sordo erano la causa del mio male. Sta di fatto che dopo ciò che era avvenuto quel giorno io non ho più vissuto. Mi sono limitato a sopravvivere. E’ una frase che si dice spesso in queste circostanze, quasi un cliché, ma posso giurarti sulla mia testa fracassata dal rumore del tuo corpo che raggiunge il marciapiede, che mai frase si adatta meglio. Eh, come si può anche solo pensare di continuare a vivere quando il tuo cuore è steso per terra, sanguinante e morente, e non poter far nulla per salvarlo. Lo sconforto che mi che mi era preso e che quasi mi faceva svenire si era tramutato presto in rabbia; quel diavolo ti aveva portato via lontano da me. Quel Moriarty che era pari a te in fatto di intelletto, ma lontano anni luce in quanto ad umanità. Sì. Anche se ti davano del pazzo, sociopatico, insensibile, alla fine so che hai fatto tutto questo per noi, i tuoi amici... per me. Il tuo "Caro Dottor Watson". L’ho intuito, sai? Ci è voluto un po', ma ci sono arrivato. Perdonami per averti fatto passare da egoista.
Quel giorno hai ballato col demonio per poterci salvare.
Grazie, Sherlock.
Trembling, crawling across my skin,
Feeling your cold dead eyes
Stealing the life of mine.

 
La ricaduta. Ci si imbatte sempre, vero? Tu lo sai meglio di chiunque altro a causa del tuo maledetto vizio.
Il mio maledetto vizio sei tu, o meglio il tuo ricordo.
Ho la sensazione di non poterne più uscire, è come un circolo: sto male pensandoti in quella tomba gelida foderata da un freddo strato di raso rosso, e tu elegante e impeccabile, con la tua giacca nera... mi si contorce lo stomaco. Cerco di non pensarci e quasi ci riesco, per un pò. Dopo poco mi capita però di posare lo sguardo su qualche tuo oggetto personale ancora in giro per casa (i cerotti alla nicotina, la vestaglia blu notte, le siringhe... come potrei disfarmi di queste reliquie?) e torno nello sconforto più totale. Non mangio, non bevo, non dormo, proprio come il mio caro Sherlock durante il caso più complicato e che richiedeva tutto lo sforzo mentale possibile.
Questo è il mio caso più complicato.
Il tremore parte dalla mano sinistra e poi, piano piano, si espande in tutto il resto del corpo. Fa un male tremendo cercare di resistere, tanto che cado sulle ginocchia con un tonfo che, se la Signora Hudson fosse rimasta a casa questa mattina si sarebbe precipitata a gran velocità su per le scale e avrebbe rischiato di rompersi l’osso del collo. Di nuovo. Per fortuna è al mercato.
Gli altri tuoi amici e conoscenti, che hai lasciato amaramente su questa Terra fredda, sembra siano riusciti a superare la tua mancanza, perfino Molly Hooper. Le loro vite vanno avanti, come è giusto che sia. Allora perché mi ritrovo sempre qua, a combattere col tuo fantasma, con i tuoi freddi occhi che un tempo trasmettevano calore anche se color del ghiaccio. Rubano. Rubano quella briciola di vita che mi rimane in corpo tutte le sante volte che mi imbatto in una tua fotografia. E’ sovrannaturale? O è tutto spiegabile razionalmente parlando? Non sono un genio come te e non so darmi una risposta. Dimmi: è mai possibile?
Ti amo a tal punto da voler condividere quel che mi rimane, seppur poca cosa, solo per rivederti in tutto il tuo splendore di un tempo?
I believe in you,
I can show you that I can see right through
All your empty lies...
...I won’t last long
In this world so wrong.

 
Credo ancora in te, nel tuo essere che non potrà mai abbandonarmi. Metaforicamente parlando. Non potrei lasciarlo scappare perché starebbe a significare di dover dimenticare tutto di te. La tua amicizia, i tuoi momenti di euforica follia durante un caso particolare, o quella notte che, legati insieme ai polsi da un paio di gelide manette, mi prendevi per mano, correndo braccati dalla polizia. Questa è l’unica volta che posso realmente ringraziare quel demonio, per averci reso ancora più uniti. Non ti avrei lasciato correre via, non dopo aver spaccato il naso a quello stupido capo di Scotland Yard. Non ti avrei lasciato affrontare questa amara situazione tutto da solo, e non perché avevamo un legame fisico costituito dalle manette, ma perché non avrei proprio potuto, fine del discorso. In quel momento credevo fosse amicizia, ammirazione per il tuo grande intelletto, ma credimi era molto, molto di più. Infinitamente più di quello che entrambi potessimo immaginare. Ti amavo e ti amo ancora adesso, Sherlock.
Quella tua bugia, "è mio ostaggio", ci ha permesso di vagare insieme per le buie strade di Londra, alla ricerca di indizi. E ringrazio anche quella dannata oscurità perché quando hai preso la mia mano nella tua in una stretta possente, oltre che a perdere un battito, sono sicuro di essere diventato completamente rosso in viso, come se mi vedessi ora, davanti a uno specchio.
Bugiardo, tu.
Infinitamente pazzo d’amore, io.
E per questo non riesco ad andare avanti. Non così, col cuore sepolto sotto metri e metri di gelido e sudicio terriccio brulicante di vermi viscidi. Il mio desiderio non è più quel miracolo, vederti vivo, perché dopo tutto il tempo che è passato, solo uno stupido crederebbe ancora all’impossibile. Il mio desiderio è di trovarmi fisicamente vicino a te, ora e per sempre.
Say goodbye,
As we dance with the devil tonight,
Don’t you dare look at him in the eye,
As we dance with the devil tonight.

 
Sono passati tre anni per essere precisi, dal terribile giorno. Ma fidati, sembra più l’eternità. Ormai i miei occhi vagano come lucciole morenti, spenti e stanchi, da una parte all’altra della stanza e non riescono a fermarsi o significherebbe posare lo sguardo sulla nostra vita di un tempo, oggetti che portano alla mente ricordi e situazioni irripetibili. Mi chiedo perché non sono scappato da questa prigione che è diventato per me l’appartamento a Baker Street. E sono stanco, di tutto. Di questa vita a metà.
Ho compreso il tuo sacrificio. Ma è troppo struggente da sopportare. Non posso accettarlo. Non ci sono riuscito in tre anni e mai lo farò, è appurato. Mi ritrovo ancora una volta a vagare per le nebbiose stradine londinesi, tipico tempo di questa stagione, dove tutto muore: gli alberi sono spogli, i soliti scoiattoli che si nascondono per non farsi pungere dal gelo. Pensa che per me questi tre anni sono stati un inverno continuo. Con qualche piccolo, insignificante, sprazzo di sole che comunque non è riuscito a scaldarmi l’anima a brandelli.
Mi ritrovo davanti al St. Bart’s, senza farlo apposta, lo giuro, sovra pensiero. Guardo in alto, il cornicione bianco perla da poco riverniciato per mantenerlo brillante e fatale per gli occhi. La nebbia se ne è andata, infatti, ed ecco a far capolino il sole. Il mio cuore sempre a pezzi. Mi immagino la tua figura alta e snella, fantasia della mia mente rotta, cadere di nuovo da lassù; e corro a perdi fiato per raggiungerti al suolo, ma non ci sei, ovviamente. Tutto questo è già accaduto, come potrebbe capitare di nuovo? Un dolore lancinante inizia a martellarmi le tempie, tanto che sento formarsi un leggero ronzio nelle orecchie. E ora che succede? Sto per impazzire? No, sono già pazzo! E’ chiaro!
Le mie gambe si muovono da sole, sanno dove andare. Varco inconsciamente l’immenso portone dell’ospedale e Mike, che sta leggendo il Times seduto su di una seggiola di plastica rossa poco comoda, mi vede e mi corre incontro con il suo miglior sorriso, salutandomi con un "Ehilà!" . Saluto di rimando, ma continuo il mio viaggio inconscio verso quella meta che solo le mie gambe conoscono. Posso immaginarmi il volto di Mike in questo momento: spaventato e di marmo, come un gargoyle di pietra dura, a bocca aperta. Salgo le scale che mi portano ai laboratori con i computer nuovi di zecca, ma non è quello il luogo prescelto. Sento come una presenza dietro le mie spalle, che mi segue con lo sguardo, ma non ho intenzione di voltarmi, potrebbe essere quel demonio, e ho paura, una fottutissima paura di incontrare i suoi occhi spietati. Comincio a correre, non più abituato ad uno sforzo del genere, ma salto due scalini alla volta per arrivare prima lì, proprio dove ti ho visto gettarti nel vuoto; sono spossato.
Contemplo il panorama che non è male da quassù, è un punto in alto e posso chiaramente vedere alberi e tetti di case in lontananza, grattacieli... Perché quando ti sei lanciato non hai guardato quel immenso spazio intorno a te? Perché guardavi proprio la mia figura in mezzo alla strada deserta? Di lacrime ne ho piante tante, ma a quello stupido e allo stesso tempo immenso pensiero, una piccola perla salata riga la mia guancia destra per poi finire la sua corsa sul tetto dell’ospedale. Londra è sempre stata una parte importante di te; allora perché avevi "gli occhi fissi su di me"? E realizzai che magari anche io ero un pezzo importante, forse anche più importante, del tuo essere. I singhiozzi ormai si possono quasi udire dalla strada, ma la gente che passa è tutta occupata dal prendersi cura del proprio io per accorgersi di un piccolo uomo schiacciato dagli eventi della vita e che si erge su di un cornicione. E basta, è così. Tutti egoisti di merda. Proprio come quella volta, con te.
 
Ad un tratto una voce familiare, calda, roca...
Hold on,
Hold on.

 

"Non lo fare, John." Chi può essere? E’ reale o è tutto uno scherzo della mia mente malata?

"Non lo fare." Assurdo! Ora mi immagino pure le voci! Sono proprio fuori di testa.
Un leggero tocco sulla spalla destra, rovente, come mai mi sarei creduto di sentire dopo tutto questo tempo passato da solo.
"John scendi, fallo per me, ti prego."
Quella voce supplicante, profonda appartiene solo a lui, ne sono sicuro, mai nessuno potrà eguagliare il sentimento che mi provoca ascoltarla. E quel tocco, così delicato, ma deciso e forte, quasi rilassante. I miei muscoli non sono più tesi. Senza girarmi scendo dal cornicione, con il cuore a mille e sembra stia tornando alla forma di un tempo, quando ancora eri al mio fianco. Un paio di braccia forti e muscolose, più di quanto ricordassi, mi cingono le spalle ora. Il fiato del mio salvatore sul collo a rinfrancarmi.
"John."
Alla terza volta che sento pronunciare il mio nome da quel individuo di cui non ho ancora visto il volto, ma ho riconosciuto tutto di lui, scoppio in lacrime, sempre più prorompenti. Mi giro e scruto con gli occhi quasi chiusi a causa del pianto, i tuoi, color del ghiaccio, belli come non mai.
Mi hai salvato nuovamente, Sherlock.
E’ tornata la primavera per noi.



NDA: Sherlock è tornato per salvare il suo John! Ovviamente. :^)
Primissima fanfic che scrivo (non sono portato per questo genere di cose, ma sapete, durante quei periodi strani della vita ci si ritrova a fare cose che neanche lontanamente pensiamo di poter/voler fare) Non sono uno scrittore, neanche uno che scrive... perdonate le boiate che vi ho rifilato, ma ho scritto tutto di getto, se così si può dire.
I versi utilizzati e che mi hanno ispirato in questa fic sono di “Dance with the devil” dei Breaking Benjamin, canzone che adoro per vari motivi, non solo per la bellezza del testo o la bravura della band.
...
E niente! Spero vi sia piaciuta e aspetto commenti e critiche, purché siano costruttive! Ripeto, non sono uno scrittore neanche per sbaglio AHAHAH! Cioè, sì, per sbaglio sì... abbiate pietà!
Grazie a voi cari lettori! A presto.
Courfeyrac_

 
   
 
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