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Autore: ERiCA_13    29/06/2017    3 recensioni
Raccolta di cinque shot sull'evoluzione del rapporto tra Remus e il suo "piccolo problema peloso".
#ARRENDERSI - "Era questo il sangue per Lunastorta quando il momento si avvicinava, un richiamo, una necessità, come lo era la luna… "
#LA LUCE - "[...] l’anziano mago fece scontrare le sue iridi cerulee con quelle ancora alterate del licantropo, provocando in quest’ultimo la ricomparsa di antichi ricordi, battaglie, amicizia, speranza, sacrificio, possibilità, dovere, amore… "
#TUTTO IN ROVINA - "Non aveva fatto del male ai ragazzi, questo era l’importante, solo questo. La caccia era stata un fiasco per la bestia e lui se ne beava."
#PERCHÉ NO? - "[...] stava andando male, qualcosa di brutto stava accadendo e lui era inerme, preda designata di un destino terribile, prigioniero di se stesso."
#LEI&LUI - "Rimase ferma fino alla fine, fin quando di Remus non c’era più traccia, fin quando davanti a lei trovò il lupo mannaro, la bestia, che la guardava con occhi spiritati, affamati ed omicidi."
.e.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'RJL - Memorie di un Licantropo'
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Grazie... Grazie a chi è arrivato fin qui... Grazie a chi a tenuto duro insieme a me e Remus per questi cinque brevi momenti difficili.
Grazie soprattutto a
inzaghina che segue ogni mia storia, commentandola e scambiando con me impressioni ed idee.
Grazie anche alla tua ff inzaghina, che mi ha dato spesso la giusta ispirazione! Andate a trovare questa ragazza, ff:
"Promesse da mantenere".
Non so quando, ma spero di tornare presto a scrivere del nostro adorato lupo; questo è un arrivederci Rem!
Godetevi il capitolo...
.erica.


 
Tempi di Caccia
#LEI&LUI
 
Erano le cinque del pomeriggio. Se ne accorse soltanto perché la vecchia sveglia sul comodino trillò molesta interrompendo il suo stato apatico di dormiveglia.
Si rigirò  disordinatamente e, con la delicatezza di un enorme tricheco, allungò il braccio agguantando  l’orologio per poi farlo andare in mille pezzi contro il muro.
Era irritato, arrabbiato, contrariato e lo era da tre lune piene. Tre, perché tre mesi prima Silente gli aveva chiesto un favore, gli aveva chiesto di sospendere la pozione. Non riusciva a capire cosa volesse ottenere il vecchio preside, ma si fidava di lui.
Si fidava oltre il nervosismo.
Si fidava oltre le ferite.
Si fidava oltre i dolori.
Si fidava oltre la rabbia.
Si fidava oltre l’abbattimento.
 
E così erano tre mesi che il lupo risorgeva in tutta la sua forza, debilitandolo al limite, rendendolo violento e irascibile. A tutto questo poi bisognava aggiungere le missioni con l’Ordine… anche se ultimamente quelle erano tutt’altro che fastidiose. Ultimamente c’era Ninfadora.
Quella ragazza era diventata il centro dei suoi pensieri, anche e soprattutto quando si trovava in situazioni critiche, come in quel momento. I ricordi delle ultime ronde con la metamorfomagus riuscivano ad alleggerirlo e dargli conforto per superare meglio i momenti prima della trasformazione.
Ninfadora era simpatica, divertente, carica di gioia e voglia di vivere. Era ingiusta quella guerra, soprattutto per i ragazzi come lei. Una guerra che proprio non gli apparteneva e che non era giusto combattessero.
 
La bestia spesso riusciva a prendere il sopravvento anche su quei pensieri e la ragazza non era più solo divertente e carina, ma assumeva altre sfumature. Ogni suo sguardo diventava seducente, la sua bocca irresistibile, la sua pelle più morbida, la sua carne così invitante…
Remus però scacciava quelle idee, in fondo non erano davvero le sue, erano del mostro, non sue… Non potevano esserlo... No?
E poi proprio non poteva avvicinarsi a lei, era la cuginetta di Sirius... l’aveva anche vista una volta da ragazzo, quando con James era andato da Felpato a casa dei Tonks un’estate. Lei aveva lunghi capelli arcobaleno racconti in una coda disordinata, una larga salopette di jeans, una magliettina chiara e i piedi scalzi. Correva dietro ad una farfalla creata da Sirius sul piccolo prato davanti alla porta d’ingresso, ridendo sdentata a più non posso. Avrà avuto al massimo quattro anni. Era così tenera…
 
Erano le cinque del pomeriggio e Villa Felicity stava lentamente perdendo nitidezza, immergendosi nell’oscurità delle prime ombre notturne. Perché diavolo si era dimenticato di togliere la sveglia? Dopotutto prendere la pozione non era più una sua prerogativa.
Odiava la clausura a cui si costringeva quei giorni prima della trasformazione, ormai si era abituato a stare a Grimmauld Place col suo migliore amico, lì si sentiva felice, così come non lo era da molto tempo. Anche la luna piena lì era diversa, oltre agli effetti calmanti dell’Anti-Lupo, con lui c’era Sirius.
Il lupo ed il cane passavano quella notte insieme… ed era più facile così, un po’ come ritrovare dei barlumi sfocati dei momenti ad Hogwarts.
Ed invece ora era rilegato lì, nella casa dove si aggiravano cattivi gli spettri della sua infanzia, come macchie d’inchiostro nere sulla sua anima.
Non poteva rimanere al quartier generale durante quei giorni… Avevano tentato certo, ma era stato un disastro, un completo, quasi mortale, disastro.
 
Indugiò sdraiato per un tempo indefinito, denso di sentimenti odiosi e di fame.
Fame perché preferiva soffrire la sua pena nel peggiore dei modi; se lui soffriva anche il lupo doveva soffrire, ed affamarlo gli sembrava un buon compromesso.
Si alzò ed iniziò ad aggirarsi per le stanze della casa, facendosi guidare dal suo fiuto e dai suoi sensi alla ricerca di cibo, per poi riprendersi e tornare a letto più sconfortato di prima.
 
Arrivarono le otto e, con loro, il momento di scendere un’altra volta nell’umida cantina della villetta, incatenarsi ed aspettare.
Aspettare che le sue ossa si spezzassero, la sua pelle si lacerasse, nuovi denti bucassero le sue gengive, gli artigli facessero cadere le sue unghie prendendo il loro posto, gli ispidi peli, come miriadi di aghi, gli graffiassero ed irritassero ogni centimetro di pelle.
Aprì la porta che conduceva al seminterrato  e la tetra, familiare, scala gli si parò davanti. Accese la luce, chiuse la porta ed iniziò la sua penosa discesa all’inferno.
 
Chiuse gli occhi e subito le immagini dell’amica auror gli affollarono la mente, quella bella e spontanea risata le orecchie, il profumo della sua pelle il naso. Il suo odore era riuscito a sentirlo una volta, quando, inciampando comicamente nel tappeto del corridoio, dopo aver urtato quell’ingombrante e orrendo porta ombrelli, gli era caduta tutta arruffata tra le braccia.
Sorrise Remus e la sua discesa continuava scalino dopo scalino, lentamente.
 
Poi la vide stanca buttarsi su una scassata poltrona alla Tana, attivando uno degli “Spara-Peti” che i gemelli avevano disseminato ovunque. Il viso le si colorò di un rosso fuoco mentre imprecava contro la poltrona e distruggeva il dispositivo. Poi imbronciata si risedette e l’ultimo rumoraccio sbilenco tuonò da sotto il suo sedere, seguì un momento di silenzio imbarazzato, rotto poco dopo dalla sua risata contagiosa e capace di ubriacarti di vita.
Un altro scalino, una bocconata di umidità.
 
Poi la vide duellare. Quel fuoco dentro, quello sguardo concentrato ed insieme magnetico, il suo corpo che schivava preciso gli incantesimi che le venivano lanciati addosso, un sorrisetto beffardo che le faceva risaltare gli zigomi. Cadde, ma si rialzò subito, una ragazza fatta di pura energia.
Toccò il pavimento della cantina e il sorriso scomparve, la realtà gli si buttò addosso gelata e angosciante. Si spogliò, rimanendo in mutande con i brividi che, meschini, gli percorrevano braccia e gambe, sigillò la sua bacchetta in modo che il lupo non potesse prenderla ed iniziò a legarsi forte le caviglie.
 
D’un tratto si bloccò, col suo udito sempre più fino captò dei rumori al piano superiore. Dei passi veloci, come in corsa, urgenti e pesanti in particolar modo per sentirsi dal soffitto rinforzato della cantina…
Non poteva essere… no, era stato proibito a tutti di raggiungerlo, anche in casi gravissimi…
 
«Remus? Lupin… Lupin? So che ci sei… dai Remus! Sono Tonks!» la voce della ragazza arrivò ovattata, ma chiara e allarmante alle orecchie del lupo.
Remus si drizzò sulla schiena, sentendo aprirsi una voragine nel suo stomaco. Aveva portato qualcosa da mangiare… poteva sentirne l’odore dolce anche da lì sotto. "Stupida ragazzina..."
 
 
«Remus rispondi dai! Ti ho portato qualcosa… non puoi affamarti così! Dannazione rispondi, è ancora presto per la trasformazione…» Dora passava veloce da stanza a stanza cercando il licantropo, ma senza successo.
La villetta verteva in una situazione terribile, i mobili erano coperti da sporchi teli bianchi e pulviscolo, fitte ragnatele decoravano lampadari e mura, la carta da parati del salotto era logora e bucata e, nei punti dove le termiti avevano avuto la meglio, penzolava tetra mossa la freddo venticello invernale. Le finestre erano sprangate da vecchie assi di legno e le porte cigolavano minacciose, l’aria che si respirava lì dentro era la stessa che inondava i racconti del terrore.
Trovò la camera dove sicuramente alloggiava l’amico, era un po’ più pulita, tappezzata  comunque di polverose fotografie in movimento e sbiaditi stemmi di Grifondoro. Addossato sotto l’ennesima finestra chiusa c’era un letto singolo rifatto alla bell’e meglio. Dei pezzi di un orologio riempivano il pavimento di mattonelle chiare. In un angolo una piccola e rattoppata valigia chiudeva un quadro fatto di tristezza e malessere.
 
Un forte senso di angoscia la pervase quando, da sotto i suoi piedi, arrivarono dei cupi rumori soffocati.
“È in cantina…”
Prese coraggio e strinse più forte la busta che aveva in mano. Seguì i lamentii sbattendo ovunque, fino ad arrivare ad una porta ben chiusa. Bussò.
«Remus sei li sotto? Aprimi… ti ho portato una cosa.»
Un ringhio più forte la raggiunse facendole venire la pelle d’oca.
«Sappi che entrerò comunque, non farmi sfondare la porta!»
Nessuno rispose e Ninfadora perse la pazienza, non ricordò bene come fece a forzare la serratura, ma in pochi attimi aveva percorso le anguste scale e raggiunto il seminterrato.
L’umidità la avvolse nelle sue spire fredde, ma non fu quella a farle gelare il sangue nelle vene.
Remus era davanti a lei, incatenato come il più pericoloso criminale sulla faccia della terra, le braccia aperte bloccate all’altezza dei polsi con due spesse manette d’argento collegate a grosse catene attaccate al muro, anche le gambe erano aperte e bloccate sulle caviglie. Il busto era immobilizzato da una massiccia banda di metallo luccicante che lo faceva aderire alla parete.
La testa del lupo ricadeva ciondoloni sul petto snello e nudo, attraversato da miriadi di bianche cicatrici, così come il resto del corpo.
 
«Perché sei venuta qui? È stato proibito a tutti.» la profondità della voce dell’uomo le procurò un tuffo al cuore, ancora la testa era rivolta in basso.
«So-sono, sono…Remus Io… ti ho portato una cosa…» la ragazza faceva vagare il suo sguardo sul licantropo e d’un tratto si sentì accaldata. Anche così Remus era bello, anche legato aveva un fascino particolare e irresistibile, era proprio cotta ormai…
Stette così tanto a guardarlo, da non accorgersi che la stava guardando, che aveva alzato la testa e posato i suoi occhi rosso rubino su di lei. Quando finalmente li incontrò non riuscì a controllare un sussulto di paura.
 
Remus sospirò gravemente e con la poca limpidezza che gli era rimasta riprese a parlare.
«Devi andartene Ninfadora. Non sarà un bello spettacolo.
È pericoloso. Sono pericoloso.
DEVI ANDARTENE VIA!» alzò improvvisamente la voce e la ragazza fece un passo indietro. L’istinto lo stava torturando, voleva raggiungerla e toccarla, farla sua in  ogni modo, voleva sentirne le urla, voleva vedere il suo sangue scorrere libero. “Ma che diavolo dico..?!”
«Vattene SUBITO!»
«Ti ho portato una torta al cioccolato e…»
La trasformazione stava iniziando, i muscoli tremavano, la testa non riusciva a stare ferma per il dolore, scattava nevrotica da una parte all’altra. «Va VIAAA!»
Voleva urlare di scappare, ma la bestia non gli lasciava più il privilegio della parola, lunghi ululati e latrati sostituirono la voce.
 
Ninfadora guardava immobile, reggendosi forte al corrimano consumato della scala, le unghie piantate nel legno. Studiò la trasformazione, la guardò attentamente nonostante l’orrore le invocasse di girare il viso, ne registrò tutti i cambiamenti e le sofferenze. Rimase ferma fino alla fine, fin quando di Remus non c’era più traccia, fin quando davanti a lei trovò il lupo mannaro, la bestia, che la guardava con occhi spiritati, affamati ed omicidi. Si muoveva appena, bloccato com’era al muro, ma faceva comunque paura ed impressione.
 
Lentamente posò a terra il dolce e si tolse lo spesso e colorato giubbino, le scarpe e la sciarpa. Il mostro ringhiava forte e voglioso verso di lei, ma decise di rimanere calma, doveva farlo. Quella notte Remus non sarebbe rimasto solo, non poteva sopportarne nemmeno il pensiero.
Si mise davanti al lupo e ai suoi canini, chiuse gli occhi ed iniziò a trasformarsi.
Per lei cambiare i connotati corporei non era doloroso, così finse, cercando di non fare alterare ulteriormente quella bestia.
Finse gli spasmi.
Finse l’angoscia.
Finse di provare il dolore più intenso.
La bestia doveva credere che anche lei fosse maledetta, così da fidarsi.
 
Pochi istanti dopo aprì gli occhi, trovando il lupo davanti a lei a guardarla con occhi diversi, curiosi.
Senza troppe cerimonie la ragazza ululò, liberandosi come di un peso sul cuore.
Al suo, si aggiunse un secondo ululato e lei sorrise vittoriosa. Quello era un primo passo verso Remus, quella notte poteva significare molto.
Da quella luna piena in poi avrebbero potuto cacciare insieme.
 
Lo pensava davvero Dora nella sua felicità… peccato che la bestia era ancora troppo forte per dare a Remus la gioia del ricordo di quel regalo il giorno dopo.
 
Tuttavia rimasero ad ululare alla luna piena per tutta la notte, forse un giorno avrebbero davvero cacciato insieme.
Come in quella favola babbana…
Lei, la bella, e Lui, la bestia.
   
 
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