Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Conodioeamore    02/07/2017    0 recensioni
Non è facile vivere in una famiglia che ti guarda ogni giorno come se fossi un pericolo. Un fratellastro talmente odioso che ti bullizza sempre. Una madre che ogni volta che posa lo sguardo su di te è per ricordarti che sei frutto di una notte passata con un angelo nero. Eppure, questa è la mia famiglia. Sono angeli dalle bianche e candide ali, hanno successo in qualsiasi cosa facciano, mentre io no. Per questo motivo, verrò sempre guardata con disprezzo da loro, perché non sarò mai quello che sono loro: un angelo bianco.
Il mio nome è Senja, che in greco antico sta a significare un'estraneo. Ed è proprio quello che sono io: un'estranea in una famiglia di angeli. In un certo senso è ironico, non siete forse d'accordo con me?
© (Copyright 2015 by Martina Carlucci)
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Quel pomeriggio, tornammo a casa insieme come non facevamo da tanto tempo. Alla fine delle lezioni, Mickael era venuto fuori la mia classe a prendermi, quando uscimmo dall'aula, mi accorsi che c'era Beatrix che manifestava felicità da tutti i pori della pelle, ma appena vide Micka che mi teneva la mano, si rabbuiò in un nanosecondo. Provai un'immensa gioia nel portarle via tutta la felicità, anche se non riuscivo a spiegarmi bene il motivo. Mi voltai a guardare mio fratello, l'angelo più splendente di tutti: Mickael; anche lui si girò nella mia direzione e mi accennò un sorriso. Attraversammo il giardino con gli occhi degli angeli su di noi, secondo loro, stavamo facendo qualcosa che molto presto avremmo rimpianto per sempre. È sbagliato che due angeli così diversi si vogliano bene? Quella domanda mi assillava per tutto il tragitto di ritorno verso casa e avevo l'impressione che non avrei trovato tanto facilmente una risposta. Era mio fratello ed io mi sentivo così attaccata a lui in un modo che non mi riuscivo nemmeno a spiegare. Perché, da quel giorno, avevo l'impressione che ci fosse ben altro ad unirci, oltre al vincolo di sangue. Quando varcai la porta di casa, ebbi la sensazione di non metterci piede da secoli. Non mi ritenevo capace di andarmene via, invece lo avevo fatto. Non mi sentivo in colpa o cose del genere, stare da Gage mi aveva fatto bene; avevo avuto il tempo di schiarirmi le idee, perché ultimamente avevo troppi pensieri che mi frullavano per la testa. Poggiammo le borse sul mobile accanto alla porta e ci dirigemmo verso la cucina. Ero sola con lui, i nostri genitori non c'erano. Micka mi aveva detto che erano andati a parlare con gli Anziani per via di Michele. Stando alla spiegazione di mio fratello, l'Arcangelo aveva esagerato con me. Dal frigorifero presi il succo all'arancia rossa e lo versai dentro un bicchiere. Mickael si era appoggiato al tavolo in marmo, con le braccia conserte e fissava ogni mio movimento. Mi posizionai difronte a lui e lo fissai a mia volta, cercando di capire che cosa avesse in mente. Nulla. I suoi pensieri erano inaccessibili, qualcosa era cambiato. Lui era cambiato. Non era più il dolce bambino dagli enormi occhioni azzurri e ricci capelli biondi che quando sorrideva era capace di illuminarti le giornate, ora era, in qualche modo, più oscuro benché conservasse ancora quella sua "purezza" d'animo. «Non mi sembra vero che sei difronte a me» mi disse, dopo aver alzato lo sguardo verso il soffitto. Quando sentii quelle parole, per poco non mi strozzai con il succo d'arancia. Non ero del tutto sicura che fosse veramente lui, insomma per tutti quegli anni avevo sentito la voce dell'Arcangelo non di mio fratello. Mickael aveva una voce completamente diversa: era dolce ed armoniosa. «Be', sono proprio qui.» Non sapevo cosa dire, era come essere due perfetti estranei. «Sei cresciuta, dall'ultima volta che ti ho vista.» Mi rifiutavo di ammetterlo, ma quando sentii quelle parole mi dovetti convincere. Volevo sapere quanti anni erano passati da quando Michele si era impossessato del suo corpo e della sua mente. Avevo letto in un libro che quando un angelo più potente decide di prendere il corpo di un altro angelo di rango inferiore, questi si addormenta mostrando solo - e a volte - i propri sentimenti; proprio come era capitato in alcune circostanze. «Quanto tempo è passato? Insomma, qual è il tuo ultimo ricordo?» gli domandai, posando il bicchiere dentro il lavandino. Micka si rabbuiò, non curandosi di quello che mi trasmetteva. «Il mio ultimo ricordo è il giorno del tuo decimo compleanno.» Mi avvicinai a lui e gli saltai praticamente addosso, stringendolo forte a me. Era da tanto tempo che desideravo farlo, solo che il precedente coinquilino non me lo avrebbe mai permesso. Inizialmente, Micka parve sorpreso, poi però mi abbracciò a sua volta, affondando il viso nei miei capelli rosso fuoco. «Mi sei mancato tantissimo» gli confessai, respirando il suo fresco profumo. «Non hai idea di quanto ho desiderato abbracciarti, sorellina.» Non potevo certo negare che non mi fosse mancato, avevo sognato da tanto tempo di poterlo riabbracciare un giorno. Il problema era che non sapevo più come comportarmi con lui. † Ero in camera mia a fare i compiti per il giorno dopo, diciamo piuttosto che provavo a concentrami senza successo. La mia testa era da tutt'altra parte. Sdraiata sul letto, sfogliavo il libro di algebra cercando di capirci qualcosa degli argomenti che aveva spiegato il professore la mattina a scuola. Solo che mille domande mi fluttuavano per la mente, come ad esempio cosa sarebbe successo d'ora in avanti in famiglia, come si sarebbe comportato d'ora in avanti nei miei confronti ed altre domande di cui la maggior parte erano come vicoli ciechi. Solo il tempo mi avrebbe dato una risposta. Sentii un ticchettio provenire dalla porta accostata. Sbuffai rumorosamente, mentre richiudevo il libro di algebra. «Micka, non aver paura ad entrare, non mordo.» La porta emise un cigolio alquanto inquietante, come quelli che si sentono nei film dell'orrore, solo che non comparve un mostro dalla faccia deturpata, ma un angelo – uno dei più belli, tra l'altro. «Scusa, è che avevo paura di disturbarti.» Mi lasciai sfuggire una risata, che sembrò non prendere bene. «Non ti sei mai fatto problemi ad entrare nella mia stanza, non vedo motivo per cui lo debba fare ora.» Sono stata con un totale sconosciuto per troppi anni, avere mio fratello proprio davanti ai miei occhi fu una sensazione strana. Mickael si avvicinò al letto, sedendosi accanto a me. Sembrava imbarazzato, anche se non riuscivo a capirne il motivo. Insomma, ora era di nuovo lui, per cui... «Come dovremmo comportarci?» mi domandò, iniziando a girarsi i pollici. Mi tirai su, poggiando il peso sulle ginocchia. «Perché non appena ti ho vista, oggi a scuola – quando ero di nuovo me -, non ci ho capito più niente. Insomma, avevo davanti la mia amata sorellina che avevo continuato a ferire da anni, non curandomi di cosa potesse provare.» Mickael si girò a guardarmi con quei suoi penetranti occhi azzurri. «Mi dispiace che tu abbia passato tutto questo, ma non abbasserò mai la guardia. Michele potrebbe tornare e distruggermi, sappiamo entrambi che nutre un odio profondo per quelli come me.» «Sen... lui non odia te. Odia il fatto che io ti ami» disse, interrompendomi. Mentre diceva quella frase, mi aveva poggiato un dito sulle labbra, iniziando ad accarezzarle. Mio fratello. No. Era sbagliato, però non m'importava. Niente contava, non più ormai.
   
 
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