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Autore: Wren    15/06/2009    4 recensioni
[spoilers sulla quarta stagione]
Castiel non capiva...
Un angelo non dovrebbe sentire nulla, non dovrebbe avere dubbi, non dovrebbe cambiare idea su cosa è giusto e cosa è sbagliato...
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Non sono mica tanto sicura di saperci fare con questo fandom... No, perchè dubito che ammonticchiare una serie di pensieri sul mio nuovo personaggio preferito possa essere considerato come scrittura di senso compiuto... E, boh, Castiel ha qualcosa di... INEFFABILE! XD No, davvero... io ho cercato di tradurre un sentimento che il personaggio mi ha trasmesso, ma non so se il risultato abbia l'efficacia che speravo...
Vabboh, ve la beccate lo stesso! XD



Avvertimenti: SPOILERSSSS! Spoilers sulla quarta stagione, almeno almeno fino all'episodio 16! E totale assoluta mancanza di trama! Secondo me questa fanfic poteva essere scritta molto meglio se avessi più tempo per riposare il cervello prima di scrivere e se non facesse COSI' CALDO!
Note: Scritta per la challenge estiva di Harriet, sul prompt Beware small men with big ideas, che a parer mio rappresenta il sunto perfetto delle raccomandazioni che avrebbero dovuto dare a Castiel prima di spedirlo al piano di sotto, povera gioia!





Castiel non capiva.
Non che un angelo dovesse aspettarsi qualcosa in cambio del suo agire, eppure il fatto di essere stato proprio lui a raggiungere Dean Winchester e riportarlo alla luce lo rendeva orgoglioso e gli aveva messo addosso una certa urgenza nel presentarsi davanti a lui, tanto che non aveva considerato le conseguenze che la sua forma celeste avrebbe avuto sull’uomo. Era ansioso di conoscere il salvatore, di fargli sapere che era stato lui a salvarlo a sua volta.
Non avrebbe dovuto, ma si aspettava approvazione. Gratitudine.
Ecco perché la reazione di Dean Winchester lo trovò del tutto impreparato. Lui era arrabbiato, incredulo, gli gridò addosso accuse e sospetti dei quali Castiel non comprendeva del tutto la natura. Ci fu un’improvvisa increspatura sulla superficie immobile del suo essere e il corpo di cui si era rivestito reagì di riflesso a quel turbamento, sentì la pelle attorno agli occhi tendersi e a Castiel venne in mente la parola “stupore”, come sbocciata dal nulla.
Dean Winchester non pensava di meritarsi la salvezza.

Se per primo venne lo stupore, poi arrivò la rabbia.
Per un po’ cercò di mascherarla da genuino e distaccato sdegno, ma non era cosa buona mentire, nemmeno a sé stessi, quindi Castiel dovette ammetterlo. Era arrabbiato con Dean Winchester.
Lui era così cieco e ottuso e testardo e insolente. Non prendeva sul serio niente di quello che Castiel gli diceva, non accettava il suo aiuto e gli dava contro ancor prima che lui finisse di parlare. Se anche cercava il dialogo con una frase amichevole, come “hai fatto un buon lavoro” o “accadono anche cose buone” oppure ancora “hai un compito importante”, ne riceveva in cambio solo scherno e disprezzo. Un essere tanto limitato e prevenuto poteva davvero salvarli tutti? Un semplice uomo con una visione delle cose ristretta a ciò che aveva di fronte poteva comprendere i grandi piani in serbo per lui, poteva prenderne veramente parte?
Era così arrabbiato che avrebbe potuto colpirlo. E lo fece. Lo colpì con le parole dove sapeva di poter ferire. L’Inferno. Suo fratello.
L’aveva fatto perché era giusto, perché lui doveva capire la sua posizione, perché era quello che gli era stato detto di fare, ma la sensazione di malessere che provò gli rimase attaccata addosso come sporcizia per molto tempo, perché a differenza di polvere, terra e sangue, quella si era rappresa al suo vero essere, non a quel corpo in prestito, e per quanto si sforzasse non c’era modo di farla sparire.

Il giorno in cui il sigillo di Samhain fu spezzato e Dean fece l’esatto contrario di quanto ci si sarebbe aspettato da lui, Castiel si accorse di non riuscire a sostenere troppo a lungo il suo sguardo. Si rese conto che dietro alle parole sprezzanti e agli insulti, bruciava qualcosa di grandioso. Dean non si opponeva al volere del Cielo per capriccio o testardaggine, c’era un focolaio di sentimenti e idee e convinzioni che lo spingeva a sfidarli, e per un attimo, attraverso i suoi occhi, Castiel riuscì a scorgere qualcosa che tra le sue fredde e remote nozioni veniva definito “amore”. Dean agiva per amore, quel sentimento che il Padre aveva deciso di trasmettere agli uomini soltanto e di cui gli angeli non conoscevano che il suono. Amava in maniera inspiegabile ed incomprensibile quel mondo imperfetto e rovinato come, secondo quanto Castiel sapeva, anche Dio faceva.
Alla fine di quel giorno, Castiel vide gli uomini attraverso lo sguardo sorridente di Dean, e capì per la prima volta cosa significasse che gli essere umani erano i preferiti del Padre. Si mostrò a lui per dirglielo, per raccontargli con umiltà che non era detto che quella volta avesse sbagliato. Per la prima volta Dean non gli rispose con ostilità, ma Castiel da allora si sentì a disagio a guardarlo negli occhi.

Ricordare Anna in quel momento lo gettò in un tumulto tale che temette di esplodere.
Non aveva sofferto quando lei era caduta, non aveva provato che l’eterno sdegnoso distacco che il Cielo assume nei confronti di ciò che gli è inferiore. Non si era mai chiesto perché.
Ricordarsi di lei e del suo tradimento lo spaventò al punto tale che si gettò a capofitto nel compito di ucciderla, senza rendersi conto che, in realtà, non voleva affatto farlo. Anna, gli avevano detto, era pericolosa per la loro causa. Se fosse caduta in mani sbagliate, avrebbe compromesso l’esito della guerra. Anna aveva commesso il più grave dei peccati e dei tradimenti, quindi in ogni caso non si meritava altro che essere uccisa.
Eppure vederla accanto a Dean, così umana, così simile a lui nei sorrisi e nel suo essere soddisfatta del posto che occupava nonostante tutto, gli fece capire quale fosse l’entità del pericolo che Anna costituiva.
Anna era un’alternativa.
Non riuscì a distogliere lo sguardo quando Anna sfiorò con un gesto d’amore Dean. Gli angeli non provano dolore, ma Castiel, imprigionato in quel corpo, ebbe la sensazione che quella vista avrebbe dovuto fare male.

Prima di rendersene conto da solo, ne fu accusato dai suoi fratelli.
Dean Winchester gli piaceva.
Non capiva bene cosa significasse, ma riconosceva la differenza, il passaggio dal credere nel salvatore perché così gli era stato detto, al credere in Dean semplicemente per quello che era. Dall’affidarsi a lui per le parole di una profezia, al fidarsi di lui perché, se anche non fosse stato il prescelto di Dio, avrebbe comunque scommesso su Dean per la salvezza del creato.
Dean Winchester gli piaceva.
Dal tono che avevano i suoi fratelli e dai provvedimenti che presero capì di doversene vergognare, e si sforzò di pentirsene. Eppure l’unica cosa onesta che gli riuscì di pensare fu che no, non era vero che a lui non importasse quanto fosse dura per l’umano; per quanto fosse necessario, avrebbe davvero fatto qualsiasi cosa, dato qualunque cosa, purché Dean non dovesse affrontare in quel modo disumano Alastair. Lui che l’aveva strappato all’Inferno, ce lo stava ributtando. Non voleva fargli questo. Non voleva e quando si ritrovò a farlo comunque, quando si ritrovò con Dean sanguinante a terra, desiderò ribellarsi. Disobbedire al Cielo in favore di un essere umano.
Il tradimento di Uriel non lo disgustò tanto quanto quel pensiero, ma non riuscì comunque ad allontanarsi dal letto d’ospedale in cui giaceva l’uomo che avrebbe dovuto proteggere. Voleva confortarlo, voleva farlo stare meglio, voleva chiedergli scusa, dirgli che era tutto sbagliato, voleva che credesse nella speranza che proprio lui rappresentava, voleva che Dean gli dicesse che lo perdonava come Anna l’aveva detto a lui, voleva la sua approvazione, quella che si aspettava la prima volta che l’aveva incontrato, quella che non era mai riuscito ad ottenere, voleva potergli dire di sì tutte le volte che invece era costretto a dire no, voleva, voleva…
Voleva.

Il fruscio di piume era lo stesso che ricordava, identico a prima della sua caduta, perciò non ebbe bisogno di alzare lo sguardo per riconoscere la presenza dell’altro angelo nella stanza d’ospedale.
“Gli umani, in occasioni come queste, direbbero te l’avevo detto…” sussurrò, chinandosi verso l’uomo ferito per sfiorargli con delicatezza il volto tumefatto. “…ma non sono felice di aver avuto ragione. E nemmeno tu. Sei ancora così convinto che lassù abbiano sempre ragione?”
“È stato Uriel, Anna… Era lui solo quello ad andare contro il volere del Padre. Il mio unico errore è stato non accorgermene prima.”
“Quindi hai intenzione di cancellare tutta la faccenda come se niente fosse? Hai il tuo capro espiatorio e puoi tornare a credere che sia tutto a posto? Uriel è finito così perché le cose non vanno, Castiel… Non puoi essere così cieco!”
Castiel alzò lo sguardo per sfidare Anna, per mostrarle che le sue accuse non lo sfioravano, ma quando vide il modo paziente e rassegnato con cui lo osservava e la dolcezza con la quale, seduta sul letto, stringeva la mano di Dean tra le sue, distolse ancora lo sguardo e scelse il silenzio.
Anna rise sottovoce, tornando a concentrare la sua attenzione sull’uomo nel letto.
“Dean è speciale, vero?”
“Dean è il salvatore. Colui che è destinato a…”
“Non è quello che intendevo,” lo interruppe lei. “E non è per questo che ci piace.”
Per una volta, non suonò come un’accusa e Castiel non provò l’istinto di protestare.
“Dean è…” Ci dovette pensare un attimo, il concetto era tanto vasto, quanto sfuggente era la sua definizione. “…una creatura difficile.”
Anche se difficile, neanche cominciava ad esprimere la confusione che l’angelo aveva in testa (e se quella fosse stata la sua testa davvero, sarebbe stato ugualmente così confuso?).
Anna rise di nuovo.
“Tutti gli esseri umani lo sono. E’ quello che li rende allettanti.” Si interruppe per cercare il suo sguardo. “E Dean è la dimostrazione che, persino nel caos in cui la loro imperfezione ha trasformato il mondo, sono ancora capaci di fare cose grandi, cose che farebbero sorridere di gioia nostro Padre. Dean è così speciale da riuscire a farti in pochi mesi quello che l’intera terra ha fatto a me in secoli: dubitare che essere umani sia davvero peggio che essere come noi. Desiderare di sentire come fanno loro, anche al prezzo del dolore e della limitatezza della loro condizione.”
“Non sono sicuro che sia una buona cosa,” le rispose Castiel, fissando Dean come se da un momento all’altro sarebbe potuto saltar su per morderlo.
“Non hai mai pensato che fosse strano, che nonostante tutto noi avessimo la possibilità di diventare umani? Non ti sei mai chiesto perché nostro Padre avrebbe lasciato aperta questa via, se non avesse voluto darci possibilità di sceglierla?”
Castiel ancora non la guardava quando nella stanza si sentì l’eco delle ali di Anna, mentre lei volava via.

Non gli era mai parso di essere così solo.
Il Cielo era silenzioso, la luminosa e confortevole eternità del Paradiso era un ricordo sbiadito, perduto nella pesante sensazione del “qui e ora” nel quale si trovava costretto.
Castiel guardò Dean ancora privo di coscienza, guardò la mano che Anna gli aveva tenuto stretto.
Chissà se si sarebbe sentito meglio, se qualcuno l’avesse toccato.
Allungò lentamente la mano verso il letto, ma la lasciò sospesa a mezz’aria. Pensò a quel mondo strano che suo Padre aveva creato. Pensò al Bene e al Male e a come si rimescolavano indefinibilmente su tutta la terra. Pensò a Lucifero, Anna e Uriel. Pensò a Dean. La sua mano gli ricadde in grembo, e Castiel abbassò lo sguardo.
Padre… che hai messo in questo mondo per farci perdere la testa in questo modo?
Perché Castiel sapeva di essere ad un passo dal baratro e –che Dio mi perdoni!– non era più tanto sicuro di non voler cadere.




Ω




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