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Autore: Learna    30/07/2017    3 recensioni
Dopo l'ultima battaglia a Ichigo cade il mondo addosso.
Costretta a scappare dovrà decidere di chi fidarsi e di chi no.
Sarà costretta ad allontanare le persone che le vogliono bene per paura di ferirle.
Gli incubi la perseguitano.
Una sola persona, malgrado tutto, sceglierà di starle accanto. Nella buona e nella cattiva sorte, così recita la promessa.
Una persona diversa dalle altre. Un umano non umano.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Restare chiusa in casa stava diventando esasperante. A me erano sempre piaciute le passeggiate all’aria aperta, erano l’unica cosa che mi calmava quando litigavo con i miei genitori o prendevo un brutto voto a scuola, cosa che oltretutto succedeva molto più di frequente di quanto fossi disposta ad ammettere. Restare chiusa in quelle quattro mura era uno strazio, o forse la mia percezione era un po’ alterata dall’avere vicino come unico essere vivente quell’insopportabile alieno di nome Kisshu; in quei giorni, oltretutto, mi era risultata proprio difficile la convivenza con lui, il suo non essere abituato ai costumi umani rendeva qualsiasi cosa un’impresa, perfino i pasti, e se glielo facevi notare lui si inalberava e blaterava su che non era colpa sua, che tutte quelle “cavolate” non c’erano nell’addestramento preparatorio alla missione o che comunque non erano state spiegate bene. Tanto per fare un esempio, il giorno prima non mi andava di cucinare e mi era venuta un’idea, chiedere a Kisshu di preparare, con quello che più si avvicinava a quello che usavano loro e che poteva trovare in casa, qualcosa tradizionale del suo pianeta, non lo avessi mai fatto. Tutto felice si era alzato dalla sedia sulla quale era seduto da circa due ore intento a fare roteare sul tavolo una vecchia trottola, con scarsi risultati oserei aggiungere, cosa che lo aveva portato a continui sbuffi e al finale lancio della stessa contro il divano. Si era diretto verso la cucina e, rimboccatosi le lunge maniche della felpa grigia che aveva addosso, aveva iniziato a perlustrare i vari antri della cucina, dai quali tirava fuori quasi qualsiasi cosa. La prima fu la paprika seguida da una scodella, poi dal riso e via così fino ad arrivare ad un pentolino nel quale poteva forse sperare di far entrare l’acqua per un caffè, ristretto per di più. Decisi che se davvero volevamo mangiare qualcosa quel giorno mi conveniva alzarmi ed andare ad aiutarlo, e addio ai miei progetti di starmene buona buona a non fare nulla. Lo raggiunsi in cucina e iniziai a mettere un po’ d’ordine tra quell’ammasso di roba che aveva posato sul tavolo.
-Allora, spiegami un po’ questa ricetta che così vedo di aiutarti. –
-Non la conosco neanche io.-
Forse avevo sentito male.
-Come?-
-Non la so.-
Ok, avevo sentito benissimo.
-E allora che cavolo stai facendo di preciso? –
-Improvviso.-
Improvvisa.
-Mi vuoi per caso avvelenare? Hai scoperto che con i tuoi sai non ce la fai ad uccidermi e sei passato ad un piano alternativo? –
-Non farla così tragica Ichigo, e poi avrei benissimo potuto farti fuori in più di un’occasione se solo avessi voluto, ma visto che mi piaci mi sono trattenuto e ho deciso, in modo molto magnanimo, di risparmiarti la vita.-
Mi sentì il sangue inondarmi le guance. Tutte le volte che se ne usciva in quel modo mi sentivo tremendamente in imbarazzo, era sovrumano il modo in cui ne parlava, così tranquillamente, ma d’altra parte lui non era umano, quindi magari per loro era normale.
Proprio in quell’istante si voltò verso di me per passarmi il pepe.
-Che c’è Ichigo? Hai caldo? –
Senza neanche rendersene conto, per una volta, mi aveva fornito la perfetta scusa per spiegare il rossore che mi imporporava la guance. Avrei potuto evidare di affrontare quella strana conversazione di nuovo quella volta.
-Si, mi tolgo la felpa.-
Sfortunatamente quella che avevo indosso era una di quelle felpe tutte intere, per intenderci una felpa senza cerniera davanti. Il rischio di denudarmi nell’impresa e offrire così un bello spettacolino, sicuramente molto apprezzato dall’altra parte, era alto. Avrei potuto desistere, ma in quel momento mi accorsi che affettivamente avevo iniziato a sentire caldo, sensazione che sarebbe peggiorata una volta accessi i fornelli. Aprire le finestre era fuori questione, fuori c’erano forse dieci gradi e ci saremmo congelati, almeno io sicuro. Provai quindi a buttarmi nell’impresa con il coraggio di una vera combattente che va a rischiare la propria vita al fronte contro degli spietati nemici. Incrociai le braccia e afferrai il bordo inferiore della felpa, iniziando a tirarla verso l’alto, ma subito mi parve chiaro che il risultato sarebbe stato quello ipotizzato in precedenza. Caso volle che Kisshu fosse impegnato a cercare chissa quale attrezzo nella dispensa e non mi avesse vista. Ci provai di nuovo, ma ottenni un risultato catastrofico. Ero riuscita a far stare la camicia bianca che portavo sotto al proprio posto, ma ero anche riuscita ad incastarmi nella felpa, mi ritrovavo con le braccia incrociate, le mani che tenevano i lati della felpa e tutta la felpa a fare da fagotto intorno alla mia testa. Non avevo alternative.
-Kisshu, aiutami. –
-Hai detto qualcosa? –
La sua voce proveniva ancora dallo stanzino. Provando ad avvicinarmi per farmi capire andai a sbattere contro l’anta della porta che ne determinava l’apertura.
-Kisshu aiutami, per favore. –
Sentì dall’altra parte una risata soffocata.
-Non c’è niente da ridere. –
A quel punto la risata scoppiò libera.
-Fidati Ichigo, c’è eccome. –
-E va bene, non ho bisogno del tuo aiuto, posso fare anche da sola. –
Riniziai a provare a tirare, ma tutto era bloccato, non riuscivo a muovere un muscolo ne per continuare nel tentativo di togliere la felpa ne per tornare alla situazione iniziale. Mi maledissi mentalmente.
-E va bene, non è vero, non ce la faccio. Ti prego aiutami, sto soffocando qui dentro. –
Sentì Kisshu appoggiare qualcosa su uno scaffale e poi avvicinarsi di qualche passo a me.
-Ok, ma dopo voglio una ricompensa. –
-Dimenticatelo. –
-Allora ti lascio così. –
Quasi non respiravo più e oltretutto faceva un caldo infernale li dentro.
-E va bene e va bene, ma ti prego, fai una richiesta fattibile. –
Sentii le sue mani afferrarmi il lembo posteriore della felpa e tirare in su, poi le spostò di fianco e…ero libera, finalmente libera.
Avevo i capelli tutti in aria e la faccia rossa, dovevo assomigliare ad uno spaventapasseri. Cercai di sistemarmi i capelli alla bella e meglio.
Kisshu mi porse la felpa e io la legai in vita, per poi sbottonare i primi due bottoni della camicia, che sembrava strangolarmi.
-Bhe se vuoi iniziare così io ci sto. –
Si sporse verso di me e appoggò la mano alla scaffale a lato della mia testa.
-Stupido, cosa credi. –
-Bhe un’idea mi è passata in mente. –
Gli rivolsi uno sguardo fulminante.
-Bhe grazie per avermi aiutato.
Mi abbassai per passargli sotto il braccio, ma lui mi afferrò una mano e mi riportò al mio posto.
-Non dimenticarti che mi hai promesso una ricompensa. –
Me lo sussurrò all’orecchio. Ero incastrata tra il suo braccio a sinistra e il suo viso a destra. Situazione molto imbarazzante che mi face di nuovo venire un caldo allucinante.
-E cosa vorresti di preciso? –
-Un bacio. –
-Dimenticatelo. Ti avevo detto solo richieste fattibili. –
-Di fatti la mia lo è. Se mi lasciassi finire una volta ogni tanto, al posto che fare la prevenuta… -
-Sentiamo allora. –
Lui si era scostato da me, ma il suo viso rimaneva comunque troppo vicino al mio, ci separavano solo dieci miseri centimetri.
-Voglio un bacio sulla guancia. Non ti avrei mai forzato a qualcosa di più, a quello ci ariveremo più avanti. –
La voglia di replicare non l’avevo quindi mi preparai a dargli il suo “contentino” e far finire quella storia.
Kisshu era più alto di me e arrivare alla sua altezza era un po’ un’impresa, così fui costretta a tirarlo verso di me per il colletto della camicia. Posare le labbra sulla sua guancia mi fece uno strano effetto. Era liscia e fredda, come un piano di marmo, ma allo stessa tempo morbida.
-Soddisfatto? –
-Per ora. –
Finalmemte staccò la mano dallo scaffale e mi lasciò via libera per tornare verso la cucina, con lui dietro. Mi voltai a guardarlo.
-Scusa, ma che cosa eri andato a fare in dispensa? –
-Ah giusto. –
Tornò indietro e riemerse poco dopo dallo stanzino con una tolletta di qualcosa di marrone/viola in mano.
-Lasciami fare Ichigo, tu vai a sistemare la tavola. –
 Decisi di arrendermi e fare come diceva, tanto non avrei comunque potuto aiutarlo non avendo neanche la minima idea di cosa stesse combinando.
Finito di fare la tavola lui stava ancora armeggiando ai fornelli così decisi di risedermi sul divando nel punto di prima e aspettare.
Circa venti minuti dopo lo vedi arrivare con una pentola fumante in mano. L’odore che pervase la stanza al suo ingresso non era molto invitante, ma decisi di non fare la schizzinosa e accomodarmi a tavola.
-Sei sicuro che sia venuto bene. –
-Piuttosto sicuro, l’odore è quello. –
Non sapevo se quella era una notizie confortante o meno.
Con un mestolo tirò fuori dalla pentola una specie di minestrone dal colore dubbio e dalla consistenza ancora peggio. Quando me la mise nel piatto il riso sembrò separarsi da quelle che sembravano…prugne secche ormali molli e da dei granelli di paprika e pepe, tenuti insieme da un liquido maleodorante. Il mio primo istinto fu quello di allontanare il più in fretta possibile il piatto da me, ma mi trattenni. Se lui mangiava quella roba ed era ancora vivo magari non era così cattiva, tuttavia l’idea che, finito questo pasto, mi avrebbe dovuta portare in ospedale per una bella lavanda gastrica però non mi usciva dalla mente.
Quando Kisshu finì di mettere fuori anche la sua porzione, oltretutto generosa quanto la mia, si sedette e agguantò il cucchiaio.
-Buon appetito. –
Io lo imitai e, facendomi non poco coraggio, mi portati una cuccchiaiata di quella roba alla bocca.
Il sapore era anche peggio dell’odore, non riuscii a mandarlo giù, mi alzai di colpo e corsi verso il bagno per sputarlo.
-Ma che roba è? – gli urlai da li.
-Sinceramente non lo so, non ha lo stesso gusto di quello che mangiavo io sul mio pianeta.
-Kisshu, non farlo mai più, tu non ti avvicinerai mai più alla cucina, maledetta me e la mia pigrizia. –
Tornai verso il tavolo, presi i due piatti e la pentola e li portai velocemente verso la pattumiera in cucina, dove svuotai il contenuto. Ma la stanza puzzava terribilmente così decisi che avrei rischiato l’ipotermia e avrei aperto le finestre, meglio morire congelati che asfissiati, poi presi la pattumiera gocciolante e la portai all’aperto. Chissà quanto ci sarebbe voluto perché la casa smettesse di puzzare di quella cosa.
-Oggi abbiamo appurato che tu sei peggio di me a cucinare, cosa che pensavo non potesse accadere mai. –
- Questo lo si potrà affermare solo una volta che avrai cucinato anche tu qualcosa, fino ad ora siamo andati avanti con piatti già pronti. –
-Kisshu fidati, meglio di così so fare di certo. Ma che cavolo ci avevi messo dentro? –
-Non lo so, sembravano le stesso cose che c’erano nella ricetta originale. –
Kisshu si alzò e si diresse verso la cucina dove lo vidi afferrare una lattina.
-Che cosa sono le prugne? –
Ci avevo preso.
-È frutta Kisshu, dolce. –
-Ok, che facciamo ora, ci rimettiamo a cucinare? –
Mi alzai anche io e mi diressi decisa verso il frigorifero.
-Vediamo che ci è rimasto. –
La situazione che si presentò davanti ai miei occhio era a dir poco sconfortante. Tutto quello che ci rimaneva nel frigorifero era un pomodoro, un solo dannatissimo pomodoro. Se fosse stato un giorno come un altro mi sarei accontentata, ma ora non ero da sola, non sapevo quanta fame potesse avere Kisshu e il mio stomoco aveva iniziato a farsi sentire, forse per la fame o forse per lamentarsi di quello che avevo provato a fargli ingurgitare.
-Che ne dici di una gitarella in paese? –
-No Ichigo, non se ne parla, se ti riconoscessero? –
In effetti il problema era serio, ma più che io era lui il problema.
-E che mi dici di te? Credi che sia più riconoscibile io, che quando combattevo ero trasformata, o tu che sei un alieno dalla pelle quasi bianca, i capelli verdi e quelle, per noi normalissime, orecchie a punta? –
Già, il problema era bello grosso, però non potevamo rimanere in casa con nulla da mangiare, anche se non fosse stato adesso avremmo comunque dovuto procurarci qualcosa da mangiare per cena e per i giorni successivi. Era deciso, saremmo andati in paese.
   
 
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