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Autore: CassiopeaAzzurra    06/07/2017    0 recensioni
Mi sono sempre chiesta se lo sapesse, se il Dottore sapesse ciò che sarebbe successo, un viaggiatore del tempo, che può vedere ogni singolo momento nello spazio e nel tempo sapeva? Poteva sapere quello che sarebbe accaduto? Me lo sono sempre chiesta, forse un giorno avrò la risposta ma ora, no, lo guardavo e vedevo i suoi occhi farsi cupi mentre spingeva leve e schiacciava i bottoni sulla consolle del TARDIS, scintille invadevano la cabina, il pavimento tremava sotto i piedi, avevo il cuore in gola e mi sentivo morire di paura.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Pianeta terra, anno 1408,
Erano mesi che fuggivamo, mesi e mesi passati a scappare dai Dalek, si, non era da lui scappare, ma stavolta, in questa avventura, affrontarli sarebbe stato troppo pericoloso per noi.
Il Dottore non era certo tipo da lasciarsi intimidire, ma i suoi innumerevoli anni avevano portato giudizio e sapeva quanto saremo stati in pericolo se il Signore Del Tempo ancora una volta avesse affrontato i suoi nemici.
Eravamo stanchi di scappare nello spazio e nel tempo, eravamo entrambi provati e i suoi occhi  non erano mai stati tanto esausti, tutti i fardelli che stava portando  cominciavano a pesare come macigni sui suoi cuori impedendogli di vivere un momento davvero speciale, un punto fisso nel tempo tra quelli piu importanti.
Mi sono sempre chiesta se lo sapesse, se il Dottore sapesse ciò che sarebbe successo, un viaggiatore del tempo, che può vedere ogni singolo momento nello spazio e nel tempo sapeva? Poteva sapere quello che sarebbe accaduto? Me lo sono sempre chiesta, forse un giorno avrò la risposta ma ora, no, lo guardavo e vedevo i suoi occhi farsi cupi mentre spingeva  leve e schiacciava i bottoni sulla consolle del TARDIS, scintille invadevano la cabina, il pavimento  tremava sotto i piedi, avevo il cuore in gola e mi sentivo morire di paura.
I Dalek ci attaccavano, e il Dottore girava vorticosamente attorno alla consolle mentre le scintille scatenavano tanti piccoli incendi, sembrava l’inferno!
Il TARDIS era malridotto, provato anche lui dalle nostre fughe, le luci andavano e venivano, le sue energie si stavano affievolendo e il rumore che produceva era assordante, come un grido straziante che implorava pietà.
Mentre continuava a trafficare con la consolle mi intimava di reggermi forte poi, si fermo e sentii i suoi occhi su di me, il suo sguardo era carico di disperazione, rassegnazione e paura, non l’avevo mai visto cosi e il mio cuore sembra essersi fermato.
Abbassò lo sguardo, chinò il capo e con i pugni stretti come morse pronunciò le parole più dolorose della mia esistenza “te ne devi andare, qui non posso proteggerti, il pericolo è troppo e devo lasciarti andare”
Il mio cuore sembrò fermarsi, il respiro spezzarsi e le parole  sembravano bloccate in gola, mi girava la testa e gli occhi si gonfiarono di lacrime “No! Non puoi lasciarmi, cosa ne sarà di noi? Cosa ne sarà di te,ti prego Dottore, no!” e gli corsi incontro, con la voce roca e le lacrime che rigavano le mie guance, battei i pugni sul suo petto, non conoscevo altro che  disperazione in quel momento.
“Trovalo, lui può farlo, può aiutarti” mi strinse forte le mani, anche i suoi occhi si gonfiarono di lacrime e mentre il TARDIS continuava a tremare e le scintille invadevano il pavimento lui mi porse una lettera che mi pregò di non aprire e la infilò nella tasca della mia giacca.
Non riuscivo a capire quello che succedeva, perché mi stava mandando via, e dove? Chi dovevo trovare? Non ne avevo la più pallida idea, non riuscivo ragionare, provavo solo tanta paura, la fottuta paura di non rivederlo mai più.
I suo sguardo si fece più dolce e meno severo, ma i suoi occhi lo tradivano, aveva paura, una paura che non aveva mai preso cosi tanto possesso della sua mente, prese il mio viso tra le sue mani e con infinita dolcezza mi baciò la fronte. Quel bacio aveva il profumo di un addio.
Poi, nulla, non so di preciso cosa sia successo, credo che con le ultime energie del TARDIS sia riuscito a trasportarmi da qualche parte, sembrava la terra, ma non sapevo dove o quando fossi.
Istintivamente guardai il cielo, so che lui era li da qualche parte e speravo di scorgere la cabina blu solcare la volta stellata ma non fù cosi, mi sentivo frastornata e in preda alla disperazione scoppiai in un pianto isterico.
Mi ritrovai in un vicolo, era notte fonda e la mia mente era colma di pensieri, la testa continuava a girare mi sentivo debole e frastornata, la mia vista era appannata dalle lacrime quando, alle mie spalle sentii un forte rumore di passi, come se un intero plotone si stesse dirigendo verso di me, rimasi pietrificata quando, dal fondo del vicolo vidi un gruppo di Sontaran marciare nella mia direzione, iniziai a scappare, correndo più forte che potevo percorrevo quei vicoli bui con il cuore in gola, prima una svolta a destra, poi una a sinistra nel cuore solo paura quando, come una visione la cabina blu apparve di fronte a me illuminata solo dalla luna.
La speranza traboccava dal mio cuore e un senso di calore mi avvolse completamente, il mio dottore era tornato per salvarmi, mi voltai velocemente indietro e vidi i Sontaran che continuavano a marciare verso di me, stavano quasi per raggiungermi e il TARDIS iniziava a brontolare come fosse in procinto di partire.
Aprì la porta e in fretta entrai nella cabina e con forza chiusi la porta dietro le mie spalle, mi lasciai scivolare a terra, le gambe non mi reggevano più e avevo bisogno di prendere fiato, la testa continuava a girare ma vidi una figura alta, snella ed elegante che si dirigeva verso di me “Ehi! Cosa ci fai qui dentro”, sentì la voce di quell’uomo, familiare nonostante non l’avessi mai udita prima, poi tutto divenne buio e io mi sentii come se stessi scivolando nel vuoto.
La prima cosa che ricordo fu una luce blu che ondeggiava davanti ai miei occhi e un confuso cicaleccio, simile a quello del cacciavite sonico del Dottore.
“Ehi, ti senti bene? Devi essere svenuta” disse quell’uomo mentre mi aiutava a rimettermi in piedi, mi guardava con uno sguardo torvo, sembrava mi stesse analizzando, era alto, snello, i suoi capelli morbidi, castani e tremendamente ribelli, un completo a righe marroni cingeva la sua figura e una cravatta si accoccolava delicata attorno al suo lungo collo, ai piedi delle semplici scarpe di tela, logore e sporche.
Alzai lo sguardo e mi persi nei suoi profondi occhi castani, occhi che avevo visto mille volte, occhi che mi avevano portato in tutte le ere e in tutti i mondi, occhi che non avevo mai visto cosi giovani, molto più giovani e molto più malinconici.
Mi sentivo come in una sorta di trance, non riuscivo ad ordinare i pensieri, troppe emozioni, troppe cose da metabolizzare sentivo solo lui che mi chiedeva se andava tutto bene ma io non riuscivo a rispondere, a bocca aperta guardavo il TARDIS come una bambina guarda la bambole in un negozio di giocattoli, era cosi diverso, cosi confuso, la consolle era un ammasso disorganizzato di leve e bottoni, fili pendevano dai pannelli e la sua luce era molto più calda di come la ricordavo.
“lo so, è più grande all’interno, me lo dicono tutti” disse ondeggiando sui talloni, mani in tasta e sorriso beato, quasi soddisfatto dal mio stupore.
Ma io non ero una delle sue tante compagne, io conoscevo il TARDIS, meravigliosa compagna di avventure del Dottore, una piccola cabina blu più grande all’interno, dimostrazione eterna della sapiente arte dei Signori Del Tempo, non ero stupita dalle sue dimensioni, solo non avevo mai visto nemmeno lei cosi giovane.
Continuavo a girare su me stessa, naso all’insù e bocca aperta continuando a contemplare con curiosità la cabina del TARDIS, quando, nella mia tasca trovai la busta contenente la lettera che il dottore mi aveva pregato di non aprire, era stropicciata ma riportava un numero sulla sommità: 10.
Li per li non riuscivo a capire il significato dei quel numero, poi come un flash capii.
“Ehilà? Tutto bene? Sai dirmi chi sei?” disse il ragazzo dai capelli arruffati avvicinandosi a me.
“tutto ok, si bene” risposi sospirando, come se mi fossi appena svegliata da un sogno, quando le mie gambe cedettero di nuovo.
“tu, non stai bene” disse lui sorreggendomi e facendomi accomodare sul sedile “forse è meglio se rimani qui seduta” si alzò per dirigersi alla consolle dove lo vedevo dimenarsi tra leve e bottoni ma lanciandomi spesso occhiate come a volermi controllare.
Ripensai alla lettera, e al numero 10, il mio Dottore era alla sua 13esima rigenerazione, forse mi aveva mandato alla ricerca di un suo io passato, forse voleva che io trovassi la sua decima rigenerazione, ma era lui? Non avevo dubbi che quello di fronte a me fosse il Dottore, il problema era capire quale, potevo chiederlo, ma non sapevo come avrebbe reagito, non sapevo cosa potevo o cosa non potevo dire, dovevo essere cauta e cercare di ragionare. il Dottore mi aveva spesso raccontato le sue avventure e mi aveva mostrato tutte le foto di tutti i volti che aveva avuto in passato, cercavo di visualizzare mentalmente tutti i suoi sguardi, l’otto aveva i capelli lunghi, il nove delle buffissime orecchie, poi cravattino, sopracciglia e uno aveva le scarpe di tela, ma non riuscivo a ricordarne l’ordine. Cercavo di ricordare le storie, cercavo di collocarli nella linea temporale poi come un fulmine a ciel sereno tutto fù chiaro, la rigenerazione precedente al mio dottore aveva le sopracciglia buffe, quello prima il cravattino quindi si, l’uomo in piedi di fronte a me doveva essere la sua decima rigenerazione.
“mi sembra che tu ti sia ripresa, puoi dirmi adesso che ci fai nel mio TARDIS?” mi disse poggiando la schiena sulla consolle, con le braccia incrociate e lo sguardo indagatore.
“il mio nome è Grace, un plotone di S…..soldati mi stava inseguendo, ho avuto paura e sono entrata in una cabina della polizia ed eccomi qui!” non sapevo ancora cosa avrei dovuto dire al Dottore, o come avrei dovuto comportarmi, cosi feci finta di essere ignara di tutto, niente Sontaran, niente TARDIS, niente Dottore, feci finta di nulla e mi dimostrai curiosa. “tu come ti chiami?” chiesi abbassando lo sguardo e fregandomi nervosamente le mani.
“Sono il Dottore, solo il Dottore, no, non ho altri nomi, no non erano soldati ma Sontaran, non stavano inseguendo te ma me e si sono un alieno e questa è una nave spaziale!” disse tutto questo senza mai prendere fiato, con un tono seccato ma senza mai smettere di fissami con il sopracciglio alzato e lo sguardo di chi non vuole seccature e preferisce rimanere solo. Rimasi a bocca aperta, questo dottore era diverso dal mio, molto più diverso, sembrava davvero voler rimanere solo sembrava, triste…
“E ora, mia cara Grace se non ti dispiace, puoi darmi il tuo indirizzo cosi posso riportarti a casa”
Lo fissavo sbalordita, era sempre lui, sempre il Dottore ma era cosi diverso e non solo nel’aspetto, in tutto, il suo animo era cupo e malinconico, quasi avesse perso interesse per lo spazio, le avventure, non poteva essere il dottore quello, di sicuro non il mio!
Cercavo di ricordare, quante più informazioni mi aveva raccontato il Signore del Tempo, avevo bisogno di collocare nella linea temporale l’uomo che avevo davanti, si era la sua decima rigenerazione ma cosa era successo, poi un nome squarciò i miei pensieri come un fulmine Rose Tyler.
Non mi resi conto che forse, quel nome non era solo nella mia mente, ma forse doveva aver preso vita fuori dalle mie labbra come un flebile fruscio nel vento.
Il suo sguardo fu più severo che mai, mi si avvicinò con fare deciso e afferrò con forza le mie braccia, stringeva quasi da farmi male. “ quel nome, quel nome, come fai a conoscerlo!”
Le sue parole avevano un tono forte, deciso, rimbombavano nella mia testa come l’urlo più assordante e i suoi occhi, non avevo mai visto occhi più duri di quelli, le mascelle serrate e i denti avvinghiati in un ringhio di dolore.
Trassi un profondo sospiro, cercai di trovare le forze, il coraggio per parlare, e quasi spaventata iniziai il mio racconto. “Rose Tyler, l’hai lasciata alla Baia del Lupo Cattivo con la tua metacrisi, un signore del tempo che però è umano, generato dalla tua mano. Mi hai raccontato questa storia un sacco di volte, e un sacco di volte ho visto nei tuoi occhi quel velo di malinconia che vedo anche ora.”
La sua bocca era spalancata, i suoi occhi esterrefatti, mi tolse le mani dalle braccia e fece un passo indietro, quasi a volersi allontanare, iniziò a guardarmi con aria sospetta ed estrasse il suo cacciavite sonico, lo fece ondeggiare davanti a me, con la luce blu che mi accecava e il cicaleccio dei vecchi modelli.
“umana!” disse riponendo nella tasca interna della sua giacca il cacciavite, si passava la mano tra i capelli, cercando quasi di scacciare dalla sua mente i mille pensieri che la affollavano.  “Chi sei tu!” disse nuovamente, con un tono severo.
“Grace Dottore, sono Grace, tu non mi conosci o meglio non mi hai ancora conosciuta ma posso assicurarti che un giorno io sarò la tua compagna”gli dissi con un tono quasi disperato, come ad implorarlo di credermi. Gli porsi le lettera e lui a afferrò.
Ci puntò contro il cacciavite sonico, con diffidenza come se temesse che dentro ci avrebbe trovato una bomba, la studiò con attenzione, notando il numero 10 scritto a penna sul dorso della busta.
“sei stato tu a darmela Dottore per te, cioè tu, tu nel futuro, insomma è per te da te!” dissi confusa
Il Dottore inforcò gli occhiali, gli stavano davvero bene, anche nel futuro li usava ma devo ammettere che a questa rigenerazione donavano molto di più. Iniziò a leggere la lettera ad alta voce.
“Caro Dottore, Wow stò scrivendo a me nel futuro! ad ogni modo,  Dottore..”
“Si è raccomandato che io non la leggessi, quindi forse non dovresti farlo ad alta voce”.lo interruppi.
Il dottore mi guardo con aria sorpresa, forse era stupito del rispetto che avevo verso gli ordini che mi erano stati impartiti e continuò la sua lettura in silenzio, le sue espressioni si facevano sempre più rilassate, come se in quelle parole trovasse conforto, il Dottore del futuro sicuramente sapeva come parlare al suo io passato e come fare per rassicurarlo, staccò il naso dalla lettera e iniziò a fissarmi.
Una luce diversa c’era nei suoi occhi, erano molto più felici, quasi gioiosi, chissà cosa aveva letto in quella lettera, forse il Dottore gli aveva svelato tutto, forse lui sapeva. NOTE: grazie a voi per aver letto il primo capitolo la mia storia, spero davvero sia stata di vostro gradimento. Ogni commento è ben accetto sia esso negativo o positivo! Buona continuazione
   
 
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