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Autore: Urban BlackWolf    15/08/2017    3 recensioni
Michiru scorse mentalmente il titolo della prima pagina sentendosi improvvisamente le gambe molli. Ferma accanto a lei la giovane Usagi rilesse ad alta voce quello che appariva essere un epitaffio inquietante. “Consegnata la dichiarazione di guerra da parte del giovane Regno d'Italia.”
“Ecco perchè il nostro treno è stato soppresso.” Disse Ami stravolta. Lei era italiana ed ora si ritrovava ad essere nemica di alcune di loro.
“Michiru adesso cosa faremo? Dove andremo se non possiamo più varcare i confini?”
La più grande sospirò ripiegando il foglio dalla carta grigia accarezzandole poi una guancia. “Non lo so Usagi. Ma non possiamo fermarci qui, dobbiamo proseguire. Il mondo che conosciamo da oggi in poi non sarà più lo stesso.”
Legato ai racconti: "l'atto più grande" e "il viaggio di una sirena".
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Inner Senshi, Michiru/Milena, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Le trincee dei nostri cuori

 

Legato ai racconti:

L'atto più grande

Il viaggio di una sirena

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Ami Mizuno, Usagi Tsukino, Rei Hino, Makoto Kino e Minako Aino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Epilogo – Tra presente e passato

 

 

 

Comprensorio abitativo di Monte Carasso, Bellinzona.

Svizzera meridionale – 28/5/2017

 

Il vento che accarezzava l'erba del greto. le foglie, i giovani steli delle piante di grano ancora verdi e poco oltre, le prime chiome dei pini della foresta che abbracciava la valle e le acque del lago artificiale rese vive dalla brezza del crepuscolo. Il sole ormai calato pronto a cedere alla notte. I loro respiri a fondersi completando il battito del cuore, le dita delle mani intrecciate e fuse il una. Il viso di Michiru premuto sulla scapola della sua bionda, mentre una strana ed innaturale serenità scendeva in lei nonostante la consapevolezza della fine.

Hai paura?” Domandò l'altra stringendosela contro con maggior forza.

Non ne ho con te vicino Ruka, ma se dove stiamo per andare non dovessi trovarmi?”

Io ti troverò ovunque...”

Me lo prometti?”

Si amore mio. Te lo prometto.”

Il tuono squarciò il rumore della pioggia facendola sobbalzare immergendola a forza nella coscienza di quella domenica mattina di fine giugno. Spalancando gli occhi staccò ancora persa la guancia dal cuscino rimanendo immobile per qualche secondo mentre le immagini del sogno iniziavano a confondersi con la realtà della sua camera da letto. Guardando verso la finestra notò sui vetri scrosci d'acqua e poco oltre turbini liquidi spazzati dal vento ancora illuminati dalla luce calda del lampione condominiale del parcheggio sottostante.

Io ti troverò ovunque...”

Me lo prometti?”

Si amore mio. Te lo prometto.”

Mettendosi a sedere a gambe incrociate sul materasso si ravvivò la frangia mentre le ultime frasi precedute da quel boato continuavano a riecheggiarle nella veglia. Non amava essere svegliata in piena fase REM, soprattutto quando le capitavano sogni lunghi e complessi come quello, vividi e strutturati come una storia letta nelle pagine di un pensiero altrui. Sentendosi la bocca impastata ed una strana sensazione di dolore si portò la destra al fianco.

Ma cosa.... Pensò alzandosi la maglietta per capire il perché di quel fastidio.

Oddio Ruka... fammi vedere.” Ricordò corrugando la fronte al solco rettangolare che le mordeva la pelle.

Ma che cavolo... Indispettita iniziò a massaggiarsi scoprendo la causa bellamente avvoltolata tra le lenzuola.

“A... sei stato tu!” Borbottò afferrando il telecomando dello stereo ancora caldo dalla cova del suo corpo.

“Non dovresti essere qui!” Grugnì lanciandolo alle sue spalle mentre si spostava sul bordo del letto sbadigliando come uno squalo pronto a gettarsi su un banco di pesci. Infilando i piedi nelle infradito si fermò respirando a pieni polmoni concedendosi ancora qualche secondo per riemergere definitivamente nella realtà.

In questa vita o nell'altra?”

In questa vita o nell'altra.”

Che strana sensazione d'inquietudine le avevano lasciato quelle frasi.

Hei Tenou... Non dirmi che hai paura?!”

Non è che mi esalti crepare a vent'anni!”

Sbadigliando nuovamente afferrò la bottiglietta d'acqua che lasciava sempre sul suo comodino prendendo a dissetarsi avidamente. Quanto avrebbe riso Astorri se avesse saputo di essere stato uno dei protagonisti del suo pazzo sogno. Riavvitando il tappo scorse il libro storico che stava leggendo stirando le labbra. Si era addormentata come un cucciolo e se non fosse stato per Michiru si sarebbe trovata anche lui infilzato nella pelle dell'addome.

“Credo che il binomio cena da rosticceria e lettura serale non sia affatto vincente.” E si stiracchiò stringendo la plastica tra le dita della mano prima di abbandonarla ed alzarsi pattinando verso la porta. Dov'era la sua dea?!

Quando l'aprì accompagnata dall'ennesimo tuono la trovò al piano della penisola. La colazione per entrambe già preparata, il bucato ritirato in fretta e furia prima che il temporale lo colpisse, le luci accese nonostante la prima mattina.

Mi sarebbe piaciuto...”

Ti sarebbe piaciuto?”

Vivere... insieme.”

Sorridendo si avvicinò abbracciandone le spalle prima che potesse voltarsi per donarle il suo consueto buongiorno. Non si era mai soffermata troppo sul pensiero di quanto potesse essere appagante la loro vita di coppia. Certo avevano avuto bisogno di tempo per fondere due caratteri tanto diversi, consapevoli che l'unico modo per poter far fronte ad una storia d'amore tanto intensa, fosse quella di farla viaggiare sui binari non sempre comodi del compromesso. Così succedeva spesso che Michiru cercasse di non badare al caos che riusciva a scatenare la sua bionda se lasciata libera di agire indisturbata tra le mura domestiche, come Haruka soprassedesse sulle piccole manie della sua dea, come la morbosa assonanza sui colori degli asciugamani, il profumo zuccheroso di fiori pedissequamente presente nei ripiani delle armadiature, le etichette delle spezie ordinate per lettera e tante altre cose ancora. Diverse, ma perfettamente collimanti. Un corpo unico, ma due vite inevitabilmente scisse da impegni lavorativi, hobby e conoscenze. Michiru era riuscita in pochi anni ad entrarle dalla pelle al cuore, passando per l'anima, serpeggiando tra i suoi difetti accettandoli e smussandone alcuni, lentamente, senza fretta, fiduciosa. Ed Haruka aveva fatto altrettanto, forse senza neanche rendersene conto.

Respirando la fragranza del suo odore la sentì ridacchiare per il leggero solletico che il suo fiato le stava provocando sulla peluria del collo. “Ruka... devo ancora farmi una doccia.”

“E allora?” Rispose voltandole il viso per posarle le labbra sulla bocca. Di norma molto passionale stupì l'atra a tal punto da chiederle cosa fosse successo.

“Nulla. Perché non posso desiderare il sapore della mia compagna?” Disse andando verso il frigo per prendersi un paio di sorsi di succo.

“Oh certo, ma in genere sono gesti che compi dopo aver fatto l'amore e non la mattina appena alzata, quando il tuo corpo brama più una massiva dose di caffeina che le carezze dei miei baci.” Le ricordò quella donna tremenda soddisfatta di aver colto nel segno.

Haruka alzò le spalle riponendo il cartone accendendo la macchinetta del caffè. “Ti sei alzata presto. Ti ha svegliata il temporale?”

“In realtà no. Sono in piedi da... mmm, in pratica da tutta la notte.” Disse vedendola voltarsi di scatto leggermente preoccupata.

“Perché? Hai avuto un incubo?!” Chiese dimenticando le tazzine nelle mani. Troppo fresco il ricordo della sua fuga in Grecia e di tutte le problematiche psicologiche pregresse che la sua dea aveva dovuto affrontare per tornare a riappropriarsi del sonno.

“No, no tranquilla. - Sorrise voltando lo schermo del portatile nella sua direzione. - Lo sai che sono riuscita a trovarle?”

Ancora leggermente rallentata Tenou la guardò completamente persa. “Chi?”

“Ma come chi!? Heles e Milena!” Contenta come una tortorella tornò a guardare il monitor.

“Fammi capire bene Michiru... Sei rimasta in piedi per cercare quelle due?” Stranita del fatto che quei nomi avessero in qualche modo condizionato la notte di entrambe, le porse il caffè sedendosi al suo sgabello.

“Si amore. Ero troppo curiosa, ma credo che più che altro fossi dispiaciuta nel saperle disperse così, senza che nessuno sapesse nulla o si prendesse la briga di capire cosa fosse successo loro.”

"Ebbene? Che cos'hai scoperto?”

Zuccherando la sua tazzina Michiru iniziò col rivelarle la soddisfazione di aver trovato la sua Milena ed il cruccio di avere invece scoperto pochissimo sull'altra donna. “Di Heles non so praticamente nulla. La certezza che ho è che non sia morta nel '15.”

“Non era di questa zona?”

“Si, però non di Bellinzona città, ma di una piccola frazione nei pressi del Passo della Ruscada. Hai presente?”

“Più o meno. Ci ho fatto qualche escursione, ma sono zone abbastanza impervie ancora oggi. Pensa cent'anni fa.” E la sensazione di aver corso a perdifiato su e giù per quei crinali con un amico a quattro zampe al suo fianco la portò a grattarsi la testa e a corrugare la fronte.

“Con Milena è stato più semplice visto che la sua famiglia era di Berna. E la cosa incredibile è che viveva a circa tre isolati da casa mia.”

Haruka alzò le sopracciglia iniziando ad imburrarsi un panino mentre la compagna continuava con maggior enfasi. “E' stato per una serie di coincidenze private che si trovò nel '15 ad indossare l'uniforme delle staffette di confine di Bellinzona.”

Rallentando i movimenti mascellari fino ad ingoiare a forza, la bionda se la guardò attonita. “Cos'è che era?”

“Una staffetta di confine. Bè quello che poi avevi ipotizzato tu ieri. Comunque ho trovato il suo nome in un articolo su un giornale di Lucerna dove si parlava del crollo che nel giugno del '15 si verificò sulla diga del lago FullerGraft, poco lontano da Altdorf.”

“Diga del lago FullerGraft...” Ripeté Haruka guardando leggermente apatica di fronte a se. Quel nome le ricordava qualcosa.

“Si, pare che assieme ad un gruppo di ragazze sia riuscita ad evitare il crollo totale della struttura, denunciando poi alla polizia locale il responsabile di quell'assurdo atto di sabotaggio. Un Sottotenente dell'esercito austroungarico che si trovava in Svizzera per conto di...”

“Per conto della famiglia di Milena?!” Chiese interrompendola.

“S... si. Ma allora lo sapevi già!” Inquisì facendo una smorfia scocciata.

“No Michi. Ecco... io.” E l'immagine di quella divisa bianca dai risvolti dorati, di quel sorriso beffardo, di quegli occhi loquacemente portati ad un'arroganza quasi cronica, le apparvero nelle pieghe dei suoi ricordi notturni.

“Questo Sottotenente apparteneva per caso ai Dragoni?” Chiese avendo poi l'intuizione di andare a prendere il libro storico che stava leggendo. Forse aveva letto di lui forviando a dis misura il sogno che l'aveva catapultata in una storia che stava scoprendo avere comunque un fondo di concreta realtà.

“Si. Ma adesso mi dici dove lo hai letto! E' tutta la notte che cerco e ricerco...”

La bionda tornò dalla camera da letto sfogliando il testo dall'indice alle annotazioni della prefazione, non trovando però nulla riferito al probabile artefice del disastro, ma solamente un paio di paragrafi dove si accennava delle catastrofiche conseguenze che il mezzo crollo dello sbarramento aveva avuto sui campi della zona. Allora non poteva essere stata indotta a sognare Daniel Kurzh e tutto il resto dalle sue letture serali.

“In verità credo di averlo sognato Michi. Ma continua, ti prego.”

Poco convinta l'altra proseguì con il dirle che all'inizio dell'apertura dell'inchiesta il graduato non era stato neppure ascoltato. Si era infatti pensato più ad un cedimento strutturale e poi, successivamente al ritrovamento di alcuni inneschi, ad un'azione anarchica o un regolamento di conti tra taglia gole di zona.

“Solo dopo qualche giorno e grazie all'ausilio delle dichiarazioni degli abitanti e degli stessi soldati che stava comandando, si scoprì che l'uomo aveva architettato il crollo per puro scopo personale e che la folle idea gli era balenata nella mente per cercare di fermare la sua fidanzata, scappata settimane prima dalla costrizione paterna che la voleva sposata al Sottotenente.”

“Milena...” Haruka tornò a sedersi mentre frasi ed avvenimenti sognati tornavano ad affacciarsi nella sua memoria alimentati dalle parole della compagna.

“Si Milena. Un'insegnante d'arte che per sfuggire ad un matrimonio senza amore scappò di casa verso la primavera del '15 per dirigersi nella Svizzera meridionale ed arruolarsi nel corpo delle staffette del nostro Comune. Ed è qui che presumibilmente incontrò Heles.”

“Ed è scappando dall'inseguimento di quell'uomo che si trovò sulle sponde del lago FullerGraft?”

“Così pare. Con l'occasione di dover scortare a Zurigo un gruppo di collegiali austriache, cercò di allontanarsi da lui il più possibile provando a far perdere le sue tracce, non riuscendoci.”

“Ed Heles?” Chiese sentendosi quasi chiamata in causa. Il suo sogno era incredibilmente simile a quell'avvenimento storico, non identico, ma curiosamente somigliante nei punti salienti come il mancato matrimonio, l'inseguimento ed il crollo della diga. E loro due.

“Di Heles non ho trovato nulla, a parte una traccia. Ho scoperto che nel '16, insieme ad alcune studentesse del famoso gruppo che cercò di accompagnare a Zurigo, Milena si ritrovò a lavorare come insegnante a Muhleberg, in un centro d'accoglienza e riabilitazione, con al suo interno una piccola scuola per ragazzi rimasti orfani per colpa della guerra. Tedeschi per lo più, ma fondamentalmente aperto a tutti. E li ha fatto cartiera. Dopo qualche anno e' riuscita ad arrivare ad esserne la direttrice, ingrandendolo e gestendolo talmente bene la strutrura che a tutt'oggi è un punto di riferimento per la comunità della zona. - Sorridendole le indicò il nome della donna su un vecchio documento. - Guarda un po' chi compare come vice direttrice?”

Haruka stirò le labbra in un sorriso incomprensibilmente tronfio. Proprio accanto al nome di Milena ce n'era un'altro; quello di Heles.

“Allora non è morta nel '15!”

“E no, o almeno è abbastanza improbabile visto il nome poco comune ed il fatto che provenisse proprio da qui. Ergo...”

“Che fosse la mia Heles.” Concluse addentando il pane lasciando l'altra curiosa.

“Tua?”

“Si mia. Sicuramente era bella, alta, bionda, fichissima, cazzutissima e sapeva tutto di motori... proprio come me!” E magari aveva anche una sorella maggiore rompipalle aggiunse nella sua testa.

“Motori? Perché esistevano già i motori?!” Chiese ironicamente tra il divertito ed il dissacrante.

Un lampo ed Haruka guardò la porta finestra della cucina. Stava venendo giù proprio bene.

“Milena fu anche ferita alla testa durante l'azione del sabotaggio della diga e la cosa fece parecchio scalpore proprio in virtù del fatto che fu a causa dell'atto scellerato compiuto dal suo fidanzato. Credo che sia per questo che ho trovato notizie tanto personali su di lei. La sua famiglia era piuttosto in vista nella Berna di allora.”

“Perciò non si sa se ci fosse anche Heles quel giorno...”

“Esatto. Comunque io continuo a dire che fossero una coppia. Sai, non si sono mai sposate.” Disse chiudendo il portatile dedicandosi finalmente alla colazione.

“Due zitelle dunque.”

“Haruka!”

L'altra sorrise guardandola negli occhi dimenticando il suo panino. Non aveva ancora perso il contatto con la sua personale storia notturna. La paura che quella giovane Tenou aveva manifestato fino allo sfinimento nei confronti della sua omosessualità, a partire dai membri della sua famiglia per finire alle persone del suo quartiere, avevano fatto ricordare alla donna di oggi cosa aveva provato lei a vent'anni; il disagio di un piccolo paese, la reticenza della gente e poi l'accettazione di se. Se si fosse trovata nelle stesse condizioni di quella ragazza molto probabilmente avrebbe agito nello stesso modo.

“Che c'è?”

“Ti ricordi quando ieri ti ho detto che se ci fossimo incontrate cent'anni fa saresti stata tu a vivere drammaticamente il tuo scoprirti omosessuale? - E ad un assenso continuò staccando il contatto vergognandosi un po’. - Riflettendoci e conoscendo i nostri caratteri credo che non sarebbe stato affatto così, anzi, sono convinta che ci saremmo piaciute subito, ma saresti stata tu a dover fare la prima mossa per schiodarmi dalle mie insicurezze.”

Piegando la testa da un lato Michiru le ricordò una certa mostra pittorica di Berna correlata ad un abbordaggio velato, femminile, ma estremamente deciso. “Ci sei dunque arrivata mia Ruka. Se quattro anni fa non ti avessi rimorchiata io... tanti saluti e baci.” Sfotté.

“Per quanto me la vorrai rinfacciare questa cosa?”

“Anche per sempre.” Alzò le sopracciglia sicurissima di se.

“Mmmm... Senti un po' e che fine ha fatto quel Dragone?” Svicolò neanche troppo astutamente facendo quasi tenerezza.

“Di lui si sa che venne indagato, arrestato, ma rilasciato dopo neanche due settimane di carcere. La sua storia fece scandalo ed ebbe un grosso eco nel nostro paese proprio perché militare di un esercito straniero. Di comune accordo con il nostro Stato Maggiore, il Comando Generale austroungarico preferì insabbiare tutto per evitare un incidente diplomatico. Prestò servizio nella battaglia del Piave riportando una ferita che lo costrinse al ritorno a casa. Dopo l'armistizio emigrò negli Stati Uniti dove sposò una ricca ereditiera.”

“Che culo.”

“Bè non direi. Entrò in borsa perdendo tutto nella crisi finanziaria del '29 e ritrovandosi sull'astrico si tirò una revolverata alla testa.”

“Meglio!”

“Ma che male ti ha fatto?!” Chiese scherzosamente allargando le braccia.

Pensando al ricatto, agli inseguimenti, allo schiaffo, alla diga e alla ferita al fianco, Haruka stirò le labbra sardonica aggiungendo un così impara che non fece capire a Michiru assolutamente niente. Il viso dello psicopatico in bianco, come lei e Mattias erano soliti chiamare Daniel Kurzh alla clinica di Zurigo, le apparve ancora troppo intenso per non urtarle i nervi.

Riprendendo a massaggiarsi il fianco non si accorse di aver attirato su di se gli occhi curiosi dell'altra. “Cosa c'è? Hai male?”

“No, non proprio.” E smise di mangiare alzandosi per nutrirsi di lei. Afferrandole il viso tra le mani e baciandola, questa volta con una buona dose di passione, le suggerì di continuare quella colazione appoggiate su un'altro piano di lavoro.

“Non voglio bricioline di biscotti tra le mie lenzuola Ruka...” Cercò di articolare tra le labbra.

“Non c'è problema Michi mia. Vorrà dire che useremo il mio lato del letto.”

 

 

Spaparanzata sul divano con il telecomando in una mano ed una coca ghiacciata nell'altra, Haruka sorrise goduriosa al pre gara del Gran Premio di formula 1 di Monaco che stava per gustarsi. Cos'avrebbe potuto desiderare di più?! Il tepore del corpo della sua donna premuto sulla spalla dopo una dolcissima ginnastica domenicale fatta un paio d'ore prima nella loro camera da letto, un temporale che non accennava ad allontanarsi dalla loro zona e che, fratello e compagno di merende, le aveva fatto saltare la mensile pulizia del terrazzo alla quale quel mostro di Michiru l'avrebbe costretta se non fossero scese secchiate d'acqua, la frescura di un tempo molto più simile ad un autunno inoltrato che all'inizio di una rovente estate e gli immancabili dolcetti burrosi a portata di zampa sul tavolino di vetro affianco al bracciolo. In quel primo pomeriggio si stava sentendo talmente soddisfatta, che in uno slancio affettuoso aveva persino avvertito la necessità di chiamare quella gran bestia di Giovanna, la quale, non aspettandosi assolutamente una sua telefonata, le aveva riso dietro di rimando massacrandola con battutine idiote all'indirizzo della sua già scarsa vena fraterna.

“Ti manco Tenou? Ma quanto ti manco?” E giù neanche fosse alla prima di un cabbarettista.

Che deficiente pensò storcendo la bocca posando il telecomando ed iniziando a giocare con un ciuffo dei capelli della sua dea. Haruka lo sapeva bene; quella telefonata era stata una necessità, un'impellenza dettata dalla consapevolezza che gli anni nei quali era stata strappata all'affetto della sorella aveva perso tanto e quel sogno urlato a gran voce dal suo subconscio glielo aveva ricordato facendole male. Come e quanto sarebbe stata diversa Haruka Tenou se Giovanna Aulis fosse stata presente nella sua vita sin dall'inizio?

Guardando la sua compagna respirare lentamente le donò un bacio sulla nuca tornando a fissare apaticamente la TV. Una volta svegliatasi aveva avuto bisogno della sua quotidianità, delle sue cose, dei suoi ritmi per tentare di togliersi quella strana sensazione di tristezza, mista a rabbia e frustrazione che sentiva ancora. Al senso di distacco da quella giovane Kaiou sognata, aveva cercato di provvedere unendosi alla sua Michiru, tenendosela stretta il più possibile, ritrovando il contatto dei momenti immediatamente precedenti al boato del tuono che l'aveva svegliata, fondendo così quelle due donne in una, come se il passato immaginato si fosse fuso nel presente concreto della vita di sempre. E la compagna l'aveva lasciata fare non capendo fino in fondo quei gesti consueti velati quasi di disperazione, anzi aveva riversato nei loro scambi di pelle ancora più amore del solito. A sua volta la bionda l'aveva ringraziata baciandola mille e mille altre volte ancora.

Poteva un sogno, anche se vivido e complesso, lasciarla schiava di tante sensazioni? Poteva una storia partorita dalla sua mente, anche se a larghi tratti simile ad un fatto storico realmente accaduto, monopolizzarle le ore costringendola suo malgrado ad intristirsi o a pensare a quanto fortunata fosse a vivere un'esistenza libera come la sua, in un tempo come quello?

In questa vita o nell'altra?”

In questa vita o nell'altra.”

Che gran brutta sensazione d'abbandono, di fatalismo suicida aveva ancora addosso.

“Cosa c'è amore? E' da questa mattina che sei strana.” Chiese Michiru baciandola sul collo.

“Credevo ti fossi assopita.”

“Lo sai che dopo pranzo non riesco mai ad avere un vero e proprio sonno.” E le sorrise come solo lei sapeva fare.

Dio mio come ti amo pensò la bionda toccandole con l'indice la punta del naso.

“Allora me lo dici l'origine di tanto scombussolamento anche di fronte ad una gara del mondiale?”

Come quella donna tanto speciale poteva essersi innamorata di lei? Come faceva a leggerle sempre dentro? Come riusciva a lenirle ogni santa volta un dolore o una mancanza? E lei che legata pedissequamente ad uno stupido orgoglio, non le diceva mai di amarla, di essere attratta come il primo giorno. Paziente, gentile, tenace la sua Michiru, mentre lei era sempre irruenta, caparbia e ruvida.

“Ho solo fatto un brutto sogno. Nulla d'importante.”

“Bè credo sia molto di piu' se sei ancora tanto strana." Rispose accarezzandole una guancia.

“Mmmm... forse.” Ammise mentre l'altra continuava teneramente a sfiorarle la pelle.

Michiru si stupiva sempre un po' quando quella ferrigna ragazzona riusciva ad aprirsi rivelando un carattere dolcissimo e per alcuni versi fragile. Haruka non piangeva mai, ma era capacissima di emozionarsi davanti ad un film, non aveva difficoltà nel rubare letteralmente l'ultimo pezzo di torta ad un bambino, ma non poteva vedere gattini abbandonati senza l'impulso di portarseli tutti a casa e non era raro che ad un sogno particolarmente complesso rimanesse spiazzata a volte anche per tutto il giorno.

“Allora?” Pungolò facendola sbuffare vergognosa.

“Non mi ricordo più tanto, ma... diciamo che non riuscivamo a vivere a pieno la nostra storia d'amore.” A quelle parole Michiru si ritrasse leggermente per guardarla meglio. Eccola apparire magicamente la tenerezza emozionale della sua bionda.

“Stai cosi' per questo?” E ad un grugnito di risposta si fece seria.

“Lo so! Sono patetica. Non guardarmi così Michi! Non lo faccio apposta a sentirmi tanto giù.”

“Era solamente un sogno...”

“Lo so, ma era anche molto reale e mi ha fatto pensare a tante cose che tendo a dare sempre troppo per scontate.”

“Tipo?”

“Tipo... - Sembrò pensarci su, ma l'altra sapeva benissimo che era solo una pausa per prendere coraggio. - Tipo la fortuna di vivere in una società civile e riuscire ad esprimere il nostro amore abbastanza serenamente. Tipo il sapere di avere una brava sorella che mi vuol bene. Tipo... l'amarti più di me stessa. E lo so di non riuscire mai a dirlo o a manifestartelo pianamente come meriteresti, ma è che... fondamentalmente mi vergogno!”

L'amarti più di me stessa. Ecco l'aveva detto e non se n'era neanche accorta.

“Ma Ruka mia. Per quanto riguarda il nostro rapporto non ho mai preteso di cambiare questo modo che hai di fare. Mi bastano le tue carezze. I tuoi sguardi. Certo, non ti nascondo che mi farebbe piacere se ogni tanto riuscissi a sbilanciarti un tantino di più, come so che l'essere romantica non è proprio nelle tue corde, ma è il tuo carattere ed è di questa donna che sono innamorata.”

A quelle parole Haruka chiuse gli occhi sentendo l'ossigeno venir meno. Avvertendo un'allarmante bruciore agli occhi se la strinse contro affossando il viso nel suo collo. E la storia andava ripetendosi; che si trattasse dell'illusione di un sogno o di quella benedetta realtà, Michiru era sempre la stessa incredibile creatura pronta a penetrarla nel più piccolo pertugio di reticenza pur di spingerla ad aprirsi, a migliorarsi e a crescere come donna ed individuo.

“Michiru...”

“Dimmi.”

“Ti amo.”

 

 

 

 

Note dell'autrice: Eccoci qui. Avrei voluto finire il capitolo in cento mila altri modi, provando a fondere meglio la storia sognata da Haruka con la realtà del rapporto con Michiru, ma non credo di esserci riuscita molto. Scusatemi. Ho avuto una specie di blocco. Ho forse la testa altrove, tipo alla prosecuzione che ho intenzione di buttar giù quanto prima, forse proprio tra oggi e domani. Si perché non mi sembra giusto far finire tutto così; con notizie telegrafiche che lasciano troppi “buchi”.

Molto probabilmente non sarà una storia lunghissima, ma chi può dirlo, comunque rivelerà cosa realmente è accaduto dopo il crollo, tralasciando, parola d'onore, il belloccio popò e forse qualche ragazza del gruppo.

Comunque lasciate che vi ringrazi per avermi seguita nonostante strafalcioni vari, ed in particolar modo mi riferisco alla dedizione di Yoshika, all'affetto di MichiHarulove, agli incoraggiamenti di Learco87 ed alla sagacia di Ferra10. Sapere che una storia prende e fa vivere momenti tranquilli in una vita avvolte tanto difficile, mi inorgoglisce spingendomi a dare sempre il meglio di me. Grazie con tutto il cuore.

Ci vediamo prestissimo.

Ciauuuu

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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