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Autore: RinoaHeart    12/07/2017    4 recensioni
Questa storia partecipa alla challenge “Notte di Tanabata” a cura di Fanwriter.it!
"Un manto di stelle visibili a occhio nudo costellavano il cielo di Tokyo, un cielo perfetto. Lanterne erano appese ovunque, piccoli e grandi gruppi di persone si cominciavano ad affollare verso l’entrata del tempio di Nerima. E Mousse era lì, in piedi, alto e teso come un fuso, che dall’agitazione non riusciva neanche ad appoggiarsi al cancello della palizzata per stare più comodo ma scrutava gli astri in cerca di placare il suo animo inquieto. Erano passate solo ventiquattro ore dal momento più bello della sua vita, quello nel quale lui e la ragazza che amava da quando aveva memoria di sé stesso si erano scambiati un bacio. E non un bacio qualunque."
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mousse, Shan-pu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Iniziativa: Questa storia partecipa alla challenge “Notte di Tanabata” a cura di Fanwriter.it!

 Numero Parole: 2180.

 Prompt:

1.      A sta aspettando B all’ingresso del festival ma quest’ultim@ è in ritardo..

2.      Bonus: bacio sul collo, caviglia slogata. (c’è anche farfalle nello stomaco ma non era previsto!)

Note: Questa storia è ambientata fra quella sottile linea del “Ci siamo dichiarati: e ora?” e si può considerare un “capitolo extra” di una storia che sto scrivendo su Mousse e Shampoo [più precisamente, dopo la fine di “Dice il detto: attento a ciò che desideri, potrebbe avverarsi.” e si, in pratica è dopo il finale, ma ehi non è che non si sappia chi shippo e come vada a finire, semplicemente ho tralasciato di entrare nei dettagli della storia].

 

“It's just another night

And I'm staring at the moon
I saw a shooting star
And thought of you
I sang a lullaby
By the waterside and knew
If you were here,

I'd sing to you
You're on the other side”

All the stars -Ed Sheeran

 

Un manto di stelle visibili a occhio nudo costellavano il cielo di Tokyo, un cielo perfetto. Lanterne erano appese ovunque, piccoli e grandi gruppi di persone si cominciavano ad affollare verso l’entrata del tempio di Nerima. E Mousse era lì, in piedi, alto e teso come un fuso, che dall’agitazione non riusciva neanche ad appoggiarsi al cancello della palizzata per stare più comodo ma scrutava gli astri in cerca di placare il suo animo inquieto. Erano passate solo ventiquattro ore dal momento più bello della sua vita, quello nel quale lui e la ragazza che amava da quando aveva memoria di sé stesso si erano scambiati un bacio. E non un bacio qualunque. Preso da un baldanzoso impeto aveva sfidato la morte per avvolgerla fra le sue braccia, come se si fosse scordato di essere solo una pertica di diciassette anni timido e mezzo ciecato. Arrossì di nuovo fino all’ultima punta dei lunghi capelli neri prima di riguardare l’orologio. “Del resto, sono io che sono arrivato qui un’ora prima…” sospirò mentre sistemava la fascia nera dello yukata che indossava per la centotreesima volta.  Come era successo tutto questo? Si ritrovò a ripensare ancora a quel bacio lunghissimo, al volto di Shampoo che arrossiva ma senza essere schifato, semmai malizioso, e alla richiesta che le aveva fatto prima di andare a dormire ovviamente ognuno nella sua stanza. “Verrai domani al Festival di Tanabata con me?” le aveva sussurrato con un coraggio che ora non sentiva più, forse complice l’atmosfera notturna e il semi buio che nascondeva il suo imbarazzo. Lei aveva annuito silenziosamente “Sarà terribile come la mostra delle bambole?” aveva chiesto sottovoce schernendolo un po’. Lui aveva sorriso di rimando, del resto era la natura di Shampoo prenderlo in giro e a lui piaceva così, ma voleva prendersi a cazzotti per quella stupida mostra che aveva pregiudicato ormai ogni sua mossa. Doveva far capire a Shampoo che quello non era tutto ciò che sapeva fare e quella era la sua ultima chance. Del resto aveva già superato la sua paura più grande: aveva baciato Shampoo. Quella mattina stessa lo aveva rifatto. O meglio, lei lo aveva ribaciato, quando si erano incontrati per le scale, quella mattina per scendere al ristorante e prima di incontrare Obaba. Gli aveva preso delicatamente le lunghe ciocche nere sul petto e si era spinta in punta di piedi per sfiorargli le labbra. Quel “Buongiorno” sussurrato timidamente gli sembrava quasi innaturale, ma non aveva avuto tempo per metabolizzare perché il locale andava aperto e di corsa. Avevano lavorato sodo al ristorante pieno di turisti, e lui era stato tutto il giorno in silenzio, in punta di piedi, quasi pauroso di infrangere con i suoi passi il sogno che stava vivendo. Erano stati troppo impegnati con i clienti per parlare ma lei gli aveva sorriso di sfuggita. Ben due volte. E lui indossava gli occhiali, non se lo era sognato. A fine turno Shampoo gli si era avvicinata con un imbarazzo atipico anche per lei. “Ma quindi…”

“Stasera, alle nove al tempio di Shinagawa. Ci sarai?” Mousse non le aveva dato il tempo di parlare, troppo intimorito che lei volesse disdire l’appuntamento, ma la vide sorridere, l’ombra dell'iniziale imbarazzo svanita. “Ecco, volevo giusto...accordarci.” Mousse era rimasto a guardarla impietrito. Cosa erano? Fidanzati? O cos’altro? Obaba lo aveva capito, di sicuro, e iniziava a temere che non fosse felice di sapere questa svolta sentimentale della nipote. Frenò i pensieri e scosse la testa. Non doveva farsi prendere dal panico, ma quella Shampoo così “gentile” lo spiazzava del tutto. Era vero che ne avevano passate di ogni per arrivare a quel punto, ma tutto era ancora totalmente incredibile per lui. “Ehi.. ci sei ancora?” lo scappellotto di Shampoo lo riportò alla realtà. “Sì, sì, scusami.” le disse mentre si sfregava la nuca. “Dicevo: mi metto lo yukata, tu ce l’hai?” Mousse fece segno di diniego. “No. Ma provvederò.” era riuscito a ritrovare un briciolo della sicurezza acquisita in quei mesi strani appena trascorsi. “Voglio che stasera tutto sia perfetto. Tu dimmi solo che alle 21 sarai lì, e al resto penserò io, ok? E no non sarà brutto come l’ultima volta.” aggiunse sornione, ma in realtà si torceva le dita nella tunica mentre tirava fuori quella spavalderia, che però gli valse un sorriso fiducioso di Shampoo che non aveva mai visto. “Ok. Alle 21 lì”
Ed erano proprio le nove di sera quando Mousse finì di ripercorrere con la mente quelle incredibili ventiquattro ore. Aveva le farfalle nello stomaco, non era riuscito neanche a mangiare, niente, neanche un boccone, e non faceva altro che ripetere a mente tutto ciò che aveva preparato. Si riguardò lo yukata grigio con semplici righe nere e ringraziò ancora mille volte di aver stretto amicizia con Akane in quell’ultimo periodo. Il suo aiuto nella scelta era stato fondamentale per arginare il suo pessimo gusto. Ripercorse la sequela di bancarelle che aveva già supervisionato. Avrebbe dato a Shampoo un’azalea, il suo fiore preferito, e poi avrebbero percorso il viale, magari mano nella mano, le avrebbe preso dei taiyaki da mangiare davanti ai fuochi d’artificio e avrebbero provato a pescare pesciolini con i cerchietti di carta prima di attaccare i tanzaku al bamboo. Non sarebbe stato PER NIENTE come quell’orribile mostra. Si ricompose e guardò l’orologio.

Le nove e un quarto. “Eh è tipico delle ragazze arrivare tardi agli appuntamenti…no?” del resto lui non lo poteva sapere con sicurezza.

Le nove e diciannove, ventuno, ventiquattro, trenta. 
Mousse cominciò a sentire la sicurezza svanire minuto dopo minuto. Strinse con forza la manica dello yukata mentre cominciò a passeggiare sul posto. Passo dopo passo cercava di calmarsi, ma non ce la faceva. “Non era vero niente. Ti ha preso in giro. Ti ha baciato, sì, ma chissà cosa c’è dietro. Magari si è resa conto che quello che prova era solo un effetto delle ultime incasinate settimane. Calmati.” ma non riusciva proprio a ragionare più lucidamente. Respirò a lungo, cercando di calmarsi, era davvero patetico.

“Sei un fallito Mousse. Sei tornato alla tua vita, e questa è. Sei solo uno sfigato, come ti è potuto venire in mente che veramente Shampoo venisse con te stasera?” ripeté a sé stesso, sull’orlo delle lacrime, alle dieci di sera.

I fuochi sarebbero stati fra mezz’ora, ma lui non ci sarebbe stato. 
Voleva solo prendere far esplodere qualcosa, qualcuno o sradicare un albero con le sue catene. Probabilmente una bella scazzottata con Ranma gli avrebbe fatto passare quel senso di atavico dolore, delusione e tristezza.

Stava per allontanarsi da quel dannato tempio, in procinto di strapparsi quello scomodo yukata quando si sentì chiamare, in cinese. 
“MU SIIII! ASPETTA!”  si girò di scatto, e vide Shampoo arrancare verso di lui. Mousse in un focalizzò la ragazza, benedetti lenti a contatto!, fulmineo si avvicinò a Shampoo e la prese in braccio. “Per gli dei Shampoo, che è successo?” continuò nella loro lingua natale. La ragazza si asciugò le lacrime con il dorso della mano, ma poi si arrese e si lasciò andare a un pianto liberatorio fra le braccia del ragazzo. “Sono una stupida..” continuava a ripetere Shhh va tutto bene.. sono qui…” le disse mentre intanto la portava a sedersi su una panchina lì poco distante. Controllò che non fosse ferita e notò che la caviglia destra era gonfia.  “Shampoo che è successo?” chiese col cuore in gola mentre le tastava la gamba con delicatezza. “È successo che sono un’idiota!” sbottò dopo un piccolo sussulto di dolore. “Ero in ritardo, e un po’ volevo esserlo, ma poco. E invece per farmi questi stupidi capelli e indossare questo stupido yukata ero in ritardo. Ho iniziato a correre e a saltare per arrivare qui il prima possibile ma sono scivolata con i geta.. come una deficiente! Ecco cosa è successo. E ora guardami, sono un disastro.” Mousse era rimasto senza parole per un attimo. Le accarezzò il volto dolcemente, guardandola dal basso dove era accucciato, ringraziando gli dei di poterla vedere chiaramente sotto la luce delle stelle. Notò il trucco colato, ma che denotava una certa cura nell’applicazione, l’intricato chignon laterale ormai semi sciolto da cui scendevano fluenti i capelli di Shampoo, e la delicata trama dello yukata, costellata da piccoli fiori di ciliegio rosa, lilla e fuxia. La guardò in silenzio in adorazione per pochi, intensi secondi. “Sei bellissima.” La vide arrossire. “E non dire mai più che tu sei un’idiota. L’idiota sono io.” Si sedette vicino a lei rimanendole accanto ma senza toccarla. “Non ho avuto fiducia in te, stasera. Ero convinto che mi stessi dando buca, che io fossi un illuso e basta.” “Ed è per questo che sono arrabbiata con me stessa! Non volevo rovinare tutto, mi dispiace.” Era veramente dispiaciuta e le si aggrappò al braccio costringendolo a guardarla. “Era il nostro primo appuntamento. Era la prova che davvero qualcosa è cambiato fra di noi, la nostra prima occasione per parlare in pace senza la nonna o altri intorno. Io volevo solo che fosse tutto…perfetto e invece sono stata capace di slogarmi una caviglia.” Aggiunse quasi in un soffio. Mousse le prese le mani, facendole rialzare lo sguardo. “Shampoo, tutto è già perfetto per me. Sei qui con me e non mi serve nient’altro. Tu sei perfetta. Io sono un cretino invece, e non posso perdonarmi perché se fossi venuto a cercarti magari non avresti fatto quella strada zoppicando.” Azzardò a baciarle il dorso della mano per poi riprendere. “Permettimi almeno di alleviare un po’ il dolore.” Le prese delicatamente la caviglia e la adagiò sulle sue ginocchia piano, dando modo a Shampoo di distendere le gambe su di sé, mentre lo guardava sorpresa. Le sfilò l’elegante piccolo geta di lacca nero, con corda rossa e trafficando con le maniche dello yukata trovò un barattolino che aprì e con diligenza, cominciò ad applicarne il contenuto pastoso sulla distorsione. Il silenzio fra loro era palpabile, e carico di emozioni non espresse. Shampoo era così combattuta. Non riusciva ancora a realizzare del tutto che veramente si era innamorata di Mousse, ma allo stesso tempo si la sua perenne parte razionale si rendeva conto di guardarlo rapita mentre si prendeva cura della sua malandata caviglia, con quel suo unguento tirato fuori da chissà dove. Era così bello con quello yukata grigio, su cui spiccava la lunga coda nera, e mentre era così assorto, senza occhiali, riusciva a sentire le farfalle nello stomaco e a malapena il dolore. Lo trovava bello. Forte. Ed era reale.  Aveva imparato solo in quell’ultimo periodo ad apprezzarlo, ma ne era davvero convinta. Solo, le faceva ancora strano pensare a lei e Mousse insieme. Eppure lo voleva così tanto… avrebbe voluto passeggiare con lui, prenderlo in giro mentre sicuramente non avrebbe acchiappato neanche un pesciolino o abbracciarlo durante i fuochi d’artificio dopo aver appeso i loro desideri. E invece era lì, con lo yukata sfatto e l’acconciatura ormai distrutta a farsi medicare la gamba. “Ho finito, ecco.” Le disse sorridendo. “G-grazie…” “Dovrebbe alleviare il dolore ma domani andiamo dal dottor Tofu, ok?” chiese guardandola negli occhi. Lei annuì. Si odiava quando diventava muta, ma vedere Mousse così le causava ancora scompensi. Non le mancavano troppo le continue dichiarazioni d’amore, ma quello era molto di più. La sua preoccupazione era sentita, ma soprattutto era gradita. Non aveva pensato per un attimo al dolore mentre arrancava verso il tempio, ma solo al fatto che non voleva che Mousse potesse pensare che lo stesse prendendo in giro, anche se alla fine era successo. Lei, la guerriera di Joketsukyō sconfitta da una stupida storta? Giammai. Si era trascinata per quanto velocemente poteva e quando nei pressi del tempio aveva visto che se ne stava andando si era disperata. Ma ora era lì e Mousse era riuscito a renderla felice nonostante l’inizio disastroso del loro appuntamento. Si asciugò le lacrime, risoluta, riuscì a rimettersi seduta e senti la caviglia già meno gonfia. Stava per ringraziarlo quando un boato la interruppe e una miriade di fuochi d’artificio solcarono il cielo. Non erano proprio sotto ma erano chiari ed alti, bellissimi nella loro maestosità. Si lasciarono sfuggire entrambi un “Ohhhh” di meraviglia e si scambiarono uno sguardo complice facendosi sfuggire una risatina. Certo, non era il loro appuntamento perfetto. Sicuramente dovevano ancora capirsi, e realizzare che qualcosa fra loro era realmente cambiato. E ok, non avevano visto la fiera, ma erano lì sotto il cielo di Tanabata.

Vicini. Insieme

Shampoo decise di fare il primo passo e accucciarsi contro il suo petto. Percepì il cuore a mille del ragazzo e il suo profumo, misto a quello forte dell’arnica dell’unguento con cui l’aveva accudita. Sentì il suo braccio avvolgerle le spalle. La ragazza si sentì ardita e desiderosa di rendere quella notte speciale anche se non nel modo in cui aveva previsto. D’istinto, baciò il collo del ragazzo che invitante le si era avvicinato e sentì un sussulto, un gemito soffocato di Mousse che rimase improvvisamente rigido, ma che dopo un attimo di smarrimento si girò verso di lei e con delicatezza raggiunse le sue labbra già schiuse.

Si guardarono e si sorrisero, per poi abbandonarsi in un bacio senza tempo, incorniciato da stelle e fuochi d’artificio.

 

 

   
 
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