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Autore: Vanessa1995    30/06/2017    3 recensioni
Un mese dopo essere fuggita da Azkaban, Bellatrix si reca nella vecchia casa dei suoi genitori e ,mentre si trova lì, fa una scoperta che cambierà per sempre la sua vita e farà crollare tutte le sue certezze.
Nel frattempo ad Hogwarts, la Serpeverde Clarisse nasconde un segreto destinato a distruggere tutto quello che ha creato se mai saltasse fuori e dentro di lei comincia a chiedersi se sia sbagliato quello che è diventata.
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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Attenzione: se fate i calcoli risulta che il padre di Bellatrix avesse solo tredici anni quando ebbe la primogenita, ma siccome lui e la moglie mi sembravano troppo giovani, nella mia storia li ho invecchiati di qualche anno. Ho deciso di adottare la traduzione originale di Tassorosso.

La casa di Cygnus III Black e Druella Black, nata Rosier, era una vecchia villa da molto tempo disabitata. La casa si trovava in campagna, ma non molto distante da Diagon Alley, la famosa città dei maghi. Il vecchio maniero era una villetta non particolarmente grande, dalle pareti bianche, di due piani. Un tempo era stata una bellissima casa, ritrovo di maghi e streghe Purosangue, però da tempo era disabitata e aveva perso gran parte della sua bellezza, purtroppo.
Bellatrix Lestrange, nata Black, non era molto sorpresa quando si materializzò davanti al grande cancello di metallo, alto circa quattro metri, di trovarlo tutto arrugginito, insieme all'alto recinto di due metri. Un tempo entrambi erano stati di colore verde, ma ora apparivano marroni a causa della grande quantità di ruggine che li ricopriva. Sopra alle sbarre di metallo che li componevano, sulla cima c’erano delle punte acuminate.
L’erba del giardino, in passato ben curata, risultava piuttosto alta e, probabilmente, da diverso tempo qualcuno non la tagliava e si prendeva cura del giardino. Per la donna era brutto vedere il giardino in cui aveva giocato insieme alle sue sorelle in uno stato di tale abbandono e non osava immaginare come dovesse apparire la casa.
Dopo essere evasa aveva passato il mese precedente a casa di sua sorella Narcissa e suo cognato, insieme a suo marito Rodolphus. Tuttavia quel giorno aveva pensato di tornare nella casa dove era nata, una specie di ritorno alle origini.
Per tutta la vita era sempre stata una donna fredda e cinica, ancora di più adesso che aveva passato quattordici anni ad Azkaban. La prigione le aveva lasciato il segno e rubato una parte della sua bellezza: aveva il volto scavato, i capelli un tempo neri e lucenti risultavano ora spenti e ricci, i suoi occhi neri erano pesanti. In compenso appariva alta, con lunghe ciglia nere e aveva ereditato il tipico portamento elegante della sua famiglia.
Tirò un sospiro e si smaterializzò riapparendo sul vialetto della sua vecchia casa. Come aveva previsto, questa non era nelle sue condizioni migliori: il pavimento rovinato, i vasi sopra alle ringhiere sul davanti contenevano delle piante ormai secche, che in passato avevano avuto dei bei fiori colorati. Il legno del portone era scolorito e rovinato, alcuni pezzetti di legno si erano staccati. Per la Mangiamorte era un duro colpo vedere la casa in cui aveva passato l’infanzia ridotta in quello stato. Dopo la morte dei suoi genitori aveva ereditato lei la casa, però essendo imprigionata ad Azkaban non aveva potuto occuparsene come avrebbe voluto, sebbene una parte di lei malediva sua sorella Narcissa per non essersene presa cura al suo posto, data la situazione.
Entrare dentro all'atrio della casa non fu difficile e si guardò attorno. Si lasciò andare ai ricordi, mentre osservava le statue, polverose e piene di ragnatele, insieme alla scala dinanzi a lei, la quale aveva qualche scalino mezzo rotto. C’erano diversi quadri rappresentanti alcuni dei suoi antenati. Uno mostrava sua madre: si trovava seduta sopra ad una poltrona di colore rosso e teneva in braccio una neonata. La data risaliva a due mesi dopo la nascita di Bellatrix, perciò non poteva che essere lei quel neonato. Sua madre teneva i capelli scuri raccolti dietro alla testa in una crocchia ordinata, che metteva in risalto i lineamenti delicati del suo viso. La sua pelle era di colore molto chiaro e possedeva le stesse labbra sottili di Bella, oltre che assomigliarle abbastanza. Indossava un lungo vestito di colore verde smeraldo e i suoi occhi fissavano imperterriti dinanzi a sé, probabilmente fissando l’uomo che stava eseguendo il ritratto. Stringeva a sé il piccolo fagotto bianco. Sopra al soffitto, nel mezzo dell’atrio era appeso un lampadario impolverato. Sul pavimento c’era un tappetto lungo fino alla scalinata di legno che arrivava fino alla cima delle scale.
Le salì, appoggiando la mano sulla ringhiera di legno. Dopo poco tempo arrivò in cima alle scale e girò a destra, dirigendosi verso la stanza di sua madre e poi si recò in quella di suo padre.
Quando entrò nella seconda camera trovò tutto come sempre: il letto a baldacchino con le tende di colore nero, ormai usurate dal tempo, le coperte dello stesso colore, ma impolverate, come buona parte del resto dell’arredamento.
Tirò un sospiro e si avvicinò allo scrittoio che si trovava sotto ad una grande finestra, che aveva un vetro rotto. Si sedette sulla sedia vicino e sfiorò con le dita con aria nostalgica il legno del tavolino. Ripensò a tutte le volte che da piccola, e poi da grande, aveva visto suo padre scrivere delle lettere o dei documenti sopra di esso.
Per quanto potesse sembrare fredda e senza cuore aveva voluto davvero bene ai suoi genitori e le mancavano molto, sebbene non l’avrebbe mai ammesso.
Aprì il cassetto sulla destra, sotto allo scrittoio, e con sua grande sorpresa trovò tra le varie lettere e documenti una ancora mai aperta. La fissò perplessa e la prese in mano, poggiandola sul tavolino. Sopra con una scrittura elegante c’era scritto: "Da Elizabeth per Cygnus".
Alzò lo sguardo e guardò il muro di pietra dinanzi a lei, domandandosi se conoscesse una strega con quel nome e le ci volle qualche secondo per capire la sua identità.
« Ah, ma aspetta, l'amante di mio padre. » realizzò alla fine. Diversi anni prima suo padre aveva avuto una relazione extra-coniugale e i suoi genitori erano quasi arrivati al divorzio, finché sua madre non aveva scoperto che l’amante di suo padre era una Mezzosangue, figlia di una strega e un Nato-Babbano. Lo aveva rivelato al marito che aveva rotto immediatamente la relazione, cacciando via in malo modo la strega. I coniugi Black avevano fatto la pace e tutto era tornato come prima, così in breve tempo Elizabeth era diventata solo un brutto ricordo.
Non riuscì a resistere e aprì la lettera, domandandosi cosa mai avesse scritto quella donna a suo padre. All'inizio la sua espressione era normale, ma mentre proseguiva nella lettura il suo volto si rabbuiò e alla fine la lettera le cadde dalle mani. Poggiò i gomiti sullo scrittoio mettendo il viso tra le mani.

Nel frattempo ad Hogwarts

La Sala comune di Serpeverde si trovava nei sotterranei del castello, sotto al Lago Nero. Come nelle altre casate della scuola, una scalinata portava al dormitorio delle ragazze.
Nel dormitorio delle ragazze del quinto anno le studentesse si stavano preparando per la giornata: lavandosi, pettinandosi, truccandosi, profumandosi e indossando le divise. Su uno dei quattro letti a baldacchino presenti, dalle tende e le coperte color verde smeraldo, seduta sopra al materasso intenta ad indossare le scarpe, c’era una ragazza dai lunghi capelli color cioccolato, lisci e lunghi fino alle spalle. Sopra alle labbra sottili, sul lato destro, c’era un piccolo neo di colore nero che non deturpava la bellezza delicata del suo viso. Gli occhi, invece, erano di colore nero come la notte e non si riusciva a distinguere in essi le pupille talmente erano scuri.
« Clarisse fai colazione con noi? » chiese gentilmente una delle sue compagne, ovvero Pansy Parkinson. Si trattava di una ragazza che discendeva da un’antica famiglia Purosangue; come la maggior parte dei Serpeverde, ne andava molto fiera e considerava inferiori i Mezzosangue e i Nati-Babbani. I suoi capelli erano di colore scuro, lisci e le arrivavano poco sotto le spalle. Come Clarisse, aveva una carnagione molto chiara.
« No, mi dispiace Pansy, ma mi sono già messa d’accordo con Draco, Tiger e Goyle. » affermò, riferendosi ai suoi amici. Non ne aveva molti ad Hogwarts a causa del suo carattere timido e in un certo senso freddo addirittura. Forse aveva stretto facilmente amicizia con il Malfoy perché i loro caratteri erano piuttosto simili. Invece gli altri due erano per lo più due tirapiedi che il Serpeverde si trascinava sempre appresso, più che due amici.
Si alzò dal letto e sistemò la gonna della divisa di colore nero che le arrivava poco sopra alle ginocchia ossute. Portava dei calzini pesanti neri che le arrivavano fino alle ginocchia. Sopra portava un maglione grigio e sotto una camicia bianca. Al collo c’era legata la cravatta con i colori di Serpeverde, cioè verde e argento. Come tutti i suoi compagni, portava con fierezza i colori della sua casata e lo stemma di Serpeverde.
Una volta finito di prepararsi e recuperata la borsa dei libri, salutò le compagne e scese nella sala comune. Arrivata trovò Draco seduto su uno dei tanti divanetti color verde smeraldo, intento a chiacchierare con Tiger, Goyle e un ragazzo di colore, Blaise Zabini. La madre di questi era una strega molto affascinante che aveva avuto diversi mariti, tutti morti in circostanze misteriose, e che aveva contribuito a rendere madre e figlio ricchi. Raggiunse i quattro ragazzi. Il primo ad accorgersi di lei fu Blaise, che la fissò con i suoi occhi scuri, alzò la mano in segno di saluto e sul suo viso apparve un sorriso.
« Ciao, Clarisse. » la salutò gentilmente.
Draco era un ragazzo snello, dai capelli biondi talmente chiari da sembrare bianchi, la carnagione pallida, gli occhi di colore grigio che apparivano freddi. Anche lui si girò verso di lei, insieme a Tiger e Goyle. Entrambi erano giovani e dalla corporatura robusta.
« Ciao, ti stavamo aspettando. » esclamò Draco drizzandosi in piedi. « Andiamo a mangiare? » domandò rivolgendosi pure agli amici. « Clarisse, ti dispiace se si unisce a noi anche Blaise? » sapeva che la sua opinione non avrebbe avuto alcuna importanza, però rispose lo stesso.
« No, ci mancherebbe, anzi mi fa piacere. » rispose, sistemandosi una ciocca dietro all'orecchio destro, scoprendo il lobo a cui portava un orecchino argentato con un piccolo ciondolo rotondo. All'orecchio sinistro ne aveva uno uguale, erano un regalo di sua madre per i suoi quattordici anni.
Usciti fuori dalla Sala comune percorsero i corridoi dei freddi e umidi sotterranei per arrivare alla scalinata che li avrebbe portati al pianterreno. Da lì continuarono il loro cammino per arrivare poi alla Sala Grande. I corridoi, come sempre, erano gremiti di studenti, probabilmente diretti pure loro a fare colazione.
Entrati dentro al salone dove si tenevano tutti i pasti, Clarisse alzò lo sguardo al cielo curiosa di vedere come fosse quel giorno il soffitto magico che cambiava giornalmente e mutava ancora alla sera: quella mattina mostrava un bel cielo azzurro, con qualche nuvola di colore bianco. Delle candele bianche aleggiavano sotto di esso. Ricordava che la prima volta che era entrata in quella stanza enorme, quattro anni prima, era rimasta colpita dal soffitto magico e a volte, sebbene ormai ci fosse abituata, ancora rimaneva sorpresa quando entrava nella Sala Grande.
« Clarisse, sbrigati! » la voce di Draco la distolse dai suoi pensieri. Abbassò lo sguardo verso l’amico e annuì con aria vaga. Tiger e Goyle erano già seduti, ma gli altri due invece stavano in piedi accanto al lungo tavolo di legno dove i Serpeverde consumavano i loro pasti. Li raggiunse e si sedette sulla panca di legno vicino al tavolo, accanto al biondo.
« Tra poco si parte per andare a Hogsmeade. Avete qualche progetto in mente? » domandò il Malfoy. Nessuno rispose, finché la bruna non notò alcuni studenti del terzo anno seduti al loro tavolo con aria di chi si stava divertendo tantissimo.
« Forse io ho un'idea. » annunciò Clarisse, allungando una mano per afferrare una ciambella che si trovava in un cestino sopra al tavolo e sistemandosela nel piatto.
« Cosa intendi dire? » domandò confuso il biondo. La giovane non fece in tempo a rispondere, che diversi gufi e civette entrarono dentro alla sala e planarono ciascuno sui tavoli al cospetto dei loro legittimi proprietari. Un gufo di colore marrone scuro atterrò dinanzi alla bruna, che sorrise e gli accarezzò il capo piumato con fare tenero.
« Ciao, Stormy. » la salutò. Le diede qualcosa da mangiare e le slegò il rotolo di pergamena che portava legato ad una delle zampette. Si trattava di una lettera dei suoi genitori.
« Allora cos'è questa idea? » insistette Draco, che quella mattina stranamente non aveva ricevuto posta.
« Stavo pensando che potremmo comprarci un po’ di soldi a Mielanda rubando i soldi per essi dagli studenti di Grifondoro. » spiegò. Blaise la osservò perplesso con le labbra sporche di schiuma bianca.
« Abbiamo i soldi. » commentò. La ragazza alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
« Ma così non sarebbe divertente, invece noi li ruberemo. » ribadì la Serpeverde con aria decisa.

   
 
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