Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: Sylphs    28/07/2017    3 recensioni
"Non sei più un uccellino, eh? Ora sei una lupa".
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ora sei una lupa~~

I seguaci del Dio della Luce erano certamente individui pittoreschi ed enigmatici, ma l’unica figura ad interessare veramente Sansa, reggente in attesa del ritorno del Re del Nord, era quella enorme, sgraziata e cupa di Sandor Clegane.
A differenza del gruppo che lo accompagnava, non si inginocchiò al suo cospetto, era da quando aveva lasciato Approdo del Re tra i bagliori verdi e accecanti delle fiamme che non si inginocchiava più per nessuno, ma i suoi occhi scuri bruciavano sulla pelle della giovane come se potessero vederle l’anima attraverso la maschera composta e impassibile del viso. Era sempre stata abile a dissimulare le proprie emozioni, eppure dovette fare uno sforzo per ignorare l’intensità con cui Clegane la fissava.
“Non sei più l’uccellino fragile e terrorizzato di prima” ringhiò la sua voce aspra e gutturale, che dopo tutto quel tempo, tutti quegli eventi, le strappò un brivido.
Eppure non ebbe tentennamenti nel rispondere, gelida: “No. Non più. Quell’uccellino è morto quando l’hanno gettato nelle grinfie di Ramsay Bolton”.
Il Mastino non parve stupito, nell’aspetto non era cambiato quanto Sansa, era ancora rozzo, gigantesco, intimidatorio, con i lunghi capelli arruffati e incrostati di brina che gli pendevano da una parte, la barba incolta e l’ammasso di ustioni che gli deturpava un lato della faccia, ma che la Stark aveva smesso di temere. Ben altre erano le cose di cui aver paura, e sospettava di non essere più in grado di provare quel sentimento che l’aveva dominata per tutta la sua fanciullezza.
“Una lupa è risorta dalle ceneri dell’uccellino, eh?” cacciò fuori l’uomo: “Dicono che l’hai dato in pasto ai suoi stessi cani”.
Sansa curvò le labbra rosee e piene in un sorriso freddo come l’inverno: “Ho sentito dire che i cani sono fedeli al proprio padrone, ma che quando si tratta di sopravvivere, non guardano in faccia nessuno”.
La bocca distorta di Sandor parve contorcersi in un ghigno consapevole, e i suoi occhi e quelli della ragazza mandarono un unico luccichio complice, che solo loro due potevano comprendere.
“Non pensavo saresti mai sfuggita alla tua gabbia, lupa” fece il Mastino: “C’era un tempo in cui volevo essere io a liberarti”.
La vecchia Sansa si sarebbe imbarazzata, la nuova no: “A quel tempo non ero pronta a prendere il posto che mi spettava. In qualche modo, le cose dovevano andare così. Anche tu sei cambiato, ser”.
Il Mastino fremette di collera e sorpresa a quella parola che sempre lei aveva usato per designarlo ma che adesso non era stata pronunciata con la consueta ingenuità, bensì con un affilato sarcasmo che mai l’uccellino tremebondo e delicato che non osava nemmeno guardarlo in volto avrebbe ostentato.
“Davvero?” abbaiò: “Io non credo. Ho solo qualche altra fottuta ferita in più e un ennesimo carico di morti sulla coscienza”.
“È per questo che sei cambiato” disse Sansa tranquillamente: “Il Mastino che conoscevo non pensava mai ai morti, godeva nell’ucciderli”.
Sandor ridusse gli occhi feroci a due fessure: “E cosa ti dice che non goda tuttora?”
“Che tu abbia nominato la tua coscienza. Chi ce l’ha, non uccide a cuor leggero. Gli animali ne sono privi, ad esempio. Se io ero un uccellino ed ora sono un lupo, tu eri un cane… ed ora sei un uomo”.
Clegane arretrò come se lo avesse schiaffeggiato, quasi quelle frasi fossero un tremendo insulto. Il suo viso sfigurato si contrasse orribilmente, ma Sansa non batté ciglio, rimase ad osservarlo imperturbabile, sul suo scranno di reggente, i lunghi capelli rossi sparsi sulle spalle e sulla schiena, gli occhi azzurri simili a schegge di ghiaccio. L’uomo si contorse, in un disagio palpabile, sotto il suo sguardo calmo. Ad Approdo del Re la costringeva a fissare la sua deformità, ora che lei aveva imparato a farlo senza scomporsi, sembrava provarne un’improvvisa vergogna.
“Un uomo” sputò la parola come fosse fiele: “Non esistono uomini nel cazzo di mattatoio che è diventata la nostra terra. Sono rimaste solo bestie che si scannano tra di loro per una fetta di terreno in più, e non-morti senz’anima”.
Sansa annuì: “Per questo abbiamo bisogno della tua spada, ser. Unisciti alla nostra causa. Combatti al nostro fianco”.
La risata del Mastino fu come un latrato, amara, rabbiosa, senza gioia, e rimbalzò sulle mura di Grande Inverno.
“Per che cosa?” ruggì in faccia alla regina reggente: “Per essere masticato da un’orda di mostri insieme a voi? Per bruciare sotto le fiammate dei draghi di quella puttana Targaryen? Per subire l’ira dei Lannister? Mi sono già impicciato abbastanza coi potenti e in cambio non ho ottenuto altro che merda”.
“Allora perché sei qui?” lo incalzò Sansa, dura: “Perché non ti sei trovato un angolo di pace e di semplicità e ti sei tenuto lontano da questa guerra?”
Una profonda amarezza, intrisa della solita furia, balenò nelle iridi scure del Mastino, la bocca restò distorta in un ghigno, ma adesso in esso non c’era neppure il disprezzo e lo scherno.
“Ci ho provato, lupa” la sua voce rude si abbassò, per quanto continuasse a vibrare di rancore e di una sofferenza sopita: “La vostra dannata guerra ha travolto anche il mio angolo di pace del cazzo”.
Gli occhi azzurri di Sansa, fissi nei suoi, si ammorbidirono appena appena, nel ghiaccio filtrò una nota di comprensione e quasi di dolcezza, un fantasma della ragazza che era stata.
“Per questo dobbiamo combattere. Per abbattere i nemici e le minacce che distruggono ciò a cui teniamo. Non ci sarà alcun posto dove andare se prima non elimineremo Cersei e gli Estranei. Il Nord ha bisogno di te”.
“Ci piscio sul Nord. Che cazzo significa il Nord, per me? Che cazzo significa tutto, per me?!” Sandor gridò, incurante della costernazione dei nobili raccolti nella grande sala, come se non esistesse altro all’infuori della fanciulla dai capelli ramati e dal candido volto scolpito nella pietra che lo fronteggiava, seduta sullo scranno “Ti promisi una volta la mia spada e la mia protezione, e cosa rispondesti?”
Sansa serrò le labbra: “Risposi di no”.
Il Mastino sorrise biecamente: “Esatto, lupa, rispondesti di no. Preferivi rimanere lì, ad arrostire con quella pazza Lannister e i suoi armigeri, pur di non dover subire la mia vicinanza” sputò a terra in segno di spregio: “Cosa sarebbe cambiato, adesso?”
“Tutto, è cambiato” la voce della ragazza fu tagliente come una lama: “Sono stata vittima della paura per la mia intera vita, e fu per paura che rifiutai la tua offerta. Paura del mondo, paura di Cersei, paura di te. Ma anche a me è stato tolto tutto. Coloro che avrebbero dovuto aiutarmi mi hanno tradita, gli amici e i parenti sono stati uccisi. Il mio corpo…” fece una pausa, gli occhi incandescenti di una rabbia che il Mastino riconobbe come propria: “Il mio corpo non mi è appartenuto più. Ho giurato a me stessa, quando sono scappata a Ramsay, che non avrei avuto paura mai più. La paura è per i deboli e le prede, ed io non sarò mai la preda di prima. Dovessi uccidere, sacrificare la mia vita, essere spietata, non sarò mai più impotente”.
Tacque, riprendendo fiato, e Sandor Clegane non rispose subito, si limitò invece a fissarla intensamente, saggiando la risolutezza impressa sul suo volto bello e duro, la volitività che avevano assunto i suoi lineamenti un tempo infantili, la posa ritta e maestosa del suo corpo.
“Ora” disse in tono indefinibile: “Ora sei una donna, lupa”.
Sansa raddrizzò il capo e gli restituì gelida lo sguardo.
Il Mastino si fece avanti, andandole incontro, proiettando la sua lunga e grossa ombra su di lei, e le guardie si mossero inquiete, ma con un gesto imperioso, lei le chetò. Rimase immobile, ben ancorata allo scranno, finché l’uomo non le fu proprio davanti e dovette alzare gli occhi per guardarlo in volto, ma non un’esitazione si ripercosse su di lei. Con un sorriso storto, lui accostò la faccia alla sua e si fermò a pochi pollici di distanza da quei tratti perfettamente cesellati. Sansa contemplò impassibile il reticolo di cicatrici biancastre e la carne squagliata.
“No” sussurrò Sandor, in modo che lei sola potesse udirlo: “È vero, non sento più l’odore della paura su di te, lupa. Ebbene… combatterò. Ma non per il vostro merdoso Nord, o per qualche altro fottuto ideale altisonante”.
Fece una pausa e, con le dita callose, le scostò una ciocca fulva dietro l’orecchio, in modo delicato, come un tempo.
“Combatterò per te, Sansa” promise: “Solo per te”.
La ragazza allungò una mano bianca e a sua volta lo toccò, sul lato del viso deturpato dalle bruciature: “Così sia”.  
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Sylphs