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Autore: sadShadow89    19/07/2017    1 recensioni
Durante lo scontro con i troll Bilbo viene ferito alla testa gravemente, quando si sveglia i nani scoprono con sorpresa e preoccupazione che il loro scassinatore non è più lo stesso.....dopo un incidente automobilistico Sara si ritrova in mezzo a una foresta e non ha idea di come ci sia arrivata......ma fondamentalmente Bilbo e Sara non sono mai appartenuti ai loro rispettivi mondi, anche se loro non lo sanno, non ancora almeno.
Un storia d'amore ed odio, due mondi che sono uno ma allo stesso tempo no, una Fem!Bilbo/Thorin con un Bilbo diverso dal solito. Non credo che ci sia molto altro da dire se non: Buona lettura ^_^
P.S. Ho messo Ratings Arancino in modo che tutti possano leggere la storia, ma in tutta onestà non ho assolutamente nessun potere decisionale sulla trama. Scrivo la storia così come viene, non ho né il cuore di pianificare gli eventi né la volontà di farlo. Molto probabilmente ci saranno dei capitoli con Ratings Rosso ma in questi casi inserirò dei Warnings prima del testo.
Per chiunque fosse interessato ho già pubblicato questo lavoro in lingua inglese
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bilbo, Dwalin, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Lemon, Otherverse | Avvertimenti: Gender Bender, Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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Note dell'Autore 
 

Eccomi qui con un nuovo capitolo (^_^), spero di non avervi fatto aspettare tanto. Oggi per la rubrica Note dell'autore ho deciso di spiegare perché Sara non sia in grado di capire il linguaggio usato dagli abitanti di arda, visto che è una domanda che mi hanno fatto diverse persone. Inizialmente avevo pensato di farli parlare in inglese così dopo qualche difficoltà iniziale la nostra protagonista sarebbe stata in grado di capirli perfettamente. Però in cuor mio volevo che Sara finisse nel mondo immaginato da Tolkien e non nella sua trasposizione cinematografica (che tra le altre cose adoro) quindi ho semplicemente pensato di fare giustizia all'enorme bravura di questo genio della letteratura facendo usare ai personaggi l'Ovestron (o Lingua Comune, che ne Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli è presentato come tradotto completamente in inglese) che è in effetti la lingua che dovrebbero parlare e che ovviamente Sara, per nerd che sia, non conosce. Nessuna paura miei cari lettori a quanto ho capito (e così intendo rappresentarlo in questa storia) ovestron è un inglese di forma arcaica quindi con un po' di pratica la nostra eroina riuscirà a impararlo senza problemi. Per la gioia di tutti coloro che sono stanchi di doversi sempre ricordare i segni grafici dei diversi linguaggi ho deciso di aggiungere anche dei caratteri diversi così che ogni linguaggio sia più riconoscibile ;). 
 
Qui di seguito aggiungo alcuni link utili dove troverete le immagini che mi hanno ispirato alcune scene:

Come ho immaginato che Sara apparisse con i vestiti di Bilbo : https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/236x/48/9d/3a/489d3ae6894491753d4637f8d2c242f9.jpg
La canzone suonata da Thorin e cantata da Sara : https://www.youtube.com/watch?v=_yQpU_73Dv0
Lo spezzone cinematografico che mi ha ispiarato per la scena finale del capitolo : https://www.youtube.com/watch?v=rJ3Bpj_Fo_s


 

Warning!!

Questo capitolo contiene contenuti espliciti che potrebbero essere considerati offensivi (oppure no) in base alla sensibilità di chi li legge. ecc.....

 


 

LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; §mondo reale§ ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'pensieri o comunicazioni mentali (maledizione o follia)'



Sara e Dwalin si avvicinarono al loro pony tenendosi per mano. Per tutto il tempo la ragazza non poté fare a meno di sentirsi osservata e anche se la dolcezza delle loro dita intrecciate la confortava aveva come la sensazione che quella fosse la mano sbagliata da stringere. Non che provasse avversione per il contatto con Dwalin in quel momento, anzi tutto il contrario, avrebbe passato ore a tenersi per mano con lui. Però era come se qualcuno stesse cercando di usare 'la forza' dello sguardo per separarli. Lei non riusciva a capire le sensazioni che gli occhi che la stavano fissando volessero trasmettere. Non capiva se fossero semplicemente disgustati dalla sua intimità col guerriero o se, come lei, anche loro avessero capito che c'era qualcosa di sbagliato nella gentilezza di quel gesto. Sara d'istinto si guardò intorno ma non riuscì a vedere nessuno che la stesse fissando quindi continuò a seguire il nano, archiviando quelle sensazioni come il semplice disagio dovuto al suo nuovo corpo.


 

Arrivati al pony Dwalin si accinse a sollevare la ragazza sopra l'animale, ma lei prontamente si ritrasse quando le sue grandi mani erano quasi su i suoi fianchi. Sara non voleva sembrare scortese e l'espressione leggermente ferita del nano la rattristò, ma non aveva nessuna intenzione di mettersi in groppa a un pony con nient'altro che una blusa addosso. Dwalin fece qualche passo indietro e continuò a osservarla come se stesse aspettando che accadesse qualcosa. Non sapendo che fare lei incominciò ad dondolare il suo peso da un piede all'altro mentre con le mani cercava di tenere l'orlo della blusa il più in basso possibile lungo le sue cosce. Dato che l'espressione interrogativa di Dwalin non accennava a diminuire Sara cercò freneticamente tra le parole in khuzdul che conosceva e sperando di ricordarne la pronuncia corretta disse ^Io... uhm... Io, nudo?^ continuando ad aggiustare il bordo della blusa e arrossendo leggermente.


 

“Beh...si in effetti, non sei vestita adeguatamente per cavalcare” le disse ridacchiando e arrossendo un po' mentre con una mano si grattava la nuca. “Aspettami qui. Vado a prendere il bagaglio di Bilbo e vediamo che si può fare” continuò in una voce quasi paterna. Sara rimase a guardare mentre, facendole cenno con la mano di restare ferma dove si trovava, lui si allontanava. Qualche minuto dopo Dwalin riapparve con quello se sembrava un grosso zaino da escursioni e le fece cenno di rovistarci dentro. All'interno cerano quelli che sembravano gli effetti personali di Bilbo, tra i quali lei selezionò alcuni indumenti che potevano in qualche modo andarle bene per poi nascondersi dietro un cespuglio per cambiarsi. Fortunatamente era riuscita trovare qualcosa da indossare senza stare troppo scomoda. I pantaloni erano un po' stretti sui fianchi e troppo larghi alla vita e si abbottonavano solo i primi tre bottoni del panciotto.


 

Il colorato indumento le cingeva fermamente spalle e busto, nonostante fosse solo parzialmente abbottonato le garantiva almeno un po' di sostegno al seno e (abbinato alla larga blusa fornitele dai nani) doveva farla apparire un po' come Geena Davis in Corsari, ma tutto sommato si sentiva abbastanza coperta e libera nei movimenti. Quando riemerse dal cespuglio fu divertita dall'espressione di stupore sulla faccia di Dwalin. Era ovvio che quello non fosse di certo il modo più appropriato di vestire per una fanciulla ma dopo un'attenta ispezione il nano diede un grugnito di approvazione, probabilmente soddisfatto da quanta della sua modestia la she-hobbit fosse riuscita a preservare con così poco su cui lavorare. Solo qualche minuto dopo erano già in marcia e Sara stava cercando disperatamente di trovare una posizione comoda sopra la sella mentre tutti i muscoli del suo corpo erano rigidi e concentrati a mantenerla in equilibrio.


 

Dopo un paio di ore in sella al pony tutta la parte inferiore del suo corpo si era intorpidita e lei si era lasciata scivolare contro l'ampio torace di Dwalin che sembrava non avere assolutamente alcun problema con lo stare nella stessa posizione così a lungo. Un gesto dettato più dalle necessità che dalla desiderio di stare vicino al nano ciò nonostante dopo un iniziale imbarazzo si era lasciata andare. La sensazione di calore e protezione che le davano il corpo del guerriero schiacciato contro la sua schiena e le sue braccia che la cingevano quasi in un abbraccio mentre lui teneva le redini era davvero confortevole. Nel mentre tutto intorno a lei si stavano aprendo paesaggi meravigliosi. Una natura incontaminata e selvaggia la circondava e solo la strada di terra battuta e qualche sporadico segnale, che indicava probabilmente a che distanza dai centri abitati si trovassero, lasciavano intravedere una parvenza di civilizzazione.


 

La compagnia non sembrava dare molto peso alla sua presenza, anche se non riusciva a scacciare la sensazione di essere osservata. A parte la sporadica compagnia di Ori e Gandalf, lei e Dwalin cavalcarono per lo più da soli anche se circondati dal resto del gruppo. Stavano viaggiando giusto dietro Thorin che sembrava quasi del tutto indifferente a tutto quello che lo circondava, quando a un certo punto la barba di Dwalin le fece per caso il solletico sulla parte di spalla e collo che il largo colletto della blusa lasciava scoperte. Sara non poté fare altro che chiudere gli occhi e scoppiare in una incontrollata sequela di risate e piccole contorsioni di busto e spalle nel tentativo di far passare la sensazione di solletico. La bizzarra sensazione stava ancora aleggiava sulla sua pelle quando si rese conto che intorno a lei era calato un silenzio glaciale. Riaprendo gli occhi trovò Thorin, in sella al suo pony, dritto difronte a loro che la osservava con un misto tra ira e disgusto. "Ori, traduci" disse e il giovane scriba emerse titubante dalle retrovie del gruppo.


 

"Questa è una missione di vitale importanza, non ho intenzione di sopportare alcun tipo di frivolezze e rischiare la vita dei miei nani. Non ci servono distrazioni o impedimenti, sono stato chiaro?" mentre parlava gli occhi di Thorin erano fissi su di lei e tutto quello che Sara riuscì a fare fu annuire furiosamente e abbassare lo sguardo. Non si era mai sentita tanto imbarazzata in vita sua, le parole del re le risuonavano in testa come un sussurro maligno e gli occhi le si imperlarono di lacrime che lei testardamente rifiuto di far cadere, deglutendo sonoramente attorno al nodo che le si era formato in gola. Perché le parole di un perfetto sconosciuto la stavano ferendo tanto? 'Cosa gli ho fatto di così orribile da meritare un simile trattamento? Perché gli faccio così schifo?' fu tutto quello che riuscì a pensare mentre Thorin avvicinava il suo pony al loro in modo d'essere faccia a faccia con Dwalin. "Se ti vuoi divertire fai pure, non sarò di certo io a impedirtelo. Ammetto che, in effetti, questo frutto è abbastanza succulento che vale la pena dargli un morso ma abbi almeno la pazienza di aspettare il favore del buio".


 

Il corpo del nano alle sue spalle si irrigidì notevolmente e Sara percepì distintamente le vibrazioni del torace di Dwalin quando rispose al re a voce bassa e denti stretti. "È forse questa una richiesta del mio re? Perché a me non sembra di scorgere alcuna regalità nelle vostre parole, Sire" sibilò il guerriero sostenendo lo sguardo dell'amico, mentre la piccola forma tra le sue braccia tremava tenendo testa bassa come se volesse sparire. "È il consiglio di un amico. Le apparenze avvolte possono ingannare e questa creatura è frutto di un sortilegio, che lei ne sia consapevole o meno" disse il re quasi con un sospiro e Dwalin vide negli occhi di Thorin un profondo tormento nascosto sotto una maschera di rabbia e prepotenza. Il guerriero non capì a cosa fossero dovuti i sentimenti dell'amico ma conosceva Thorin da quasi tutta la vita ed era disposto a concedergli il beneficio del dubbio. Dwalin sapeva che per quanto il comportamento di Thorin fosse insensato le sue parole avevano un fondo di verità e che era più che sensato restare vigili in presenza della piccola creatura.


 

Ori non tradusse lo scambio di battute tra i due nani ma Sara non poteva dire se non li avesse sentiti o se lei non fosse destinata a capirne il significato. Di una cosa era certa però: stavano parlando di lei e qualsia fosse il significato delle parole di Thorin di certo non doveva essere un complimento. Non era stupida, non lo era mai stata, sapeva che il leader dei nani la vedeva come una zavorra e probabilmente l'avrebbe abbandonata a morire nel bosco se avesse avuto giusto un briciolo di onore in meno. Gandalf non le aveva detto cosa sarebbe successo una volta raggiunti gli elfi, tutto quello che lo stregone si era degnato di fare era stato sorriderle e continuare ad affermare che avrebbero trovato le risposte alle sue domande. Non ci voleva un grande stratega per supporre che Thorin l'avrebbe lasciata con gli elfi per continuare la sua missione senza impedimenti. Questo la confortava e la irritava allo stesso tempo. 'E che diamine !! Il titolo del libro è Lo Hobbit non I 13 Nani o La riconquista di Erebor' pensò seccata.


 

Anche se non ricordava i dettagli era certa che il titolo non si riferisse solo alla presenza di Bilbo ma alla sua assoluta necessità nei momenti salienti della storia. Non era giusto che per colpa sua Bilbo non potesse partecipare alla sua avventura. '“Mr. Bilbo dove andate?” “Non posso fermarmi è già tardi” “Tardi per cosa?” “Sto partendo per una avventura”' il ricordo della sensazione di leggerezza, dell'infantile eccitamento, della felicità e dalla paura dell'ignoto che Bilbo aveva provato le attraversarono la mente. Come se questa fosse una finestra aperta e le immagini di quella corsa sfrenata per raggiungere i nani in tempo una leggere brezza estiva. Ora le parole di Thorin assumevano tutto un altro significato, forse non era lei a soffrire l'intolleranza del nano ma Bilbo. Era logico assumere che se Bilbo era ancora presente in quel corpo insieme a lei quello che stava provando nei confronti del nano potessero essere i suoi sentimenti e non quelli di Sara.

 

 

Si, era la cosa più logica da pensare. Bilbo era stato a contatto con quei nani più a lungo di qualche giorno (qualche ora considerando il fatto che per la maggior parte del tempo era stata priva di sensi) lui aveva stretto con loro un legame, per quanto flebile che fosse. Si, questa era la cosa più logica da pensare. Sara cerco di convincersi di questo e di essere (come era sempre stata) una persona che si affida alla logica. Era meglio che cercare delle spiegazioni a sentimenti che probabilmente non le appartenevano. Non le avrebbe portato nessun giovamento arrovellarsi il cervello su cose che in ogni caso non poteva controllare. Eppure mentre Thorin spronava il suo pony a riprendere il suo legittimo posto alla testa della minuscola armata di nani, allontanandosi da lei e Dwalin, Sara sentiva nel profondo che stava codardamente scegliendo la via più facile. Ora, bloccata in un mondo che non doveva nemmeno esistere, la logica non sembrava la cosa più logica da seguire.


 

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Thorin riprese a guidare la compagnia verso sud, fuori dal bosco nei pressi di colle vento e in direzione della Grande via Est che auspicabilmente li avrebbe condotti in fretta dagli elfi. Prima si fosse liberato di lei meglio sarebbe stato per tutti, non importava quello che lo stregone avesse in mente. Durante le ore che seguirono Thorin fece davvero fatica a mantenere un atteggiamento distaccato e a non guardarsi alle spalle, dove sapeva che avrebbe visto la ragazza praticamente rannicchiata in grembo a Dwalin. Da quando li aveva visti avvicinarsi al pony del guerriero tenendosi per mano la sua mente non era stata in grado di darsi pace, l'avversione che provava per quel gesto tanto innocente lo aveva colto alla sprovvista. Solo per qualche istante aveva creduto che il suo sdegno dipendesse dal fatto che lei non fosse di razza nanica ma in cuor suo sapeva quanto ipocrita fosse quel pensiero, soprattutto dopo il sogno che aveva fatto.


 

Era così assorto nel guardare Dwalin che la guidava verso il pony che quando lei si fermò improvvisamente per guardarsi intorno, aveva fatto appena in tempo a voltarsi per non essere scoperto. 'Mi avrà visto? Penserà che sono interessato a lei o che non mi fido? Ovviamente non mi fido ma lei sarà abbastanza scaltra da capirlo? Che mi importa, probabilmente è troppo impegnata a fare gli occhi dolci a Dwalin. Quegli splendidi occhi arcobaleno, saranno sempre così oppure solo quando piange? Ho mai visto quegli occhi senza lacrime?... Si che li hai visti, ma i sorrisi che erano tuoi di diritto sono stati donati ad altri'. Thorin scosse la testa come per scacciare quei pensieri, era davvero frustrante sentirsi come un bambino beccato a rubare dolciumi e che diamine era quella vocina che aveva risposto hai suoi pensieri? Era davvero inquietante il pensiero che qualcuno stesse giocando con la sua mente, come se qualcosa stesse cercando di privarlo della sua volontà.


 

Thorin sentì un brivido freddo percorrergli la schiena all'idea che qualcuno lo stesse manipolando e per un attimo valutò la possibilità di parlarne con Gandalf ma lo stregone era già stato chiaro su quel punto. Il re in esilio non aveva voglia di sentire l'ennesima paternale che non avrebbe fatto altro che irritarlo, inoltre non c'era modo di esporre il suo problema senza contraddirsi. Avrebbe potuto dire che il suo interesse per la ragazza era nato dopo la conversazione con lo stregone ma in cuor suo Thorin sapeva che Gandalf si era semplicemente limitato a fingere di credergli. Avrebbe preferito strapparsi il fegato a mani nude e mangiarlo crudo piuttosto che dargliela vinta. 'L'orgoglio sarà la mia rovina' pensò lasciandosi sfuggire un sospiro rassegnato. Poi un pensiero si palesò nella sua mente nitido come un cielo d'estate. Se Gandalf sospettava qualcosa ma era disposto ad aspettare che fosse lui a farsi avanti probabilmente era qualcosa che lui poteva gestire da solo.


 

Ci erano voluti alcuni minuti perché il suo cuore smettesse di galoppare come uno stallone imbizzarrito nel suo petto ma dagli sguardi confusi dei compagni che gli stavano davanti era certo di non essere riuscito a mascherare nessuno dei sentimenti che stava provando. La solita maschera di regale indifferenza velata di burbera dedizione al suo ruolo era calata troppo tardi sul suo volto. Fortunatamente nessuno dei presenti sembrava avere il coraggio di affrontarlo apertamente e si erano semplicemente limitati a osservarlo, alcuni con apprensione altri confusi o leggermente stizzito. Era estremamente sollevato che, al contrario di quello che le parole di Balin gli avessero fatto credere, nessuno lo stesse guardando con disgusto o disprezzo. Nonostante le prime incertezze il viaggio era ricominciato senza molti problemi. Trascorsa qualche ora in sella Thorin si era immerso così tanto nelle sue pianificazioni per l'incontro con gli elfi da dimenticarsi quasi completamente di Bilbo. Anche se era un grosso 'quasi'.


 

Il viaggio sembrava procedere per il meglio, era riuscito a evitare di guardare in direzione della ragazza per tutto il tempo. Si sentiva quasi come se fosse sfuggito alla presa opprimente dei suoi desideri, ma un suono irruppe prepotente nelle sue orecchie riportando il re in esilio alla crudele realtà. Bilbo stava cinguettando una risata armoniosa e piena di compiacimento. Quando lo sguardo di Thorin si posò su quello che si era ostinatamente prefissato d'ignorare nelle ultime ore tutta la sua falsa indifferenza crollò come un castello di sabbia. Fino a quel momento non era stato consapevole dell'indecenza dei vestiti indossati da Bilbo o che lei si fosse beatamente adagiata in grembo a Dwalin. Quel suono, quella limpida e gioiosa risata, lo aveva condannato a essere testimone mentre la giovane si contorceva sensualmente contro 'il torace' del guerriero. Dwalin dal canto suo sembrava più divertito che sedotto dal comportamento della ragazza ma questo non attenuava in alcun modo l'ira che minacciava di eruttare da Thorin sotto forma di frasi meschine.


 

L'immediata reazione di terrore della giovane she-hobbit nel rendersi conto del suo sguardo su di lei lo pervase di un perverso senso di supremazia, iniettando nelle sue vene sia rabbia che rassegnazione, gioia e tristezza, amore e odio. Tutto allo stesso tempo. Come previsto le parole che uscirono dalla sua bocca furono ingiuste, sia per lei che per Dwalin, sapeva di essere stato crudele ma la sua labbra sembrava avere vita propria quando doveva riferirsi a Bilbo e lui non aveva potuto fare altro che rammaricarsi del disappunto nella risposta dell'amico. Thorin non desiderava affetto comportarsi in quel modo e aveva cercato di rimediare anche se ancora una volta il suo orgoglio gli impedì di scusarsi come si deve. Non poteva farci niente, il suo corpo e la sua lingua continuavano a disertare i suoi ordini e lui era sempre più convinto che fosse tutta colpa di ciò che era successo a Bilbo.


 

Continuarono a passo sostenuto per tutto il pomeriggio e arrivarono al limitare del bosco ai primi accenni del tramonto. In prossimità di una piccola radura giusto a qualche metro dalle ultime file di alberi Thorin alzò la mano per far cenno alla comitiva di fermarsi. Con un movimento deciso del braccio strattono le redini e spronò il suo pony a voltarsi in direzione degli altri, “Ci accampiamo qui per la notte, meglio non lasciare il riparo degli alberi per il momento” il tono della sua voce era di comando ma in qualche modo era riuscito a mantenere una parvenza di calma, quasi gentilezza, che lo fece meravigliarsi di se stesso. Mentre gli altri preparavano il bivacco lui decise di esplorare i confini del bosco, un ultimo disperato tentativo di trovare un po di pace per la sua anima in tumulto. Non molto tempo dopo, forse solo qualche passo, si ritrovo sotto una quercia che si ergeva solitaria poco più avanti del resto degli alberi. Quasi come se fosse un generale che incita il suo esercito.


 

L'albero tendeva i suoi rami verso la prateria che avrebbero attraversato l'indomani come se in qualche modo stesse cercando d'indicargli la via, ma al tempo stesso lo stesse avvertendo di un qualche pericolo incombente. Thorin scrutò nell'immensità di quelle terre, oltre gli alberi non c'era altro che una prateria ricoperta di vegetazione bassa e rada il cui colore sfumava dal verde scuro (un'ultima riminiscenza di un'ostinata primavera) al giallo quasi oro dell'erba baciata dal sole estivo. Qua e la spuntavano costoni di roccia grigia, nuda e fredda come sentinelle in allerta per un imminente attacco. Solitamente non sarebbe nel l'indole dei nani apprezzare gli spazi aperti ma Thorin non poté fare altro che inebriarsi della bellezza di quel luogo. Quel luogo era estremamente bello nonostante la sua natura selvaggia e potenzialmente ostile, nonostante non ci fossero il conforto e la protezione della roccia, nonostante non ci fossero gioielli o vene di metalli preziosi da minare


 

Thorin si sedette sulle radici della quercia che prepotenti sporgevano dal terreno e si intricavano intorno al tronco come tanti serpenti. Si tasto il torace in cerca della sua pipa ma al suo posto, sotto la stoffa dei molti strati di vestiti che indossava, le sue dita incontrarono il contorno di un oggetto a lui molto più caro. 'Ma si, perché no? Non c'è nessun pericolo imminente, posso permettermi un attimo per me stesso' pensò mentre tirava fuori da una tasca interna del mantello l'arpa da viaggio che teneva vicino al cuore. In un luogo così aperto la piccola arpa non avrebbe prodotto un suono tale da metterli in pericolo, forse nemmeno i suoi compagni sarebbero riusciti a sentirla. Thorin osservò l'oggetto con affetto, ricordando quanto era stato felice di ricevere quel dono da sua madre. La struttura era in legno placcata in ferro con delle piccole borchie in oro sugli angoli. Da ambo i lati alla base, sempre in oro, c'era un bassorilievo che ritraevano un cervo ferito accovacciato dietro un lupo intento a ringhiare contro un leone.


 

Non era altro che un giocattolo, ormai le sue mani erano quasi troppo grandi per suonarla agevolmente ma nonostante ciò continuava a portarsela dietro e a usarla di tanto in tanto. Da bambino Thorin aveva sempre creduto che il lupo stesse difendendo la sua preda ma col tempo (e la saggezza degli anni) era diventato sempre più evidente che fosse il cervo a nascondersi dietro al lupo, mentre questi affrontava il leone più per istinto di sopravvivenza che per il desiderio di difendere un pasto facilmente rimpiazzabile. Il messaggio che sua madre voleva trasmettergli era un altro; Il nemico del mio nemico è mio amico. Una nozione che con suo rammarico si rendeva conto gli fosse ancora difficile da mettere in pratica. Prima che Erebor cadesse preda di Smaug la piccola arpa era solo un ricordo, ora era diventata un simbolo. Per non dimenticare che c'erano stati giorni felici. Giorni di musica e sorrisi. Giorni di affetto e spensieratezza. Giorni che forse sarebbero tornati.


 

Per un breve attimo non c'era altro che il suono del vento tra le fronde e il cinguettio degli uccelli diurni che tornavano ai loro nidi per la notte. Solo il mondo e i suoi suoni, niente regole, nessun re nessuna impresa. Solo Thorin e la sua arpa. Solo un nano e il suo amore per la musica. Cominciò a suonare una vecchia nenia, una di quelle che aveva spesso sentito cantare a Dìs quando era ora di mettere a dormire Fili e Kili. Fin troppo spesso aveva accompagnato con la sua arpa il canticchiare di sua sorella mentre cullava i suoi bambini, per non ricordare alla perfezione quella melodia. Continuò a pizzicare delicatamente le corde facendo scorrere la melodia dalle sue dita come se fosse la sua stessa anima. Improvvisamente si accorse che c'era qualcuno che stava cantando a tempo con il suono prodotta dall'arpa. Era una voce dolce e calda, una voce che poteva appartenere a un solo membro della compagnia. Ed era brava a cantare, lei era dannatamente brava e Thorin non poté fare altro che smettere di suonare e avvicinarsi alla fonte di quel suono.


 

Mentre si inoltrava nella boscaglia alla ricerca dalla sua ninfa, non più concentrato a suonare, si rese conto che l'oscurità era calata sulla foresta. Bilbo non aveva smesso di cantare e da lontano si sentiva il suono dei violini dei suoi nipoti che la accompagnavano. La cosa non aveva assolutamente senso. Anche se le parole erano cantate nella strana lingua della ragazza la canzone era senza dubbio la ninna nanna appartenente a questo mondo, al loro mondo non al suo. Come era possibile che lei la conoscesse? 'Lei conosce l'elfico e qualche parola di nanico quindi è del tutto possibile che conosca anche delle canzoni' si disse cercando di ragionare con se stesso ma questo non alleviava la strana sensazione che aveva preso a dilagare nel petto del nano. Era come se avesse appena mandato giù un grosso sorso di un forte liquore. Poteva sentire un calore liquido che si espandeva nel suo petto, ristagnare nel suo basso ventre per qualche minuto e poi scendere a rendergli deboli le ginocchia.


 

Poteva sentire che la pace di qualche minuto prima era completamente svanita rimpiazzata da quella ormai troppo nota sensazione di rabbia e desideri che lo pervadeva ogni volta che era nelle vicinanze della ragazza. Ma questa volta era diversa, per quanto Thorin cercasse di non pensarci questa volta non era solo la lussuria a muovere i suoi passi. Il desiderio di montare Bilbo come un animale (vergognoso per quanto fosse, non aveva altre parole per descrivere la sensazione) non era diminuito ma questa volta era avvolto da un profondo senso d'incompletezza. Dopo aver udito il melodioso suono della voce di Bilbo, così piena di passione e dolcezza, in lui era cambiato qualcosa. Non era più il semplice sesso che il suo corpo stava cercando ma qualcosa di più. Thorin non sapeva cosa fosse questo qualcosa, forse non voleva saperlo, ma era qualcosa di più che un corpo caldo su cui sfogare i sui desideri carnali. Il solo pensiero lo terrorizzava più di un'armata di orchi.


 

Nonostante l'incertezza che lo stava avvolgendo Thorin continuò ad avvicinarsi silenziosamente finché tra lui e Bilbo non ci fu altro che un folto cespuglio. Lui guardò attraverso i rami e le foglie e il respiro gli morì nel petto. Lei era nuda (Thorin poteva vedere abbastanza da supporre che lo fosse) immersa in una vasca improvvisata da una buca del terreno, con solo una pelliccia messa a modi tenda tra due alberi a separarla dal resto del campo. Si stava insaponando i capelli mentre cantava beatamente accompagnata da Fili e Kili. Come poteva essere così sconsiderata? Era nuda con quasi nulla a dividerla da 11 nani e un uomo, se avessero voluto sarebbe bastato allungare le mani per averla. Thorin avrebbe voluto saltare il cespuglio e rimproverarla, farle capire quanto era stupida. 'Vai... prendila... è tua... falla tua...no, non posso... se lo è cercato... lo merita per essere così stupida... falle capire chi comanda... non lo vedi?... no... è lei a volerlo... te lo sta chiedendo... no, non è vero... lo sai che è così... no'.


 

Thorin si ritrovò a faticare per poter respirare regolarmente, mentre lottava contro i pensieri nella sua testa. Avrebbe voluto smettere di guardare Bilbo, smettere d'invadere la sua intimità ma non poteva. Non ci riusciva. Per un attimo credette che la ragazza lo avesse visto quando lei si era guardata intorno preoccupata coprendosi seni con le braccia ma poi lei si era rilassata nuovamente. Solo qualche minuto dopo Bilbo si era alzata esponendo il suo corpo nudo, ormai immerso solo fino ad appena sopra il ginocchio, ai suoi occhi. Lei prese un tegame e cominciò a sciacquare via il sapone attingendo da un pentolone di acqua pulita accanto alla sua vasca da bagno improvvisata. Thorin poteva vedere tutto, sia davanti che dietro, visto che lei era posizionata con il fianco sinistro nella sua direzione. Bilbo sollevò il tegame pieno d'acqua sopra la sua testa e se ne versò il contenuto addosso, lasciando che il sapone scivolasse lungo le dolci curve del suo corpo.


 

Thorin cercò in vano di sopprimere un ringhio profondo e gutturale che gli uscì dal petto. Era un suono che neanche lui sapeva di poter produrre, fortunatamente lei non lo sentì a causa dell'acqua che le stava scorrendo sulle orecchie. 'Ora …. prendila ora... noaffonda te stesso nella sua carne tenera... no... è lei che ti invita... non è vero... per terrascopala per terra ... non è questo quello che voglio... ma lei si, lei vuole che tu la scopi ... no, no, no... spingi, graffia, mordi, falle male... HO DETTO NO'. Ancora quella voce e cosa era quella sensazione? Qualcuno lo stava toccando. Finalmente in grado di distogliere lo sguardo da Bilbo con suo grande orrore si rese conto che era lui stesso che si stava toccando. Thorin si stava masturbando mentre guardava quella giovani fare il bagno. Appena le realtà era entrata nella sua mente il re in esilio aveva immediatamente cessato le sue azioni, allontanando la sua mano dal suo membro come se fosse una brace ardente.


 

Prima ancora di rimettere a posto i sui vestiti si voltò e si allontanò da quel luogo il più velocemente possibile. Arrivato nuovamente vicino alla quercia dalla quale era partito sentì la bile salirgli in bocca. Si sentiva male, disgustato da se stesso. Thorin non poté fare altro che vuotare il contenuto del suo stomaco ai piedi dell'albero che sembrava lo stesse guardando con disprezzo. Non ci volle molto perché le sue ginocchia non riuscissero più a reggere il suo peso e così cadde in ginocchio stringendosi il busto con le braccia come nel tentativo di non cadere in pezzi. Il giovane re sentì come se qualcosa stesse dilaniando la sua anima, un angoscia così profonda da fargli credere che il sole non sarebbe mai più sorto all'orizzonte. Ci sarebbero voluti almeno altri due giorni per raggiungere Rivendell e Thorin non era sicuro che sarebbe riuscito a sopravvivere a quella sofferenza abbastanza a lungo da vedere gli elfi.


 

Non voleva sprofondare nello sconforto ma non poté fare altro che abbassare la testa e pregare Mahal che gli desse la forza per allontanarsi da quella ragazza, per sfuggire al maleficio che gli era stato fatto. Voleva odiare la giovane per quello che gli stava facendo e in un certo senso la odiava più di quanto non avesse mai odiato chiunque altro in vita sua. Odiava la sua bellezza, la sua voce melodiosa, i suoi riccioli colore del miele, le sue guance rosee e il suo corpo sinuoso e femminile. Ma quello che odiava più di tutto era che Bilbo non fosse la sua Metà, sulla pelle cremosa e liscia della coscia e del fianco sinistro della ragazza non c'era alcun segno di un marchio dell'anima che si abbinasse a quello che lui stesso portava. Non c'era alcun dubbio che lei non fosse destinata a lui e questo lo lasciava confuso e sofferente anche se fino a quel momento Thorin non aveva nemmeno contemplato la possibilità che lei lo fosse. Mentre una miriade di pensieri lo tormentavano il povero nano riuscì solo a sospirare “Io davvero non voglio farle del male”.


 

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Accecante, la luce che trapelava da dietro le sue palpebre non poteva essere descritta con altre parole. Bilbo mugugnò indispettito dai raggi solari che lo avevano svegliato, apri comunque gli occhi sbattendo più volte le palpebre per acclimatarsi alla luce che lo circondava. Sopra di lui c'era un cielo terso e tutto intorno a lui c'erano gli alti steli dell'orzo estivo dei campi a valle della contea. Non aveva idea di come facesse a sapere di essere nella Contea ma lo sapeva, lo sentiva nel cuore. Si mise a sedere e si guardò intorno in cerca dei nani. Nessuno, ne nani, ne hobbit o uomini, era completamente solo immerso in un mare di orzo dorato e non aveva idea di come ci fosse finito. Quando si mise in piedi quello che vide lo sconcertò alquanto: l'unico segno che mai qualcuno fosse stato in quel campo erano gli steli spezzati delle piante su cui era sdraiato. Non c'era segno del percorso che aveva fatto per arrivare in mezzo al campo, solo l'impronta del suo corpo, come se di punto in bianco fosse piovuto giù dal cielo.


 

'Piovuto giù dal cielo? Beh, in effetti quel troll mi ha fatto fare proprio un bel volo' pensò ridacchiando. Perché il pensiero del troll non lo preoccupava minimamente? E i nani? Non era preoccupato per loro. Non si sentiva in colpa per essere tornato a casa senza di loro. Perché? 'Non mi volevano con loro fin dall'inizio perché dovrei preoccuparmi di quello che gli accadrà?' ma Bilbo sapeva che non era il motivo per cui si sentiva tanto sereno, non era vero che non lo avevano accettato; almeno non lo era per la maggior parte di loro. 'Sono morto e non è un mio problema?' no, non era nemmeno questo il motivo. Anche da morto si sarebbe sempre preoccupato per quelli che in cuor suo riteneva degli amici, per colui che (anche se per poco) lo aveva fatto sperare nell'amore. Un amore nascosto o brutalmente respinto ma pur sempre amore, pur sempre meglio di niente. 'È questo il mio posto?' si, questa era la domanda giusta, la domanda a cui doveva dare una risposta e l'unico modo per farlo era tornare a casa.


 

Incamminandosi verso Bag End si rese conto che ciò che lo circondava sembrava reale solo nelle sue vicinanze, come se tutto intorno a lui il paesaggio fosse un dipinto. Tutto era contraddistinto da vibranti pennellate multicolore. In alcuni punti la pittura era così spessa da formare delle piccole creste in rilievo la dove era passato lo spazio tra le setole del pennello. Un paio di volte Bilbo aveva provato a raggiungere quella tela ma a ogni passo il paesaggio di fronte a lui diventava reale mentre quello dietro riprendeva le sembianze di un dipinto, dopo un po' si rassegno a restare nella sua piccola bolla di realtà anche se a malincuore. Per tutto il tragitto non incontrò nessuno, nessuno con cui avesse voglia di parlare o che comunque sembrasse notarlo. Gli hobbit che incrociò sembravano non riuscire a vederlo, non che fosse una novità benché questa volta non fosse loro intenzione ignorarlo, ma diversamente dalle altre volte non gli importava.


 

Arrivato ai piedi della collina si fermò un attimo per ammirare lo splendido dipinto di Bag End che gli stava davanti. Non voleva che tutto diventasse reale troppo in fretta quindi si prese del tempo per osservare la sua bella casa, il suo giardino, la panca vicino al cancelletto e persino la cassetta della posta. Memorizzò tutti i dettagli e poi si avvicino più lentamente che gli fosse possibile cercando di prolungare il viaggio su quell'ultimo tratto di strada. Improvvisamente si sentiva inquieto come se una volta entrato nello smial non ne sarebbe più uscito, come se sapesse che quello che lo aspettava aldilà di quella porta lo avrebbe cambiato per sempre. Una volta difronte all'entrata mise la mano sul pomello ed esitò ancora per un attimo prima di prendere un profondo respiro e aprire. Quello che vide non era minimamente quello che si aspettava: oltre la porta non c'era nulla, solo uno spazio bianco.


 

Un infinito nulla bianco, senza pareti, pavimento o soffitto, solo bianco. Improvvisamente mentre Bilbo era sul punto di andare via delle immagini incominciarono a scorrere come se quello spazio bianco fosse diventato un teatro le cui scenografie rappresentavano i luoghi di un passato ( neanche troppo lontano) e i suoi attori le ombre dei ricordi di chi aveva vissuto in quei luoghi. Le scene continuarono a scorrere raccontando la loro storia e Bilbo si ritrovò a sperimentare una gamma di emozioni tanto vasta e tanto intensa da sentirsi girare la testa. All'inizio era confuso, poi scoccato, arrabbiato, profondamente triste e infine rassegnato ed amareggiato . “Almeno questo spiega un sacco di cose” rimuginò tra sé e sé quando alla fine della storia il nulla bianco sparì lasciando al suo posto la solita ed accogliente Bag End ma dopo quello che aveva scoperto Bilbo non era più sicuro di volerci restare. Non era più casa sua, non esattamente perlomeno. Dopo qualche minuto però realizzò che era lì per uno scopo, “Ne avremo di cose da raccontarci quando ci incontreremo mia cara Sara” canticchiò entrando in cucina per prepararsi una bella tazza di te.  

   
 
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