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Autore: FreWolfie5    17/07/2017    1 recensioni
[Disney Descendants]
Vi serve perfino la trama adesso? Beh, che posso dire. Io sono Gabby e questa è la mia storia. Posso assicurarvi che stavolta quello che state per leggere su di noi, i cattivi ragazzi, non sarà vittima di nessun tipo di menzogna da parte dei buoni. Questo giro saremo noi a stabilire le regole. Siete pronti a giocare?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se solo avessi conosciuto il significato della parola "amore", avrei dichiarato il mio amore alla foresta. Ogni sera mi addormentavo in un posto diverso guardando le stelle. Il mattino seguente, tutto attorno me sembrava mutato nottetempo. Mi ritrovavo nel mezzo di un paesaggio completamente nuovo, misterioso, inesplorato. Quella mattina mi svegliai in un campo di cardi. 

L'autunno era alle porte. Le foglie secche e ingiallite iniziavano a cadere al suolo, il vento ululava fra i rami spogli e ben presto sarebbero giunte le prime piogge. Ogni cosa sembrava ferma, immobile e silenziosa. Era la mia stagione preferita. 

Me ne stetti lì fra le sterpaglie, ad occhi chiusi. Mi sentivo parte integrante della foresta. Nessuno dei miei compari mi credeva quando descrivevo loro questo tipo di sensazione, ma io ero convinta che quel posto avesse un'anima propria. Quando ero piccola, immaginavo un enorme cuore pulsante nelle profondità della terra, avvolto dalle radici di alberi centenari. Mi piaceva pensare che seguisse lo stesso ritmo del mio e che insieme battessero all'unisono, come una cosa sola. L'unico a non aver mai riso della mia brillante teoria era mio padre. Quando glielo raccontai per la prima volta, ne rimase affascinato. Ora che non c'era più, a volte mi pareva di sentire anche il suo di cuore, come se si fosse fuso con ogni roccia, ogni filo d'erba ed ogni singolo cespuglio presente. Sentivo la sua voce nell'aria.

Decisi finalmente di alzarmi interrompendo quel magico contatto, anche se solo in parte. Non avevo mai detto a quelle carogne di Aaron, Rose e Jaymel quanto veramente mi mancasse mio padre. Sapevano che per me era ancora un tasto dolente, perciò non osavano chiederemi nulla. Da parte mia, non lasciavo trasparire alcuna emozione. Non sono certo debole o sentimentale! 

Solo una cosa non rimaneva affatto un mistero: un giorno mi sarei vendicata di quell'assassino. Il cacciatore aveva i minuti contati. Come poteva quell'essere così spregevole andarsene in giro tranquillo dopo quello che aveva fatto? Era inaccettabile! Andava addirittura in giro a vantarsi con i suoi amichetti "buoni" della sua grande impresa. "Ho ucciso la bestia selvaggia con le mie stesse mani. Ho vinto da solo il terrore dei boschi!", questo diceva alla gente. Ovviamente, quel branco di idioti non faceva che acclamarlo come un paladino della giustizia, solo perché aveva salvato una vecchia decrepita ed una mocciosa talmente odiosa, che la madre ha dovuto spedirla nella foresta per cercare di liberarsene una volta per tutte. C'era quasi riuscita, povera donna. 

Con questi rilassanti pensieri pieni di odio, presi le mie sembianze animali e sfrecciai verso casa di Jaymel. Relativamente, Rose e Aaron abitavano più vicino, ma andare prima dal principe delle nevi aveva i suoi vantaggi. Per prima cosa la strada era lunga e tortuosa. La bufera gelida era l'ideale per darsi una bella svegliata e incespicare nella neve fresca scalando le montagne ghiacciate con gli artigli era un ottimo esercizio mattutino. Secondo: se non avessi trascinato fuori a calci Jaymel dalla sua solitudine, probabilmente non si sarebbe mai sognato di mettere piede nel mondo esterno di sua iniziativa. 

Lui era fatto così, del tutto indifferente. A malapena sapeva cosa volesse dire vivere. Dedicava la maggior parte del suo tempo ad inutili e noiosi studi. Era in grado di assorbire nozioni di ogni tipo, più o meno complesse. Era un vero e proprio secchione. Eppure faceva sembrare il tutto una cosa da niente. Per lui non era altro che un modo come un altro per tenersi impegnato. Il suo diletto, come lo definiva lui. Non si vantava mai della sua intelligenza o della sua innata bellezza, nè tantomeno del suo titolo nobiliare, come invece faceva Rose. A lui non interessava che cosa pensasse la gente. Sospettavo che nemmeno fosse a conoscenza di queste sue straordinarie ed invidiabili qualità. Semplicemente agiva in maniera passiva, senza fare nulla. 

Rendeva sempre note le sue opinioni sul mondo o sulle persone, ma ignorava che anche gli altri potessero avere un'idea propria, magari differente dalla sua. Si percepiva come intoccabile, si sentiva autorizzato a sputare sentenze e dare giudizi affrettati o fin troppo severi senza ascoltare mai nessun altro se non se stesso. Da una parte, la sua completa assenza di tatto era un vantaggio per me. Se mi avesse vista turbata, o peggio, se mi fosse sfuggita qualche parola di troppo, lui non se ne sarebbe minimamente preoccupato. Avrebbe evitato del tutto la sfera emotiva e non avrebbe cercato significati profondi dietro ai miei gesti, ma li avrebbe interpretati in maniera del tutto oggettiva, rigida e razionale. Dubito anche solo che se ne sarebbe accorto e, anche se fosse successo, se ne sarebbe rimasto lì zitto. Avrebbe avuto un'aria confusa e si sarebbe limitato a dire qualche stupidaggine come per esempio: "Hai cambiato espressione". Per Jaymel non esistevano altre risposte, i sentimenti non erano altro che alterazioni del viso, mutamenti facciali momentanei. A me andava bene così, almeno non avrebbe finto di capire, come invece facevano tutti gli altri. 

Giunsi finalmente al castello, tornai umana e spalancai le porte senza nemmeno bussare. Passai per la sala del trono, la parte più inquietante della reggia. Quell'enorme coso occupava un'intera parete e si trovava esattamente al centro della stanza. Decisi di procedere oltre e percorsi velocemente il giardino delle statue. Lì incrociai la pardona di casa, in tutta la sua glaciale avvenenza. Era intenta ad ammirare le sue meravigliose sculture di ghiaccio raffiguranti intere folle urlanti in preda alla disperazione. Migliaia e migliaia di figure umane a grandezza naturale, di ogni età e tipo. Passeggiava lentamente nella neve, il suo mantello candido lasciava leggeri solchi nel terreno. Accarezzava le sue creazioni una ad una con estrema delicatezza ed uno sguardo nostalgico. 

-Salve, sua maestà- 

la salutai. Ci teneva alla sua corona, a differenza del figlio. 

-Oh, ma guarda un po' qui chi è arrivato al mio palazzo e per di più senza invito! Il tuo stile è impeccabile come sempre, Gabrielle, cara- 

si complimentò.

-La ringrazio. Oggi mi pare più fredda del solito, sa?-

-Pure abile lusinghiera ruffiana. Vedo che ti hanno fatto bene tutti quegli anni da eremita nella foresta-

-Beh, mi hanno allevata i lupi dopotutto-.

In parte ciò era vero. Alla mia nascita, mio padre mi lasciò sola e priva di risorse nel bel mezzo della selva a notte fonda. Fui accettata facilmente dai lupi e divenni subito parte del branco. I lupi mi insegnarono come cacciare, sopravvivere, lottare. Le lupe erano fra le più temerarie e toste all'interno del branco, perfino i maschi le rispettavano e ne avevano timore allo stesso tempo. Una volta vidi alcune di loro affrontare un orso bruno, uno spettacolo incredibile! Se provocate, le femmine diventavano vere e proprie macchine da guerra. I cuccioli rigavano dritto in loro presenza e obbedivano rigidamente. A soli sette anni, sfidai l'alfa del gruppo, una lupa per l'appunto, e mi guadagnai il suo titolo con onore. Quando papà mi vide tornare a capo del gruppo, era colmo di orgoglio. 

La Regina delle nevi tornò a fissare il proprio sguardo verso la statua di uomo con la bocca spalancata, come nel bel mezzo di un grido raccapricciante. 

-Non sono stupende?-

domandò 

-Sono davvero fantastiche-

confermai

-Mi mancano i bei vecchi tempi in cui le mie sculture erano fatte di vere vittime anzichè volgari copie come queste-

sospirò tristemente, riducendo la statua in briciole con un unico tocco.

-Ad ogni modo, quale cattivo vento ti conduce qui, cara?-

-Nulla di che. La mia non è di certo una stupida visita di piacere, sono venuta a tormentare Jaymel contro la sua volontà. Lo infastidisco costringendolo con la forza a fare cose che odia-

spiegai 

-Magnifico! Apprezzo la pessima influenza che hai su mio figlio, Gabrielle-

gioì la regina. Almeno credo fosse felice, il suo viso era costantemente impassibile. 

-Non si preoccupi, ci penso io alla sua piccola canaglia-

la rassicurai, incamminandomi verso la camera di Jaymel.

Come al solito, era intento a leggere e trascrivere i propri appunti su un mucchio di fogli odiosamente in ordine.
Da brava amica, glieli levai di mano e li buttai in aria spargendoli per tutta la stanza. Alcuni volarono fuori dalla finestra.

-Basta perdere tempo sui libri, cervellone. Alza il culo e seguimi- 

-Non oggi, sto terminando i miei studi sulle farfalle. Creature affascinanti, ma piuttosto fragili- 

rispose

-Oh, ma che carino. Pensavi forse che fosse un invito? Alzati o ti spezzo in due- 

-Considerando la mia inferiorità muscolare rispetto alla tua, temo di non potermi opporre fisicamente al tuo volere- 

osservò il principino 

-A quanto pare le farfalle non sono le uniche fragiline nei dintorni- 

lo stuzzicai 

-Forza, vorrei arrivare da Rose entro oggi possibilmente-.

Camminammo silenziosamente verso la pianura senza scambiarci una sola parola. Come al solito, Jaymel si guardava attorno, quasi fosse appena venuto al mondo e non sapesse che aspetto abbia. Mi aspettavo che si voltasse da un momento all'altro a domandarmi in che anno siamo. Aveva gli occhi completamente rapiti da ogni singola cosa lo circondasse. Se solo non fossero stati così vuoti e opachi, sarebbe quasi sembrato un neonato. A volte lo sorprendevo a studiarmi. Ci conoscevamo ormai da anni, eppure ogni volta che mi guardava sembrava la prima volta per lui. Osservava i miei movimenti senza perdersi alcun gesto. La cosa mi innervosiva, mi toccava costantemente dirgli di piantarla. Quel giorno pareva particolarmente interessato all'effetto che la brezza produceva sui miei capelli. Sospirai esasperata 

-Jaymel, lo stai facendo di nuovo-

-I tuoi capelli sono più lunghi, li stai facendo crescere?- 

rispose, ignorandomi completamente 

-A dire il vero sì, da settimane ormai. E comunque, che differenza fa? Lunghi, corti, sono sempre i soliti capelli-

-Se diventano più lunghi o non lo sono. Sono diversi-

-Io e te ci vediamo praticamente tutti i giorni, mi spieghi perché ad un tratto ti sei fissato con i miei capelli?-

-Perché ora sono diversi, prima non lo erano- 

ribatté calmo 

-I capelli non crescono nel giro di una notte. Ammetti che non te n'eri accorto e basta! Voglio dire, capisco sia difficile confessare che ti sia sfuggito qualcosa, ma almeno così possiamo farla finita con questa assurdità dei capelli-

-A me non è sfuggito un bel niente. Prima erano più corti, ora sono più lunghi. Tutto qui- 

Era così ottuso! La sua tranquillità risultava quasi irritante. 

-E va bene! Ora i miei capelli sono più lunghi di dieci centimetri, contento? Non serve farne un problema di Stato o realizzarci un saggio scientifico sopra! Adesso smettila di fissarmi e cammina!- 

sbraitai. Lui poteva anche andare avanti con il suo atteggiamento da principino perfetto e posato, ma io non avevo alcuna intenzione di parlare dei miei capelli per tutto il tragitto. Sono un lupo, no? Se un bel ringhio era ciò che voleva sentire, allora lo avrei accontentato. Come previsto, Jaymel non ebbe alcuna reazione. Per un attimo, ebbi l'illusione di aver risolto tutto, finché quel tormento umano non tornò all'attacco. 

-Però non capisco. Di solito alle ragazze piace quando i ragazzi si accorgono dei loro cambiamenti, specie quando si parla di acconciature- 

si difese 

-Jaymel, da quanto tempo mi consoci?-

-Tredici anni, sei ore, ventiquattro minuti e due secondi. Tre adesso- 

precisò. Come faceva ad essere così distratto e attento allo stesso tempo? Dava importanza a cose del tutto assurde ed inutili, mentre sembrava cadere dalle nuvole quando si parlava di faccende ordinarie e semplici. 

-Bene, mi hai mai vista fare gli occhi dolci ad un ragazzo per caso?-

-No, mai- 

rispose in fretta, quasi fosse stato sotto esame

-E ti sembra che mi interessi qualcosa dei miei capelli?-

-Non molto- 

ammise

-Visto? Hai la tua diagnosi. Io non rientro nel tuo stupido gruppetto di cavie-

-Già, dimentico sempre quanto tu risulti un'incognita nelle mie ricerche- 

aggiunse

-Beh, ora che lo hai ricordato, smettila con le domande sceme e prosegui verso casa di Rose in silenzio!- 

gli ordinai. Quiete assoluta. 
Mentre cominciavo a scorgere il tetto della casetta di Rosie, Jaymel mormorò 

-Ti stanno bene, comunque- 

come se quella fosse la conclusione dei suoi studi approfonditi in proposito. 
Finsi di non sentire, invece capii perfettamente. 


Angolo autore 

Salve! Come andiamo? Lo so, sono sparita di nuovo, ma per dei buoni motivi. Ho finalmente concluso il mio percorso da liceale e ho affrontato la maturità! Ora che sono finalmente una donna libera, vi assicuro che avrò molto più tempo da dedicare alla storia, quindi restate sintonizzati. 
Saluti, 
Fre <3 

   
 
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