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Autore: CrisBo    17/07/2017    2 recensioni
Bilbo era quasi sicuro di aver sentito picchiettare qualcuno alla vecchia porta circolare quella mattina. Era assai strano impuntarsi su un particolare così insignificante, specialmente in un posto come Hobbivile, brulicante di animaletti con le unghiette e uccelletti dal becco appuntito e, di sicuro, molto propensi a picchiettare. Aveva smosso il naso, proprio davanti alla teiera fischiettante sopra il fuoco acceso, e aveva guardato verso la finestra circolare sul lato sinistro della sua dimora. Si era affacciato col collo, il naso schiacciato contro il vetro, e lo sguardo attento a rovistare tra i dettagli del suo giardinetto verde.
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{ Una breve storia che riprende "Quando vedrai solo Roccia": piccola, nostalgica e senza pretese. }
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nani
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.
Presagi malvisti

Bilbo era quasi sicuro di aver sentito picchiettare qualcuno alla vecchia porta circolare quella mattina. Era assai strano impuntarsi su un particolare così insignificante, specialmente in un posto come Hobbivile, brulicante di animaletti con le unghiette e uccelletti dal becco appuntito e, di sicuro, molto propensi a picchiettare. Aveva smosso il naso, proprio davanti alla teiera fischiettante sopra il fuoco acceso, e aveva guardato verso la finestra circolare sul lato sinistro della sua dimora. Si era affacciato col collo, il naso schiacciato contro il vetro, e lo sguardo attento a rovistare tra i dettagli del suo giardinetto verde. Non aveva scorto niente di insolito se non un leprotto salterino e un hobbit molto panciuto - che rispondeva al nome di Ham Gamgee - portare il proprio figlioletto verso un roseto pullulo di vecchie api impollinatrici. Non era insolito l'idea che Ham Gamgee portasse il proprio figlioletto verso il roseto, era assai insolito che non si fosse fermato a chiacchierare davanti ad una fumante tazza di tè mentre  finivano la crostata di mele ancora calda e saporita. Aveva un discreto rapporto col Gaffiere, di per sè era un hobbit molto gioviale e dedito ad una buona parola dal tratto semplice e poco presuntuoso, non gli dispiaceva averlo intorno di tanto in tanto. Pensò di richiamarlo con un pugnetto sul vetro ma poi decise di lasciare intimo il momento tra padre e figlio, nonostante non ci fosse niente di meno paterno che tentare di acchiappare le api a mani nude, ritornando sui suoi passi e riprendendo proprio dove si era interrotto.
Tazza di tè con dei buoni biscotti al burro infarciti di chicchi di cacao scuro e ricoperti di zucchero glassato. 
Andò a sedersi sulla sua comoda e umile sedia, si posò un tovagliolo merlato sopra le gambette e prese ad annusare l'odore di erbe del suo infuso mattiniero.
Ma quando si ritrovò ad addentare il biscotto venne invaso, ancora, da qualcosa che lo fece stranire. 
Si sistemò meglio sulla sua sedia, si schiarì la voce come se fosse pronto a interloquire con qualcuno di qualcosa di molto importante, poi girò un paio di cucchiaiate nella sua tazzina decorata e tornò a guardare la sua tavola.
Non era molto imbandita; c'erano ancora delle mappe lì sopra, un paio di porta biscotti, delle tovagliette circolari, un pennino e un vecchio libricino quasi giunto al proprio termine di lettura. Niente di insolito, insomma.
Eppure una spina lo stava crucciando. Una spina invisibile, qualcosa che non riusciva proprio a togliersi da sotto la pelle. Non gli capitava mai di alzarsi con quella sensazione. Non gli capitava nonostante tutto ciò che era successo anni prima. Ne erano passati tanti, forse anche troppi a dir la verità, molte cose erano cambiate e molte cose sarebbero cambiate ancora e questo, cosa che in cuor suo sarebbe sempre stato un po' strano, non lo spaventava più. Ormai non era più il rispettabile Bilbo Baggins della Contea, era diventato una sottospecie di zimbello, uno a cui non dare troppo peso, uno bravo solo a raccontare storie assurde sui Draghi, sugli Uomini del Lago, sugli Elfi dei bosci, sui nani.
I nani. 
Pensava a loro così tanto spesso che, era sicuro, di non averli mai abbandonati del tutto. Non gli importava se ormai la Contea gli sembrava quasi stretta, per quanto la amasse, o se non era più benvisto da alcuni della sua città. Lui li rivedeva ogni qualvolta era costretto ad accendere il camino per via del troppo freddo, o vedeva del fumo in lontananza farsi strada tra la luce pallida di una notte silenziosa. Li rivedeva ogni volta che vergava su quel papiro ingiallito i tratti di una storia che non avrebbe mai dimenticato. Andata e Ritorno. Pensava di non essere mai davvero tornato indietro, da quel viaggio. Che una parte di lui, quella Tucchica, fosse troppo arzilla per essere sopita. Voleva rivedere le Montagne, voleva sentire ancora i canti rocciosi di quei nani così bislacchi e rumorosi, voleva vedere il Fiume scorrere oltre le Terre Selvagge e sentire l'odore dei Boschi degli Elfi. 
Ma c'è qualcos'altro che ti tiene ancorato lì, non è vero Signor Bilbo?
Qualcosa che non hai mai detto neanche a Gandalf, neanche quando i suoi occhi hanno perlustrato i tuoi così attentamente da aver fatto un'immensa fatica a non parlare. Qualcosa che, nel profondo, giaceva luminoso e sibilante dentro il taschino di un panciotto giallo e che lo richiamava come un piccolo orpello affascinante. Non pensava di avere su questo la stessa ingordigia che aveva avuto Thorin con l'Arkengemma. La sua era più una sorta di devozione. Una possessione più genuina. Un tesoro piccolo, segreto e silenzioso. 
"Perché sto pensando a Thorin?" Si ritrovò a sussurrare da solo, nella stanza, sbattendo le palpebre.  Finchè un fischio acuto non lo fece sobbalzare di colpo, finendo quasi per rovinare a terra dalla sorpresa. 
La teiera stava soffiando via aria calda dal boccuccio ricamato. Un fiotto quasi inviperito. 
Si ritrovò a saltellare fino ai fornelli per spegnere il fuoco in tutta fretta e tirar via la teiera. 
Eppure gli sembrava di averlo fatto poco prima, com'era possibile che quella mattina fosse così rincitrullito?
Drizzò la schiena, soffiò via un bel sospiro e si piantò le mani sui fianchi già pronto a riprendere il controllo. 
C'era qualcosa di fastidioso che lo pungolava.
Come la tua Pungolo, ricordi signor Sottocolle?
E non aveva intenzione di farsi rovinare una così bella giornata primaverile per delle sensazioni che non avevano nè capo nè coda. 
Prese il proprio panciotto, dette una morsicata veloce ad uno dei suoi biscotti burrosi e uscì di casa con tutta l'intenzione di liberarsi la mente. Non aveva idea di che cosa fosse che non andava in quella giornata. Era tutto come sempre. Il sole alto nel cielo faceva brillare i campi di alcuni Hobbit del vicinato e l'odore dei germogli in fiore sovrastava ogni cosa; c'erano le buche dei leprotti ai lati dei sentieri e gli uccelli cantavano allegri sopra le fronde degli alberi, nidificando e omaggiando l'arrivo delle stagioni calde. Già si stava immaginando sotto una bella Quercia secolare a farsi una dormita fumando un po' di buona erba pipa, mentre il canto della natura alleggeriva la mente con i suoi suoni dolci. Salutò con una mano il Gaffiere e quello ricambiò con allegria - la stessa cosa fece il figlioletto educato - prima di svoltare verso sinistra e sorpassare alcune case.  
Improvvisamente gli tornò alla mente il carretto di Gandalf. 
Per qualche insolita ragione si ritrovò a pensare che lo stesse aspettando, proprio dietro il Sentiero verso il ruscello Urabai, pronto ad acchiapparlo per il colletto e dirgli che c'era bisogno di lui. Ancora una volta. Di uno Scassinatore potenzialmente onesto. 
Ma quandò svoltò non c'era nessuno Stregone ad aspettarlo, vide solo un branco di bambinetti intenti a giocare tra loro e qualche donna hobbit occupate a potare le piante cresciute troppo oltre gli steccati. 
Provò quasi delusione, qualcosa di molto simile ad una speranza svanita con uno schiocco di dita. Era quasi sicuro che gli si leggesse in volto quindi, ripulita la conca della sua pipa obluga, riprese a camminare verso il mercato con un sorriso salubre e l'aria di chi non aveva proprio niente di anomalo.  Salutò qualche altro amico Hobbit, si mise a parlare con Robin, un Hobbit un po' scontroso, che lo mise in guardia su alcune dicerie delle Terre vicine. A quanto pare c'erano un po' di disordini dovuti a stranieri viandanti, oltre il fiume Brandivino, e quando Bilbo chiese di quali disordini stesse parlando quello si congedò con un "Non sono affari miei. Io non so mai niente qui. Io penso solo ai miei ortaggi e chi s'è visto s'è visto." Quello non era molto anomalo, alcuni Hobbit avevano preso a parlare a vanvera dopo quella sua avventura verso Erebor. Da quando era tornato ne aveva sentite di tutti i colori, e non era per niente certo che questi fantomatici "colori" erano poi così veritieri. A elencare i più mportanti c'era stata: potente precipitazione oltre la terra di Buck dovuto ad un nidolo di uccellacci neri come pipistrelli, siccità anomala invernale, Chianarana colpita da sfortuna in quanto le fragole crescevano più piccole del normale, via Saccoforino invasa da uomini con scimitarre e l'alito puzzolente. Non c'era niente di vero in quelle storie tranne che quella di via Saccoforino; c'era stata un'invasione, sì, ma non di uomini ma di Hobbit, un gruppo di Hobbit ubriachi come mandrilli in preda ad una festività talmente esuberante che avevano fatto un gran baccano per tutto il villaggio, un'intera notte. A loro dire erano stati colti da voglia di far festa - venivano tutti da Tucboro. Bilbo era quasi sicuro di aver visto in mezzo a loro anche il Conte, intento ad omaggiare qualcosa per qualcuno, alzando boccali e cantando canzoni a squarciagola. 
Riprese a camminare un po' più stizzito. Non aveva voglia di sentir parlare di disordini, in quel momento, stava cercando di liberare la mente da quei pensieri. Non capiva perchè, proprio ora, si erano palesati così pressanti e così corposi, quasi tangibili. Quante volte aveva pianto ripensando a ciò che era accaduto a Collecorvo? Ciò che aveva visto? E quante volte era stato preso da magone nostalgico ripensando all'avventura coi Troll? L'Ultima Casa Accogliente? Quanto aveva sognato quei ruscelli e i canti degli Elfi? E i sentieri? Il cibo di Beorn? Bosco Atro, addirittura? 
Si piantò una mano sul petto e si sorprese a vedere come batteva all'impazzata.
Erano passati tanti autunni ormai, ricordava di loro tramite i ricordi, tramite i piccoli regali, tramite la sua parte del Tesoro. Quanto si divertiva a raccontarlo ai suoi nipotini, alle nipotine, e a quello che più di tutto lo ascoltava con allegria, il piccolo Frodo? 
Gli venne un'improvvisa voglia di andarlo a trovare dai Brandibuck ma poi decise che non era proprio il caso. Quel giorno era turbato. Era turbato per qualcosa che lo pungolava e non riusciva a capire cosa fosse e, di certo, non avrebbe voluto che quel piccolo Hobbit lo notasse. Frodo era arguto, lo avrebbe notato, quel piccolino notava cose che ad altri sfuggivano. Lo aveva visto nei suoi occhi quando gli aveva raccontato di Smaug. 
Io sono fuoco.
E lo aveva previsto, prima che lui stesso lo dicesse, che l'Arkengemma dei Nani l'aveva trovata. Lo aveva visto nei suoi occhi. Lo aveva additato, dicendoglielo. "Bilbo, tu ce l'hai sempre avuta vero?" E lui aveva sorriso. 
Io sono morte.
Ma ora non riusciva a sorridere. Non gli piaceva ricordare gli ultimi momenti con Thorin. L'unica cosa a cui si aggrappava era un sorriso. Il suo sorriso addolcito davanti a quella ghianda. Si era ripromesso
Glielo avevi detto tu, Baggins-Idiota.
che l'avrebbe piantata nel suo giardino e l'avrebbe vista crescere, ritornando sempre col pensiero a quel viaggio. Ma non l'aveva mai piantata, non c'era riuscito, forse non voleva riuscirci. Qualcosa lo bloccava, qualcosa che non si spiegava. Si era ripromesso di pensarci una volta che avrebbe finito la sua storia ma non era sicuro che sarebbe stato abbastanza coraggioso da farlo davvero. Tornare sui suoi passi. Oh, Gandalf lo avrebbe di certo bastonato per questi pensieri così futili e privi di spessore. Ma in fondo lui non era questo? Solo una piccola creatura in un vasto mondo? Sentiva che anche i suoi pensieri erano piccoli, in fondo.
"Bilbo, Signor Bilbo Baggins?" Una voce lo richiamò. Era una giovane hobbit, molto più giovane di lui per quanto nessuno lo avrebbe mai potuto dire, tranne chi era a conoscenza della sua vera età. Nonostante fossero passati tanti inverni lui dimostrava gli stessi anni di quando lasciò la Contea. Non uno in più non uno in meno. Tutti lo avevano notato ma, visto che la cosa era così assurda da non trovare spiegazione logica, evitavano bellamente di farsi domande. Di certo pensavano che avesse fatto qualche manicaretto con quegli Elfi Immortali ma, in fondo, chi avrebbe potuto dirlo? 
"Oh May, buongiorno."
"Non molto buon questo giorno, signor Bilbo. Ho fatto un piccolo, minuscolo, insignificante disastro."
"Se è così piccolo, minuscolo e insignificante perchè tieni quell'aria crucciata sul volto?"
"Ho perso le galline."
"Come, scusa?"
May non era una cattiva hobbit, proprio per niente. Era molto solare, di buon cuore, pacifica e pronta alla risata. Ma  di tanto in tanto capitava che la sfortuna la cercasse. E la trovasse. Era figlia di un vecchio amico dei Baggins, il caro vecchio Hobson, l'aveva vista crescere per così dire. Non che fossero in molta confidenza, ma anche  a lei piaceva ascoltarlo parlare dopo che era tornato nella Contea e la sua presenza lo metteva di buon umore.
"Come hai fatto a perdere le galline?"
"Bella domanda. Mi sono girata giusto un attimo, un piccolo attimo, un leggerissimo attimo e poi - puf - sparite. Credo si siano sparpagliate. Avranno sentito un presagio funesto? Le galline possono sentire i presagi funesti?"
"Questo lo dubito ma non ti crucciare, le troveremo. Tuo padre non si arrabbierà poi così tanto, in fondo sono solo galline."
"Non sono solo galline." Quella sgranò gli occhi, piantandosi le mani sulla faccia. Sembrava davvero tormentata. "Sono le galline. Quelle galline. Io so di per certo che scappano quando sentono qualcosa di anomalo, sapete no signor Baggins? Come se sentissero l'arrivo di qualcosa."
Bilbo annuì lentamente. Non aveva voglia di sentire altre storie funesti, per lo più su delle galline migratrici. 
"Insomma mio padre le sta ingrassando, credo che addirittura si sia affezionato. Non voglio recargli altro dispiacere, già gli ho perso il ciuco."
"Il ciuco?"
"Sì, e due maiali l'inverno scorso."
"Come si fa a perdere due maiali?"
"Non lo so!" Squittì lei, agitando le mani per aria. "E' come perdere qualcosa che, insomma, prima ce l'hai lì e poi non ce l'hai più. Non vi è mai capitato Signor Bilbo? Perdere qualcosa? Un oggetto anche, solo perchè magari, non lo so, eravate disattento?"
O stavate scappando da dei ragni gigantesci in una Foresta Malata?
"Mh-no. No." Bilbo sorrise, ci provò almeno, piantandole la mano sopra i capelli ricci. "Dai su, andiamo a cercare queste galline. Sarei dovuto andare al mercato ma-"
"Oh grazie signor Bilbo, non lo dimenticherò. Siete il mio salvatore."




Come salvatore di galline si dimostrò molto abile. Ritrovarono tutte e sei le galline nell'arco di tempo di due ore, alcune si erano piantate nell'orto di qualche altro campo, altre avevano deciso di fare baldorie vicino ai campi fioriti e una, solitaria, era indecisa se andare di qua o andare di là. E alla fine era stata pescata nel suo attimo più indeciso, da due mani leste, le sue mani leste. Non era per niente un segreto che gli Hobbit fossero creature molto silenziose, così silenziose da non farsi sentire neanche dalle galline a quanto pare.
"...e così ho salvato Romina, l'ultima, proprio mentre stava decidendo se venire a comprare due patate proprio da te, signor Moro."
"Ah- Bilbo, voi mi fate schiantare."
Il signor Moro usava sempre termini un po' troppo esuberanti. Non sapeva bene se prenderla bene o male, ogni volta che parlava con lui.
"Il massimo delle mie avventure ultimamente si limitano a queste."
"Non tormentatevi, Bilbo Baggins, c'è molto onore a salvare il bestiame."
Bilbo fece un sorriso stinto prima di pagare con due monete alcuni ortaggi freschi freschi. Se li era già messi sotto braccio, sorridendo sotto il primo sole del pomeriggio, guardando il banchetto del signor Moro Rintanati. Quell'Hobbit era poco più vecchio di lui, ma solo d'aspetto, coi capelli biondi paglierino e un panciotto rosso rosso come una mela matura. 
"Ma voi ormai siete abituato a salvare nani e Oro e Umani dalle gambe Lunghe e l'animo commerciante, no?"
"Non sono più così abituato, ormai mi sto accasando."
"Voi siete sempre stato accasato, ma poi avete scoperto che muovere i piedi e sentire altri profumi diversi da questo non è poi così male, no?"
Bilbo si immobilizzò a guardarlo. In effetti era sempre stato l'Hobbit più abitudinario della Contea, se poteva azzardare. Il lato Baggins più puro, quello da una giornata piena di impegni, piena di pranzi, piena di pennichelle, piena di pipa, sguardi al tramonto e pensieri non molto più pericolosi del "devo andare a innaffiare le piante." 
Era proprio vero che bastava un niente, una briciola, prima che qualcosa cambiasse per sempre. Lui era stato un sassolino, il primo sassolino che aveva predetto una valanga e quella valanga lo stava travolgendo ogni giorno, ogni singolo giorno da quando era tornato a casa. Ogni volta che accarezzava l'Anello, ogni volta che tingeva il pennino con la china e scriveva la sua storia. 
E, di nuovo, sentì qualcosa pungolarlo proprio all'altezza del petto. Un fastidiosissimo spillo che non riusciva a togliere. 
"Tutto bene? Sei diventato bianco come un cencio, Bilbo. Vuoi che ti porto da bere l'infuso della mia signora? Ti avverto però, poi ti fa andare al bagno almeno dieci volte di seguito, è peggio di un veleno."
"Oh no, grazie Moro, sono a posto così. Credo che andrò a rifocillarmi lo stomaco con qualcosa di più sostanzioso di un infuso. Credo che la mancanza di cibo mi stia facendo un brutto effetto quest'oggi."
"Mai saltare le colazioni, i pranzi, gli spuntini, le cene -"
Qualcosa attirò l'attenzione di Bilbo proprio mentre Moro stava elencando tutti i periodi della giornata in cui era consono mangiare, qualcosa di insolito, qualcosa che non poteva essere. 
Un cappello.
Non che ci fosse qualcosa di anomalo in un cappello, molti Hobbit ne indossavano di diversi e lui stesso ne era pieno di cappucci, copricapi pagliosi e bendaggi para-sole ma quel cappello aveva tutta l'aria di ricordarlo troppo bene. Era fatto di pellaccia dura, imbottito da della lana calda di un colore che ricordava
la roccia
la terra, e si apriva ai lati come due ali di un'aquila rampante. Era identico al cappello di Bofur. E se ne stava lì, appeso ad un gancetto su una bancarella di cianfrusaglie varie, come un vecchio cimelio di guerra che qualche nobile avventuriero ha indossato con onore. Ma non poteva essere il cappello di Bofur, non era possibile, era infattibile, improbabile, inammissibile. 
"- e anche lo spuntino di mezzanotte dopo la mezzanotte, quella tra un quarto all'una e le due sonanti, per non parlare del biscotto della buonanotte che-"
"Signor Moro, voi sapete qualcosa su galline e presagi?"
"Come, scusa?"
Bilbo aveva gli occhi di fuori. Ritornò a guardare verso il cappello e s'accorse che non era propiamente come quello di Bofur. Anzi, a dir la verità, non ci assomigliava affatto. Era d'un verde stinto, i due lati esposti non andavano verso l'alto ma erano bassi e penzolanti e non c'era nessuna imbottitura, anzi sembrava molto più leggero, e molto più piccolo. La sua mente gli stava facendo degli scherzi che proprio non gli piacevano, era giunto il momento di mettere qualcosa nello stomaco. 
"No niente, credo sia arrivato il momento di tornare a casa."
"Non fumate troppo mastro Bilbo, vi aspetto domani a casa mia e della mia signora per una bella tazza di tè. Sempre se non avete altri impegni."
"Grazie dell'invito, cercherò di esserci."
Sorrise, girò la schiena e prese a camminare lesto verso il sentierino che portava verso il Colle, sorpassando una flotta di Hobbit intenti a parlare concitati di qualcosa che riguardava Brea. Non ci diede troppo caso, voleva solo tornare a casa e passare quella giornata senza avere altri più pensieri.
"Ah Bilbo, le galline quando scappano non è a indicare l'arrivo di un presagio. Ma l'arrivo di qualcuno." Urlò Moro dietro di lui.
Bilbo per poco non si strozzò con la saliva.





Non tornò subito a casa, decise di passare per il boschetto vicino al torrente per riposarsi. Non che fosse stanco ma aveva bisogno di mettere in ordine i pensieri. Che ci fosse qualcuno in arrivo davvero? E allora perchè sentiva quella sensazione di fastidio? Come un tassello fuori posto? Non capiva; non era la prima volta che qualcuno veniva a fargli visita, anche se era sfrontato da parte sua pensare che ci fossero stranieri venuti lì per lui, ma era sicuro che quella giornata stesse cercando di dirgli qualcosa. Qualcos'altro. Più volte Gandalf era passato da Casa Baggins, addirittura gli aveva promesso che sarebbe tornato a trovarlo con i suoi vecchi amici della Compagnia di Thorin Scudodiquercia, ma non era ancora successo e più passava il tempo e più pensava che non sarebbe successo mai. Ormai i nani avevano le loro vite, probabilmente alcuni di loro erano diventati troppo vecchi per intraprendere un viaggio del genere, magari alcuni non avevano voglia di tornare a trovarlo. In fondo ricordare Bilbo sarebbe stato come ricordare tutta quell'avventura, non solo le cose belle ma anche quelle brutte, specialmente quelle brutte. Chi poteva biasimarli? E poi non voleva disturbarli alle loro vite, non aveva mai pensato neanche di scrivere loro una lettera, pensava che il modo migliore per ricordarli fosse quello di scrivere una storia che, poi, avrebbe tramandato ai suoi parenti, ai suoi nipoti. Chiuse gli occhi e appoggiò la testa ricciuta sulla corteccia scura dell'albero su cui era appoggiato, intrecciò le dita sopra il panciotto e respirò lentamente. Il suono del torrente che scrosciava sulle pareti di terra era così piacevole che riuscì a non pensare a niente per un bel pezzo. Gli serviva poco per riuscire a liberarsi dai pensieri, per fortuna, in fondo non era così difficile prendere pace solo per un momento, un solo momento.



 
*



 
"Ehi svegliati pelandrone, dobbiamo andare."
Bofur lo picchiettò sulla testa. Era più giusto dire che gli bussò sopra la testa. Bilbo aprì gli occhi scocciato, cercando di scacciare via la sua mano.
"Perchè? E' già così tardi? Ma è ancora buio."
"Non è buio, sei tu che hai ancora gli occhi chiusi."
"Ah, giusto."
"Dai, gli altri ci stanno aspettando. Non mi piace molto l'idea che rimani indietro, non sei molto veloce." Bofur fece un sorriso docile cercando di rialzarlo per un braccio.
"Ma non ho salutato gli Elfi, e poi sono veloce io, sono un ottimo corridore e posso correre ovunque."
"Non possiamo salutare gli Elfi, stiamo andando via in maniera non proprio, ecco, rispettosa."
"Perchè?" Bilbo guardò Bofur con occhi stralunati, ancora pieni di sonno. "Ma sire Elrond e-"
"Sht. Gandalf ci ha detto di andare, non vogliono farci proseguire e tu caro mio" gli piazzò lo zaino sulle spalle mentre prese a tirarlo per una manica "più stai qui e più ho paura che non te ne andrai. E noi abbiamo bisogno di te."
"Cos- aspetta, Bofur, un secondo. Acciden-" incespicò su qualcosa ma riuscì a restare in equilibrio. "Perchè- perchè dici così?"
Bofur non rispose. Lo fissò con un sorriso più bonario e lo sguardo di uno pregno di pensieri inespressi. Bilbo continuò a fissarlo con un magone nel cuore non da poco. Non gli piaceva l'idea di essere preso come un vigliacco, di uno che sarebbe rimasto agiato, nella vita comoda, mancando alla propria parola. 
Ma in fondo così si sentiva, ogni qualvolta si pentiva di essere uscito dalla porta di casa.
"Oh Bilbo, non ascoltare questo grullo, non sa usare bene le parole." Berit spuntò da chissà dove, dietro le sue spalle, e per poco non gli mancò un battito. "Vuole dire che gli mancheresti molto se tu decidessi di restare con gli Elfi, piangerebbe come una femminuccia per tutto il viaggio, singhiozzando, frignando e smoccolando."
"Ma smettila, citrulla, non piangerei io." Si lagnò Bofur, già rosso in volto.
"Tutto il muco giù dal naso e la faccia da Elfo bastonato, nnwwgghh nwwwgghh Bilbo Bilbo ooh, mi manchi Bilbo, torna da noi." Berit sogghignava mentre faceva il verso all'altro nano. 
Bilbo era rimasto un po' stralunato a guardarli ma, d'altro canto, trovava quella scena assai divertente.
"La vuoi piantare? Sei tu che piangeresti!" Bofur le dette una pacca sulla fronte prima di avvolgerle le spalle con un braccio, tirandola verso di sè.
"Io? Io? IO?" Berit sembrava essersi offesa. Ma poi si voltò a guardare Bilbo, sorridendo in maniera dolce, o almeno così a Bilbo sembrò. "Sì, piangerei. Non voglio neanche pensare a quando ci lascerai per tornare a casa." 
Bilbo arrossì di botto.
Nessuno gli aveva mai detto qualcosa del genere, neanche i suoi parenti. In fondo che motivo c'era di mancare a qualcuno che vedeva tutti i giorni? Non aveva mai pensato che, un giorno, li avrebbe lasciati davvero e che, quel giorno, sarebbe stato il più brutto della sua vita. Che fosse presto o tardi, non averli più intorno non sarebbe stato così facile. Guardò Berit e Bofur spintonarsi, ridendo, prima di guardare verso la Compagnia che li stava aspettando nascosti in una rientranza, nella roccia. Thorin capeggiava gli altri e quando lo vide sorrise, illuminato dalla luce della luna.
"Ora che ci siamo tutti, possiamo proseguire."



 
*




 
Bilbo si svegliò di soprassalto. 
Era già sera, le luci delle abitazioni erano state accese e le stelle presero a brillare pallide sul manto scuro. Prese in mano i suoi ortaggi e cominciò ad arrancare verso casa Baggins. Aveva le guance umide, era quasi sicuro che avesse pianto durante quella dormita, e si limitò a ripulirsi le palpebre con le nocche mentre sviava verso via Saccoforino. Ma poi si bloccò di colpo. Delle luci. Luci.
Dentro la sua abitazione il camino era stato acceso. Vedeva le fiammelle creare dei riverberi ondeggianti sulle finestre. Affrettò il passo e per poco non perse tutte le carote, che ancora teneva sottobraccio. L'ultimo pezzo di strada lo consumò correndo come un forsennato prima di oltrepassare il cancelletto e ritrovarsi davanti alla porta circolare della sua abitazione. Sentiva dei suoni provenire dall'interno e il cuore gli prese a battere all'impazzata. 
Qualcuno era venuto davvero. Era lì per lui. Qualcuno che aveva scoperto dell'Anello.
Se avesse aperto la porta avrebbe trovato dei banditi pronti a legarlo, imbavagliarlo e ucciderlo, forse, pur di sottrargli quel tesoro. Il suo tesoro. Era intenzionato a girare i tacchi e svignarsela quanto più lontano possibile ma, per quanto quel pensiero lo travolgesse, non si mosse d'un passo. Anzi, allungò il collo per cercare di sentire meglio il vociare all'interno. 
Parlavano concitati, chiunque stesse parlando. Li sentì addirittura ridere. 
Si voltò prima a destra e poi a sinistra, magari qualche Hobbit nelle vicinanze aveva visto qualcosa e poteva avvertirlo. Ma non c'era nessuno, la strada era deserta. 
Prese un respiro profondo e si armò di tutto il coraggio che aveva perduto, andando subito a spalancare la porta.
Un potente odore di cibo lo invase. C'era anche della birra. E un calore innaturale.
"Oh, ben arrivato Bilbo Baggins, ti stavamo aspettando."
La voce di Gandalf prese piede dentro l'abitazione e gli occhi di Bilbo lo guardarono come se fosse un'ombra apparsa dal nulla, tanto era la sorpresa. 
"Ahia, lo vedo bianco." Disse Dwalin, affacciandosi.
"No ma che bianco, è sempre giovane." Quello era Ori.
"No, ma è bianco, bianco come un lenzuolo, sta per vomitare!" Dori si mise le mani in faccia.
"Non sta per vomitare, tieni mangia questo!" Bombur allungò un pezzo di maiale salato davanti alla sua faccia.
"Quello era mio!" Nori sbuffò.
"Eh piantala che sei diventato grasso come un Troll di caverna." Fili lo punzecchiò. 
"Mhngw." Grugnì Bifur.
"Non è un Troll di Caverna, è Bilbo, non sono diventato anche cieco!" Squittì Oin.
"Oh per la mia barba, Gandalf, credo stia per svenire." Gloin si piazzò davanti a tutti.
"Ragazzo mio, in effetti sei un po' pallido." Balin  lo guardò preoccupato.
"Bilbo quante dita vedi?" Bofur gli piazzò davanti trilioni di dita.
O almeno fu quello che Bilbo vide prima svenire. 












Note: Ma buongioooooorno! Sono troppo contenta di essere tornata a scrivere di Hobbit e di nani, vi dirò la verità VERA. So che tempo addietro ( ormai sono passati decenni per me)  avevo detto che avrei continuato la mia vecchia storia ma poi, pensandoci, ho deciso di non farlo più. Contrattempi della mente. Però, essendomi tornata la nostalgia, mi sono permessa di fare un piccolo punto di quella storia, volevo sapere anche io che fine avessero fatto tutti e così ho deciso di scrivere questa storiella ^_^ Sarà molto breve, non penso più di cinque capitoli se non meno, giusto per ritornare un po' a quel ricordo <3 Vi ringrazio enormemente se siete arrivati fin qui a leggere, per me è sempre un piacere, ed è sempre un'emozione tornare qui, specie in questo fandom dove tutto è cominciato. Mi mancava troppo. Vi lascio un saluto, un abbraccio e spero che la storia vi piaccia, piaciucchia, insomma ecco sì! 
pps. non ho la più pallida idea se le galline sono portatrici di presagi ma, perchè no? Io dico di sì! E via. 

 
  
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