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Autore: theprophetlemonade_    03/08/2017    5 recensioni
«Alexander, non ti spaventa — dice Magnus alla fine — sapere che puoi provare dei sentimenti così forti per qualcuno che una parte di te ancora crede di conoscere a malapena? Perché a me spaventa da morire. Qualcuno che un giorno spunta nella tua vita, all'improvviso, e ti lascia senza alcuna possibilità di scelta a riguardo».
Alec incontra, nello specchio del suo bagno, un uomo che afferma di essere dall'altra parte del mondo. Da quel momento in poi la situazione s'impenna.
[Malec + Sense8 Clusters!AU → NON È NECESSARIO CONOSCERE SENSE8 PER POTER LEGGERE LA FIC]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note della traduttrice:

Ciao a tutti! 
Questa fanfiction è dell'autrice inglese theprophetlemonade e io sono starsfallinglikerain. Ho scoperto questa storia un po' per caso: un mio following su Twitter l'aveva commentata sul suo profilo osannandola e così mi sono incuriosita, l'ho cercata e me ne sono follemente innamorata. Quando l'ho terminata ero così entusiasta da aver pensato che una storia del genere va divulgata, cosa che mi ha spinta a tradurla e a farci un banner. La fic originale è una luuunga OS, che io(col permesso dell'autrice, ovviamente) ho già tradotto in toto e ho preferito dividere in capitoli per mia comodità.
Ne pubblicherò due a settimana, nei giorni lunedì e giovedì. Vi lascio comunque tutti i link e i recapiti sia miei che dell'autrice originale. Spero che questa storia vi piacerà e vi appassionerete così com'è successo a me, è stato un piacere e un onore poterla tradurre... Insomma, dopo quasi un mese che ci lavoro, sono abbastanza emozionata (a proposito: grazie alla mia baby e compagna di sclery Nené, tu sai quanto ci ho sofferto su questa traduzione!). 
Detto ciò, a lunedì e buona lettura! 
Starsfallinglikerain. 

 
  • La fanfiction originale potete trovarla su Ao3 a questo link
  • Qui potete trovare il profilo di theprophetlemonade su Ao3 e su Tumblr
  • A questo link potete trovare il mio profilo su Efp e su Ao3; nella mia bio qui su Efp ci sono anche i miei altri recapiti (Twitter, Tumblr, eccetera).
  • A questo link invece potete trovare il permesso dell'autrice per la traduzione e la pubblicazione di questa storia. 



Note dell'Autrice: 

Ciao! Questa è una fusione fra i Malec e Sense8 che mi è esageratamente sfuggita di mano! Si è davvero in grado di produrre le cose più strane per caso quando si ha troppo tempo libero dopo aver presentato la tesi di dottorato...
Se non hai idea di cosa sia Sense8, praticamente si tratta di questo: un giorno, otto persone in posti diversi del mondo si svegliano avendo sviluppato una connessione psichica fra di loro, attraverso la quale sono in grado di percepire i sentimenti e i pensieri degli altri e possono anche "visitarsi" psichicamente in qualunque luogo si trovino. La visita psichica implica anche il poter prendere in prestito le abilità degli altri... Immagina la situazione come se una moltitudine di anime stessero occupando un solo corpo, e possano prestare a questo corpo tutte le cose che sanno fare e tutte le conoscenze che possiedono. È una connessione davvero intensa, e quindi... Ho voluto mettere Alec sotto torchio! 
Ho provato a fare qualcosa di diverso per quanto riguarda la struttura, quindi portate pazienza per la narrazione incostante, visto che salta molto di qua e di là! 
La fic è liberamente ispirata alla poesia In Faraway Places di Naiche Parker. 
Visitatemi su Tumblr per altre insensatezze simili. L'inbox è sempre aperto e accetto anche prompt!  Per favore condividete anche il post su tumblr perché mi aiuterebbe un sacco.
Inoltre, lasciate anche per favore dei kudos o un commento con i vostri pensieri! Li apprezzerei molto :^D

 
 
As your sun sets (I know you in bleary-eyed 3AM)
 
 


Puoi capire le persone solo se le percepisci dentro di te.
— John Steinbeck, La valle dell'Eden


 
 Pensi che l'universo lotti perché le anime stiano insieme?
Alcune situazioni sono troppo strane e forti per essere solamente coincidenze.

— Emery Allen

 
Non credo nell'amore a prima vista
ma credo nel vedere qualcuno dall'altra parte della stanza
e realizzare all'istante che quel qualcuno sarà importante per te.

­— Ryan O'Connel
 

 
Capitolo 1


Alec Lightwood non crede alle anime gemelle.       
Ma davvero, c'è un ragazzo biondo con un occhio del colore del mare e l'altro come un campo di grano che lo fissa a sua volta nello specchio del suo bagno — cos'altro potrebbe essere?        
Alec non fuma, beve a malapena e il suo lavoro non è così stressante da causargli allucinazioni per mancanza di sonno e, per quel che ne sa, è sano come un pesce. Non c'è assolutamente alcuna ragione per cui il suo cervello dovrebbe inventarsi cose e cercare di metterlo in difficoltà. Dunque, un'anima  gemella. Qualche visione dal futuro, o qualcosa del genere. Non è esattamente logico, ma è — beh, Cristo. È meglio che dare di matto, che è esattamente ciò che sembra stia per fare l'uomo nello specchio.  
Alec vede gli occhi dell'uomo spalancarsi e la bocca aprirsi, può vedere gli ingranaggi che girano nella sua testa senza condurre da nessuna parte. L'uomo alza un dito dall'altra parte dello specchio e lo colpisce, visibilmente, aspettandosi chiaramente che Alec faccia lo stesso. Alec non si muove, piuttosto incrocia le braccia sul petto e lo guarda accigliato.      
L'uomo strilla. «Che cazzo!».

 
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Il suo nome è Jace — l'uomo nello specchio, s'intende. Raggiungono quel traguardo dopo un tempo davvero lungo, tempo in cui Jace mette insieme più parolacce di quante Alec ne abbia mai sentite in tutta la sua vita, dà di matto almeno altre due volte e comincia a discutere sulla possibilità di star vivendo un sogno febbricitante.    
Onestamente, Alec ha cominciato a chiedersi se non ci sia una fuga di gas nel suo appartamento. Dovrebbe chiamare un tecnico? Probabilmente sì.           
Isabelle bussa alla porta del bagno almeno tre volte e si fa più impaziente ogni volta che Alec ribatte "Sono fuori in un minuto!" ma, davvero, Alec si sta occupando della situazione lì dentro.          
Ma sì  — il nome dell'uomo è Jace e una volta che hanno entrambi stabilito che, in primo luogo, nessuno dei due sta sognando (o avendo un'allucinazione, magari) e che, in secondo luogo,  sono apparentemente gli unici al corrente della bizzarra conversazione attraverso lo specchio del bagno di Alec, Jace si calma un po'.
«Sono fatto?» chiede Jace, senza fiato. Il suo accento è britannico,ma l'orecchio di Alec non è abbastanza fino da poter identificare un dialetto. «E' una cosa normale per te, amico? Ti capita spesso di svegliarti e di trovare uno sconosciuto che ti fissa nello specchio, o...?».         
«Non mi sono appena svegliato» risponde Alec, bruscamente. E' tutto molto, molto surreale — la minimizzazione del secolo — anche se Alec non lascerà che il suo volto lo faccia trasparire, un immagine perfetta di calma e impassibilità. In qualche modo. Lancia un'occhiata oltre la sua spalla per controllare che Jace non è affatto lì — di nuovo. Alec è ancora solo in quel bagno. «E' tardi, qui. Dove ti trovi?».
«In che senso, dove mi trovo? A casa» dice Jace, accigliato. «Ovviamente. Fortunatamente. Se fosse successo da qualsiasi altra parte avrei dato di matto, caz...».      
«No»  dice Alec. «Dove...  Ti trovi nel mondo?». Quando lo sguardo di Jace si fa vacuo, Alec alza gli occhi al cielo. «Assecondami».        
«Londra» replica Jace. «Inghilterra. Tu?».   
Alec rimugina la risposta di Jace nella bocca, abbassando lo sguardo verso il rubinetto del suo lavandino, la sua faccia è un'immagine di perfetta calma, mentre quella piccola voce dentro la sua testa sta urlando. Un sacco. Più del solito. Riesce a sentire l'insorgere di un forte mal di testa. Si morde forte il labbro inferiore. È decisamente una fuga di gas. Una fuga di gas che ora gli fa vedere ragazzi carini nello specchio.           
«New York» dice alla fine, dopo essersi concentrato fortemente per mantenere l'autocontrollo. Conta fino a tre nella sua testa per essere sicuro di non dire sciocchezze. «E' mezzanotte passata. Che ora è da te?».
«Sono appena passate le sei» dice Jace e, quando Alec strizza gli occhi verso di lui nello specchio, elabora: «Sono un personal trainer. Devo essere in palestra presto, sai...».       
Okay, pensa Alec, mentre scivolano nel silenzio. Sta parlando con un personal trainer che vive in Inghilterra attraverso un — attraverso un portale nel suo specchio? Una connessione psichica? Un crollo mentale? Possibilmente, tutte quelle opzioni. Non è il modo in cui si aspettava finisse la serata, ma la sua pattuglia era stata piuttosto normale e quindi immagina che sia Dio, o l'universo, o uno scherzo crudele che cerchi di porvi rimedio.  
Alec raggiunge il suo cellulare, in equilibrio sul bordo della vasca da bagno, e apre Google scrivendo:  tecnici di servizio del gas, Manhattan,  subito seguito da: servizio 24 ore su 24.       
«E tu che cosa fai?» chiede poi Jace. Gli occhi di Alec volano nuovamente allo specchio ed è veloce a rispondere.
«Il poliziotto».           
«È, uhm, bello. E... Ti piace?».         
Alec non vuole esattamente parlarne — le aspettative genitoriali, l'eredità di famiglia e quello sguardo particolare negli occhi di sua madre sono tutte cose che non è preparato a condividere con uno sconosciuto nel suo specchio, soprattutto quando probabilmente non è molto lucido — quindi si limita a scrollare le spalle con fare evasivo.  
«Già».
«Bene».
Si immergono nuovamente nel silenzio ed è strano — il che è, onestamente, ridicolo, data la situazione, che Alec è sicuro dovrebbe implicare molte più urla di quelle che attualmente implica. Sinceramente, si sente come se fosse andato in corto circuito. Serra le dita attorno al bordo del lavandino e lascia cadere il suo sguardo sulla porcellana bianca. Jace strascica i piedi, il suo sguardo scorre attorno ad Alec, osservando l'ambiente, ma non c'è granché da commentare.  
«Dunque» dice Jace.
«Dunque» ripete Alec. «Questo è, uhm, strano».    
«Penso che strano sia l'eufemismo dell'anno, amico» si lamenta Jace, passandosi una mano fra i capelli biondi, appiattendoli sulla testa per lasciar cadere le ciocche di lato l'istante successivo. Sospira pesantemente: «Questo è... Cristo in Cielo, è folle. È — Che cos'è?».    
Alec non vuole definirla connessione, perché gli suona troppo sdolcinato, ma — ma davvero, cos'altro c'è, a parte l'avere dei dubbi sulla propria sanità mentale? Una fuga di gas, Alec. Una fuga di gas.    
«Magari stai impazzendo» è quel che risponde, invece, e forse gli esce in modo più suscettibile di ciò che voleva, ma Jace la prende bene, seppur esasperato.        
«Sì, probabile. Sapevo io che tutti quei frullati proteici mi avrebbero fottuto in qualche modo. Qualunque cosa sia, non ne vale la pena per degli addominali, amico».  
Alec fa una risata nasale. Una risata nasale, che è un fatto eccezionale, perché Alec raramente ride, soprattutto con persone che non conosce. Ma il volto di Jace s'illumina ed offre un largo sorriso, soddisfatto di sé.       
«Vorrei dire che ho avuto dei trip peggiori, ma... No» scherza.      
Un forte ed arrabbiato colpo alla porta coglie Alec di sorpresa. Le sue mani urtano la fila delle boccette di Izzy, allineate sull'orlo lavandino, e cadono con un clangore al suo interno.       
«Alec! Sei lì dentro da mezz'ora, muoviti!» urla Izzy, battendo i pugni contro il legno e disturbando probabilmente almeno la metà dei loro vicini. «Devo struccarmi e farmi una doccia! È quasi l'una del mattino!».
«Arrivo!» risponde Alec, riuscendo a malapena a trattenere la sua voce dal rompersi a metà frase. Ficca goffamente tutte le boccette di nuovo sull'orlo e poi solleva di nuovo la testa per guardare lo specchio, ma è sconvolto —il che è dire niente — nel trovare i suoi stessi occhi castano chiaro che lo fissano. Il riflesso è il suo. Jace se n'è andato.

 
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Alec chiama i tecnici del gas la mattina seguente. Cammina avanti e indietro per il salotto con le braccia incrociate e un borbottio sulle labbra finché l'uomo non ha controllato ogni centimetro dell'appartamento — e poi l'ha ricontrollato, quando Alec l'ha richiesto — ma ne esce con le mani vuote.            
Nessuna fuga di gas. Nessun monossido di carbonio. Probabilmente nemmeno il profumo di Izzy.
Non gli piace il pensiero che la sua mente gli stia giocando brutti scherzi — ha già abbastanza cose a cui badare e aggiungere provvisori problemi mentali alla lista non è qualcosa che vuole che i suoi genitori vedano.
Si sente un po' scosso. Molto scosso.  Cerca di non farlo vedere, ma aggredisce verbalmente un uomo in metro, manca metà dei bersagli al poligono di tiro, una lista di scartoffie finisce di nuovo sulla sua scrivania con l'appunto fai meglio, Lightwood scarabocchiato in cima e capisce che provarci non è abbastanza.
Il Comandante gli dice di andare a casa prima dal momento che è chiaramente giù di corda e Alec non protesta nemmeno, il pensiero di lasciarsi cadere a faccia in giù sul proprio letto per dare sollievo alle sue tempie doloranti a causa del mal di testa è un conforto gradito.           
Salta pure la cena quella sera e quando si risveglia, intontito e disorientato, i numeri rossi sulla sua sveglia segnano le 3:03 del mattino e tutto il resto della stanza è grigio e liminale. Un soffice bagliore penetra come una nebbia da sotto le tende e dall'esterno, dipingendo il pavimento con un giallo vaporoso e pallido che rende le ombre lunghe e l'oscurità ancora più scura. Nell'aria riecheggiano i suoni di macchine saltuarie, distanti, gli abbai dei cani del vicinato alla luce della luna e il costante brusio del cuore della città, ma la stanza di Alec è calma e silenziosa. A metà strada fra sonno e sogni, è vagamente consapevole delle pulsazioni nella sua fronte e di un dolore allo stomaco.  Non è dolore, pensa Alec in modo distante, i suoi occhi sono pesanti mentre scivola dentro e fuori dalla realtà, il suo amico fantasma si disfa della sua presa sull'insonnia. È come un sentimento vuoto e tenero, come se la sua pelle si fosse colorata di ematomi rossi. Mani maldestre lo picchiettano con le dita e lo pungolano sotto alle coperte, ma la sensazione non svanisce, né scivola via — si limita ad indugiare, un pensiero presente nella testa annebbiata di Alec.            
Il sogno è strano: vacuità e brama, l'enormità di una città isolata, il desiderio di una pelle arrendevole per l'amore del tatto.  
Continua ad aggrapparglisi quando si sveglia all'alba e non si placa con il passare delle ore come fanno di solito molti sogni. 
Dio, che cos'ho che non va, pensa Alec.

 
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Passano ben due settimane prima che Alec riveda Jace — il che è un tempo abbastanza lungo perché Alec inizi a credere che l'incidente dello specchio fosse un caso unico di inversione di marcia mentale da parte sua e che magari non ci sia bisogno di preoccuparsi.   
Questa volta, Alec è seduto alla sua scrivania al distretto e sta scrivendo degli innocui rapporti nel suo computer quando Jace è improvvisamente seduto sulla sedia accanto a lui che, di solito, è riservata ai testimoni.
Alec quasi cade dalla sedia. In qualche modo,  la seconda volta è meno controllato.       
«Cristo!».       
Raj — l'altro sergente che condivide la postazione di lavoro con Alec — solleva lo sguardo con un sorrisetto.
«Che succede, Lightwood?» dice. «Il caffè è troppo caldo?».       
Il cipiglio di Alec è chiaramente qualcosa da non tenere in considerazione, perché il sorriso di Raj scivola via quasi all'istante e seppellisce nuovamente la testa fra le sue scartoffie.    
Quando Alec riporta lo sguardo sulla sedia accanto alla sua scrivania, è decisamente Jace ad esservi ancora seduto. Più o meno. In realtà non è seduto sulla sedia — lui non è . Raj sarebbe stato capace di vederlo se fosse stato davvero lì, di persona, a New York, e non nella testa di Alec. Oh no.        
«Non so se sia un segno che sto perdendo la testa o che» borbotta Alec, abbastanza piano da non essere sentito per caso dal suo collega. Per qualche ragione incomprensibile, Jace fa un largo sorriso. Alec decide per principio che quest'aspetto di Jace non gli piace.   
«Anche per me è bello rivederti» ridacchia Jace. Sembra allegro oggi, meno spaventato rispetto alla loro ultima conversazione e la cosa turba Alec. È sicuro di sé e sfrontato e non lo sta fissando in modo strano attraverso uno specchio. Alec si concentra per scrivere alcune parole del suo rapporto, ma non ci riesce. «Mi stavo chiedendo quando sarei tornato. Del resto, sto ancora cercando di prenderci la mano».
«Prenderci la mano? Sei un'allucinazione» dice Alec a denti stretti, facendo il possibile per non guardare troppo a lungo nella direzione di Jace e per non essere colto a parlare con una sedia vuota.           
«Beh, no. Risulta che non è un'allucinazione. Fidati, anch'io pensavo lo fossi, la prima volta. Ma sembra che ci sia di più. Riesco a controllare dove vado, chi vedo, quando li vedo. Richiede un po' di pratica, ma sono un talento naturale, tu pensa».   
L'espressione di Jace cambia quando compare la consapevolezza.
«Oh» dice. «Oh. Sono l'unico che hai visitato, giusto? Sì. Ciò spiega tutto. Non hai ancora incontrato gli altri. Tu pensi davvero che io sia un'allucinazione. Amico, la stai prendendo davvero bene».        
«Stai delirando? Sembra proprio tu stia delirando».
«Ehi!» esclama Jace con veemenza ed Alec solleva febbrilmente lo sguardo ancora una volta, dando un'occhiata all'ufficio, ma nessuno sta sbirciando nella sua direzione. È davvero l'unico che può vederlo.
«Senti, ho cercato di andare a fondo della questione, d'accordo?».           
«Sicuramente sembri parecchio informato» afferma Alec, impassibile. Jace non coglie il sarcasmo e, anzi, scatta in avanti sulla sedia, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sporgendosi verso Alec.          
«Non è nella tua testa, Alec. Beh, lo è, ma non in quel senso. È come un legame o un qualcosa di simile. Conosco altri quattro di noi» dice Jace, parlando a bassa voce con fare cospiratorio. Si sporge ancora più vicino ad Alec e di conseguenza Alec si allontana, disgustato. «A cui ho fatto visita, intendo, a parte te. Simon — lui è in Germania adesso, è in tour con la sua band o qualcosa del genere, non lo so — e poi c'è Clary, che è un'artista. È di Seattle. Lei è gnocca. Tipo super, mega gnocca —».      
Alec alza gli occhi al cielo e Jace ritorna in carreggiata.      
«— E poi c'è anche questo ragazzo di nome Raphael. Presumo sia in Messico, ma non l'ha detto. In realtà non ha detto granché. È fottutamente irritabile. Potrebbe darti del filo da torcere. E poi c'è Magnus, che è, beh, Magnus».            
«Potrei benissimo ignorarti, sai. C'è ancora la probabilità che tu stia mentendo. O che io stia mentendo, visto che sto tecnicamente parlando con me stesso. Ugh. Grandioso».   
«Ma non lo farai» dice Jace, mentre un sorrisetto pigro si forma sulle sue labbra. «Simon e Clary si sono incontrati per primi, quindi presumo che riuscirai ad incontrarli anche tu se questa — questa cosa è una sorta di connessione fra tutti noi. Penso che lo sia. Avrebbe senso».
Fantastico, pensa Alec. Sto diventando davvero pazzo. La mamma ne sarà emozionata
«Come se non potesse andare meglio» dice Alec. Jace si sporge in avanti e gli dà una pacca sulla spalla e Alec si irrigidisce, perché è strano. Sente Jace, la forza della sua presa, il calore della sua mano ed è così sgradevole. Perché non è lì, ma Alec può sentirlo lo stesso e non solo in senso fisico, ma in un modo più grande, più totale, più vasto delle situazioni con cui Alec tende ad avere a che fare. Sembra molto cosmico, universale, onnisciente e quel genere di paroloni. Ad Alec gira la testa.     
Quando Jace lo tocca come se lo conoscesse da tutta la vita, Alec si sente quasi come se fosse davvero così. C'è una familiarità lì che ancora dev'essere raggiunta, ma sembra — giusto, in qualche modo. Non sembra sbagliato e tuttavia un qualcosa di grande nel petto di Alec sta urlando in protesta.     
È un'allucinazione parecchio dettagliata.     
Non dà voce a questa consapevolezza.        

 
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Tra tutte le persone con cui creare all'improvviso una connessione psichica, Jace Wayland non è probabilmente la peggiore, ma rimane comunque piuttosto terribile. Non ci vuole molto prima che Alec realizzi che non si tratta di una comune allucinazione. Non ci vuole molto nemmeno perché Alec si renda conto che Jace è una vera spina nel fianco, data la sua propensione a fare baldoria ad orari del giorno seccanti —  tipo quando Alec è al lavoro e Jace se la sta spassando in un qualche nightclub in una qualche zona di Londra, sei ore avanti —  e la successiva propensione di Jace di rimorchiare ragazze.  
Non è divertente. Generalmente ciò si manifesta come musica house che Alec sente contorcersi sotto la pelle o come luci stroboscopiche che non sono davvero lì che gli fanno scoppiare le tempie, o a volte anche come un caloroso dissidio ai genitali quando Jace sta avendo un orgasmo e Alec non vuole affatto averne uno, tutto considerato. In un certo senso, ciò fa sì che creda un po' di più a Jace, perché nessuna allucinazione di Alec sarebbe su una ragazza.           
Il tutto raggiunge il suo climax una notte, quando Alec si gira nel letto, agitato, e trova Jace sdraiato accanto a sé sull'altro cuscino. Ha smesso di spaventarsi al vedere Jace apparire e scomparire nella sua vita, ma trovarselo nel letto significa forzare un po' troppo i limiti dello spazio personale.         
«Mi stai prendendo in giro?» commenta Alec, freddo.       
Jace ha un sorriso particolarmente soddisfatto impresso sul volto. Alec è disgustato.       
«No» dice, marcando la n. «Puoi ricambiare il favore quando vuoi, sai».  
«Non mi piacciono le ragazze» dice Alec. Jace fa spallucce.          
«Sono aperto a qualsiasi cosa» dice. La sua pelle è umida di sudore e il suo sorriso è sghembo e bellissimo e insopportabile. «È strano sentirlo attraverso il legame? Scommetto di sì».
«È fastidioso» dice Alec, chiudendo gli occhi per cercare di chiudere fuori Jace. Ma non funziona. Jace è ancora lì sdraiato accanto a lui quando guarda di nuovo. «E inconveniente».          
«Essere eccitato al lavoro?». 
«Sta' zitto».   
«Hah».

 
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Alec si gira e rigira borbottando, mentre il suo materasso cigola e si lamenta, una molla sciolta gli punzecchia il fianco. Il suo corpo è agitato, troppa energia repressa che si contorce nelle sue parti basse e non può giacere tranquillo, per quanto continui a dirsi che deve alzarsi per il turno mattutino fra due ore.
Non è sicuro di aver dormito affatto da quando Jace era lì. I numeri rossi della sua sveglia sono aggressivamente brillanti e irati; è ben prima dell'alba e la luce arancione entra attraverso le tende, fendendo le coperte di Alec. 
«Jace» borbotta nel cuscino. «Va' a dormire, per favore».  
Non c'è alcuna replica, la frustrazione si condensa come uno stretto gomitolo di emozioni nella cassa toracica di Alec, la sensazione si comprime e si schiaccia mentre Alec stringe i pugni fra le lenzuola.
Alec si sente arrabbiato, ed è arrabbiato per sentirsi arrabbiato, perché sa che non dipende da lui. Vorrebbe solo dormire, ma si sente furioso e non sa nemmeno perché.      
Forse la ragazza che aveva rimorchiato Jace quella sera aveva deciso che cercavano cose diverse. Gli sta bene, pensa Alec aspramente.       
Alec scalcia via le lenzuola, irritato quando gli si aggrovigliano attorno ai polpacci. Emette un grugnito, rotolando sgraziatamente fuori dal letto. Il pavimento scricchiola e il suono lo agita.            
È strano avere tutti i sintomi della rabbia senza il calore che l'accompagna. I suoi passi sono pesanti, i muscoli rigidi e la mascella serrata fino a che non fa male. Si avvicina alla finestra e tira l'asticella delle tende per guardare fuori. Una parte di lui vorrebbe appallottolare il mondo nelle sue mani e gettarlo nella spazzatura e se questa non è una reazione esagerata, Alec non è sicuro di cosa sia.       
«Jace. Smettila». Alec digrigna i denti, ma Jace non appare miracolosamente. La sensazione non scivola via e Alec sta alla finestra fino all'alba, con le nocche bianche per la presa sul davanzale. E coi primi raggi dell'alba si scioglie, lasciando Alec all'oscuro di tutto.

 
___________________
 

Tutto sommato, Jace Wayland è in realtà una brava persona. Ad Alec occorre un tempo considerevole per ammetterlo a se stesso — e non ha alcuna intenzione di dirlo a Jace — ma Jace è gentile, leale e protettivo. Alec non fa amicizia facilmente: la sua cerchia sociale è limitata fondamentalmente ad Isabelle, la sua famiglia e i suoi colleghi al distretto, ma questa cosa con Jace — è sorprendentemente naturale.
Alec non capisce davvero cosa stia succedendo e parlare è ancora un po' difficile, ma è un suo problema, non un loro problema, ed è più semplice condividere lo spazio personale quando Jace passa a visitarlo.
Il minimo indispensabile alla fine viene fuori. Alec considera tre cose come il minimo indispensabile:  ama sua sorella incondizionatamente; non ama i suoi genitori incondizionatamente, ma tuttavia è ancora legato a loro da qualche arcaico senso del dovere per fare la cosa giusta che non riesce a lasciarsi alle spalle facilmente; non è ancora uscito allo scoperto, il che rende il punto due un po' spinoso. Jace annuisce elusivamente, ma si rende presto conto che Alec farà fare a lui tutto il resto del lavoro.          
Jace parla abbastanza per entrambi. Ma  — e questa è un aspetto importante per Alec  — non è terribile prestargli ascolto. È un po' come avere la radio accesa in sottofondo mentre lavora: Alec si sintonizza e si deconcentra su quello che Jace dice o, più spesso, su quello che Jace prova, e ciò lo aiuta a concentrarsi. Si impone di imparare a non reagire quando Jace appare e Raj o Izzy o un suo superiore sono già nella stanza. Alec Lightwood non viene colto sul fatto.  
Londra sembra divertente. Jace tiene Alec aggiornato sui suoi drammi sentimentali, sulla sua vita sociale, su come procede il suo nuovo programma in palestra. Jace evidentemente è molto bravo in quello che fa  — la cosa del personal trainer  — e se Alec gli chiede alcuni suggerimenti quando la valutazione annuale sulla sua idoneità fisica si avvicina, non lascia prevalere l'orgoglio o lo scetticismo. Jace coglie l'opportunità, apparendo nella stanza di Alec alle sei in punto ogni mattina per una settimana intera per personalizzare il programma della palestra di Alec per focalizzarsi sui suoi punti di forza e migliorare le sue debolezze. Alec non è certo di aver mai sentito Jace così entusiasta prima d'ora.          
In cambio, Alec lascia fare un tentativo a Jace al poligono quando è certo che sono soli e nessuno può biasimare l'improvvisa incapacità di Alec di colpire il suo bersaglio.  
In tutta onestà, Alec se la sta cavando bene con questa situazione. Qualunque cosa essa sia. Nessuno di loro la capisce veramente, Alec è scettico e Jace non lo è abbastanza. Jace a volte ne parla, fa ipotesi — evidentemente ne parla con gli altri che dice di avere nella testa più spesso che con Alec — ma sorprendentemente riesce ad adattarsi facilmente.     
Alec è sempre stato consapevole di sé negli spazi pubblici, quindi nessuno lo troverà mai a parlare ed interagire con il nulla. È bravo a non reagire quando Jace appare all'improvviso. È stranamente incline a tenerlo segreto ad Izzy, che sembra completamente inconsapevole del sonno interrotto di Alec.
Va bene. Non è l'ideale, certo, ma è assolutamente e decisamente in grado di gestire questa serie di eventi. Nessun altro deve saperlo. Riesce a comportarsi normalmente.       
E poi compaiono gli altri.
 
   
 
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