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Autore: afterallthistime    26/07/2017    1 recensioni
● One-shot ❖ Ten + Rose ❖ Pre "Doomsday"; Slice of Life.
« [...] C’è ancora così tanto da scoprire ma vedi, già una volta, all’epoca del nostro primo incontro, mi sfidasti ad impressionarti. Ebbene, è una scommessa sempre aperta, e se allora ti portai a vedere un epilogo, quello del tuo pianeta… »
« Accidenti, ricordi? Ora che mi ci fai pensare, non fu forse in quell’occasione che distribuisti con prodigalità aria dai tuoi polmoni in cambio di preziosi doni alieni? Disones- »
« Come dicevo, » la interruppe impazientemente il Dottore, seccato di essere stato interrotto a metà di quella che sarebbe dovuta essere una straordinaria frase conclusiva ad effetto, « se in quell’occasione potemmo assistere ad una morte, questa volta tocca ad una nascita: Rose Tyler, preparati a vedere come nasce una stella »
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                          Blinking In The Starlight



Rose: « You think you’re so impressive. »
Doctor: « I am so impressive! »
Rose: « You wish. »
Doctor: « Right then, you asked for it.
I know exactly where to go. Hold on! »

— “The End of the World”, 1x02.


"Now I'm here, blinking in the sunlight
Now I'm here, suddenly I see
Standing here, it's all so clear
I'm where I'm meant to be"

— "I see the light", Tangled.


Rose era stata su un battello, una volta. Pur essendo il trasporto fluviale una strategia abbastanza nota ai Londinesi per evitare lo stress dell’ordinario traffico metropolitano, i costi dei biglietti erano notoriamente più alti di quelli per gli autobus o la metro, e anche nel caso in cui si fosse optato per un abbonamento, si trattava comunque di un prezzo che avrebbe inutilmente assottigliato le entrate già esigue in casa Tyler.
Tuttavia, ogni turista degno di questo nome non avrebbe mai fatto a meno di un giro turistico sul Tamigi, e così era stato per il cugino Bertram, un lontano parente di Jackie giunto direttamente da Monaco di Baviera per affari quando Rose aveva all’incirca undici anni. Giorni di preparativi avevano anticipato la venuta di Bertie, il cui arrivo era diventato tutto ad un tratto pari al ricongiungimento con un caro amico a lungo disperso a tal punto che, al solo nominarlo, Jackie sembrava sul punto di commuoversi.
Solo con il senno di poi Rose avrebbe iniziato a sospettare che la sua commozione avesse molto più a che fare con il lavoro del caro Bertie – un noto agente di Borsa, se la memoria non l’ingannava – e molto meno con il tanto declamato affetto della madre nei suoi confronti: dopotutto, mai prima di quel momento era stata fatta menzione anche solo del suo nome.
Ad ogni modo, qualunque fossero le reali intenzioni di Jackie, ella dipinse Londra in toni così vivaci, decantando orgogliosa ogni dettaglio che le paresse degno di nota, che non appena giunto in città Bertram non oppose alcuna resistenza alla proposta di visitare la città in lungo in largo. E quale modo migliore di una crociera sul Tamigi per godersi alcuni fra i migliori panorami che la capitale potesse offrire?
Fu una bella giornata, nonostante tutto, e Rose ricordava ancora il dolce rollio del battello che scivolava sulle onde placide e scure del fiume: lo stesso movimento oscillatorio del Tardis intento a viaggiare immerso nel vortex spazio-temporale, ragion per cui nella sua mente si aperto all’improvviso quello spaccato sul suo passato. Sbatté più volte le palpebre, Rose Tyler, per tornare alla realtà.
Le sembrava che fosse passata una vita da quando lei e il Dottore si erano distesi sul pavimento della nave per concedersi qualche oretta di dovuto riposo – a tal proposito, si appuntò mentalmente che quella dei materassini gonfiabili era stata un’ottima idea, soprattutto alla luce dell’ultima volta in cui i segni lasciati dalle grate di ferro le erano rimasti sulla pelle per ore – e tutto quell’ondeggiare prima o poi l’avrebbe fatta decisamente cadere in un sonno profondo. O andare di corsa in bagno a vomitare, probabilmente, seppur ritenesse ormai di aver superato quella fase.

« Rose Tyler! » esclamò all’improvviso il Dottore rizzandosi in piedi, una combinazione di suoni e movimenti che quasi la fece sobbalzare, considerato il silenzio e la calma in cui fino a poco prima erano stati immersi.
« Questa monotonia mi ha stancato, » soggiunse, spazzolandosi i vestiti e dirigendosi ai comandi « tutto questo continuo salvare il mondo strappandolo alle grinfie di qualche specie che intende distruggerlo per poi farne carburante intergalattico, o magari risvegliare qualche oscura creatura o infrangere qualche legge della fisica… insomma, tu ti ci stai abituando e non va bene, non va proprio bene »
La ragazza si mise a sedere, seguendo con non poca difficoltà i suoi movimenti celeri e i suoi borbottii a mezza voce – sarebbe un azzardo, non c’è dubbio, ma forse… eppure M-47 non è troppo lontana, e l’ultima volta che ho parlato con i Pashtuasi… ora che ci penso, però, non furono molto benevoli, considerate le circostanze, e secondo il loro calendario… le tre lune di Barwin dovrebbero… o forse no? -  decidendo di non interromperlo, perché sapeva che quando sarebbe stato pronto l’avrebbe messa al corrente dei suoi piani.
Prima o poi. Più poi che prima, probabilmente. Contò mentalmente fino a dieci, per poi schiarirsi la gola. Rumorosamente. Più e più volte.
« Mmh, Dottore? »
Solo in quel momento egli alzò la testa dai comandi, gli occhi che brillavano rapiti da qualche nuovo e intrigante progetto, e schiuse le labbra in un enorme sorriso.
« Rose Tyler! » ripeté, questa volta con più convinzione, nel solito tono petulante di chi è in procinto di rivelare qualcosa di straordinario ma, prima di farlo, sceglie di prendersi tutto il tempo necessario per godere fino all’ultimo della posizione privilegiata di colui che sa.
« La straordinaria vitalità ed eterogeneità delle milioni di specie lì fuori non cessa mai di meravigliarmi, è vero, » esordì, raggiungendo la ragazza a grandi passi e tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi,
« ma non lo è forse altrettanto che talvolta ci sono istinti che vanno oltre le razze e superano le distanze, anche quelle immense che separano i due estremi dell’universo? »
« Non mi dirai forse che credi di aver visto tutto e che nulla possa più impressionarti? Devi essere invecchiato » soggiunse allora Rose ridacchiando, in attesa che egli continuasse e giungesse al punto.
Era solito che ci fosse sempre un melodrammatico monologo ad anticipare la rivelazione di ogni nuova meta prescelta, ma soltanto qualcosa di veramente grande e inaspettato avrebbe potuto giustificare un così largo giro di parole. Non che qualunque altro viaggio al suo fianco fosse stato anche soltanto lontanamente noioso, ovviamente, ma c’erano luoghi che, rispetto ad altri, semplicemente erano in grado di toglierle il fiato,
e il Dottore questo lo sapeva benissimo. Ad ogni modo, però, non rispose subito alla sua provocazione: il suo sguardo ora era perso in qualche zona recondita dell’universo, e per un attimo gli occhi parvero incendiarsi improvvisamente per la luce di stelle lontane, per poi ritornare d’un colpo alla normalità e rivolgerle nuovamente lo sguardo.
« Vecchio io? » rispose corrucciando la fronte per qualche istante, per poi scoppiare a ridere e attirarla a sé tirandola per la mano che ancora teneva stretta. « Oh, no. C’è ancora così tanto da scoprire ma vedi, già una volta, all’epoca del nostro primo incontro, mi sfidasti ad impressionarti. Ebbene, è una scommessa sempre aperta, e se allora ti portai a vedere un epilogo, quello del tuo pianeta… »
« Accidenti, ricordi? Ora che mi ci fai pensare, non fu forse in quell’occasione che distribuisti con prodigalità aria dai tuoi polmoni in cambio di preziosi doni alieni? Disones- »
« Come dicevo, » la interruppe impazientemente il Dottore, seccato di essere stato interrotto a metà di quella che sarebbe dovuta essere una straordinaria frase conclusiva ad effetto, « se in quell’occasione potemmo assistere ad una morte, questa volta tocca ad una nascita: Rose Tyler, preparati a vedere come nasce una stella »


Rose Tyler non si sarebbe mai, mai abituata alla bellezza strabiliante dell’universo.
Le porte del Tardis spalancate sullo spazio cosmico, la ragazza dovette sedersi in terra, le gambe ciondoloni nel vuoto, e attendere di riprendere a respirare.
Certo, aveva visto pianeti, asteroidi, addirittura buchi neri sospesi proprio sulla sua testa, ma questo… oh, questo vinceva su tutto a mani basse.
Qualche angolo recondito della sua mente era vagamente consapevole dello sguardo del Dottore fisso su di lei, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo, gli occhi pieni della meraviglia che le stava di fronte.
Colori indescrivibili disegnavano mirabolanti scie su uno sfondo blu notte trapuntato di stelle lontane, stelle come quella che lì, proprio sotto il suo sguardo attonito, andava formandosi a poco a poco.
« E’ una nebulosa, non è vero? » sussurrò a mezza voce, tentando di riportare alla memoria quelle poche nozioni di scienze che aveva veramente apprezzato, a scuola,
e ritrovando chissà dove il respiro, fino a poco tempo prima perso dietro spirali viola di polvere stellare che le danzavano dinanzi agli occhi.
« Una nube molecolare, per la precisione, » le rispose il Dottore entusiasta, sedendosi al suo fianco,
« nebulose note per ospitare fenomeni di formazione stellare. Incredibile, non è vero? »
« Incredibile, tutto qui? » gli fece eco Rose, riuscendo solo allora a distogliere lo sguardo e voltarsi verso di lui, poco convinta dalla sua scarsa eloquenza.
« Allora ammetti di essere impressionata! »
Il sorriso malizioso del Dottore la fece scoppiare a ridere, e la sua risata leggera riempì il Tardis e riecheggiò fra le pareti metalliche e oltre, fra i corridoi nascosti e gli anfratti bui, tutti quelli che ancora non aveva avuto modo di scoprire. Si strinse a lui, posando la testa sulla sua spalla, e sospirò. Felice.
« Ammetto che talvolta sei così impegnato a cercare di superare te stesso da non prestare neppure attenzione al risultato, perché questo… oh, Dio. Questo è meraviglioso. »
« Ho visto così tanto dell’universo, Rose. E nonostante si tratti di poco più di un millesimo di quanto c’è ancora da scoprire… non m’importerebbe del risultato, a meno che non stupisca te »
Non ebbe il coraggio, Rose Tyler, di voltarsi a guardarlo negli occhi, né il Dottore fu in grado di fare altrettanto.
Rimasero così, l’aria gravida di parole non dette e la testa del dottore delicatamente appoggiata su quella della ragazza: se non l’avesse conosciuto, avrebbe detto che era immerso nella contemplazione del cosmo,
ma era da tempo, ormai, che non riusciva più a ingannarla, e il battito irregolare dei suoi due cuori tradiva il suo nervosismo.
« Potrei averti mentito, » esordì lui d’un tratto, spezzando il silenzio e sollevando il capo.
« Cosa? »
« Ho detto che potrei averti mentito. Ti avevo promesso la nascita di una stella ma ecco, occorrerebbero milioni di anni, a seconda della massa della stella – il Sole, ad esempio, ha impiegato all’incirca cento milioni di anni per formarsi, mentre a stelle più massicce basterebbero anche solo centomila anni… il che è straordinario, ma ad ogni modo ci ruberebbe decisamente troppo tempo e quindi siamo qui durante la cosiddetta fase di pre-sequenza finale, il massimo che possiamo permetterci prima che – »
« E’ perfetto. »
La voce di Rose fu poco più di un sussurro, ma bastò perché il Dottore interrompesse la sua parlantina spedita.
Più dell’universo, più di tutte le meraviglie che lui sarebbe mai stato in grado di mostrarle, Rose Tyler non avrebbe mai smesso di stupirsi dell’uomo che era al suo fianco, della sua straordinaria riservatezza,
della sua capacità di irretire i sensi di chiunque spostando il centro dell’attenzione su un argomento qualsiasi, purché nessuno si avvicinasse troppo a ciò che veramente gli stava a cuore.
Quando alzò lo sguardo, si rese conto che anche lui la stava fissando, in attesa.
« Tutto questo, » mormorò lei, voltando per un attimo il capo per fare cenno a tutto ciò che stava avvenendo appena al di fuori del Tardis, « non avrei voluto vederlo con nessun altro al mondo, se non con te. »
Una luce indefinita si accese negli occhi del Dottore, e quando le labbra di Rose si curvarono verso l’alto, anche lui sorrise di rimando.





Angolo Autrice.

Esordisco con il dire che a) non scrivevo qualcosa di senso compiuto da mesi, b) non scrivevo su efp da anni e c) non ho mai scritto in questo fandom,
ma Doctor Who mi ha investito come un treno in corsa con il suo carico di emozioni, e io non mi sono potuta tirare indietro. Avevo iniziato questa fanfic prima di vedere “Doomsday”
(quando il mondo era ancora tutto bello e profumava di Rose Tyler) per poi finirla in un secondo momento, e ho preferito un po’ di fluff all’angst che avevo dentro perché loro due meritavano così tanto di più.
Così. TANTO. Ad ogni modo, se siete arrivati fin qui, grazie di tutto!
Spero vi sia piaciuto, e che vi abbia trasmesso anche solo un minimo di quanto questa coppia straordinaria sia stata in grado di trasmettere a tutti noi p̶e̶r̶c̶h̶é̶ ̶l̶o̶r̶o̶ ̶d̶u̶e̶ ̶a̶v̶r̶e̶b̶b̶e̶r̶o̶ ̶d̶o̶v̶u̶t̶o̶ ̶r̶i̶m̶a̶n̶e̶r̶e̶ ̶i̶n̶s̶i̶e̶m̶e̶ ̶p̶e̶r̶ ̶s̶e̶m̶p̶r̶e̶
̶

Love you always,
— afterallthistime.
  
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