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Autore: susyhachiko    01/07/2017    6 recensioni
Piccola SongFic nata in una notte.
Derek e stiles si incontrano ad una festa in maschera, dopo tanto tempo che non si vedevano. I due finiscono per ignorare le proprie identità all'inizio, ma poi... BOOM!
Inutile, posso scrivere capitoli di 12000 parole, ma sono totalmente impedita nelle introduzioni!
STEREK
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Erica Reyes, Laura Hale, Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao a tutti!
So che dovrei preoccuparmi di finire e pubblicare l'extra di Shadow Preachers in modo da concludere la storia, ma non ho potuto fermare le mani.
In pratica, io finisco sempre per sentire delle canzoni che mi piacciono molto tempo dopo che sono state rilasciate, tipo anche fino a 5 mesi dopo... questa è una di quelle.
Questa mattina ero in macchina, piena di sonno, e ho acceso la radio (non lo faccio mai!)... è partita questa canzone e... ha scateato questa storia!
L'ho scritta di getto, senza nemmeno controllarla più di tanto, e potrebbe sembrare incompleta, ma quando l'ho finita l'ho adorata per la magia che mi ha ispirato!
Spero vi piaccia e scusate eventuali errori.... Buona lettura!
Susyhachiko



SOMETHING JUST LIKE THIS
 
 
“Dove vorresti andare?”
Il tono saccente e a tratti carico di rimprovero di Lydia convinse Stiles a mollare la presa sulla maniglia della porta di casa e a rinunciare ad ogni tentativo di fuga.
“Avevi giurato che mi avresti accompagnato, Stiles.”
 
“Andiamo, Lyds!” si voltò a pregarla, cercando di farle capire anche il suo punto di vista. “È una dannata festa in maschera per rimorchiare e io non me la sento proprio di venire.”
 
“Hai per caso perso la vista?” disse, indicando se stessa e il vestito attillatissimo di Cat Woman lucido e sexy da paura. “Abbiamo scelto i costumi insieme perché c’è l'obbligo del cosplay di coppia. Non puoi lasciarmi andare da sola, con chi dovrei accoppiarmi, secondo te?”
 
Stiles alzò le braccia al cielo. “Non lo so! Chiama Isaac e chiedi a lui! È il cugino di Jackson, così non avrai problemi, no?”
Non era stato di certo lui a costringerla a fidanzarsi con un ragazzo che durante le vacanze di primavera era stato obbligato a seguire i suoi genitori in vacanza in Francia.
 
“Non gli entrerà mai quel costume! È troppo alto e poi voglio il mio migliore amico, non Isaac!”
 
Stiles osservò i grandi occhi verdi della sua migliore amica.
Con addosso la maschera nera con le orecchie da gatta, che nascondevano alla perfezione i capelli lunghi e rossi, sembravano ancora più grandi e supplicanti.
Non era colpa sua se Stiles era stato tradito nel peggiore dei modi mesi prima e che ancora ne soffriva come il primo giorno.
Non gli mancava il suo ex, era solo il modo in cui era finita ad averlo irrimediabilmente ferito, portandolo ad odiare anche solo l'idea di andare ad una festa o parlare con la gente.
No, grazie, aveva già dato a sufficienza e ora voleva solo concentrarsi sul suo nuovo lavoro che, doveva ammetterlo, gli piaceva da morire.
 
“Stiles, solo questa volta. Non voglio essere indicata da tutta la squadra di lacrosse.”
 
Aveva dimenticato quel piccolo dettaglio.
Quel party era stato organizzato dal loro vecchio liceo. Era aperto a chiunque, ma era quasi ovvio che avrebbero incontrato metà della Beacon Hills High School e l'idea di lasciare Lydia in balia di quella mandria di animali proprio non gli piaceva.
Sospirò. “D'accordo, mi hai convinto. Ti accompagno, ma non intendo passarci tutta la notte, ok?”
 
Lydia lo abbracciò di slancio, ringraziandolo con una sfilza di baci lungo tutto il viso e continuando a chiamarlo il miglior amico del mondo.
 
Non indugiò oltre e andò in camera a prepararsi, pregando di passare una serata tranquilla.
 
 
 
“Non è una festa, è un ritrovo per serial killer e molestatori.” si ritrovò a dire Stiles, dopo l'ennesima palpata al sedere e i quattro tentativi di abbordaggio nei confronti di Lydia.
 
“Io aggiungerei anche un paio di avanzi di galera.” scherzò l'amica, accostandosi di più a Stiles, che le cinse le spalle con un braccio, lanciando un chiaro segnale di stare alla larga.
 
Quel locale era pieno di uomini e donne mascherati da qualunque cosa: supereroi, animali, personaggi Disney… di tutto e di più, e tutti su di giri.
Il locale non era male, richiamava un tempio greco grazie alle colonne gigantesche di marmo che svettavano per tutta la sala, al centro un grande bar in granito e tre uomini intenti a soddisfare le richieste di file immense di invitati.
La musica commerciale ad un volume stranamente non stacca timpani, le luci soffuse che si alternavano perfettamente a ritmo e i cocktails fatti ad arte rendevano la festa gradevole, peccato per gli ospiti poco rispettosi.
“Forse siamo solo noi ad essere troppo sexy.” Suggerì l’amica, passandosi sinuosamente le mani lungo il busto, vanitosa come sempre.
 
Lydia lo era di certo, con quel costumino in lattice nero lucido, estremamente aderente e che metteva in risalto ogni sua curva e pienezza sinuosa, il rossetto rosso fuoco e quel trucco pesante che faceva brillare i suoi occhi magnetici.
“In effetti, se fossi etero, inventerei qualunque cosa pur di baciarti quelle labbra carnose.”
Lydia, in risposta, le arricciò in un bacio, mandandoglielo poi con un soffio.
 
Decisero di dividersi per fare un giro veloce e cercare Scott, l'altro migliore amico, che aveva detto sarebbe passato vestito da Superman.
 
Solo che Stiles aveva visto almeno 5 Superman in sala, perciò doveva cercare e azzardarsi a guardare un po’ più da vicino ognuno di loro per trovare il suo amico e le luci soffuse, purtroppo, non aiutavano.
 
Ne intravide uno vicino ad una colonna e aumentò il passo per raggiungerlo, ma si scontrò contro qualcuno e finì malamente a terra, imprecando sottovoce.
Un abbraccio robusto lo sollevò all'istante, salvandolo da tutti quelli che gli passavano accanto e Stiles si voltò a guardare chi lo avesse aiutato.
 
Rimase paralizzato di fronte al Superman che lo scrutava dall'alto della sua imponente stazza.
Stiles non era mai stato basso e fu per questo che non si aspettò di fissare un busto possente al posto di un volto.
Quei muscoli dovevano essere parte integrante del costume, per forza.
 
“Tutto bene? Scusami, non ti ho proprio visto.”
 
Stiles alzò di poco il viso e puntò i suoi occhi su quel volto inaspettatamente bello.
Il miglior Superman di sempre.
Aveva i capelli neri e lucenti tirati indietro dal gel e con il famoso ciuffo pendente sulla fronte, la mascella e gli zigomi scolpiti ad arte e, per finire, la bocca sottile e ben delineata contornata da un accenno di barba, che lo distingueva dagli altri Superman presenti.
Peccato per gli occhi, Stiles non riuscì a scoprirne il colore a causa della piccola mascherina nera che li oscurava.
 
“Mi hai sentito?”
 
Stiles si riscosse, scuotendo la testa e sorridendo a Superman. “Si.. certo… scusami, stavo solo…” stavo cercando di catalogare il colore dei tuoi occhi, mentre mi asciugavo la bava alla bocca. “...ammirando il tuo costume. Sei davvero somigliante al primo Superman.”
 
“L'idea era quella.” sorrise l'altro, abbagliando Stiles con i suoi denti bianchissimi e perfetti. I due incisivi lo incuriosirono, era come se li avesse già visti prima. “Anche il tuo costume è davvero ben fatto, ma possiamo parlarci? Non dovremmo essere nemici?”
 
Stiles rise, appoggiando una mano sul braccio del Superman più sexy del mondo e constatando che no!, quello che vedeva non era il costume.
“Credo che per questa sera possiamo fare una tregua!”
 
Superman sorrise, gli occhi che lo guardavano con tenerezza. “Allora ne approfitto. Finora non ho trovato nessuno con cui parlare e mi stavo annoiando.”
 
“Sei fortunato. Io non smetto mai di parlare e non annoio mai nessuno. Garantito!”
 
E fu così che passarono più di mezz'ora a parlare, appoggiati ad una colonna e sorseggiando i propri cocktails.
Stiles parlò del suo lavoro e Superman del suo, della serata e degli anni del liceo, senza mai presentarsi davvero.
Ad un certo punto, Stiles vide con la coda dell'occhio Lydia agitare una mano in sua direzione, così si scusò e si allontanò un attimo per raggiungerla.
 
“Stiles, chi è quel bel viso con quel bel costume con cui parlavi?” gli chiese Lydia all'orecchio, non appena le fu accanto.
 
Stiles sentì la mancanza di tasche nelle quali infilare le mani. Lo faceva sempre, quando era nervoso. “Quello che vedi non è il costume, Lydia... quello è il suo corpo.”
 
Vide l'amica sbarrare gli occhi e guardare meglio Superman. “Stiles, stai forse cercando di dirmi che quel culo è…”
 
“...È suo, sì.” oh, Stiles capiva lo stupore di Lydia, perché neppure lui riusciva a capacitarsi all'idea che quell'ammasso di muscoli ambulante fosse reale.
Quel culo non poteva essere reale, eppure lo aveva visto cozzare contro la colonna e aveva avuto quasi la certezza di sentire il cemento incrinarsi.
“Fa sport da sempre e ama tenersi in forma.”
 
“E tu ami questo particolare.”
 
“Non lo disdegno.” si portò una mano alla testa per passare le dita tra i capelli, trovandoci invece la maschera.
L'aveva quasi dimenticata.
 
“Ho come la sensazione di averlo già visto, ma non riesco a ricordare dove…” osservò Lydia, continuando a tenere gli occhi puntati su Superman.
 
“Io uno così lo ricorderei…”
 
“Tu uno così lo meriteresti, Stiles…” si voltò a guardarlo e gli carezzò una mano. “Perché non ti butti? Potrebbe essere la svolta che cercavi…”
 
“Lyds, sai come la penso a riguardo…” commentò, coprendo la sua mano e stringendola. “... ma ti ringrazio per provare sempre a farmi cambiare idea.”
 
“Non smetterò mai.” Lydia si alzò sulle punte per far toccare le loro fronti e Stiles cercò di assorbire tutto l'affetto e il coraggio che la sua cara amica cercava di trasmettergli.
 
Poi, entrambi si allontanarono e alzarono gli occhi in alto, verso la musica, per ascoltare meglio.
Le mani ancora strette.
“Quando si dice che il destino vuole darti una spinta…” Lydia lasciò in sospeso la frase, quando le parole dell’attuale canzone preferita di Stiles echeggiarono nell’aria.
 
I’ve been reading books of old
The legends and the myths
Achilles and his gold
Hercules and his gifts
Spiderman’s control
And Batman with his fists
And clearly I don’t see myself upon that list…

 
How much you wanna risk?” intonò Lydia all'arrivo di quel pezzo, guardando Stiles negli occhi e poi il Superman che lo stava ancora aspettando contro la colonna.
 
E lo vide.
Vide quel Superman affascinante, con un drink in mano e un corpo da Dio, cantare quella strofa puntando i suoi occhi, brillanti sotto la luce dei neon, dritti nei suoi.
 
“...Just something I can turn to
Somebody I can kiss”


“Stiles…” Lydia gli alitò nell'orecchio, ma il suo sussurro gli sembrò un urlo. “... se quello non è un invito a baciarlo, allora io sono Wonderwoman!”
 
...“I want something just like this…
 
Stiles annuì e la guardò un'ultima volta negli occhi, distogliendoli a malincuore da quelle perle lucenti, per poi avanzare velocemente verso il suo Superman.
 
...“I want something just like this…
 
Ad ogni passo risoluto che faceva, vedeva il ragazzo davanti a lui rimanere immobile ad aspettarlo, come se avesse capito, come se fosse felice di essere stato capito.
Superman poggiò distrattamente il suo drink sul vassoio di un cameriere che lo superò in fretta per avere le mani libere, e il tutto senza staccargli gli occhi di dosso.
 
...“I want something just like this…
 
E quando Stiles lo raggiunse, sentendosi audace grazie alla maschera che nascondeva quasi tutto il suo viso - eccezion fatta per gli occhi e le labbra - e gli prese il volto tra le mani per rubargli un bacio, trasalì quando lo vide aprire la bocca per accogliere le sue labbra e quei muscoli stritolarlo in un abbraccio spaccaossa.
 
Superman lo spinse contro di sé e ribaltò le posizioni.
Stiles nemmeno capì di essere lui quello con la schiena contro il muro ora, con il potente supereroe a proteggerlo da qualunque pericolo, finché non sentì le sue mani afferrargli il viso e prendere il controllo del bacio.
 
Sentì la sua lingua fresca di vodka lambirgli il palato, ritrarsi e leccargli il labbro per poi morderlo e succhiarlo con vigore, mandando in pappe il cervello di Stiles.
Nonostante l’imbracatura del costume, quando Superman si strusciò contro di lui facendogli avvertire l'erezione dura come il marmo che aveva tra le gambe, a Stiles scappò un gemito che spinse il ragazzo a scendere sul suo collo.
“Dimmi il tuo nome.” La voce roca si di quel Superman era da bandire dalla città, anzi no, dal mondo per quanto era sensuale.
 
“Pri- prima tu…” era difficile articolare una frase o un pensiero con quella lingua e quelle labbra che gli stavano divorando il collo senza sosta.
Di certo, aveva fatto un corso sul bacio e aveva ottenuto un master perché nessuno, nemmeno il vero Superman, poteva essere così bravo con quella bocca.
Stiles si sentiva prigioniero di un sogno, un sogno bellissimo dal quale non avrebbe più voluto svegliarsi…
 
“Sono Derek. Derek Hale.”
 
… ma tutti i bei sogni sono destinati a diventare incubi.
 
...And Superman arose
The suit before he lifts
But I’m not the kind of person that it fits…”

 
Quel bacio che gli era sembrato infinito, in realtà era durato davvero poco e Stiles si era svegliato nel peggiore dei modi.
 
Derek Hale.
 
Quel Derek Hale.
 
Si staccò da quelle labbra e gli mise le mani sul petto, scansandolo un po', abbassando la testa e guardando la gente dietro di lui.
In fondo alla stanza c'era Lydia a controllarlo e aveva notato il suo cambiamento, cominciando a camminare verso di loro.
 
“Tutto bene?”
 
La voce di Su… Hale lo riportò con la mente al presente, dopo un rapido viaggio nel passato.
 
Non gli rispose.
 
Lo guardò un'ultima volta negli occhi, gli tolse con un gesto secco la mascherina per confermare i suoi dubbi, lo allontanò da sé con uno strattone e corse raggiungendo Lydia che, nel frattempo, si era avvicinata parecchio.
 
“Sono qui.” gli prese la mano e lo portò via, senza chiedere niente.
 
Stiles sentiva degli Ehi urlati e sapeva che erano i suoi, ma non si voltò mai.
 
Una volta in macchina, si portò le mani alla bocca e cominciò a mangiarsi le unghie per tenersi occupato ed evitare un attacco di panico.
“Lyds…”
 
“Lo so.”
 
Ovvio che lo sapeva.
Lydia Martin sapeva sempre tutto e di solito molto prima di lui.
 
Solo che, stavolta, lo aveva saputo dopo.
 
 
 
“Ehi Derek!”
Boyd gli si avvicinò, allegro di alcool, e gli batté la grande mano di colore sulla spalla. “Ti ho cercato dappertutto, che fine avevi fatto?”
 
Che fine aveva fatto?
 
Era stato catturato.
 
In meno di un'ora, era stato catturato dal supereroe che aveva sempre ignorato fin da bambino perché non aveva i super poteri.
 
Si passò la lingua sulla bocca che aveva ancora il sapore di quelle labbra disegnate, bollenti e sublimi, che gli avevano bagnato anche il cervello oltre alle mutande.
 
“Sono stato catturato.” bisbigliò, senza davvero rispondere all'amico.
 
Quest'ultimo, invece, lo aveva sentito e aveva alzato un sopracciglio, confuso. “Catturato da chi?”
 
“Da Batman.”
 
 
 
~~~~~~~~~~~~~
 
 
 
“Derek, ti prego, mi stai facendo diventare scema!” sbottò sua sorella Laura, prendendosi la testa tra le mani, con i gomiti appoggiati sul tavolo della cucina.
“Mi servono più informazioni! Hai idea di quante persone c'erano a quella festa? Cinquecento! E solo quelle segnate! Mi servono. Più. Informazioni.”
 
Ok, sua sorella era sbroccata di brutto e a ragione, purtroppo.
L'aveva chiamata tre giorni dopo la festa, quando si era reso conto che da solo non avrebbe mai trovato Batman.
Lei era una delle organizzatrici, quindi aveva sperato avesse più dati di lui.
Invece, si era rivelato un buco nell'acqua perché senza un nome o la descrizione del viso, Laura non poteva aiutarlo.
 
“Hai detto che avete parlato, no?” gli domandò, alla fine. “Allora, perché non ripensi a quello che ti ha detto? Magari ti ha parlato del suo lavoro?”
 
Derek ascoltò la sorella e con la mente cercò di ripensare a sulla sera.
 
“Che lavoro fai?”
“Il mio lavoro è noioso.” gli aveva detto. “Gestisco una libreria.”
“Quindi ti piacciono i libri.”
“Forse anche troppo. I miei amici dicono che dimentico gli appuntamenti perché ho sempre la testa immersa nelle pagine di qualche vecchio mattone.”
“Wow. Mattone? Ma che cosa leggi?”
“La domanda giusta è: cosa non leggo.”
 
E aveva sorriso.
Persino attraverso la maschera poteva vedere quanto fosse sbarazzino e sincero il suo sorriso.
 
“Ti ha detto quanti anni ha? Se ha frequentato il tuo stesso liceo?”
 
Derek ci pensò.
 
“Quanti anni hai?”
“Quante domande! Sei un poliziotto per caso? Guarda che se lo sei, so come trattare con voi forze dell'ordine!”
“Ma no, è solo che… dal costume non riesco a capire granché e… magari fai prima a toglierti la maschera, così faccio due supposizioni da solo.”
“Naa… Batman non toglie mai la maschera senza un motivo. Dovrai guadagnartelo!”
 
Era furbo, oltre che intelligente, e non ricordava una conversazione più piacevole di quella negli ultimi due anni.
 
“Hai detto che era con un'amica. Sai descriverla?” continuò a chiedere, Laura.
 
Descriverla fisicamente? No.
Descriverla caratterialmente? Sì.
 
“Sei qui con la tua ragazza?”
Batman assottigliò gli occhi, lasciando intendere che avesse capito dove voleva andare a parare. “È una domanda a trabocchetto? Credevo fosse lampante il mio NON essere etero, comunque… no, Lyds non è la mia ragazza, è la mia migliore amica. Mi è accanto da sempre e mi è stata davvero vicino nell'ultimo periodo. In pratica, sono qui per sdebitarmi…”
“Storia finita male?”
“È così palese?” sospirò forte e guardò verso la pista, dove la sua amica stava ballando allegramente con hello!kitty e una geisha. “Diciamo che tornare single dopo due anni di relazione non è il massimo… specie se vuoi chiedere la mano al tuo ragazzo in un grande stile e tu organizzi una sorpresa indimenticabile, con videocamere e amici e parenti, e ti intrufoli nel posto dove lavora pronto ad inginocchiarti e… e trovi qualcun'altro inginocchiato davanti a lui.”
“No…”
“Sì.”
“Dio, che pezzo di merda!”
“Già, è la stessa cosa che ha detto Lyds prima di pestarlo a sangue assieme a Scotty. E a mio padre… a pensarci bene, quella parte è stata davvero divertente!”
 
Se non erano bastati i racconti, il modo in cui era corsa a prendere Batman quando era scappato da lui faceva ben capire quanto fossero legati l'uno all'altra.
 
“Aspetta un attimo!” lo fermò paura, alzando la mano. “Ha fatto dei nomi. Lyds e Scotty potrebbero essere dei nomignoli. Ti ha detto altro? Tipo, un posto dove vanno, la scuola che hanno fatto, se condividono l'appartamento…”
 
“Ma come fate ad essere così stupidi?”
Erica, la fedele collega di Laura nonché ragazza di Boyd, fece il suo ingresso come al solito: in tacchi vertiginosi, gonna di pelle e top rosso, stringendo un grande volume contro il seno.
Con i suoi lunghi e mossi capelli biondi, le labbra carnose e gli occhi scuri Erica metteva su la messinscena della bionda senza cervello con le tette giganti, ma in più di una volta si era rivelata più intelligente di tutti loro messi insieme.
Come in quel caso.
Lyds. Scotty. Non vi dicono niente? Davvero? Eppure hanno frequentato il nostro stesso liceo.”
 
Laura spostò di lato i suoi capelli castani, puntando gli occhi verdi - così simili a quelli di Derek - sulla bionda. “Se hanno la sua età, Erica, allora io non posso conoscerli.”
 
“Invece sì.” E buttò sul tavolo il libro che aveva tra le mani. L'annuario scolastico. “Laura, ricordi quell'anno che ti hanno chiesto di fare la volontaria come psicologa scolastica?” chiese, iniziando a sfogliare il libro. Attese che l'altra annuisse. “Tuo fratello era all'ultimo anno ed era stato catalogato come uno dei migliori dieci studenti della scuola. Peccato per il suo lato oscuro da bullo.”
 
Derek strinse i pugni e guardò male Erica. “Ho cercato di fare ammenda per quello. Ho chiesto scusa. Ho rimediato a tutto il male che ho fatto.”
 
“Non proprio tutto…” obiettò lei, trovando la pagina e girandola verso i due. “Laura è arrivata troppo tardi per… Batman!” poi picchettò l'indice con l’unghia laccata di nero su un immagine.
 
Derek si sporse e scrutò a fondo la foto di un ragazzo dai capelli e occhi scuri, con lineamenti messicani e la mascella leggermente storta.
Derek non lo ricordava. “Chi è?”
 
“Lui è Scotty… Scott McCall. Tu puoi chiamarlo Robin, se preferisci!” e sorrise maliziosa, lasciando intendere che tra questo Scott e il suo Batman ci fosse una grande amicizia.
“Come hai detto che era vestita la sua amica?”
 
“Non te l'ho detto…” Erica lo fissò, in attesa, e Laura gli diede una gomitata sul braccio per smuoverlo. “... Cat Woman.”
 
Le due amiche fischiarono di apprezzamento ed Erica spostò il dito su un'altra foto, posta leggermente più in alto. “Ecco la tua Lyds...Lydia Martin. Uno dei geni indiscussi di tutta la città e non esagero.”
 
Derek osservò la foto e riconobbe quegli occhi e le labbra piene, femminili e voluttuose di Cat Woman. “Sì, è lei.”
 
Erica esultò e chiuse con forza il libro, portandoselo contro il petto e facendo navigare Derek nell'oblio. “E lui? Non hai detto che ha fatto la nostra stessa scuola?”
 
“Sì, ma non lo troverai nella foto dei diplomati.”
 
Derek corrugò la fronte, ma fu la sorella a parlare per lui. “Non si è diplomato?”
 
“Sì e anche con dei voti fuori dal comune, ma era in ospedale in quel periodo, quindi la scuola gli ha permesso di tenere gli esami dopo, con il benestare della commissione.”
 
Laura sembrò confusa per un attimo, poi Derek la vide.
La lampadina accesa.
Laura aveva capito. Lui no.
“Non ci credo…” si portò le mani alla bocca. “... è lui Batman?”
 
Erica annuì, il suo sorriso più tirato sul viso. “Ci credo che è scappato. Lo avrei fatto anch'io.” Poi si rivolse a Derek. “Per caso, il tuo Batman non era molto...Batman, vero? Voglio dire... Non è come te…”
 
Derek sembrò riflettere sulle sue parole.
Effettivamente, quel ragazzo sembrava più la versione adolescenziale di Batman.
Non aveva tutti i suoi muscoli o il volto squadrato e mascolino.
Ben allenato, quello sì, il suo corpo era tonico nonostante i tratti dolci del viso.
 
Erica aveva ragione. E lo notò. “Direi che ci ho preso.”
 
Derek voleva mandarle al diavolo. Tutte e due.
“Posso sapere finalmente il suo nome o volete divertirvi ancora una volta alle mie spalle?”
 
Laura, a quel punto, gli mise una mano sulla spalla e gli sorrise in modo dolce, come se volesse aiutarlo ad assorbire una brutta notizia. “Derek… è Stilinski. Stiles Stilinski.”
 
.
 
..
 

 
 
Stiles.
 
Stiles Stilinski.
 
“Cazzo… no… ti stai sbagliando…”
 
Laura negò col capo e Derek si prese la testa tra le mani.
 
Stiles Stilinski.
 
Quando era al liceo, dopo la morte dei genitori, Derek aveva passato un brutto periodo cominciando a prendersela con chiunque non gli andasse a genio.
Verso la metà dell'ultimo anno, sua sorella venne a scuola come volontaria e nel giro di pochi mesi lo convinse a rivedere le sue azioni e di chiedere scusa a tutti.
Derek non riuscì a farlo con tutti.
Sbagliò con molti, ma con Stiles esagerò.
E lo stesso Stiles gliene aveva parlato alla festa.
 
 
“Scommetto che al liceo eri amico di tutti con la parlantina che ti ritrovi!”
“Non tutti. C'era un ragazzo dell'ultimo anno, un bullo, che ce l'aveva a morte con me. Non gli ho mai dato importanza perché stava passando un brutto periodo, però poi… poi lui ha… fatto una cosa che…”
“Che non gli perdonerai mai?”
“Già… mai.”
 
Derek non aveva potuto riconoscerlo a causa della maschera, ma lui!
Come ha fatto lui a non riconoscerlo?
Non era cambiato così tanto anche se erano passati anni dal del liceo, non gli sembrava di essere così irriconoscibile.
 
“L'avevi dimenticato, Derek? Avevi dimenticato Stiles e quello che gli avevi fatto?” la domanda di Laura lo ferì.
 
“No.” unì le mani e cominciò a sfregarle per scaricare l’agitazione. “Non avrei mai potuto, è solo che è cresciuto in altezza e quella dannata maschera gli nascondeva tre quarti del viso. Voglio dire, non è che potessi riconoscere molto solo dagli occhi e le labbra.”
 
Anche se erano labbra disegnate e bellissime.
Anche se erano occhi del colore del whiskey.
 
“E giuro che, al tempo, mi sono anche presentato a casa sua per scusarmi, solo che…”
 
Solo che lo sceriffo gli aveva gentilmente sbattuto la porta in faccia.
 
Derek non pensava avrebbe finito per rivederlo.
E non pensava che se ne sarebbe innamorato, così, un colpo di fulmine.
Con due parole e un bacio, Stiles lo aveva conquistato.
 
Neppure ricordava quando avesse iniziato a prenderlo di mira.
 
Ricordava solo che lui si sentiva triste e solo, abbandonato dai suoi genitori che si erano permessi di morire in un incendio al loro laboratorio, dove lavoravano come ricercatori, e Stiles invece sorrideva sempre, a tutti e tutti i giorni.
Non era mai andato oltre l'insulto o una spallata contro l'armadietto, però quel giorno, quel dannato giorno… aveva esagerato.
 
 
“Andiamo, Stilinski, non ti ho chiesto mica la luna. Un passaggio sulla tua jeep. Mi lasci a casa e te ne vai, fine della storia.
“Non me l'hai chiesto, Hale. Mi hai praticamente obbligato e minacciato. Ti avrei accompagnato lo stesso, anche se lo avresti chiesto gentilmente.”
“Piantala, Stilinski, o la prossima volta ti convincerò a suon di pugni!”
A quel punto, Stiles aveva detto l'unica cosa capace di far scattare Derek.
“Dovresti smetterla con questo modo di fare, sai? Non credo proprio che i tuoi genitori vorrebbero che ti comportassi così.”
 
E Derek non ricorda nemmeno quando o come, ricorda solo che ad un certo punto aveva messo a fuoco e si era reso conto  di essere sdraiato su Stiles, che aveva la testa fuori dal finestrino e il volto sfigurato da tagli e sangue.
Tanto sangue e occhi chiusi.
Era incosciente.
Cosa aveva combinato?
 
L'aveva chiamato e chiamato, ma Stiles non si era svegliato.
Derek era stato costretto a chiamare la sorella e Laura gli  aveva ordinato di chiamare un'ambulanza.
Avevano avuto un incidente e si erano ribaltati con la macchina.
 
Stiles non era più tornato a scuola.
 
“Non mi ha denunciato e non ho mai saputo perché… ne aveva tutto il diritto…”
Lo aveva colpito, facendo sterzare la macchina perché Stiles aveva le mani ben salde sul volante e per istinto non aveva mollato la presa, spingendoli fuori strada.
Derek se l'era cavata con poco.
Stiles no, perché dopo tre giorni di coma a causa della botta contro il finestrino aveva scoperto di avere una grave lesione alla spina dorsale e rischiava di rimanere paralizzato.
 
Erica si sedette accanto a lui e gli carezzò un braccio. “Stiles non lo avrebbe mai permesso. Sapeva che ti comportavi in quel modo perché soffrivi per la morte dei tuoi genitori e…”
 
“Ha detto ad un perfetto sconosciuto che non avrebbe mai perdonato quel bullo del liceo! Questo non ti fa capire che ce l'ha ancora a morte con me? Gli ho quasi distrutto la vita!”
 
“Allora dovresti andare da lui e scusarti, non credi? Probabilmente, a quest'ora sarà già convinto che tu l'abbia avvicinato solo per prenderti gioco di lui come in passato.”
 
“Aspetta, che?” Laura aveva tirato su un'ipotesi talmente verosimile che Derek non faticò a seguirla. A sostegno della sua tesi c’era il fatto che Stiles era scappato subito dopo aver saputo il suo nome e sfilato via la maschera.
 
Sì… Laura poteva aver ragione.
 
Sospirò pesantemente, pensando a quanto fosse sfortunato ad essersi innamorato dell'unica persona che non lo avrebbe mai ricambiato.
 
“Ti sei davvero innamorato di lui?”
 
L’incredulità di Erica gli arrivò quasi ovattata, mentre si torturava i capelli, scompigliandoli più del solito.
 
La domanda giusta era: come poteva non innamorarsi di Stiles?
 
Quando al liceo lo prendeva in giro e gli dava il tormento era perché invidiava quel ragazzino e la sua forza.
Aveva perso la madre quando era piccolo, gli era rimasto solo il padre e pochi amici intimi, eppure sorrideva sempre, mentre Derek si sentiva sempre così arrabbiato…….
 
E quando l'aveva visto, alla festa, aveva subito catturato la sua attenzione al punto da spintonarlo pur di parlargli, e quando l'aveva baciato… si era sentito bene, qualcosa era scattato dentro di lui, qualcosa che lo aveva smosso profondamente.
“Sono così stupido?” chiese alle due donne, guardandosi le mani e stringendole.
 
Laura gli carezzò i capelli. “No, fratellino… non sei affatto stupido…”
 
“Però, ora è il caso che vai da lui a rimettere le cose a posto se vuoi avere una minima possibilità di riconquistarlo.” decretò Erica, prendendo un post-it e scrivendoci sopra qualcosa velocemente. “Ecco l'indirizzo della libreria che gestisce. A quest'ora non troverai quasi nessuno, puoi chiedergli due minuti e provare a spiegarti.”
 
Derek prese il foglietto e lesse rapido. “Come diavolo fai a sapere tutte queste cose su di lui?”
 
“Durante il tirocinio come infermiera mi sono occupata di lui e siamo rimasti amici.”
 
“E non ha mai fatto il mio nome?”
 
“Non ho detto che ci frequentiamo, ho detto che siamo rimasti amici.” sottolineò Erica, tirando indietro i capelli con una mano. “Ci sentiamo per telefono o WhatsApp ogni tanto. Ora però, alza il tuo bel culo e muoviti!”
 
Derek annuì e salutò le due donne per raggiungere Stiles.
Era pronto a scusarsi per tutto e a fare qualsiasi cosa per farsi perdonare.
 
 
 
Non era stato difficile trovare la libreria ed Erica aveva avuto ragione come al solito, non c'era nessuno e il parcheggio vuoto lo dimostrava.
Parcheggiò e scese dall'auto imponendosi di restare calmo.
Non poteva di certo agitarsi e rischiare di mandare tutto all'aria con il suo caratteraccio!
Con un ultimo respiro profondo, spinse la porta ed entrò, cercandolo subito con frenesia.
 
“Arrivo, ci metto un secondo!”
 
La voce proveniva da un'altra piccola stanza con scaffali pieni di libri simili a quelli che aveva di fronte.
Si voltò e girò il cartello appeso alla porta, mostrando un chiaro Sorry, we are closed  a qualunque ritardatario provasse ad interromperli.
 
Si guardò intorno nell'attesa e quella libreria gli sembrava uguale a tutte quelle che aveva visto in giro: una scrivania all'ingresso con una cassa e mille fogli sparsi, scaffali e scaffali e scaffali stracolmi di libri catalogati per genere e ordine alfabetico, un'altra stanza simile dove si trovava il ragazzo e… un forte, intenso odore di pagine, inchiostro e un mix di vecchio e nuovo.
Sì, era una libreria come le altre ad eccezion fatta per quella impercettibile scia di Stiles, che non avrebbe trovato in nessun altro negozio.
 
“Eccomi, come po…” Stiles uscì da quella stanza con un sorriso, tre libri in mano e jeans e maglietta bianca con le maniche rosse… rimase tutto invariato quando lo vide sulla porta, tranne il sorriso che svanì quasi subito per dare il cambio ad uno degli sguardi più ostili che gli avesse mai visto fare.
 
Stiles era cambiato, ovviamente, dall'ultima volta che lo aveva visto.
Era più uomo, più alto, con un corpo allenato e le spalle ampie di chi aveva fatto esercizio fisico durante la crescita.
Il viso, invece, era lo stesso.
Forse più adulto, ma gli occhi grandi, il naso all’insù, la bocca disegnata e i nei che gli riempivano le guance erano sempre gli stessi.
Persino i capelli castani erano come li ricordava, solo un po' più lunghi e più arruffati.
 
“Ciao.” provò a salutarlo, ma quella parola sembrò solo far capire a Stiles che lui fosse davvero lì, che fosse reale, e che la cosa non gli piaceva.
 
“Cosa ci fai qui? Come mi hai trovato? Come hai capito che ero io Batman?”
 
Anche la parlantina era la stessa, solo il tono era quasi minaccioso.
Abbastanza da spingere Derek ad alzare le mani in segno di difesa. “Se accetti di ascoltarmi, prometto di spiegare tutto.”
 
“Comincia con il rispondere alle mie domande e forse ti ascolterò, Hale.”
 
Derek strinse le labbra. Stiles non avrebbe ceduto facilmente. “Ho chiesto a Laura di aiutami a trovarti perché volevo rivederti. Erica mi ha dato il tuo indirizzo quando ha capito che eri tu il mio Batman e sono qui per…”
 
Il tuo Batman?
 
Derek ignorò il tono schifato che aveva usato e proseguì. “... scusarmi. Sono qui per scusarmi e spiegarmi.”
 
Stiles appoggiò i libri sulla scrivania e gli lanciò uno sguardo di ghiaccio. “Scusarti per cosa? Per avermi preso in giro alla festa? Perché sono disposto a metterci una pietra sopra se decidi di andartene adesso e di non tornare mai più.”
 
Derek voleva avvicinarsi, ma capì che non era ancora il caso. “Non ti ho preso in giro, io… io non ti ho riconosciuto! Non sapevo fossi tu!”
 
Stiles rise, alzando la testa e mostrando il collo. “Sì, certo, come se potessi crederti!” poi smise di ridere e lo fissò, parlando a denti stretti. “Come se tu non fossi capace di inventarti qualsiasi cosa pur di rendermi ridicolo!”
 
“Andiamo, non è così e lo sai anche tu! Avevi una maschera, dannazione, ed eravamo quasi al buio, non avrei mai potuto riconoscerti!”
 
Stiles non rispose, ma assottigliò gli occhi, come se stesse valutando le sue parole.
Derek approfittò di quegli attimi di riflessione per continuare. “Sono qui per… per quello che è successo. L'incidente.” vide l'altro irrigidirsi. “Non sai quanto mi faccia piacere vedere che ti sei ripreso. Davvero, mi dispiace ta…”
 
Derek scansò per puro miracolo il libro che Stiles gli lanciò contro.
 
“Ti dispiace? Ti dispiace? TU MI HAI ROVINATO LA VITA!”
 
Derek non distolse lo sguardo da quello rabbioso e ferito di Stiles.
Sapeva che avrebbe potuto aver una reazione del genere.
 
“Mi hai tormentato per quasi un anno! Distrutto la macchina! Mandato in coma e a momenti finivo su una sedia a rotelle per causa tua!!” Stiles lo indicò con collera. “Ho preso il diploma in ospedale, ho dovuto rottamare la jeep di mia madre, affrontare mesi di fisioterapia per tornare a camminare e tutto quello che sai dirmi è mi dispiace? Non ne me ne faccio nulla delle tue scuse, Derek Hale, proprio nulla!”
 
“Se è così perché non hai mai detto che l'incidente è stata colpa mia? Perché non ti sei vendicato?” Più ci pensava, più non capiva.
 
Stiles chiuse gli occhi per un secondo. “Perché saresti finito in prigione per aver provocato un incidente e aver danneggiato una area protetta della riserva. Non lo meritavi, eri solo arrabbiato e triste…”
 
“Quindi, mentre passavi le pene dell'inferno a causa mia ti sei preoccupato di tenermi fuori dai guai, ti sei sforzato di sopportare tutte le mie cattiverie ma nel frattempo mi hai odiato a morte finora?” domandò, muovendo involontariamente un lasso passo verso Stiles.
 
“Non ho mai detto di odiarti, anche se ci sono andato vicino, e non avvicinarti a me, Hale, non farlo!” Stiles alzò una mano a palmo aperto verso di lui.
 
“Hai paura che possa farti male di nuovo?” Derek pronunciò quelle parole a fatica, ingoiando a vuoto e sperando di sbagliarsi.
 
Stiles chiuse gli occhi e sbuffò una risata.
 
Derek fece un altro passo. “Sono qui per chiarire una volta per tutte, Stiles. Se non lo faccio ora, sento che lo rimpiangerò per tutta la vita.”
 
Stiles aprì di scatto gli occhi e li puntò nei suoi. Erano lucidi e confusi.
 
Derek fece un altro passo e Stiles arretrò.
Ormai pochi passi li mi separavano e alle spalle del ragazzo c'era una parete, non sarebbe andato lontano.
 
“Stiles, ti prego…”
 
“Ti amo dal primo giorno di liceo…” confessò Stiles, arrendendosi e poggiando la schiena contro il muro dietro di lui. Gli occhi di nuovo chiusi, lo sguardo basso e la voce ridotta a poco più di un sussurro. “ … ti seguivo da lontano e sognavo di attirare la tua attenzione, inutilmente, senza mai trovare il coraggio di farmi avanti… poi i tuoi genitori sono morti e… mi sono messo da parte per darti il tempo di elaborare il lutto e quando hai iniziato ad usarmi come valvola di sfogo ti ho lasciato fare perché credevo ne avessi bisogno e in più potevo starti vicino… ma dopo l'incidente…” si coprì il viso con le mani, come se stesse ricordando. “... non ti sei mai fatto vedere, non mi hai mai fatto visita e ho capito che per te valevo meno di zero, perciò mi sono concentrato sulla mia riabilitazione per realizzare il mio sogno di entrare in polizia - come mio padre - ma indovina un po'? Le lesioni che ho subito non hanno superato il test fisico per entrare in accademia.”
 
Derek impallidì.
Stiles lo aveva amato, ma lui aveva distrutto il suo sogno, il suo futuro e tutto ciò che poteva diventare, annullando qualunque sentimento d'amore.
Non c'era da stupirsi che avesse coltivato tutto quel rancore verso di lui.
“Però quella sera io… quel bacio ha significato qualcosa per me, Stiles.” ammise, disperato. “Sono venuto qui per scusarmi e per rimettere le cose a posto, per quanto possibile. Non posso restituirti nulla, ma posso darti me stesso… Voglio essere il tuo Superman.”
 
Stiles fece cozzare la testa contro la parete alle sue spalle. “Ma io non voglio essere il tuo Batman, Hale.” si morse il labbro inferiore e scosse il capo. “Non lo sarò mai.”
 
Derek sospirò, lo sguardo affranto. “Perché ti ho rovinato la vita...” diede ragione a Stiles, cercando di non mostrare quanto quella confessione d'amore lo avesse reso felice.
 
“No. Amarti mi ha rovinato la vita. Quindi sì, non ti perdonerò mai, perché non riesco a smettere di essere innamorato di te, mandando all'aria qualunque relazione, qualunque passo avanti, e ragionando a volte come l'adolescente che non sono più per colpa tua.. e smettila di avvicinarti, Hale, non mi stai aiutando…”
 
Derek e Stiles erano così vicini che i loro nasi si sfioravano.
Mentre l'altro era stato immerso nel suo racconto, Derek si era avvicinato e aveva posato le mani sui fianchi di Stiles. “Perché? Pensi di baciarmi come hai fatto alla festa?”
 
Il respiro di Stiles accelerò di colpo e le guance divennero rosse di imbarazzo. “Se avessi capito che eri tu non ti avrei nemmeno rivolto la parola.”
 
Derek avvicinò i loro bacini e piegò il capo, sfiorandogli una guancia con la punta del naso. “Come pensavi di scoprirlo? Io stesso ho avuto difficoltà a riconoscerti.”
 
“Dagli occhi.” rispose, sincero. “È vero, sei più alto e muscoloso rispetto a quando eravamo dei ragazzini, ma quegli occhi verdi sono unici. Il mio ex, per esempio, li aveva leggermente più olivastri, quindi fidati perché so quello che dico: Nessun altro ha un verde come il tuo, Derek.”
 
E, se quando prima Stiles aveva confessato di averlo amato il suo cuore aveva perso un battito dalla gioia, ora che l'aveva addirittura chiamato per nome sentiva di essere prossimo all’infarto.
Stiles non si era reso minimamente conto di averlo fatto o di aver ammesso che aveva cercato in un possibile fidanzato il verde dei suoi occhi.
Derek giunse ad una ovvia conclusione, ma preferì chiedere per confermare i propri dubbi. “Li hai cercati in giro, Stiles? Hai cercato qualcuno con i miei occhi?”
 
L'altro sbarrò gli occhi, improvvisamente conscio di quello che aveva combinato, e aprì bocca per rimediare, quando Derek si mosse rapido per poterlo zittire con un bacio…
 
“Che diavolo sta succedendo qui?”
 
… una voce femminile lo bloccò sul posto, dando modo a Stiles di allontanarlo bruscamente e di voltare il volto arrossato da un'altra parte.
 
Derek osservò la rossa che li aveva interrotti, riconoscendola come Lydia Martin.
Lo stava guardando con disappunto, pronta a pestarlo ne era certo, e non smise di farlo nemmeno mentre si rivolgeva all'amico.
“Stiles, è tutto apposto?”
 
“S-sì…” balbettò l'altro, agitato e fingendo andasse tutto bene sistemando alla meglio i libri sulla scrivania. “Se ne stava andando.” disse, guardandolo.
 
Derek strinse la mascella e i pugni per sfogare la rabbia che sentiva montare e lanciò un ultimo sguardo letale verso la rossa ficcanaso. “Tornerò un'altra volta, magari quando qualcuno imparerà a leggere i cartelli di chiusura.” e si voltò per raggiungere la porta, superando una Lydia indignata che stava per rispondergli a tono, ma Stiles la fermò e lo salutò nel peggiore dei modi.
 
“Fammi un favore, Hale! Apri quella dannata porta, esci per sempre dalla mia vita, dimentica questo posto e anche di avermi rivisto, e non farti più vedere.”
 
Derek sentì un macigno piombargli al centro del petto.
Sapeva che avrebbe trovato delle difficoltà, ed era anche stato pronto ad accettarle, ma Stiles gli aveva detto delle cose che non poteva ignorare né dimenticare, per questo si voltò per controbattere. “Ti ho ferito e merito il tuo disprezzo. E sono consapevole che le mie parole non bastano a cancellare il passato né a renderlo più felice, ma tu mi hai fatto innamorare di te in mezz'ora, Stiles, solo parlandomi… e questo non posso dimenticarlo.” vide Lydia socchiudere gli occhi e guardare Stiles, che però era concentrato su di lui. “Sai perché me la prendevo con te? Perché eri come un raggio di sole, ovunque andassi regalavi allegria e io mi sentivo troppo infelice per guardarti senza stare male… quel giorno, quando ti ho chiesto un passaggio… l'ho fatto perché volevo scusarmi, volevo smettere di essere uno stronzo con te, ma non ci sono riuscito. E ti sbagli, io sono venuto in ospedale in sacco di volte, ma tuo padre non mi ha mai permesso di avvicinarmi a te, e lo capisco, davvero. Per colpa mia, stava per perdere il suo unico figlio...” lo guardò per l'ultima volta e aprì la porta del negozio. Fuori, il diluvio. “Mi dispiace. Per tutto. Anche di non essermi mai accorto dei tuoi sentimenti.”
 
 
 
 
“Di cosa diavolo parlava? Stiles?”
Stiles stava disperatamente facendo finta di sistemare dei libri sugli scaffali, tutto, pur di non ascoltare Lydia che lo seguiva come un segugio. “Gli hai detto di essere ancora innamorato di lui? E lui ti ricambia?”
 
“On, andiamo!” Stiles si voltò verso di lei, sbracciandosi mentre le rispondeva per bene. “Voleva solo chiarire e gli ho detto la verità, ma non è che abbia reagito in chissà che modo e poi dai, crede davvero che io mi beva la stronzata del colpo di fulmine?”
 
“I colpi di fulmine esistono, caro Stiles!” s’impuntò lei, battendo i tacchi dodici neri coordinati con un grazioso vestitino a fiori. “Non lascerò che la parte acida di te distrugga una realtà come questa! Se ha detto di essersi innamorato, allora è innamorato!”
 
Stiles spalancò la bocca. “Ma da che parte stai?” sbottò, guardando la sua amica con delusione. “Ti ricordi chi è Derek Hale? O vuoi dare un'occhiata alla cicatrice sul mio osso sacro per ricordarti di chi stiamo parlando?”
 
“Non ce n’è alcun bisogno.” Gesticolò lei, imitando il comportamento agitato di Stiles e riprendendo a rincorrerlo, dato che lui aveva ripreso a risistemare. “Derek Hale è il ragazzo del quale ti sei innamorato a prima vista il primo giorno di liceo. Lo hai definito un vero e proprio colpo di fulmine! Che strano, eh?”
 
Stiles alzò gli occhi al cielo e mise due volumi di una fila in alto dello scaffale delle narrative. “Ero un moccioso che non sapeva di quale lupo scorbutico si era invaghito!”
 
“Per lui, ti sei iscritto alla squadra di lacrosse, anche se eri totalmente impedito negli sport, per poter avere l'opportunità di vederlo nudo sotto la doccia in modo da farti delle belle seghe, una volta rimasto l'ultimo negli spogliatoi.”
 
“Dio! È successa una sola volta e avevi promesso di non tirare più fuori quella storia!” l'altra rise e alzò le mani e Stiles continuò a camminare.
 
“È il Derek Hale che hai visto piangere disperato sulle bare dei genitori.. perché conoscevi il medico che si era occupato delle salme e avevi chiesto di dare una mano… lo stesso Derek che hai consolato per tutta la notte, ma che lui non ne ha memoria perché alla fine ha avuto un crollo nervoso e ha cancellato quei momenti per lui così tristi…” Stiles si fermò con un volume di saggistica tra le mani, in punta di piedi, pronto a rimetterlo al suo posto. Rivolse gli occhi al vuoto. “... mi ricorda tanto qualcuno, che quando ha perso la madre ha avuto un attacco di panico così forte da dimenticare tutto il funerale.”
 
“Lyds…”
 
“È lo stesso Derek Hale che ha cominciato a prenderti in giro e a seguirti ovunque, usandoti come sacco da box emotivo e scaricando su di te la sua rabbia, ma che tu non hai mai fermato perché avevi impressa nella mente l'immagine del suo volto disperato…”
 
“Lyds!” la guardò di nuovo e digrignò i denti. “Cosa speri di ottenere con questo viaggio nel tempo? Fino a stamattina eri pronta a picchiarlo se solo lo avessi incontrato per strada! Cos'è cambiato da allora?”
 
“È cambiato che non sapevo che Derek fosse innamorato di te e si sentisse in colpa per tutto! Quel Derek che tu hai difeso fino alla fine, che non hai mai incolpato di nulla senza mai degnarti di spiegarmi il perché!”
 
“Vuoi sapere perché non l'ho mai incolpato di niente? Bene, te lo dico.” mise i libri che ancora aveva in mano su un ripiano e fronteggiò l'amica. “Perché dopo l'incidente, mentre aspettavamo l'ambulanza, ad un certo punto mi sono svegliato. Ho aperto gli occhi e Derek era su di me e mi stava supplicando di non morire. Di perdonarlo. Che non voleva altro che ricominciare.”
 
Stiles non aveva mai dimenticato le sue parole, frammentate e quasi incomprensibili a causa del pianto.
 
“Ti prego, ti prego, ti prego, Stiles!... Io non volevo tutto questo… il passaggio in macchina era una scusa per parlare con te e per.. ti prego, non morire, non farlo, non lo meriti, non per colpa mia… Stiles, Stiles, ti prego… ti prego, non ne me ne frega niente di finire in prigione, non m’importa, voglio solo che tu viva, ok? Non morire, non così… Stiles…”
 
Derek lo aveva smosso per tutto il tempo, Stiles ricordava ancora le sue mani tremanti che lo toccavano ovunque, che tentavano di salvarlo.
 
“Derek era solo un ragazzo ferito che aveva fatto degli sbagli. Non meritava di finire in prigione e io lo amavo troppo ed ero troppo stupido.”
 
“Quindi gli hai buttato addosso tutto il veleno che avevi in corpo e poi lo hai mandato via anche se lo ami ancora e lui ti ricambia?”
 
Stiles sospirò, esausto.
Lydia non avrebbe mai capito quanto era difficile per lui aver rivisto Derek Hale.
Prima della festa, si era augurato che quel ragazzo spaventato e rabbioso avesse trovato il suo cammino, una buona moglie e una situazione stabile.
Non desiderava altro per lui, ma lo aveva incontrato dopo anni, bello più che mai e si erano ritrovati attratti l'uno dall'altra senza nemmeno essersi riconosciuti ed avevano parlato, rivelando le loro comuni mancanze.
Stiles aveva avuto una sola storia, finita malissimo tra l'altro, con un ragazzo che gli ricordava Derek ed era difficile digerire che il Derek del presente non assomigliasse affatto all'uomo che aveva deciso di sposare per sistemarsi e vivere tranquillo.
Il Derek con il quale aveva parlato aveva avuto molte storie con diverse donne, prima di trovare il coraggio di ammettere di preferire gli uomini, e poi solo due storie entrambe brevi.
Aveva un buon lavoro in un laboratorio analisi e lui e la sorella avevano due appartamenti vicini.
 
Incredibile come non si siano resi conto di conoscersi.
A volte il cervello agiva davvero in maniera incomprensibile e si rifiutava di analizzare i fatti in maniera logica, lasciando il lavoro sporco al cuore, troppo inesperto per uscirne vincitore.
 
“She said : Where’d you wanna go? How much you wanna risk? I’m not looking for…”
 
“Lydia!!” Stiles troncò sul nascere quel canto ingannatore di quella sirena rossa. Non voleva più sentire quella canzone!
 
“Oh, ma per favore! Non ascolterò mai più quella canzone senza ripensare a voi due! Ricorderò per sempre il modo in cui vi siete guardati, come ti ha invitato tra le sue braccia e il modo in cui vi siete baciati, oh! Eravate così cariniiii….”
 
Stiles si massaggiò il naso, cercando di rilassarsi. “Lo ha fatto apposta.”
 
“Te lo ha detto lui?”
 
“No.”
 
“Ti ha riconosciuto?”
 
“No.”
 
“Allora resto fedele alla mia idea.”
 
“E cioè quale?” inveì, esasperato. “Illuminami, ti prego, visto che quando siamo tornati a casa mi hai detto che dovevo stare tranquillo perché non mi aveva riconosciuto e che in caso contrario ci avresti pensato tu!”
 
L'altra sembrò illuminarsi. “A proposito, come ha fatto a trovarti?”
 
Stiles mosse una mano in aria. “A quanto pare Erica conosce anche lui.”
 
“Erica?”
 
“Già, Erica.”
 
Seguirono sei secondi di silenzio, poi Lydia sorrise. “Ricordami di ringraziarla.”
 
Stiles lasciò cadere le braccia, esalando sonoramente. Ecco perché preferiva gli uomini!
Le donne erano sempre incostanti nei discorsi e lo facevano impazzire. “Allora, la tua idea?”
 
“Ah, sì!” Lydia lo abbracciò, carezzandogli la schiena con fare materno e gli parlò dritto all'orecchio. “Ribadisco quello che ti ho detto l'altra sera, Stiles… tu meriti un ragazzo come Derek. Ha sbagliato, ma è pronto a rimediare ai suoi errori e a superare le difficoltà di una vostra possibile storia, per stare con te. Mi sono nascosta dietro la porta quando l'ho visto entrare, per agire in caso le cose fossero andate male, e non ti nascondo che sono rimasta colpita. Derek Hale è più umile di quanto pensassi e si è preso una bella cotta per te. Dovresti rischiare e buttarti, Stiles, e questa volta sono dannatamente seria.”
 
Stiles Stilinski doveva dar ragione a Lydia Martin.
Lui si era sfogato come sognava da anni e Derek aveva accettato ogni parola.
Ora però, dopo aver gettato fuori tutta quella rabbia repressa e si sentiva meglio, avvertiva che le parole di Lydia erano vere.
 
Per anni aveva amato Derek e si era rassegnato a vedere il suo amore rimanere non corrisposto e adesso invece aveva la possibilità di stare con lui, se non avesse colto quella possibilità al volo lo avrebbe rimpianto tutta la vita.
Avrebbe discusso con suo padre della sua decisione di nascondergli le visite e, se sarebbe andata bene e sarebbe durata, lo avrebbe aiutato ad accettare la loro relazione.
Relazione che non poteva nascere se non si decideva a fare il passo successivo e a parlare di nuovo con Derek.
Diede un dolce bacio sulla fronte della sua migliore amica. “Dici che è ancora qui fuori?”
 
Lei sorrise, appoggiando una guancia sul suo petto. “A giudicare dai fari che vedo accesi nel parcheggio, direi di sì.”
 
Stiles le passò le dita tra i capelli, accarezzando l'intera chioma setosa. “Ha detto che vuole essere il mio Superman.”
 
“Sì, l'ho sentito. E tu sai già cosa rispondergli, vero?”
 
Stiles allargò ulteriormente il suo sorriso, le diede un altro bacio e uscì dalla libreria.
 
Cavolo, quanto pioveva!
Era rimasto impalato davanti all'ingresso per solo 30secondi ed era già fradicio.
Corse per il parcheggio, raggiungendo con poco l'auto nera - l'unica presente, ad eccezione di quella di Lydia nel retro - e prese a bussare con forza contro la portiera del guidatore.
Quando il finestrino si abbassò, producendo un ronzio sordo, gli scappò una risatina: Derek lo guardava allucinato e i capelli erano in disordine, segno che se li era torturati per tutto il tempo che era rimasto in auto.
“Perché sei ancora qui?” gli chiese e Derek lo guardò confuso.
 
“Tu perché sei qui, Stiles?”
 
Sorrise e alzò la testa al cielo, sentendo le gocce fredde sul viso, strizzando gli occhi e guardando poi Derek con speranza. “Voglio essere il tuo Batman.”
 
Ecco fatto, l'aveva detto, ora doveva solo aspettare la sua riposta.
 
Derek l’osservò per un tempo incalcolabile, prima di scendere dalla macchina con gesti frettolosi.
Richiuse la portiera con un tonfo, afferrò Stiles per la maglietta zuppa, ce lo sbatté contro e si tuffò sulle sue labbra per il bacio più bagnato della storia.
 
Stiles si aggrappò a lui, incurante della pioggia, rispondendo e abbandonandosi completamente a quello che d'ora in avanti, lo sentiva, sarebbe stato il suo Superman per sempre.
 
Oh, sì… era proprio questo ciò che aveva sempre voluto…
 
 
“Oh, I want something just like this…”
 
 
The End
 
 
  
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