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Autore: VenerediRimmel    31/07/2017    2 recensioni
[Questa storia è uno spin-off della storia madre «Soulwolf» scritta in collaborazione con K, delle soulmirrors. Per capire al 100% le basi di ciò che leggerete in questo spinoff, vi rimando a quella storia che potete trovare sul mio account]
Dopo sei anni, Harry e Louis si ritrovano di fronte a un bivio, sul quale entrambi sanno di dover prendere strade diverse. Grazie all'aiuto degli amici e della loro madre, la Luna, forse però niente è veramente perduto. E, anzi, da tutta questa storia riusciranno ad ottenere più di un ricongiungimento, ma per scoprirlo dovrete leggere un'altra delle nostre storie sui lupi.
Dalla storia: «Ma sono certo che non troveremo nessuno nel bosco. Lo sento, Louis. Che è nostro. Tu no?»
Louis non poté fare a meno di sorridere, mentre il cuore divampava nel petto. Cedette, ma solo un po’. Era ancora in tempo a non rimanerne deluso, ma sì, lo sentiva anche lui. Che era loro.
Genere: Fantasy, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Soulwolf series'
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Note iniziali: come scritto nelle premesse, questa storia è uno spin-off di Soulwolf, che potete trovare cliccando sul titolo; non è il primo spin off e qui potete trovare il precedente: Wolves' breakfast. Questa storia può essere letta anche senza recuperare le precedenti letture, ma per un coinvolgimento maggiore vi consiglio di leggerle comunque. Insomma, poi fate voi. 
Ieri sera, K mi ha obbligato a scrivere questa storia, forse perché entrambe sapevamo che risiedeva lì, chissà da quanto tempo. L'ho scritta, in una nottata, e sono particolarmente soddisfatta del disagio che ho partorito. Premetto fin da subito, che ho scritto questa storia con l'unico scopo di torturarla, quindi voi lettori godete con me. Perché, sì, K, soffrirai tantissimo.
Beh, buona lettura ♥
 



 
 
 
Louis e Harry erano diventati genitori.
 
Non si sa mai quando e come succedono queste cose, soprattutto per due padri. Lo si diventa per istinto, lo si è per nascita oppure la vita ci insegna ogni modo per esserlo, anche se magari non si è mai pensato di diventarlo.
Per Harry era sempre stato una questione di istinto, ma anche perché un po’ lo era sempre stato, fin dalla nascita. Non padre, certo, ma aveva sempre posseduto dentro di sé le qualità per diventarlo, quando sarebbe stato il momento opportuno. Aveva quella naturale morbidezza nel sorridere di fronte all’ingenuità, ad accoglierla con recondita passione; aveva spalle larghe per proteggere e coccolare nei momenti di sconforto una creatura indifesa; ma possedeva, soprattutto, tanta pazienza – messa a dura prova dal suo compagno di vita; pazienza che avrebbe sfruttato fino al suo limite dal momento in cui un piccolo cucciolo di lupo fosse zampettato nelle loro vite.
Per Louis, invece, era stato tutto diverso, difficile e, mh, più complicato. Fu un po’ la vita a fargli il conto di ciò che avrebbe dovuto imparare in fretta, per diventare un buon genitore. Ma fu soprattutto Harry, prima per testardaggine e poi con un pizzico di quella già sopraccitata pazienza, a indicargli la strada giusta, prendendolo per mano e influenzandolo con ciò che a lui veniva fuori in forma innata.
Perché diventare padre, per Louis, fu prima di tutto una negazione: nell’essere un uomo e, poi, nell’essere un lupo. Diventare padre significava responsabilizzarsi, preoccuparsi per un essere vivente all’infuori di se stesso e pensare, prima del proprio interesse, a quello del bambino, una creatura innocente acchiappa guai che gli avrebbe fatto perdere tutto il suo maestoso pelo a causa della preoccupazione. In realtà, aveva fatto una buona dose di esperienza da quando Harry era entrato nella sua vita, ma averlo al fianco non era stato affatto come crescere un bambino. Di questo, Louis era sicuro e per questo titubava ancora di più. Ciò che l’esperienza gli aveva fornito era solo una fetta di tutto ciò che significava avere un figlio.
Louis non credeva di esserne capace, o meglio, non credeva affatto di volerlo fare. Essere padre, figuriamoci, non lo aveva sfiorato mai nemmeno il pensiero. Lui stava insieme a Harry da più di sei anni. Aveva imparato tanti concetti di famiglia, ma ognuno di essi aveva preso in considerazione sempre e soltanto Harry. Una cuccia solo per due. Non tre. Quattro. Insomma, due. Lui e Harry.
Harry, invece, aveva spesso parlato di una cucciolata. Sembrava, dopo il college, un suo desiderio del futuro prossimo. Ne avevano discusso, ma Louis li considerava tutti dei sogni. Solo tali.
«Liam sarebbe proprio un bel nome per un cucciolo. Che ne pensi, Louis?»,  ma lui, da inestimabile costipato emotivo quale era, aveva sempre fatto spallucce e «mh» commentato.
Harry lo aveva anche descritto: «Il suo pellicciotto deve essere un incrocio fra i nostri» ponderava ad alta voce. « Quindi, o bruno con delle macchie grigioazzurre oppure grigioazzurro con delle chiazze marroni. Non sarebbe un amore, il nostro piccolo Liam?» domandava, ricevendo in risposta un’occhiataccia algida da parte dell’altro e uno sbuffo che, in forma canina, Harry ormai sapeva sarebbe potuto essere un ringhio spazientito.
Perciò, alla fine, Harry aveva smesso di parlarne. Con lui. E aveva iniziato con Niall. Perché farlo con Zayn avrebbe ricondotto l’onda anomala di passiva reticenza direttamente al lupo con cui condivideva il letto. Perché Zayn non era affatto cambiato: adorava ancora prendersi gioco del proprio fratellastro, usando il povero Harry come capro espiatorio. Perciò quando Niall, che dopo il college si era comprato un negozio per animali di ogni taglia, dimostrò ancora una volta di non saper mantenere alcun segreto col proprio ragazzo e gli parlò dei sogni di Harry, Zayn non seppe proprio trattenere la sua tentazione nello stuzzicare il fratellastro. E tornando a casa, si annunciò a gran voce: «Allora, quand’è che mi fate diventare zio?».
L’onda anomala fu più agitata del previsto, per Harry. E per calmare Louis impiegò tutta la notte. Nel letto. Ringraziò il cielo che non fosse una notte di plenilunio, altrimenti sapeva che per convincerlo ci avrebbe impiegato tutte le ore notturne, con tanti graffi e parecchi morsi, e tutto un giorno intero, quello dopo, a rileccarsi le proprie ferite e quelle di Louis.
 
 
 
Poi, c’era stata la litigata definitiva, quella che tutti i Tomlinson – e Zayn e Niall – avrebbero ricordato per decadi e che, probabilmente, avrebbero raccontato ognuno con la propria distorta prospettiva.
Quella di Harry, lo vide alla fine buttare alla rinfusa tutti i primi vestiti che gli venivano sotto il naso umido di calde lacrime, in una valigia sgualcita e puzzolente di muffa che forse non era nemmeno di sua proprietà.
La prospettiva di Louis, invece, lo portò dritto nel bosco, al tramonto. Avevano litigato proprio perché entrambi nervosi per la trasformazione.
Avevano litigato perché erano finite le attese. Di fronte a quel bivio, alla fine delle urla e del risentimento che si erano vomitati addosso, entrambi avevano preso strade diverse.
Al giorno dopo non ci furono ferite da leccarsi vicendevolmente. Ognuno, distanti come non lo erano mai stati per anni, lo fece da sé.
 
Ma nessuna causa è persa: Harry e Louis sono diventati genitori – dopotutto è la prima frase che avete letto.
Ci impiegarono il tempo che ci volle affinché potessero ricevere la giusta dose di aiuto, dagli amici e dalla loro madre, appena rinata piena e luminosa in cielo.
Non erano stati mai lontani per così tanto tempo e, per un legame profondo e intrecciato come il loro, ci volle tutta la buona volontà per non cedere alla debolezza di ritrovarsi. Perché, accecati dall’orgoglio, ad entrambi sembrava proprio questo, una debolezza a cui non cedere.
Harry si convinceva, nel pianto più disperato, quello che gli stringeva il petto e lo faceva tremare nelle notti più lunghe, che se Louis non poteva, come lui, diventare o desiderare di essere padre di un piccolo cucciolo, allora non avrebbe potuto essere nemmeno il compagno della sua vita. Era difficile, spesso un’eresia campata nella sua mente erroneamente, perché poche erano state le certezze nella sua vita, ma essere un licantropo ed esserlo al fianco di Louis erano le colonne che assemblavano le basi di tutto ciò che riempiva la sua anima. E ora che tutto era crollato, tutta la sua vita si sorreggeva su una sola colonna e anche quella, piano piano, si stava sgretolando. Essere un lupo, in quelle settimane di lontananza, tornò ad essere facilmente un inferno.
Louis si convinceva di qualcosa di simile ai pensieri di Harry. Pensava che se Harry desiderava così fortemente di diventare padre, allora le loro vite non avrebbero potuto far altro che dividersi. Anche le sue certezze si fondavano sulla presenza costante di Harry nella sua vita e ora poteva contare unicamente sulla sua anima da lupo. Si consolava illusoriamente di poter tornare dalla sua vecchia compagna, l’amata e abbandonata solitudine. Ma da quando Harry era entrato nella sua vita, quella non aveva avuto più alcuna attrattiva su di lui. Né ne aveva in quel momento, benché fosse veramente solo.
Così, anche senza tramutare in lupo, per diverse notti, Louis - no, non pianse - ululò forte al cielo. Malinconico, testardo e cieco di dolore. Aveva perso tutto ciò che contava e desiderava imparare in fretta il modo per dimenticare il posto vuoto al suo fianco. Anche chiamare la Luna, disperatamente, fu tremendo. Perché senza Harry mancava una voce che accompagnava la sua.
 
Il primo aiuto, così, arrivò dagli amici: Zayn e Niall sapevano che parlare con i propri corrispettivi amici avrebbe potuto aiutarli a risollevarsi, ma non a risolvere quella situazione. Si misero così d’accordo e insolitamente l’idea venne proprio da Niall.
«Sicuro di voler parlare con Louis? Tu?» gli domandò Zayn, con un sopracciglio alzato e un ghigno beffardo ad aspettare di essere sgualcito da un bacio dell’umano. Niall ridacchiò goffamente e si stropicciò il ciuffo biondo di capelli: «Negli anni io e Louis siamo entrati in confidenza» rispose sicuro.
L’altro sopracciglio di Zayn seguì il suo compagno già alzato « e Louis questo lo sa?» domandò sarcastico, ricevendo in risposta una gomitata.
«Non capisci, Zayn. Tu parlerai con Harry, perché conosci molto bene Louis e potrai ricordargli tutte le sue qualità migliori. Io, che conosco perfettamente Harry, farò lo stesso con Louis, sperando di non finire sbranato in un sol boccone. Ma insomma, il piano è puntare sulla mancanza che l’uno prova per l’altro e, puf, torneranno insieme in un batter d’occhio!» spiegò entusiasta.
Zayn, allora, incrociò le braccia. Era lui, fra i due, a doverci mettere in mezzo un pizzico di dubbio. «Allora suppongo di non dover ricordare a Harry che Louis non ha alcuna intenzione di diventare padre»
«Assolutamente, non devi! Sei pazzo? Vuoi farlo cadere nella depressione più totale?» replicò Niall, tappandogli la bocca.
«Ma, Niall, Harry vuole diventare padre…»
Niall sbuffò seccato, sapendo di non saper replicare a quella verità. Poi, un lampo di genio lo prese per la lingua: «Sono ancora giovani! Insomma, Louis potrebbe non essere ancora pronto… magari, col tempo-»
Zayn negò. «Louis non si convincerà nemmeno col tempo, Nì. Lo sai, quando dice una cosa, difficilmente cambia idea».
Niall sbuffò con rammarico: «Ma per amore, magari accadrà. Forse… cambierà idea. Per Harry, dico. In fondo non sarebbe neppure la prima volta» disse in un sussurro. Era convinto che quei due non potessero far finire la loro incredibile storia in quel modo. Anche se adorava l’idea di diventare zio, perché insomma era nato per essere quello divertente con i bambini e ora non desiderava altro che poter sfruttare la migliore delle occasioni, la sua priorità era vedere il proprio migliore amico ammogliato con il costipato emotivo al quale, col tempo, aveva saputo affezionarsi.
Zayn sospirò, mentre guardava l’uomo che amava da anni e che non aveva smesso di amare nemmeno in una delle mille notti prive di raziocinio, proprio per quell’infondata e sconsiderata speranza che aveva nel genere umano - e lupesco. «Forse, sì, hai ragione» replicò, prendendosi da sé il bacio che aspettava da quando Niall era entrato nella sua macchina.
 
Ovviamente, quella chiacchierata non fece tornare insieme Harry e Louis, ma aiutò entrambi a riacquistare un po’ di lucidità.
L’orgoglio, messo un po’ da parte, riusciva a stento a sostenerli durante le giornate che seguirono, ma poi arrivò la famosa notte di luna piena – l’aiuto fondamentale che gli diede la madre – e, privi di ogni ragionevolezza e di tutte le debolezze umane, i due lupi si ritrovarono nei boschi, distrutti nell’animo, e non per la trasformazione appena subita, ma per ciò che si erano fatti, lasciandosi; ciò che fecero, dopo attimi di pallida reticenza, soprattutto da parte di Louis, fu di annusare ognuno l’odore dell’altro e raggiungersi a metà strada.
L’uno di fronte all’altro, poi, fu come la prima volta che si videro in quella forma. E, sì, la storia si ripeté, uguale, ma non in ogni aspetto. Louis gli ringhiò, perché averlo avuto lontano per tutto quel tempo, improvvisamente, sarebbe dovuto essere un senso di colpa da affibbiare a Harry.
Harry, invece, indietreggiò, ma non per timore, perché ora sapeva che, nonostante tutto, Louis non avrebbe mai potuto fargli alcun male. Quando, però, Louis lo vide arretrare, si fermò nel suo latrato e avanzò incapace di non farlo. Lo raggiunse, affondando il proprio collo in quello di Harry. Pelliccia contro pelliccia, il grigioazzurro illuminato dalla Luna andò a mischiarsi col manto bruno di Harry. L’odore acre di quel dolore che avevano provato entrambi invase le loro narici rendendoli più arrendevoli. Respirarono all’unisono mentre di gola lasciavano uscire alcuni versi di pacata contentezza. Le code si muovevano ad esprimere ciò che gli era stato tolto per quei giorni che erano sembrati secoli.
Quell’abbraccio fu ritrovarsi; iniziare a giocare buttandosi a terra, mordendosi e leccandosi fu riallacciare l’uno il proprio corpo all’altro.
Fare l’amore fu legarsi, di nuovo.
 
Quella notte i lupi avevano messo da parte ogni buon motivo e si erano ritrovati sotto la Luna, che magnanima era rimasta a sorvegliarli. Anche se, indaffarata com’era, non aveva fatto soltanto quello.
Quando la mattina Harry e Louis si risvegliarono, sporchi di fango e nascosti da una coperta di foglie, erano ancora abbracciati, stretti, incapaci di lasciarsi andare. E sebbene lo avessero fatto per anni, fu improvvisamente strano. Si riappropriarono dei propri pensieri e subito posero distanza l’uno dall’altro.
Entrambi nudi, rimasero a fissarsi. Sì, proprio come la prima volta che si erano conosciuti da umani, dopo la notte di plenilunio che li aveva fatti incontrare sottoforma di licantropi.
Insolitamente, però, il primo a parlare fu Louis.
«Harry-» lo chiamò. Stava già cedendo. Perché sì, forse non era capace di dimenticarsi di quell’uomo. Forse non voleva affatto provare a farlo.
Harry, però, non capì quel tono di voce e, anzi, lo fraintese. «Louis, mi sei mancato terribilmente. E dopo stanotte credo proprio di aver compreso che non potrò mai fare a meno di te nella mia vita, quindi-» sospirò, scompigliandosi i capelli ricci mentre alcune foglie raggiungevano velocemente il terreno.
Quindi, Harry, per Louis, avrebbe rinunciato a tutto.
«Se tu non vuoi diventare padre, io- potrò imparare ad accettare questa cosa. Perché, in fondo, mi basti tu. Mi sei sempre bastato tu»
Louis rimase in silenzio. La gola secca e il cuore in attesa.
Fu in quel momento che comprese tutto quanto. Harry gli aveva appena garantito che avrebbe saputo rinunciare ai suoi sogni per lui, per loro, e Louis avrebbe potuto, da quel momento, accontentarsi nel sentirsi amato dal proprio compagno; ma fu proprio quella consapevolezza che fece scattare in lui qualcosa di nuovo: forse non sarebbe mai potuto essere un buon padre per qualsiasi creatura innocente fosse diventata suo figlio, ma Harry sarebbe bastato per entrambi, perché era senza ombra di dubbio il migliore. Capì lì, con Harry a rinunciare ciò che lo rendeva Harry, con il compagno di vita che perdeva la sua natura più bella, che Louis aveva sempre desiderato essere padre e che lo aveva negato per legittima difesa, perché convinto di non essere abbastanza per un figlio né di esserne all’altezza, considerato che affianco a sé aveva la migliore fra le scelta. Ma le paure non furono più abbastanza forti. Vedere Harry così, lo fece tornare forte e coraggioso.
«Harry, non basterebbe più a me» disse, quindi. Harry sgranò gli occhi, iniziando a tremare. Louis scattò in avanti per accoglierlo tra le sue braccia, come aveva sempre fatto. «Io ti amo per la persona che sei, Harry. E se tu rinunciassi a questo, alla tua natura, non saresti più la persona né il lupo che amo» ammise, accarezzandogli una gota. Harry lo guardò dritto negli occhi. Era certo che non stesse capendo cosa aveva intenzione di dirgli. Arretrò, scottato. Lo stava lasciando?
«Tu sei dolce, paziente. Sei amorevole, coscienzioso e responsabile. Divertente, ma soprattutto hai sempre saputo cosa desiderare. Sei ambizioso, forte e coraggioso. Sei un padre anche se non hai ancora un cucciolo da difendere. E io ti amo per questo» spiegò. Harry trattenne il fiato, mentre lo ascoltava parlare, ma non bastò ad impedire alle lacrime di farsi spazio sulle sue guance. Ora capiva.
Louis gliele asciugò velocemente baciandole e leccandogliele vie. Gli sorrise sulla bocca, infine, e «Liam è un nome bellissimo e vorrei fosse bruno, come te, con macchie grigioazzurre sul manto, come me. Ora è anche il mio sogno, quindi ti prego, non rinunciarci proprio adesso».
Dirlo ad alta voce lo fece tremare, ma le mani di Harry si fecero subito spazio sul suo corpo per stringerlo rassicurante. Si sentì gli occhi lucidi, ma sorrideva. Perché le sue parole erano sincere, così come i suoi nuovi sogni.
La Luna, non ancora del tutto scomparsa dal cielo rosa sopra di loro, li accontentò.
 
Quando le loro fronti si unirono, sospirando felici di un amore forte più di prima sentirono un cespuglio lì accanto iniziare a muoversi come se qualcosa al suo interno lo agitasse.
Louis lo fissò girando di scatto il capo, subito in allarme. Harry, con le sopracciglia aggrottate, fece lo stesso ma più lentamente. Annusarono l’aria circostante e si sorpresero.
Forse era stata la concitazione di essersi ritrovati ad aver appannato ogni senso e soprattutto il loro olfatto sovrannaturale perché ora, ignorando i propri odori, ne percepivano un altro. Uno estraneo. Provenire proprio da quel cespuglio.
Si avvicinarono, lentamente. Louis poco più in avanti, subito protettivo nei confronti di Harry che, nonostante fosse cresciuto, si abbandonava sempre alla protezione innata di Louis.
Divennero, però, due statue di sale quando dal cespuglio venne fuori un singhiozzo.
Si guardarono. Annusarono di nuovo l’aria, mentre davano all’udito il tempo di percepire ben tre diversi battiti cardiaci.
Fu Harry, a quel punto, a scattare istintivamente verso il cespuglio. E il tentativo di braccarlo, di Louis, fu vano. Anche quando lo chiamò: «Harry!» perché il più piccolo dei due aveva sempre fatto di testa sua, alla fine. E Louis, arrendevole, lo aveva sempre lasciato correre il rischio.
Questa volta, però, non ci fu alcuna conseguenza, se non il cucciolo di uomo che Harry mostrò a Louis, ora che dal cespuglio lo aveva accolto fra le sue braccia e stretto al suo petto. «Louis, guarda…»
Il cucciolo di uomo aveva capelli castano chiari e due occhioni ambrati e curiosi che fissavano l’uomo senza parole di fronte a sé.
Nghé disse il bimbo, sorridendo apertamente a Louis e iniziando a sbracciarsi verso di lui. Harry, che fino ad allora aveva avuto il viso abbassato a fissare la piccola creatura, alzò lo sguardo e sorrise a Louis: «Credo che voglia venire da te, gli piaci!» affermò, avvicinandosi per lasciarlo alle braccia di Louis. Colto di sorpresa, Louis non fece in tempo a rifiutarsi e il batuffolo senza peli si ritrovò stretto e scomodo tra le sue mani.
«Harry, no! Prendilo! Non so- non so come si fa. Prendilo, Harry, prima che si metta piangere» lo pregò.
Harry, sghignazzando commosso, gli si avvicinò. Afferrò le mani di Louis e invece di prendere il bambino, lo aiutò a sistemarlo tra le braccia del suo compagno. «Devi prenderlo in braccio così Liam» affermò, mentre il piccolino iniziava a giocare con la barba di Louis. E nghé commentava positivamente la scelta del proprio nome.
«Harry, non-» Louis saettò i suoi occhi algidi su Harry riacquistando la lucidità persa nel rimirare il modo in cui la creaturina lo toccava e studiava con quelle piccole e graziose manine. «Noi- non sappiamo nemmeno se è di qualcuno, se è-»
«è un lupo, Louis. Lo sento io e so che lo senti anche tu. È un cucciolo come lo eri tu e come lo son diventato io, ed è un dono di nostra madre» esclamò, anche lui improvvisamente sicuro delle sue parole.
Louis lo guardò, percependo dentro di sé quanto desiderasse che fosse veramente come Harry diceva. Non cedette, perché sapeva che se quello era soltanto l’errore di qualcuno, se quel cucciolo si era perso nel bosco e ora la madre lo stava cercando, una volta riconsegnato sarebbe profondamente rimasto male nel prendere atto che non sarebbe stato suo, non sarebbe stato loro.
«Harry, qualcuno potrebbe averlo perso. Lui potrebbe essersi perso durante la notte ed essersi avvicinato a noi, ai nostri odori»
«Allora cerchiamo la madre» replicò Harry. «Ma sono certo che non troveremo nessuno nel bosco. Lo sento, Louis. Che è nostro. Tu no?»
Louis non poté fare a meno di sorridere, mentre il cuore divampava nel petto. Strinse il cucciolo a sé e serrò la mascella. Cedette, ma solo un po’. Era ancora in tempo a non rimanerne deluso, ma sì, lo sentiva anche lui. Che era loro.
«Ma va bene, facciamo un giro nel bosco per toglierci ogni dubbio» si arrese, allora, Harry iniziando a camminare. Louis lo seguì, mentre ogni tanto gna, ah, nghè il bambino riacquistava la sua totale attenzione e, soprattutto, i suoi sorrisi più puri. Perché ci provava a rimanere serio, distaccato ma quella piccola palla di pelo lo faceva sempre cedere. Era bellissimo.
 
Nel bosco non trovarono nessun uomo o donna, nessuna traccia fresca che ci fossero stati altri lupi durante quella notte. Seguirono le tracce che il piccolo cucciolo aveva lasciato dietro di sé prima di raggiungerli, e quando giunsero in quel piccolo laghetto in mezzo al bosco, dove la Luna amava specchiarsi e farsi bere dai suoi figli, seppero entrambi di poter cedere al desiderio che quella piccola bestiolina fosse, effettivamente, loro. Quello era il loro posto e la creatura veniva da lì.
«Le sue tracce non vanno oltre questo posto, e non vi è l’odore di nessun’altra forma animale o umana in tutto il bosco» lo aveva detto Louis, perciò Harry sorrise stringendosi forte con le proprie braccia. Tratteneva l’euforia, la gioia. Si diventa madri nello stesso modo, ma essere padri e diventarlo è sempre una nuova esperienza, diversa per tutti. Loro lo stavano diventando nel bosco che era stato un punto fondamentale e che sarebbe continuato ad esserlo per sempre.
Louis gli passò dolcemente il bambino e setacciò nuovamente la zona. Meticolosamente lo fece anche una terza volta, mentre Harry stringeva a sé il bimbo e giocava con le sue mani, baciandogliele affettuosamente di tanto in tanto. «Ciao, piccola meravigliosa creaturina. Io sono Harry, quello che sta cercando in tutti i modi di avere la certezza assoluta che tu sia nostro, è Louis. Saremo, se vorrai, i tuoi papà».
Era morbido, amava di già i suoi versetti e le sue guanciotte piene.  Era bellissimo e desiderava tanto che fosse come il suo cuore gli stava promettendo sarebbe stato.
Loro. Unicamente suo e di Louis.
 
Poi, il bambino iniziò a piangere. E la reazione di entrambi fu una sorpresa.
Harry iniziò a dondolarlo fra le proprie braccia e a cantargli una canzone, sussurrandogliela all’orecchio. Louis, invece, con una stretta allo stomaco, si avvicinò ad entrambi e li guardò attentamente. Annusò la preoccupazione di Harry per poi concentrarsi su quella del bimbo, già tremendamente famigliare.
La vide, in un attimo. Chiuse gli occhi e tutto cambiò. Respirò piano e riaprì gli occhi. Fece più spazio in quella cuccia che avevano sempre occupato in due. Quell’esserino era così piccolo che, sì, lui gli avrebbe concesso metà della sua parte. E Harry metà della sua.
Eccola lì, quindi, la sua famiglia.
La realizzazione suggellò quanto entrambi avevano sentito dall’inizio: era il loro dono, quello che la madre gli aveva fatto per realizzare i loro desideri. Quello che la Luna gli aveva affidato fra le braccia, dopo essersi ritrovati, pronti a diventare genitori.
«Andiamo a casa, Harry. Liam ha fame».
Harry giurò di non aver pianto, lungo il sentiero verso il maniero dei Tomlinson, ma Louis raccontò che, sì, frignò come un bimbo mentre Liam, alla voce sicura del padre che non dichiarava solo un nome ma bensì chi sarebbe stato nelle loro vite, smise subito di piangere.
Fu un segno.
 
***
 
Così, Harry e Louis diventarono genitori. E Liam dimostrò, fin da subito, essere un dolce cucciolo di uomo, nonché un vero e proprio terremoto.
Cresceva velocemente e ogni giorno era stato sempre una nuova avventura. Per tutti e tre.
Harry era il padre che Louis aveva sempre immaginato sarebbe diventato: asciugava le lacrime del figlio, spesso cantandogli dolci canzoni d’amore o raccontandogli pacatamente tante storie di fantasia, anche se Liam aveva dimostrato fin da subito la sua preferita, l’unica favola che, Harry, gli narrava attingendo alla realtà: raccontava di come due giovani lupi si fossero incontrati per volere della Luna, di come fossero diversi in tutto e perciò complementari, di come il più piccolo odiasse la sua forma lupesca e di come il più grande ambisse a perdere la sua umanità, della possessività di uno e dell’ingenuità dell’altro dal quale nacque il più genuino degli amori e che fece incondizionatamente innamorare entrambi della parte di sé che, fin prima della loro unione, avevano tanto detestato; narrò del perfido nemico che tentò di separarli, ma che morì sconfitto e, infine, come in tutte le favole, il suo lieto fine: l’arrivo dopo tanti anni di amore, di un terzo cucciolo, uomo e lupo come loro, pronto a cambiarli ma ad unirli ancora di più.
Liam adorava tantissimo quella favola, soprattutto quando Louis era lì, presente, assieme a loro, pronto a commentarla con sbuffi e risolini: «Harry, questi non sono racconti per un bambino»
«Zitto, papà, ora viene la parte della piscina!». Louis non aveva preso mai ordini da nessuno, perché Harry usava altre tecniche per convincerlo, ma da quando Liam era nelle loro vite, alla parola “zitto”, detta da quella vocina, Louis aveva scoperto quanto amasse non replicare.
Liam amava tanto Harry tant’è che la sua prima parola «pa-pa» la pronunciò riferendosi a lui. Tuttavia il legame che aveva con Louis era, sì, più silenzioso, e di natura completamente diversa, ma solido come roccia.
Harry era il cuscino morbido sul quale Liam poteva accoccolarsi e sentirsi protetto e al caldo, mentre Louis era la sua ancora. Liam poteva sempre contare sulla presenza di Louis, perché il padre dagli occhi algidi poteva sembrare austero e distaccato ma era in realtà la costante che lo teneva in piedi. Liam era caduto tante volte, per inseguire un gatto antipatico o per correre tra i corridoi del maniero dei Tomlinson, ma Louis era sempre lì, pronto a soffiare dolcemente sulla sua sbucciatura, disinfettarla e coprirla con un cerotto, per poi lasciargli repentinamente un bacio su una guancia e incoraggiarlo a correre di nuovo dietro il gatto – che, sì, risultava antipatico anche a lui.
Louis era diventato un padre eccezionale. Non asciugava le lacrime di Liam, ma gli insegnava spesso come rimediare a quegli errori che lo avevano portato al pianto – «il gatto ha nove vite, Liam, devi portare pazienza e aspettare che sia la sua ultima: meno otto» gli aveva detto un giorno, quando il gatto era saltato già dal muro ed era sopravvissuto. Liam ci aveva creduto, anche se quel mafioso di un gatto sembrava essere immortale.
Louis non gli parlava di affetto, non come era solito fare Harry, ma lo riempiva di attenzioni piene di amore – «Liam, sono così orgoglioso di te» gli aveva detto quando aveva dimostrato di saper tirare fuori gli artigli – per spaventare il gatto, sì.
Louis, insomma, era sempre stato presente nella vita di suo figlio: quando mangiò la prima pappa, quando mise i primi dentini, nel cambiare i pannolini e nel farlo addormentare (o dannazione, lui era l’unico che riusciva a farlo addormentare).
Fu Louis che lo convinse che il vasino non era suo nemico, anche se Liam si decise ad usarlo soltanto dopo una dimostrazione pratica di Harry - «Liam, sei un lupo. Non puoi avere paura di un vasino e se proprio ti fa paura, esci fuori in giardino e fa i tuoi bisogni» gli aveva consigliato Louis. Per fortuna, Harry lo aveva preso in tempo per insegnargli le buone maniere.
Fu Louis che minacciò Zio Zayn e Zio Niall di riportare sano e salvo il loro cucciolo, quando gli zii li convinsero a dedicarsi l’uno all’altro per una sera, dopo anni, senza il bambino.
Fu Louis a non dubitare mai di essere un padre, perché Liam era il figlio che aveva sempre desiderato. E Harry, beh, lui era il compagno di vita che ora di rado gli ricordava quanto lo amasse, ma che non mancava mai un giorno in cui gli dicesse quanto fosse fiero di lui, quanto fosse felice della famiglia che avevano saputo costruirsi.
Ma più importante di tutte le cose che fecero di Louis un ottimo padre fu quando si dimostrò pronto nel spiegare a Liam le mille sfaccettature della loro natura di lupo.
Per Liam non era stato facile trasformarsi. Mai. Per Harry, rivedere il dolore negli occhi del figlio, e che da piccolo aveva provato atrocemente in prima persona, da solo, era stato come un incubo diventare realtà.
Louis aiutò entrambi a spazzare via quelle ore di dolore con altrettante ore di gioia, mostrando a suo figlio, e di riflesso anche a Harry, cosa ci fosse di bello aldilà della trasformazione. Gli insegnò ad annusare una traccia a inseguirla, ad affondare i piccoli artigli nel terreno. Harry, invece, lo portò sui prati alti, per condividere con lui la gioia di rotolarsi su di essi e compiacersi della sensazione soffice sul loro pelo.
A proposito, Liam aveva un pelo marroncino, quasi rossiccio, con pochissime macchie grigie che sotto la luna osavano splendere di azzurro. Harry e Louis, quando lo videro per la prima volta sottoforma di cucciolo di lupo, seppero di non aver potuto desiderare di più e che quello era esattamente ciò che avevano sognato: loro figlio. Ringraziarono la Luna, ululando tutti e tre insieme in un coro che ora sembrava ancora più completo di prima. Fu la loro prima notte di Luna piena, e fu magnifica.
Ma le notti di Luna Piena, per diversi anni, non furono affatto semplici da affrontare: però ogni mattina Liam si svegliava con un ricordo così sensazionale ed emotivamente positivo, che tutto il dolore sembrava essere soltanto un piccolo prezzo da pagare per l’immensa bellezza che li aspettava a quattro zampe. E questo grazie a Louis.
 
«Non avrei mai potuto desiderare di meglio, lo sai?» gli disse Harry, quel giorno. Liam aveva quattro anni e correva appresso a una farfalla, nel bosco, nudo e sporco del fogliame che aveva usato come coperta quella notte.
Louis lo guardò e gli sorrise, avvolgendo una mano sul suo fianco. «Lo so» esclamò. Poi abbassò gli occhi. «Secondo te, siamo bravi? Con lui?»
Harry rise piano e gli baciò una guancia. «Facciamo il nostro meglio, e Liam è un bambino felice. Ed è un lupo, se penso a come ero io, alla sua età- solo e impaurito-» ebbe un singulto, Louis lo strinse forte a sé.
«Avrei voluto esserci, lo sai? La vedo tutte le volte la paura che hai nel rivederti in nostro figlio che mi vien voglia di strapparti al tuo passato per gettarti nel mio. Mi distrugge non poterlo fare, ma ti faccio una promessa, Harry: tu e Liam non dovrete più temere niente, perché ci sono io, ci sarò sempre io» lo rassicurò. Harry, con gli occhi lucidi, annuì: «Lo so» disse, avviluppando le labbra con le proprie in un casto bacio.
«Papà, papà!» urlò Liam, saltando agilmente, influenzato ancora dai sensi di lupo che non lo avevano del tutto abbandonato. Fu addosso a Harry che, preso alla sprovvista inciampò nei suoi stessi piedi e cadde all’indietro, trascinando con sé anche Louis.
 
Risero, mentre entrambi ricordarono velocemente come quella notte l’avevano trascorsa giocando a ricorrersi e ad acchiapparsi, mordersi e leccarsi, in una perpetua guerra giocosa.
Liam starnutì per poi leccare e mordere la guancia di Harry. «Papà ho imparato! Hai visto? Stanotte ti ho fatto capire che il mio attacco era solo un gioco e che non avevo alcuna intenzione di farti del male. Etciù» disse e starnutì di nuovo, anche se stavolta sembrò più uno sbuffo di risa trattenute.
Louis si mise d’un fianco a guardarli, sorretto da un mano. «Di cosa parla?» chiese, non capendo.
Liam guardò il padre e si sentì in dovere di attaccarlo, saltandogli addosso. Etciù, starnutì di nuovo, prima di mordergli il collo.
Louis ringhiò sonoramente, prima di ribaltare le posizioni e atterrare docilmente il figlio. «Louis!» lo redarguì Harry, allarmato. Liam rise in risposta, facendo rilassare il padre. «Wow! Quando sarò forte come te, papà, lo farò anch’io!» esclamò, lasciando Louis senza parole. Harry sorrise, toccò a lui, ora, restare a guardarli. E lo fece di cuore, perché era tutto ciò che aveva sempre sognato.
«Papà, perché tu non starnutisci mai? Etciù» chiese a Louis, per poi attentare al collo del papà. Inutilmente.
«Di cosa parla, Harry?» domandò, ancora, Louis, facendo il solletico al figlio per tenerlo lontano.
Harry si schiarì la voce. «è un bambino, Louis. Gli ho detto che se gli piace giocare a fare la lotta, deve sempre dare un segnale delle sue intenzioni. Ora che andrà a scuola e giocherà con gli altri bambini non potrò proibirgli di essere se stesso, non posso proprio, deve essere lui, in tutto il suo essere- devo solo… dargli le giuste indicazioni. Così gli ho detto che un cane starnutisce mentre sta giocando con un umano, per dirgli che non ha intenzione di fargli male, che stanno solo facendo finta. In modo tale che quando giocherà con i suoi compagni, avrà modo di farsi capire nei suoi giochi» spiegò Harry, dimostrandosi sempre attento ad ogni tipo di problema che potesse riguardare loro e il loro cucciolo.
«Ma noi siamo lupi» obiettò Louis.
«Infatti tu, papà, non fai mai per finta. Anche se so che non mi faresti mai male, tu non starnutisci prima di giocare» replicò Liam.
Louis guardò prima il figlio, poi Harry. «Tu lo fai?» domandò al compagno. Harry, imbarazzato, annuì: «etciù» affermò, prima di stampare un bacio sulla bocca di Louis.
«Ew, che schifo. Questa non è lotta!» commentò Liam. Harry rise e «ma è un buon modo per confondere l’avversario» disse per poi aggiungere velocemente: «ma tu potrai farlo solo dopo aver compiuto i diciotto anni, chiaro?» con sguardo premuroso e, sì, pieno di buffa gelosia.
Louis sembrò confuso, dopo quel bacio, ma in realtà stava soltanto ponderando per bene sulla sua prossima decisione. Guardò ancora una volta Harry, che gli sorrideva, e poi Liam, che aspettava una sua mossa con gli occhi curiosi, aperti, come la prima volta che gli si erano posati addosso.
Sospirò e negò, dandosi mentalmente dell’idiota.
Si mise a quattro zampe sopra il figlio e digrignò i denti. Nessun guaito uscì dalla bocca di Liam, ma nemmeno Louis ringhiò al figlio.
Difatti, poco prima di abbandonare la propria bocca nell’incavo del collo del figlio, respirandone l’odore che, mischiato a quello di Harry, sapevano descrivergli cosa fosse casa per lui,  Louis «etciù» esclamò.
 
 
 
A Liam,
che meritava anche lui
di essere figlio di questa storia
   
 
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