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Autore: TaliaAckerman    03/07/2017    1 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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20








Estel sembrava splendere, accesa dalla fredda luce di prima mattina. I tenui raggi del sole fendevano l'aria rendendo visibili i minuscoli granelli di polvere che la infestavano. Ombre allungate venivano proiettate dagli edifici in pietra che sorgevano ai lati delle stradine lastricate, in un reticolato suggestivo quanto arduo da percorrere.
Nonostante la cartina della città che reggeva in mano, Gala non aveva idea da che parte cominciare per tracciare l'itinerario che l'avrebbe condotta a casa dei suoi genitori. Aveva spedito un gufo alla volta di Estel il giorno prima di partire, ma non era del tutto sicura che fosse riuscito a giungere a destinazione, o almeno, non ancora. In ogni caso, era improbabile che i suoi genitori, consapevoli o no del suo arrivo, avessero mandato qualcuno ad accoglierla per darle il benvenuto nel Bianco Reame.
Aveva attraversato la catena montuosa dei Gharlani impiegando ben cinque giorni; poco c'era mancato che non riuscisse a trovare una guida che l'accompagnasse attraverso gli stretti sentieri e strade ferrate che fungevano da tramite tra il Bianco Reame e il resto del continente. La stagione invernale era alle porte e molti passi erano già sepolti dalla neve. Il pericolo di rimanere bloccati in una bufera o seppelliti da una slavina aumentava giorno dopo giorno. Alla fine, Gala era riuscita a trovare un thariano nativo di Zerla abbastanza temerario da sfidare la pericolosità del tragitto, o forse semplicemente allettato dalla succosa retribuzione offerta dalla giovane strega.
I Gharlani erano la catena più estesa di Fheriea e - nonostante il primato in altezza spettasse al Monte Erzeck del Massiccio Centrale - comprendeva il maggior numero di vette che superassero i cinquemila metri. Un'ulteriore muraglia naturale che dividesse la Gente Bianca dagli altri popoli dell'isola. Gala aveva riflettuto molto sulla decisione di partire o meno, e alla fine aveva deciso di rompere gli indugi. Non era mai più stata nella propria terra natia - se non per il fulmineo recupero della Pietra Viola - e non la ricordava affatto. I suoi genitori vi si erano trasferiti pochi anni prima e lei non aveva idea di cosa avrebbe significato rincontrarli. Così come non sapeva cosa aspettarsi dalla nazione in sé, i cui usi e costumi, lo sapeva, erano profondamente diversi da qualunque altro nell'Isola.
L'unico ricordo del viaggio compiuto quasi dieci anni prima con i suoi genitori era un sottile ciondolo con un pendente che recava incastonato un minuscolo arelath, pietra lucida e giallastra di cui le miniere nelle profondità dei Gharlani erano ricche. L'aveva indossato prima di partire, tirandolo fuori dal cassetto in cui l'aveva seppellito e avendo cura di nasconderlo sotto i vestiti. Forse sperava che, nel vederla indossare quell'antico regalo, i suoi genitori si sarebbero inteneriti almeno un poco.
La ragazza aveva una mezza idea di domandare loro di ospitarla per qualche giorno, nel tempo che avrebbe impiegato per decidere come comportarsi. Ancora non sapeva se avesse o meno intenzione di trasferirsi lì in modo permanente - di sicuro se l'avesse fatto avrebbe avuto bisogno di tornare a Grimal per radunare tutti i propri averi che erano rimasti a casa di Camosh. E, soprattutto, avrebbe dovuto avvisare e salutare degnamente Jel, anche se temeva terribilmente il giudizio che il mago avrebbe potuto formulare su di lei. Era per questo che in quelle settimane aveva cercato disperatamente di non pensare a lui, soprattutto nel momento in cui aveva deciso di partire per il Bianco Reame.
Si mosse per le vie della capitale pressoché a tentoni. Cercando di orientarsi con la mappa della città che aveva in mano, si diresse verso il centro: era sicura che i suoi genitori non si sarebbero presi la briga di acquistare una casa ad Estel a meno di trovarne una nella zona più prestigiosa della città.
Da buona straniera ignara, si rivolse a diversi passanti per chiedere informazioni.
- Se ha un attimo di tempo, avrei bisogno di sapere se conosce Steff e Grianna Sterman - disse gentilmente ad una giovane donna che usciva in quel momento da un'abitazione situata sotto un porticato. Questa la guardò con aria altezzosa. - Non siete di qui vero? Mi dispiace, ma ho da fare. Non conosco nessuno con questi nomi.
Naturale, pensò la strega con una stilettata di fastidio. Estel contava quasi ventimila abitanti, se avesse impiegato quel metodo avrebbe impiegato giorni a trovare i suoi genitori.
Continuò così per un'altra decina di minuti, avvicinandosi man mano alla piazza in cui sorgeva la reggia del Bianco Reame, quel giorno resa coloratissima dall'allestimento del mercato urbano. Il più delle volte i passanti risposero alla sua richiesta d'informazioni redarguendola con occhiate diffidenti, o la apostrofarono sostenendo di essere in ritardo per qualche ignota destinazione e di non sapere di cosa stesse parlando. Fu proprio mentre cominciava a chiedersi se tutta quella storia non fosse stata solo un madornale errore che la sua pazienza venne premiata. Un uomo di mezza età che stava in piedi dietro una bancarella di farinacei si rivolse a lei con inedita gentilezza: - I coniugi Sterman?
Il cuore di Gala le balzò in gola. - Sì - confermò facendosi largo verso di lui. - Grianna e Steff Sterman, li conosci?
- Vengono spesso a comprare il pane da me, quando il mercato si sposta a Estelian.
- Estelian? - ripeté la ragazza sbalordita. - Vuoi dire che non abitano qui?
Il panettiere rispose con un sorriso. - Devi venire da molto lontano, ragazzina. Estelian è solo un sobborgo a meno di un'ora dal centro della città.
- In che direzione?
- Sud-est. Segui quella strada senza imboccarne di secondarie - e indicò una delle quattro vie maggiori che si snodavano a partire dalla piazza.
- Grazie! - esclamò Gala voltandosi e affrettandosi nella direzione indicata. - Grazie di cuore!


Facendosi coraggio, Gala bussò alla porta con tre colpi decisi.
Una risposta si face attendere a lungo, finche la ragazza fu quasi tentata di voltare le spalle alla dimora dei suoi genitori e arrendersi.
Ma un attimo prima che mettesse in atto tale proposito, la porta d'ingresso si aprì senza far rumore. Davanti a lei c'era un donna poco più che quarantenne, dal viso morbido ma l'espressione severa. Lunghi e bellissimi capelli bicolori le scendevano sulle spalle: ciocche lillà si mischiavano e sfumavano in altre color castano chiaro, retaggio delle sue origini mezzosangue.
- Sei tornata, dunque - il tono di sua madre non era proprio quello di un comitato di benvenuto. Sembrava a metà strada tra il rimprovero e l'osservazione tagliente, non una novità per lei: Grianna era sempre stata una madre e una donna esigente, non tanto per ciò che si aspettava da lei, quanto piuttosto per il suo modo di porsi con tutto ciò che riguardava il mondo che la circondava. Era così intimamente fiera da andarsi bene così, e si aspettava che anche gli altri si ponessero i fermi principi che aveva stabilito per se stessa. Rigore, serietà, impegno. E il totale disprezzo verso qualunque cosa riguardasse la magia. Il nostro continente è sorto sulle ceneri di una civiltà che, nel perderla, ha perso tutto. Toryma e i suoi discendenti, Tarth Merafs... hanno ricostruito questo mondo, e lo hanno fatto senza Magia. Erano parole che Gala aveva udito così tante volte, sempre in una formula leggermente diversa. Grianna le aveva pronunciate anche nel momento il cui la ragazzina aveva annunciato di voler intraprendere un'istruzione nell'arte della stregoneria.
I suoi genitori non erano contrari alla sua decisione di entrare in politica. Semplicemente, avrebbero desiderato che lo facesse rimanendo una persona normale.
- E hai fatto carriera, da quanto ho sentito. Hai girato l'intera Fheriea, hai sfidato la Ribellione...
- Sai della nostra missione? - chiese Gala senza riuscire a mascherare la sorpresa.
Sua madre le rivolse uno sguardo torvo, poi tornò al suo lavoro. - Avresti potuto morire. Credi che mi fossi dimenticata di te? Il maestro Camosh mi ha tenuta aggiornata sui tuoi riguardi per degli anni. Ma è da tanto che non ricevo sue notizie.
- Il maestro Camosh è morto, mamma - sussurrò lei. Le parole di Grianna l'avevano profondamente stupita. Aveva sempre pensato che, fra le altre cose, i suoi genitori si fossero trasferiti così lontano anche per dimenticare lei e la delusione che era stata per loro.
- Oh - la donna non cambiò espressione. - Mi dispiace molto. So che era come un padre per te.
Gala quasi non riusciva a credere che la persona con cui stava parlando fosse colei che l'aveva tenuta in grembo per nove mesi e che l'aveva accudita nei suoi primi anni di vita. Grianna sembrava un'estranea, così come il modo in cui le aveva appena parlato.
Ce l'ho già un padre, avrebbe voluto rinfacciarle. E forse non avrei avuto così tanto bisogno di Camosh se lui fosse stato presente nella mia vita!
Stava per farlo, forse, quando sua madre riprese a parlare: - Sei qui per chiederci di tornare a vivere con noi, non è così?
Quelle parole smorzarono del tutto l'enfasi che stava infiammando la giovane strega, facendole realizzare che era il momento di dire qualcosa che mai si sarebbe immaginata. Un mea culpa.
- Avevi ragione, madre. Avevate ragione. Su di me, sulla Magia, su tutto. Mi ha portato solamente guai e dolore.
In un solo vorticoso istante, tutto il peso di quelle parole si ritrovò a gravare su di lei in modo quasi insostenibile. Era come se stesse rinnegando se stessa, tutto ciò in cui aveva creduto. Senza contare della ferita terribile al suo orgoglio che si era appena auto inflitta. Dopo aver dato sfogo - ed essere stata fiera - della propria testardaggine, dopo che per anni aveva pensato di avere la meglio sul mondo intero, eccola lì, ad ammettere di aver sbagliato e a tornare a casa come un cane che si ripresenta guaendo dai padroni, a capo chino.
Per la prima Grianna sembrava sinceramente colpita dalle sue parole.
- Steff non arriverà prima di stasera - disse solo. - Ne parleremo quando sarà qui.
Si mosse verso di lei ma, nel momento in cui sembro stesse per superarla per dirigersi in un'altra stanza, si fermò di colpo e, prima che Gala potesse rendersene conto, si ritrovò fra le sue braccia.
Non fu come se tutti quegli anni non fossero mai passati, non fu una sorta di dichiarazione di pace, non risolse in alcun modo tutti gli attriti che c'erano stati fra di loro, ma fu qualcosa. Un sottile filo di affetto.
- Per ora sistema pure le tue cose nella mansarda - le disse a bassa voce.
Mentre sua madre si separava da lei per uscire davvero dalla stanza, Gala si ritrovò a studiare i particolari della casa a bocca aperta, pervasa da uno strano senso di curiosità. Trovò subito una graziosa scala a chiocciola e la risalì, portandosi al primo piano. Diede un'occhiata in giro e appurò che li dovessero trovarsi la camera dei suoi e una stanza che, oltre ad essere colma dei libri che gli Sterman si erano portati dietro da Grimal, doveva fungere anche da studio per suo padre Steff. Non si era neanche informata su che professione svolgesse in nella nuova città...
Pensando che in seguito non le sarebbe dispiaciuto trascorrerci del tempo, la giovane individuò una botola lignea nel soffitto di pietra. La scala a chiocciola si interrompeva al primo piano, sostituita da un più rude scala a pioli.
Depositando la propria sacca da viaggio a terra, Gala raggiunse la botola, fece scattare la serratura e la aprì. Una nuvola di polvere le si riversò sul viso facendola starnutire.
Si issò nella mansarda aspettandosi di trovare un ambiente sporco e quasi abbandonato, ma rimase piacevolmente sorpresa.
Il sottotetto era alto quanto bastava per permetterle di ergersi in piedi, e l'ombra della stanza smorzata dalla presenza di due finestre oblique scavate nel tetto. Ce n'era anche una terza, tonda e ornata da sottili tende ricamate. In un angolo, qualche baule mezzo pieno di vestiti vecchi e suppellettili dimenticati. A ridosso della parete di fondo c'era persino un materasso di piume.
Gala avvertì il magone crescere dentro di lei, finché una lacrima non spuntò all'angolo del suo occhio sinistro. Forse sua madre, nel profondo, aveva sperato che un giorno Gala rinunciasse a tutto e tornasse da lei.
La ragazza sorrise lievemente, poi si riaffacciò all'apertura nel pavimento e attirò a se con la Magia la sacca che si era portata dietro.

                                                                    ***

UNA SETTIMANA DOPO


La sua affittuaria era una donna sui sessant'anni, appesantita dall'età ma ancora energica. Si chiamava Elsa Erisyn ed era una perfetta rappresentante dei caratteri somatici della Gente Bianca: occhi di un azzurro limpido, pelle candida sgualcita da qualche ruga agli angoli degli occhi e della bocca, capelli fini e di un viola così acceso da far sembrare quelli di Gala quasi grigi. Era tipico delle persone che si avviavano verso l'età della vecchiaia: i capelli, invece di ingrigirsi, si tingevano piuttosto di tonalità più scure.
Elsa aveva deciso di affittare stanza per stanza dell'edificio che i suoi genitori le avevano lasciato in eredità: suo marito era morto per malattia pochi anni prima, e lei non sapeva che farsene di una casa così grande. In verità, aveva aggiunto avvicinando la bocca all'orecchio di Gala, temeva che l'avrebbe colta una malinconia troppo grande nel vivere da sola nello stesso luogo che aveva visto morire prima sua madre, poi suo padre e infine il marito Nerion.
Gala non aveva avuto nulla da ridire, anzi, era stata lieta di trovare un posto non troppo impegnativo dove stabilirsi: la propria stanza si trovava al secondo piano, era ampia e arieggiata, e come se non bastasse Gala non aveva nemmeno avuto bisogno di arredarla: Elsa aveva lasciato al loro posto la maggior parte dei mobili. Uno splendido specchio posto sopra la cappa del camino aveva subito attirato l'attenzione di Gala: era così ampio da occupare l'intera superficie di pietra, impreziosito da una splendida cornice composta da arabeschi di rame ossidato.
Con sua madre e suo padre aveva concordato che sarebbe tornata a vivere con loro solo nel momento in cui si fosse trovata un lavoro lì in città. Un trattamento decisamente freddo da parte loro - cos'altro avrebbe dovuto aspettarsi? - ma ora Gala constatava che vivere da sola non era poi così male. Le piaceva l'autonomia che quello stile di vita le imponeva: un altro passo verso la maturità, verso l'età adulta. E lei sperava che quello fosse lo scoglio oltre il quale sarebbe finalmente riuscita a divenire più salda e coriacea, arrivando a dimenticare, o almeno ad accettare, tutto ciò che era successo nell'anno precedente.
Per quanto riguardava il lavoro, la ragazza era rimasta affascinata dalla quantità di intrugli ed erbe essiccate in bella mostra nella bottega dello speziale, convincendosi che fargli d'assistente poteva essere un buon inizio per lei. Incoraggiata dalla propria conoscenza e abilità negli incantesimi curativi, si era presentata alla bottega domandando se per caso ci fosse il bisogno di un aiuto.
Ma Raioh Fern, il titolare, aveva smorzato il suo entusiasmo presentandole il ragazzo che già occupava quella mansione. Quando Gala aveva timidamente avanzato la proposta di preparare antidoti e simili anche grazie all'aiuto della magia, Fern si era alterato non poco.
"Hai letto l'insegna, ragazzina? Sono uno speziale, vendo medicine, non rimedi magici. Per quanto voi maghi possiate pensare di avere sempre tutto sotto controllo, è mio compito adoperarmi affinché si possa salvare una vita anche senza ricorrere a pratiche di stregoneria."
Gala gli aveva fatto notare che, nel Bianco Reame, ogni famiglia in media poteva contare su almeno un membro che praticasse la Magia. L'uomo aveva reagito sbattendole la porta in faccia.
Piuttosto adirata, Gala aveva fatto per voltare le spalle alla bottega, quando il giovane apprendista, probabilmente impietosito, aveva fatto capolino dietro di lei richiamandola. "Reioh non è l'unico speziale in circolazione. Ce n'è un altro nel Nord della città. Da quello che ho saputo il suo aiutante si è ammalato qualche mese fa, e non so se si riprenderà. Potresti provare da lui."
Colta alla sprovvista da quell'inaspettato atto di premura, Gala aveva domandato se poteva essere più preciso, ed era riuscita a farsi una vaga idea di dove potesse trovarsi tale bottega.
Ed era lì che si stava dirigendo in quel momento.
Stava giusto svoltando per immettersi in un corso appena dietro la piazza centrale, quando qualcosa attirò la sua attenzione: sul lato destro della strada, proprio davanti ad un ingresso sotto il modesto colonnato - i portici erano una costante ad Estel - era stato allestito un bancone in legno rudemente lavorato; si vedeva che era stato allestito in maniera frettolosa e poco professionale, motivo per cui Gala rimase di stucco nel leggere l'insegna appesa sopra la porta alle sue spalle:
"Arruolamento volontari per l'Esercito delle Cinque Terre".
Ma fu nel posare lo sguardo su uno dei due uomini seduti dietro il banco che il cuore di Gala perse un battito. Jack Cox.
Istintivamente, la ragazza si ritrasse nascondendosi dietro una colonna di pietra dall'altra parte della strada. Che cosa ci faceva Jack ad Estel, in rappresentanza delle Cinque Terre? Non era un membro del suo esercito. Se non ricordava male, aveva detto a lei e a Jel di essere un luogotenente del Lord di Rocca Tarth.
Non aveva alcuna intenzione di venire riconosciuta. Il capitano ariadoriano aveva dimostrato di possedere l'innata capacità di metterla in imbarazzo fin dal primo momento, qualità che era aumentata a dismisura da quando le aveva salvato la vita nella battaglia che avrebbe portato alla conquista di Hiexil da parte dei Ribelli.
Di sicuro, non si sarebbe fatta vedere da lui lontana dal fronte e in fuga da tutto.
Si sporse dal proprio nascondiglio improvvisato e guardò meglio. In un attimo si chiese come avesse potuto essere così stupida da scambiare quel ragazzo per Jack Cox. A occhio e croce sembrava essere più basso di una decina di centimetri, e decisamente più giovane. Sul volto aveva una spruzzata di lentiggini, niente di più lontano dal volto indurito dal sole di Jack.
Lievemente sollevata, e sentendosi all'improvviso curiosa, uscì allo scoperto e si avvicinò al banco.
- Che ci fanno due ariadoriani a reclutare uomini dall'altro capo del continente? - domandò cercando di apparire disinvolta.
Uno dei due si limitò a ridacchiare senza alzare il capo dai documenti che stava studiando, mentre l'altro, il fasullo Jack, le rivolse un'occhiata canzonatoria.
- Non hai letto l'insegna? - era la seconda volta in un'ora che le veniva posta quella domanda - Non arruoliamo volontari per l'Ariador, ma per le Cinque Terre.
- Direi che la cosa non sta andando bene allora - rispose lei accennando alla lista - poco nutrita - di firme già raccolte.
Il ragazzo sembrò irritarsi. - Senti, cara - esordì - Non so chi tu sia, e non so cosa tu ci faccia qui, ma abbiamo da fare. E a meno che tu non voglia arruolarti, cosa che ritengo improbabile, noi due non abbiamo niente da dirci.
- Quindi un membro del Gran Consiglio non ha il diritto di interrogare dei membri dell'Esercito delle Cinque Terre?
Per la seconda volta, la reazione dei due uomini non fu quella che si sarebbe aspettata. Il giovane davanti a lei scoppiò direttamente a ridere, mentre l'altro, che poteva avere sì e no quarant'anni, la squadrò con ilarità prima di parlare.
- Non ci senti, consigliera? Noi non facciamo parte dell'esercito, lavoriamo solo per loro.
Non le credevano, era evidente. Ma ora che - completamente a caso - si era buttata in quel confronto, voleva uscirne vincitrice. Uno sprazzo del suo antico ardore, della sua vitalità.
- E voi perché siete qui, invece di combattere per la vostra terra?
Era una domanda che si sarebbe potuta rivolgere anche da sola, come si rese conto in una manciata di secondi.
Le loro espressioni si incupirono. Il ragazzo si alzò di scatto, appoggiandosi con forza al piano del tavolo.
- Hai mai visto qualcuno combattere senza una gamba? - ringhiò.
Sporgendosi un poco in avanti, Gala ebbe modo di constatare che non mentiva: l'arto destro gli era stato amputato poco sotto il ginocchio. Le pelle cicatrizzata ne ricopriva l'estremità, stranamente arrotondata, nascondendo le ossa.
Sentendosi avvampare per la vergogna, Gala abbassò lo sguardo.
- Mi... mi dispiace - mormorò. - Non so cosa mi sia preso.
In realtà lo sapeva eccome. Aveva trovato qualcosa che la collegasse con il resto del mondo che si era lasciata alle spalle, qualcosa che le riportasse alla mente la Ribellione e le continue sfide che aveva dovuto affrontare, e aveva sentito il bisogno di ritornare a far parte di quel mondo almeno per un momento.
Per scusarsi, allungò la mano in segno di rispetto. - Mi chiamo Gala Sterman. C'era del vero nelle mie parole, ho fatto parte del Gran Consiglio per qualche anno. Ma ora ho rinunciato al mio incarico e sono venuta qui. Sono io la codarda.
Mentre il suo compagno voltava lo sguardo per dedicarsi al giovane che si era appena presentato per rispondere all'appello delle Cinque Terre, lui la passò in esame con sguardo critico, probabilmente pensando di trovarsi davanti qualcuno di completamente fuori di testa. Alla fine la imitò e si strinsero la mano.
- Io sono Nigel Cox - disse.
Dunque aveva avuto ragione. Il volto di Gala si illuminò un poco. - Conosci Jack Cox?
- Se lo conosco? È mio fratello - Nigel dovette notare il cambio d'espressione della strega, perché aggiunse:- Immagino che l'abbia conosciuto anche tu. Fa sempre quest'effetto sulle ragazze che incontra.
- Ragazze?
- Preferivi che dicessi "bambine"?
Non sarà stato un gran combattente, ma quel ragazzo possedeva la stessa sfacciata ironia del fratello maggiore. Non poteva avere più di un paio d'anni rispetto a lei. Aveva i capelli più chiari di Jack, il viso pallido cosparso di lentiggini. Ma nonostante la fisicità sbarazzina, il suo sguardo rimaneva duro e quantomai attento.
- L'ho conosciuto, sì. In un'occasione abbiamo combattuto insieme, vicino al confine delle Terre del Nord. Ma è stato molto tempo fa, poco prima che i Ribelli prendessero Hiexil.
- E così - fece il giovane interessato. - Sei entrata nel Gran Consiglio così giovane, hai combattuto nel Nord... che cos'altro hai di speciale?
Gala fu tentata di rispondere che era una strega istruita dal maestro Janor Camosh in persona, ma poi si trattenne. Aveva già dato un'immagine di sé abbastanza negativa, non voleva sembrare ulteriormente arrogante.
- E come... come sta Jack?
Fu colta di sorpresa da quella domanda. Il tono di apprensione malcelata in quelle parole le suggerì di scegliere con cura le proprie.
- Quando l'ho conosciuto era in ottima forma - rispose con voce incerta. - Aveva preso il comando delle sue truppe dopo la morte del vostro signore. Mentre inseguiva un gruppo di Ribelli gli è stata tesa un'imboscata, ma è riuscito a tornare al campo sano e salvo. Un paio d'ore dopo io e Jel - s'interruppe - io e il mio compagno abbiamo dovuto ripartire.
- Ripartire? E cosa ci facevate nel campo di mio fratello?
Gala si irrigidì. - Mi dispiace - disse per la seconda volta - ma... - per quanto quel ragazzo le ispirasse simpatia, non le sembrava una buona idea mettersi a parlare davanti a tutti della loro missione di riunire le Pietre Magiche. Forse nemmeno le avrebbe creduto. - È meglio che tu non lo sappia. Era... una faccenda diplomatica.
- Non mi sembra che tu sia stata molto diplomatica, prima.
Nigel rise e lei, sollevata, fece altrettanto. Non sembrava intenzionato a insistere.
Completamente dimentica del motivo per cui aveva imboccato quella strada, Gala si sedette su un gradino vicino a lui. Discussero a lungo, sporadicamente interrotti da uomini giovani e non - persino da un paio di donne audaci e ben piazzate - desiderosi di partecipare alla causa contro gli aggressori del Nord. Il giovane le portò addirittura una tazza di tè dall'interno del locale che avevano affittato per quei giorni di permanenza ad Estel.
Era da tempo che non si interessava approfonditamente a ciò che stava accadendo al fronte, e ne approfittò per aggiornarsi grazie alle conoscenze di lui. Pur non potendo combattere per via della gamba - che come le racconto gli era stata amputata da bambino, dopo che era finita schiacciata sotto la ruota di un carro - aveva prestato servizio come aiuto cuoco per il soldati di Lord Tarth, ma dopo lo scoppio della Ribellione aveva deciso di trovarsi un'occupazione presso l'Esercito delle Cinque Terre ed era così che si era ritrovato a fare da reclutatore prima nell'Ariador meridionale, poi a Tharia e infine nel Bianco Reame.
D'altro canto, Nigel non sapeva nulla di politica e delle attività del Consiglio, pertanto Gala ricambiò - facendo attenzione a non svelare dettagli delicati - raccontandogli delle sedute nella reggia di Grimal, della morte del Consigliere Camosh per mano di assassini ancora ignoti.
Fu a quel punto che Nigel disse qualcosa che la ragazza mai avrebbe voluto sentire.
- No - obiettò interrompendo il suo racconto sull'omicidio di Camosh. - Non ignoti. Le autorità di Città dei Re lo hanno reso pubblico una decina di giorni fa, e la notizia ha fatto il giro delle Cinque Terre.
Gala ebbe l'impressione che le budella le si torcessero. Quella notizia riaprì la vecchia ferita e la cosparse di sale.
- C'è un traditore nel vostro Consiglio. Il Re ha messo sulla sua testa una taglia di ventimila york...
- Chi è? - esclamò la strega febbrile, scattando in piedi, anche se sapeva che sarebbe stato meglio non domandarlo. - Chi l'ha ucciso?
Senza capire il perché del repentino cambio d'atteggiamento, Nigel rispose in tono vago: - Non ricordo con esattezza, aveva un nome strano.
- Ossia?
Il ragazzo si grattò il capo, poi schioccò le dita.
- Ora ricordo. È il Lord dell'Isola Grande. Un certo... Antonov Raek, ti dice niente il nome?
La tazza cadde a terra dalle mani di Gala con uno schianto.








Note dell'autrice:

Ebbene sì, due capitoli in un mese!! Sarò sincera, non contavo di riuscirci, specie perché sapevo di dover inserire parecchie cose in questo capitolo, e invece ce l'ho fatta ^-^ Si vede che è estate eh? Visto che non è passato tanto dall'ultimo aggiornamento ho deciso di non mettere nessun riassunto all'inizio, non che nello scorso capitolo fosse successo molto...
Io continuo a chiedervi di recensire, giusto perché ormai è un automatismo. Al prossimo capitolo, che temo non arriverà prima di metà luglio. Ciao :)


EDIT: La data che appare è del 3.07.2017 perché per sbaglio avevo cancellato il capitolo è l'ho ripostato oggi.
  
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