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Autore: Dark_Water    08/07/2017    2 recensioni
Seguito di "You're in my Soul".
John si fermò, girandosi a guardarla e stringendo un po’ di più la mano di lei nella sua. La scrutò per un tempo indefinito, mentre Clara riusciva a cogliere ogni sfumatura grigia dei suoi occhi e quelle lievi pagliuzze nell’iride di un verde pallido che solo nelle giornate di sole riusciva a vedere nel pieno della loro tonalità. Eppure quel giorno di sole non ce n’era, e tutto all’improvviso la scoperta di quel particolare sembrò qualcosa di magico ed impossibile.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 12
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart & Soul'
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Capitolo 3

Capitolo 3

 

 

Clara sapeva che suo marito voleva solo ed esclusivamente il meglio per lei. I migliori vestiti, i migliori ristoranti e, nello specifico, i migliori dottori per lei ed il loro primo figlio. E se poteva combattere i primi due punti con un ‘Non ho bisogno di nulla, mi basti tu.’, non poteva di certo fronteggiarlo sull’ultimo. Avevano bisogno di un dottore. Non perché Clara non reputasse John bravo nel suo lavoro, anzi sapeva che era il migliore. Il migliore però nel suo campo.

Far nascere un bambino non era di certo paragonabile all’asportazione di un’appendice, una milza o di un tumore allo stomaco, né alle ricuciture da trauma dei tessuti molli.

Clara quindi aveva ceduto a quella richiesta di John: far seguire la sua gravidanza al suo nuovo collega di Edimburgo, nonché uno dei più rinomati della Scozia.

Quindi eccola lì, nello studio dl Dottor Reynolds, ad aspettare pazientemente il suo turno tra altre quattro future neo mamme. Tutte accompagnate dal marito o dalla madre-suocera.

“Quindi… suo marito lavora al Royal Infirmary?” Chiese una delle giovani in sala d’attesa con lei.

“Si.” Rispose Clara con un sorriso quasi forzato.

“E sei venuta qui da sola?”

“Si.” Rispose ancora Clara cordialmente, considerando che il tono della giovane era semplicemente curioso e per nulla di giudizio: “Purtroppo la mia famiglia è a Blackpool. I genitori di John invece sono di Glasgow, ma purtroppo non sono in così buona salute da poter affrontare continui viaggi di due ore solo per una visita di routine.”

“Si, ma non puoi neanche tu viaggiare da sola. E con un pancione così grande!” Aggiunse una donna grassoccia sulla cinquantina, seduta proprio accanto alla giovane.

Ma si era vista lei il suo, di pancione? E non era nemmeno incinta!!

Alle parole di quella donna, comunque, il cipiglio di Clara divenne più visibile, accompagnato da un sospiro di frustrazione con il quale la moretta cercava di calmare il nervosismo. L’aiutò un po’ la gomitata che la ragazza con cui stava parlando diede alla donna grassoccia, lasciandole intuire che probabilmente erano lì insieme. La conferma la raggiunse dopo pochi secondi:

“Perdona mia suocera… Clara, giusto? Purtroppo sembra aver dimenticato quanto possa essere estenuante una gravidanza e con essa ha dimenticato anche l’educazione.”

“Tranquilla. Sono orgogliosa del mio ‘enorme’ pancione.” Rispose subito Clara con un sorriso un po’ più rilassato rivolto alla giovane che aveva scoperto chiamarsi Sarah: “Immagino che lei, alla trentunesima settimana, non mostrasse così tanto… eppure secondo il Dottor Reynolds avrei dovuto metter su un paio di chili in più che purtroppo non mostro.”

“Trentunesima settimana? Già così avanti?” Chiese la donna grassoccella con lo sguardo sorpreso: “A maggior ragione, non saresti dovuta venire qui da sola! Povera cara!”

“Katerine, per favore!” Sibilò Sarah, imponendole quasi un silenzio forzato per guadagnarsi solo uno sguardo di disprezzo:

“Andiamo Sarah! Non sto dicendo nulla di sbagliato.”

“Sono incinta, non sono malata!”  Rispose esasperata ed irritata Clara, ma mantenendo la sua compostezza: “Mio marito voleva accompagnarmi, ho insistito io perché non chiamasse un giorno al lavoro per una visita medica che posso fare da sola. Mi piace la mia indipendenza e detesto essere trattata come se fossi fatta di cristallo, come se fossi una malata terminale! Sto dando la vita, così come hanno fatto milioni e milioni di donne prima di me quando ancora non c’erano tutte le attenzioni mediche di oggi, ma non sto morendo!”

Clara incrociò le braccia al petto, ponendo fine alla discussione. Ma le altre future neo-mamme non sembravano voler essere d’accordo con lei, riempiendo l’aria di chiacchiericci ed affermazioni di accordo con lei. Almeno, come unica nota positiva della conversazione, sembravano simpatizzare con lei.

“Dio, quanto hai ragione!” Disse infatti Sarah, rilasciando un sospiro di sollievo: “Magari mio marito lo capisse! E’ sempre dietro di me a guardare cosa faccio e come lo faccio, ripetendo in continuazione: Cara, lascia che porti io la spesa. Cara, lascia che prenda io questa scatola. Cara attenta a questo, cara attenta a quello! Dio!”

“Mio figlio è semplicemente protettivo. Dovresti ritenerti fortunata ad averlo al tuo fianco.”

Sarah guardò il volto improvvisamente increspato di sua suocera per poi risponderle con uno sbuffo:

“Non è che mi dispiaccia questo suo atteggiamento, anzi sono contenta. Ma quando è troppo è troppo!”

“Oh, quanto è vero.” Si intromise un’altra donna incinta, guardando il marito con un sorriso malizioso prima di continuare: “L’altro giorno non sono riuscita a contenere uno starnuto. Mio marito è corso subito al mio fianco tutto imbronciato dicendo: Tesoro, così farai uscire il bambino!”

Tutte scoppiarono a ridere, tranne il povero marito lì presente che era diventato rosso per l’imbarazzo.

“Goditela finchè puoi, Sarah!” Concluse infine un’altra donna che sembrava essere sulla trentina e più matura delle giovani lì presenti: “Quando il bambino nascerà cambierà tutto.”

“Cosa vuoi dire?” Chiese Clara con curiosità.

“Che il primo pianto notturno, tuo marito si sveglierà ed andrà a controllare il bambino.” Rispose la donna: “Ma la notte successiva, al primo vagito si girerà dall’altra parte e comincerà a russare più forte.”

Un coro di consensi ed affermazioni di un veritiero si ammassavano e confondevano tra loro. A quanto sembrava solo Sarah e Clara erano alla loro prima esperienza e quelle parole non erano di certo confortanti….

No. Non il mio John.

 
***** 

 
Qualche mese dopo, Clara era nel suo letto; la testa poggiata sul petto di John e le braccia di lui avvolte attorno al corpo la tenevano in una stretta morbida ma salda. Il respiro regolare del sonno di entrambi era l’unico suono della casa, confermando la pace e la serenità di un sonno privo di incubi.

“Weeeeee! Weeeeee!”

E poi il pianto di un bambino interruppe il silenzio.

Clara e John emisero all’unisono un respiro profondo, mescolandosi sotto le lenzuola mentre i loro corpi si destavano dal sonno profondo in cui erano sprofondati.

Con la memoria muscolare e l’istinto già ricettivo e più sveglio del cervello, il corpo di Clara si era alzato e si era ritrovata seduta al bordo del letto mentre i piedi cercavano le pantofole alla cieca.

John, passandosi una mano sul volto, ma ancora steso sul letto, con voce roca ed un sospiro disse:

“Vado io… stai giù.”

“No.” Rispose Clara, guardando l’orologio per controllare l’ora: segnava le cinque del mattino.

 “ Sei tornato poco più di un’ora fa dall’ospedale e devi tornarci tra poche ore… dormi.”

Il turno di  John avrebbe dovuto coprire il mattino, ma un’emergenza lo aveva richiamato in sala operatoria alle otto di sera ed era tornato a casa alle tre e mezza della notte, stanco e devastato.

Fino a quel momento si era sempre comportato come il migliore dei mariti e padre modello, occupandosi di George con premura e responsabilità, alleggerendo il peso sulle spalle della moglie ed assumendosi lui stesso il peso di molte notti in bianco a causa di pianti disperati da colichette. Clara non poteva lamentarsi di suo marito su questo punto. Anzi.

Finalmente in piedi, la novella madre si fece largo verso la stanza del figlio, piegandosi sulla culla del bambino con sussurri rassicuranti accompagnati da dolci melodie calmanti, pezzi di una qualche ninna nanna da lungo tempo dimenticata, ma che probabilmente risaliva dalle memorie infantili in cui era sua madre a cantare per lei.

“Ecco. La mamma e qui…” Disse Clara, portandosi il neonato al petto e cullandolo per calmarlo.

Le era bastato poco per capire il motivo di quelle urla: una tutina sporca ed un pannolino che purtroppo non aveva contenuto a sufficienza. 

Clara aveva poggiato George sul fasciatoio, apprestandosi a ripulirlo e cambiarlo quando avvertì dei passi fin troppo familiari dietro di lei ed una mano che le si posava sulla spalla.

“Ti avevo detto che ci avrei pensato io. Torna a letto.” Disse la giovane madre con un tono dolce ed il sorriso sulle labbra, avvertendo le labbra del marito sulla guancia ed un braccio attorno alla vita.

“Non posso dormire senza di te.” Rispose John, poggiando il biberon colmo di latte appena scaldato sul mobiletto e sprofondando il volto contro il collo di lei: “E non posso dormire senza sapere se il piccolo facehugger sta bene.”

“Facehugger? Come i mostri di Alien?” Protestò la giovane con una smorfia, chiudendo i bottoncini della tutina pulita con cui aveva vestito il bambino.

“No.” Rispose John ridacchiando, staccandosi da lei quanto bastava per farle prendere nuovamente George tra le braccia e voltare entrambi verso di sé: “Cioè si… è il nome dei mostri di Alien. Ma con lui hanno un significato diverso… vero, il mio piccolo Facehugger?”

John prese George dalle braccia della madre, affondando il volto contro il pancino del bimbo ed esprimendosi in stupide espressioni di finto soccorso e versi indefinibili. Le manine di George si strinsero automaticamente attorno ai riccioli grigi del Dottore, lasciandosi sfuggire qualche piccolo gemito ben lontano però dal pianto.

“Sei uno stupido. Ma uno stupido divertente, devo ammetterlo…” Sospirò Clara, scuotendo la testa nel vedere padre e figlio già così complici sin dall’inizio.

John spostò appena la testa verso l’alto, incontrando col suo viso il visino piccolo di suo figlio per piantargli un bacio sulla fronte prima di riportarlo al sicuro tra le sue braccia, con la testolina poggiata contro la spalla ed una mano a sostenergli il collo.

“Non sono stupido, Clara.” John fece il finto offeso, alzando un sopracciglio in direzione della moglie: “Sono solo un padre innamorato di suo figlio.”

“Un padre innamorato di suo figlio che domani mattina dovrà andare al lavoro ed occuparsi di interventi difficili…”

“Ho metà del mio turno coperto, posso dormire dopo aver dato da mangiare a mio figlio.”

“Posso allattarlo io.” Sorrise sua moglie, stuzzicandolo ed aspettandosi esattamente la reazione che John le avrebbe mostrato da lì a poco con un secco:

“No!”

John raccolse il biberon dal mobiletto, guardando sua moglie con gli occhi di un padre fin troppo possessivo:

“Non togliermi questo, Clara! Quando sono a casa voglio solo godere del mio tempo con mio figlio. Voglio esserci per lui. Tu puoi allattarlo e coccolarlo quando io non ci sono!”

“Ti rendi conto che si tratta di un bambino e non di un giocattolo?” Lo prese in giro lei, sorridendo ma lasciandolo fare.

“Si!”

John le cacciò la linguaccia e si allontanò verso la camera da letto, ponendo fine alla discussione.

“Va bene… almeno posso lavare questa mentre ti occupi tu di lui.” Sospirò Clara, raccogliendo la tutina sporca dal fasciatoio.

“Puoi farlo domani mattina… dai, vieni a letto.” John aveva spinto la testa oltre la porta, col corpo nascosto per metà dallo stipite.

“No… meglio farlo adesso. Vai, prima che ti tolga George dalle braccia!”

John le mostrò la lingua, scomparendo definitivamente nel corridoio.

Clara scosse la testa, stanca ma felice. Raccolse la tutina sporca di George e pensò bene di dargli una lavata prima del mattino. Ogni giorno era un giorno nuovo e con un bambino appena nato ogni impegno preso era destinato a saltare. Lo aveva imparato in fretta non appena aveva cercato di organizzare gli impegni per la giornata nei primi giorni a casa da sola. Colazione? Quale colazione? Lavare i piatti o pulire la polvere dalla televisione? Ma perché…. avevano ancora una televisione in casa? Quindi, aveva imparato che se aveva una cosa da fare era meglio farla sul momento e non rimandarla. Perché se avesse rimandato quella tutina sarebbe rimasta a marcire e puzzare per chissà quanto… purtroppo!!

Al ritorno in camera da letto la luce tenue dell’alba penetrava dalle tende leggermente scostate. Clara era troppo stanca, ma rassegnata ad aver dormito decisamente troppo poco per una notte più o meno calma. Si ritrovò però davanti una scena che, come un balsamo, sembrò curarle ogni traccia di stress dandole una sensazione piacevolissima di gioia e tenerezza.

John era a letto, un doppio cuscino sotto la testa a tenerlo in una posizione mezza supina e George a pancia in giù addormentato sul petto di suo padre. Le braccia di John facevano da coperta al piccolo corpo del bambino, tenendolo protetto in una presa che Clara conosceva fin troppo bene. Una  presa che tante notti l’aveva tenuta al sicuro, una presa piena di amore che lei non avrebbe ceduto o venduto per nulla al mondo, per nulla nell’intero Universo.

Raggiunse il marito ed il figlio a letto, facendo attenzione a non svegliare nessuno dei due.

John aprì gli occhi, sorridendole ed accogliendola al suo fianco.

“Dorme con noi, quindi?” Chiese a suo marito.

“Si.” Sussurrò John, piegando appena la testa per baciare sua moglie sulla testa: “Ti stavamo aspettando.”

Clara sorrise, guardò l’orologio che segnava ormai le sei passate e corse infine con la mano a carezzare la guancia e poi la fronte di suo marito. Sprofondò le dita tra i suoi capelli lanuginosi e soffici, guadagnandosi dei gemiti gutturali provenienti dalla gola profonda di John. Gemiti di gradimento che si spensero non appena il piccolo George si mosse e lamentò la vibrazione del petto di suo padre che lo aveva leggermente distolto dal sonno.

“Dovrei preparare la colazione… è mattino.”

“No…” Rispose John con voce assonnata: “Non è mattino. Non lo è per noi. Vieni qui e dormi con noi. Alla colazione ci pensiamo quando davvero sarà mattina.”

Clara sospirò, chinandosi a lasciare un bacio veloce sulle labbra del marito per poi baciare la tempia del figlio, prima di stendersi al fianco di John. Poggiò la testa sul cuscino accanto a quella del marito, con la fronte che toccava la guancia di lui ed un braccio che avvolgeva marito e figlio assieme. Entrambi sospirarono contenti, un sorriso sulle labbra e gli occhi chiusi dalla stanchezza:

“Allora buonanotte. Ai due uomini della mia vita.”

“Buonanotte, Clara. Grazie per quello che mi hai dato… ti amo.” Rispose John, a metà strada sulla via del sonno e la voce già distante .

“Ti amo anch’io.”

Clara si strinse appena un po’ di più a suo marito, mentre il ricordo di una conversazione avuta mesi prima in una sala d’attesa veniva riesumato da chissà quale scomparto recondito della sua mente.

Clara sorrise ancor di più, un ennesimo sorriso felice prima di abbandonarsi al sonno meritato.

Forse era il fatto di esser diventato padre ad un’età in cui gli altri uomini hanno figli già grandi pronti a spiccare il volo, lasciare il nido per costruirsi il proprio. O forse gli uomini della sua generazione erano troppo fraccomodi ed immaturi per capire quali e quanto fossero davvero importanti le gioie della paternità…. Chi poteva dirlo?

Ma girarsi dall’altra parte?

No. Il suo John non era così.

 
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NOTA:

Capitolo piccolo e non proprio bellissimo. In realtà fa schifo xD ma l’ho scritto di getto e voluto pubblicare subito come scusa per fare un piccolo avviso. Ho cancellato la storia principale perché in viaggio verso le case editrici. Diritti già posti sulla storia che, ovviamente, è stata modificata, revisionata e riadattata a dovere, con aggiunta di capitoli ed eliminazione di altri. Quindi per i furbi occhio al copia ed incolla u.u come John sono gelosa delle mie cose ed ho buoni avvocati. :D

Grazie invece a tutti quelli che hanno sostenuto la storia ecc… vi chiedo scusa se non la troverete più nella lista dei vostri preferiti, ma tra qualche mese magari potrete trovarla negli scaffali di una libreria <3

   
 
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