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Autore: Gwen Chan    14/08/2017    4 recensioni
Afghanistan, 1988.
Il soldato scelto Yuri Katsuki, entrato nell'esercito più per necessità che per vocazione, ha sempre ammirato il fiore all'occhiello dell'Armata Rossa, Victor Nikiforov.
Ma mai Yuri si sarebbe sognato di trovarsi ad affiancare l'uomo durante una missione di recupero.
Ovvero: la missione che non è mai accaduta e di cui nessuno deve parlare.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Epilogo - Il taccuino blu

“Cosa stai facendo?” chiese Yuri, appoggiandosi alla schiena di Victor e allacciando le braccia attorno al suo collo, le dita intrecciate vicino allo sterno. Era un normale pomeriggio di un giorno feriale, pochi mesi dopo essersi trasferiti. Victor stava alla scrivania in camera da letto, completamente concentrato nello scrivere qualcosa.
Yuri sbirciò da sopra le spalle del compagno, cercando di vedere che cosa stesse scrivendo Victor in un ordinato cirillico. Yuri non conosceva abbastanza bene la lingua per comprenderla a prima vista, ma aveva imparato a riconoscere il proprio nome. Mise una mano alla pagina sulla quale Victor stava lavorando per impedire all’uomo di girarla. Poi gli diede un lieve bacio sulla sommità della testa
“Andiamo” scherzò Yuri, mentre Victor cercava di nascondere il taccuino col proprio corpo. “Nessun segreto tra noi. Che cos’è?” continuò.
Ci fu una pausa, con Victor ancora mezzo spalmato della scrivania, il taccuino premuto sotto il petto.
“Be’?” insistette Yuri, facendo scivolare le dita lungo i fianchi di Victor e iniziando a giocherellare con l’orlo della maglietta. Sapeva benissimo quanto Victor soffrisse il solletico in quel punto.
“Sei un uomo crudele, Yuri”, protestò Victor. Tuttavia, si ritrasse lentamente, sospirando.
“Prometti che non riderai, o non lo troverai inquietante?”
Fece ruotare la sedia per fronteggiare Yuri. Yuri sollevò il mignolo.
“Giurin giurello.”
“E croce sul cuore” chiese Victor.
Yuri obbedì, tracciando una croce gigante sul petto.
“E giura” - Yuri aprì la bocca per farlo contento - “in russo!” Precisò Victor.
“Ora stai esagerando! Andiamo!” Yuri lo prese in giro, ma nella sua voce c’era solo affetto.
“Quand’è che il Generale Nikiforov è diventato così pauroso?”
“Ho paura solo quando si tratta di amare” si difese Victor. “Puoi biasimarmi?”

Sotto lo sguardo impaziente di Yuri, si decise infine a portare un braccio dietro la schiena per afferrare il taccuino e consegnarlo a Yuri. La copertina, di un azzurro che un tempo doveva essere stato brillante, era sbiadita. C’era una MADE IN USSR scritto in lettere maiuscole sul retro-copertina, come nella maggior parte degli oggetti di Victor che risalivano agli anni a San Pietroburgo.

Yuri girò un’altra pagina. La sua attenzione fu subito attirata da una piccola foto incollata nell’angolo in alto a sinistra. Raffigurava lui. Più giovane e serio, vestito nella sua uniforme. Si chiese come Victor avesse potuto ottenere una foto simile, ma poi si ricordò dei legami che Victor aveva con alcuni ufficiali del KGB. Yuri non dubitava che la signorina Milla Babicheva fosse coinvolta.

Yuri svogliò rapidamente le pagine, gli occhi che scorrevano i paragrafi che le riempivano. A volte erano spezzati da foto sparse. Il 5 dicembre 1985 era la data più vecchia del taccuino e quella odierna la più recente.
“Hai scritto un dossier su di me?” rifletté Yuri a voce alta. Victor fece un timido sorriso.
“Colpevole” ammise.
“Perché lo stai scrivendo ancora scrivendo adesso?” chiese Yuri dopo un po ‘. Victor scrollò le spalle.
“C’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire e quando succede mi piace annotarlo” si giustificò. “Sono patetico, vero?”

Yuri scosse la testa. “Niente affatto” ribatté. Lanciò il taccuino in grembo a Victor.
“Torno tra un minuto” gridò subito dopo, già uscendo dalla stanza.
Il minuto si trasformò presto in un’ora. Tra il trasloco ancora piuttosto recente e il fatto che non lo apriva da tempo, Yuri aveva solo una vaga idea di dove fosse il dossier “Victor Nikiforov”.

Era abbastanza sicuro di averlo visto appoggiato su una delle scatole sparse attorno alla libreria appena montata, ma a quanto pare si sbagliava. Le scatole rigurgitavano ogni tipo di libro, dalla narrativa alla politica, tranne quello che gli serviva.
Poi il flash di un quaderno dalla copertina gialla che sbucava da sotto il giornale lasciato in cucina gli attraversò la mente. Yuri lo seguì, trovando il suddetto giornale, ma ancora nessuna traccia del taccuino.
Gli sovvenne anche dell’abitudine di Victor di afferrare la prima cosa disponibile per spiaccicare le mosche quando svolazzavano per caso. E l’ultimo posto dove Yuri lo aveva visto cercare di schiacciare una mosca era …
“Tombola!” Esclamò. Le dita si curvarono attorno alla costa del quaderno per ripescarlo da dove era finito, in mezzo ai cuscini del divano.

le dita arricciandosi intorno alla spina del notebook per raccoglierla tra i cuscini del divano. Accarezzò con riverenza la data sulla prima pagina

08 marzo 1977

All’epoca aveva ventitré anni, così giovane, così inesperto. Era solo un ragazzo in un ambiente nuovo e spietato, con un taccuino nascosto sotto il materasso della brandina. Ancora così ignaro di quello che avrebbe passato.
La prima parte del vecchio dossier lo investì come un’onda con tutti i ricordi di un giovane diligente e appassionato che ricopiava appunti in bella scrittura, con la concentrazione di un uomo in missione

Le frasi erano concise, lo stile militare.
Quella sezione terminava poche settimane prima dell’infame missione congiunta. La prima data successiva era il 5 maggio 1988 , neanche cinque giorni dopo. Le parole erano rapide e incerte, sbavate e ormai quasi illeggibili. Yuri aveva dovuto far appello a tutta la sua forza per scriverle, un impeto improvviso contro il mare di apatia in cui annegava. L’inchiostro aveva lasciato una grossa macchia sulla carta come una lacrima.
Victor Nikiforov ha detto di amarmi. È possibile?
È possibile tornare indietro nel tempo?

12 febbraio 1991
Victor afferma ancora di amarmi. È possibile tornare indietro nel tempo?

Quando la seconda lettera di Victor era giunta da San Pietroburgo, già Leningrado, a Hasetsu, nelle mani di Yuri, Yuri aveva lentamente cominciato ad accettare la consapevolezza di aver perso l’occasione di una vita. Avrebbe conservato nel cuore i pochi bei momenti che aveva avuto con Victor e sarebbe andato avanti. Non che non fosse pronto ad aspettare, ma non aveva dubbi che Victor, nonostante le sue parole, avrebbe presto trovato qualcun altro.
Così, quando Yuri aveva letto Victor professare ancora il proprio amore per lui, la stanza aveva cominciato a ruotare così tanto che aveva dovuto sedersi sul pavimento. Calde lacrime calde erano cadute sugli occhiali.

19 gennaio 1993
Credo di aver avuto un attacco di cuore. Non sapevo che la sua voce mi mancasse così tanto.
Sembrava così stanco.

Yuri ricordava come Mari si fosse confrontata con lui la stessa notte che aveva telefonato a Victor per la prima volta. La donna chiese se potevano parlare, col tono che usava quando erano bambini per indicare che c’erano questioni tra fratello da discutere. Mari non aveva peli sulla lingua.
“Chi hai chiamato?”

Yuri era arrossito, si era mordicchiato le labbra e aveva cominciato ad agitarsi. Sebbene Mari sapesse qualcosa della quasi ossessione di Yuri per Victor – per il Generale Nikiforov – perché Yuri aveva sempre fatto scivolare qualche informazione nelle lettere che spediva a casa, Yuri trovò difficile spiegare tutta la situazione. Temette un po’ per la vita di Victor, poiché Mari era una sorella molto protettiva.
“Ti ricordi del Victor di cui ho scritto?” esordì Yuri.
Mari sbuffò. “Come potrei?”
Yuri sorrise timidamente. “Be ‘, io, lui ...” Yuri fece un respiro profondo, la lingua pesante.
“Ci siamo innamorati.”

Mari era stata la prima persona con cui Yuri aveva fatto “coming-out”. In verità, non c’era mai stata una dichiarazione ufficiale, un momento nella sua giovinezza in cui aveva raccolto tutto il suo coraggio, si era seduto davanti ai suoi genitori e aveva detto loro che gli piacevano ragazzi e ragazze, ma principalmente ragazzi. E qualche anno dopo, un uomo in particolare. Non era mai avvenuto.
Mari, tuttavia, aveva beccato una volta Yuri che baciava un ragazzo dietro la scuola, poco prima di tornare a casa dopo le lezioni e il turno di pulizia. Era stato verso l’ultimo anno delle medie.
Quindi era stata Mari ad affrontarlo per prima, anche allora, promettendo di non dire nulla ai loro genitori, come aveva supplicato uno Yuri adolescente. Ufficialmente non aveva mai violato la promessa, ma Hiroko Katsuki era una donna molto attenta e una madre: poche cose possono sfuggire a una simile combinazione. Non era nell’atteggiamento, più nei dettagli. Era il modo in cui suo figlio arrossiva per i complimenti di alcuni compagni di classe. Poi arrivarono le lettere, dopo che Yuri si era arruolato, le prime volte in cui Yuri aveva fatto accenno a Victor Nikiforov. I semi di una cotta destinata a crescere in amore pieno erano già lì.
Alla fine Hiroko aveva tutto detto a suo marito, che era un po’ vecchio stile, ma aveva pensato che ci potessero essere cose peggiori.
“Vuoi andare a vivere con lui?” Chiese Mari senza giri di parole. Yuri sospirò, l’idea era ancora troppo nuova per pensarci con la dovuta attenzione.
“Non lo so. Un giorno, magari. Sarebbe bello, suppongo. Non l’ho visto per anni. Sarei felice di non averlo così lontano “.
Un altro problema. “Non lo so.”
Yuri aveva poggiato la testa sulle ginocchia, mentre la tristezza calava su di lui, grande quanto era stata la felicità che aveva sentito prima. Mari gli strinse una spalla.

Non gli aveva fatto alcuna ramanzina, anche se aveva toccato con mano come una relazione potesse andare in rovina. Pur con la diretta esperienza di un matrimonio fallito, Mari si astenne dal versare negatività sulla gioia ancora intatta di suo fratello. In fondo, qualsiasi cosa era meglio del guscio d’uomo che gli Stati Uniti e l’esercito avevano rimandato a casa. Così si limitò a dire: “Credo che prenderai la giusta decisione. Qualunque sia, ti sosterrò “.
“Grazie.”

Yuri era stato grato di avere una sorella come Mari.

9 maggio 1993
Sta per venire ad Hasetsu. Un giorno e sarà qui. Può una persona sentire paura, felicità e dolore allo stesso tempo? Dio, spero che vada tutto bene.

Yuri aveva dovuto usare tutta la sua forza di volontà per non accamparsi in aeroporto dopo che Victor aveva chiamato per comunicargli la data e l’ora del volo.

10 maggio 1993
C’erano kanji rapidi e disordinati, parole scritte nella lingua madre di Yuri nella fretta del momento. La scrittura era confusa.

Mi ha baciato e mi stavo sciogliendo. Mi ha fatto i complimenti. Non riesco a smettere di sorridere.

Poi, poche righe sotto, scritto così in piccolo come se Yuri avesse avuto paura di metterlo su carta.
Abbiamo fatto l’amore.
È qui. È qui.

L’aveva scritto per tutta la pagina.

20 settembre 1993
Victor Nikiforov è il mio ragazzo. L’ex Generale dell’Armata Rossa, orgoglio di Russia, Victor Nikiforov è il mio ragazzo. Non so come sia successo. Non so nemmeno se sia veramente accaduto.
Per favore, non svegliatemi.

Spesso Yuri si chiedeva che nome dare a quello che Victor era per lui. Ragazzo era una parola troppo semplice e banale, buona per adolescenti, non per loro. Victor non era nemmeno suo marito, tecnicamente. Né era il suo amante o il suo promesso. Compagno sarebbe potuto essere una possibilità migliore, ma Yuri non ne era del tutto sicuro.
Una volta aveva fatto menzione del problema con Victor. L’uomo aveva ridacchiato. “È davvero importante?”
Yuri aveva scrollato le spalle. “Non credo.”
Le ultime dieci pagine erano invece tutti i piccoli alti e bassi che derivavano dal vivere giorno per giorno con Victor. Un sorriso pieno d’affetto arricciò le labbra di Yuri mentre leggeva l’ultima frase, qualcosa sull’incapacità di Victor di cucinare del riso senza bruciare tutto.
“Yuri, tutto bene?” La voce di Victor lo riportò alla realtà. Guardò l’orologio sulla parete, sgranando gli occhi nello scoprire che Victor aveva aspettato per quasi un’ora e mezza. Yuri si precipitò da lui, profondendosi in scuse.
“Scusa per l’attesa” disse Yuri. “Stavo cercando questo” spiegò, mostrando il quaderno giallo con la trepidazione di un bambino. Lo offri a Victor. Le mani tremarono quando il russo lo prese. Spostò il peso da piede all’altro, in attesa.
“Oh” sussurrò Victor sfogliando le prime pagine. “Avevi ragione, saresti stato una buona spia” considerò, parlando più a se stesso che con lui. Chiuse il taccuino usando l’indice destro come segnalibro.
“Posso leggerlo?”
“Non te lo avrei dato altrimenti.”
“Giusto. Cos’è quella faccia? “
Il viso di Victor si corrugò in una smorfia, rispecchiando la ruga tra gli occhi di Yuri. Non importava quanto si sforzasse, non era bravo a nascondere le proprie emozioni.
“Qualcosa non va?” Chiese Victor, sollevando una mano per afferrare delicatamente il polso di Yuri. Yuri distolse lo sguardo, fissando un punto imprecisato sul parquet.
“È che … non avrei mai pensato che un giorno lo avresti letto” spiegò Yuri, timido, come se si stesse giustificando.
Senza dire una parola, Victor portò la mano di Yuri alle labbra, premendole leggermente contro la terza nocca dell’anulare. Vedere il rossore diffondersi attorno al naso di Yuri era un così dolce spettacolo.
“Te lo restituisco non appena finito” disse Victor, dando dei colpetti sulla copertina gialla.
“Tienilo” ribatté Yuri. Non ne aveva più bisogno.
“Vuoi leggere quello che ho scritto su di te?” propose Victor poco dopo, quasi come uno scambio, mentre metteva il taccuino giallo nel primo cassetto della scrivania e prendeva nuovamente quello blu. “Posso tradurre, naturalmente.”
L’offerta era dolce, invitante. Non era mai stato facile per Yuri sapere che le persone avevano le loro opinioni su di lui. Il non sapere quali fossero dava terreno fertile ai peggiori scenari che la sua mente poteva produrre. Rendeva giganti difetti altrimenti piccoli, al punto che Yuri non riusciva più a pensare ad altro. Tuttavia, era anche consapevole dell’immaturità di un simile comportamento. Il non poter conoscere ogni singolo parere che altri avevano su di lui non significava che tali opinioni fossero negative. La paranoia era una bestia che andava lasciata morire di fame.
Yuri fece un respiro profondo.
“No, non ne ho bisogno”.
“Sicuro?”
Yuri annuì, sedendosi in grembo a Victor. “Sì” assicurò, “col tempo mi dirai tutto ciò che hai notato su di me.”
Scegliere di non sapere cosa Victor avesse scritto di lui era un atto di fiducia. D’amore. Proprio come lo era dare a Victor uno degli oggetti che aveva più caro. Raccontava la sua fiducia con voce forte e chiara.
“È una lunga lista “ lo avvertì Victor. Yuri non batté ciglio.
“Abbiamo tempo.”
Era buffo come solo un anno prima Yuri non avrebbe mai nemmeno osato immaginare di sedersi sulle cosce di Victor, col braccio sinistro di Victor stretto pigramente attorno alla vita, le dita appena premute sulla pancia che sfioravano il cotone della maglietta.
“Mi piace quando sei così audace” mormorò Victor.
“Audace?” Chiese Yuri.
“Sì. È sempre così inaspettato” continuò Victor. Portò l’indice della mano libera alla bocca, picchiettandosi il labbro inferiore nel cercare la parola giusta.
“E ti piace?”
Lo stuzzicò Yuri, assecondando un’improvvisa ondata di fiducia. Si mosse un poco per cambiare posizione, strusciando le natiche contro l’inguine di Victor, in una maniera che non era affatto accidentale.
“È estremamente affascinante, Yuri, credimi” aggiunse Victor con voce bassa e seducente, catturando le sue labbra.
Il taccuino blu cadde sul pavimento.

Note:
Ok. È la fine. Per la seconda volta.
Forse la risposta è stata minore di quella che mi aspettavo, ma sono ugualmente contenta di tutte le persone che hanno letto e commentato.
Menzione speciale a riiko88 che ha recensito ogni capitolo, puntuale come un orologio svizzero.

   
 
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