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Autore: Miione    17/08/2017    14 recensioni
Era uno stupido Molliccio. Ne aveva affrontato uno egregiamente al terzo anno e anche all’esame finale. Sarebbe stata una passeggiata.
E poi aveva affrontato di peggio quell’anno, tra Mangiamorte, Ghermitori e Lord Voldemort.
La formula e il movimento di polso li ricordava tranquillamente.
Una cosa da ragazzi, si ripeté.
Si alzò pigramente dal letto, sfilando la bacchetta riposta nella tasca posteriore dei pantaloni.
Un movimento secco e l’anta dell’armadio cigolò, aprendosi pian piano.
Ragni, ecco chi si sarebbe trovato davanti. Loro e il loro zampettio inconfondibile e gli occhietti lucidi, le zampe pelose... rabbrividì al solo pensiero.
Erano la cosa che più lo spaventava da quando aveva 5 anni circa. Possibile che a 18 anni ne avesse ancora paura? Eppure aveva combattuto una guerra, suo fratello era morto, aveva rischiato di morire più e più volte, aveva visto Hermione torturata…
In quell’esatto momento, Ron si rese conto che non avrebbe avuto a che fare con nessun ragno.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Alla mia Allie.
Come Albus Silente diceva
"Nei sogni entriamo in un mondo che è interamente nostro".
Noi due siamo due folli sognatrici,
e tu mi fai credere di potercela fare.

 
Il Molliccio
 
«I Mollicci amano i luoghi chiusi e oscuri» spiegò il professor Lupin.
«Gli armadi, gli spazi sotto i letti, le antine sotto i lavandini…
Una volta ne ho incontrato uno che si era insediato in una pendola. (…)
Che cos’è un Molliccio?»
Hermione alzò la mano.
«È un Mutaforma» disse. «Può assumere l’aspetto
di quello che ritiene ci spaventi di più».
Da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban
 
 
«Non ne posso più di queste pulizie extra» disse Ron per la quarta volta, passandosi una mano stanca sul viso imperlato di sudore. Harry non poté fare a meno di pensare che avesse ragione. «Per fortuna mamma ci ha dato una pausa» aggiunse, scavalcando la porta della sua stanza.
La camera di Ron era il solito disastro. Tra il suo letto e la brandina di Harry, c’erano una serie di scatoloni piene di cianfrusaglie e vestiti, in parte da buttare e in parte da mettere a posto, carte accartocciate di caramelle Mou, vecchie edizioni della Gazzetta del Profeta in cui lampeggiava la faccia di Harry stanca e piena di sangue, seguita da titoli a caratteri cubitali del genere “IL RAGAZZO-CHE-È-SOPRAVVISSUTO SALVA IL MONDO MAGICO”.
Quei scatoloni erano lì da giorni. Ogni mattina si dicevano che avrebbero messo tutto a posto, ma una volta in camera erano talmente stanchi che con un calcio Ron li allontanava dal suo letto, procrastinando al giorno successivo.
Da quando la guerra era finita avevano avuto un gran da fare.
E ciò voleva dire fare i conti con il numero di morti con la Battaglia, rimettere a posto quello che restava di Hogwarts, accogliere le famiglie dei caduti. Inoltre l’infermeria non era mai stata così piena e aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile. Aiuto che, ovviamente, loro erano stati disposti ad offrire.
Dopo i primi giorni, in cui ognuno aveva cercato di dare il proprio meglio, era stata organizzata una sorta di funzione per i caduti, che la professoressa McGranitt premeva si svolgesse al Castello, in segno di onore.
La famiglia Weasley era una delle protagoniste di un grosso lutto: la morte di Fred.
Erano lì in prima fila, a reggersi l’un l’altro, tra cui anche Harry e Hermione che tra loro si sentivano degli estranei. Era anche per loro una grossa perdita, ma non sarebbe mai stata grande e sofferta quanto per la signora Weasley o Ron o George.
Era stato straziante. Soprattutto vedere George con lo sguardo perso nel vuoto e silenzioso.
Dargli una pacca di conforto era del tutto inutile. A cosa sarebbe servito e soprattutto a chi?
Solo il tempo era in grado di curare quel tipo di ferite, Harry lo sapeva. Il tempo, la pazienza e il potere dell’assenza. Accettare la vita che continua, anche se non sempre come vogliamo e con chi.
 
Alla fine erano tornati tutti alla Tana, anche Harry e Hermione.
La casa, nonostante fosse stata disabitata per mesi dopo l’allarme di Bill a Pasqua, in seguito all’arrivo di Ron, Harry e Hermione sfuggiti da Villa Malfoy, era ancora in piedi.
Il giardino era rovinato ed infestato da gnomi, la casa impolverata, ormai priva di quel senso di vissuto di cui prima invece era pregna per via della famiglia numerosa.
Il demone che fino a poco prima si era finto Ron malato di Spruzzolosi, si era ormai appropriato della intera camera di Ron e dei gemelli. Cacciarlo di nuovo nel suo nascondiglio fu un’impresa.
E fu un’impresa anche rendere di nuovo quella casa abitabile, soprattutto dopo la stanchezza sia fisica e mentale.
«Harry» la testa di Ginny fece capolinea nella stanza. «Potresti raggiungermi un attimo in camera, per favore?»
Ron sospirò mentre voltava le spalle ai due, fingendo di cercare qualcosa da uno scatolone. Trovò un vecchio yo-yo di Harry e, giusto per trovarsi qualcosa da fare, lo prese tra le dita.
Harry invece aveva uno sguardo strano. Un misto di gioia e paura. «Sì, certo, va bene. Ti raggiungo tra poco.»
Ginny abbozzò un sorriso e la sua testa sparì. Ma Harry stranamente era ancora lì, all’in piedi, che guardava l’esatto punto in cui Ginny era apparsa poco prima.
Da quando tutto era finito non avevano ancora avuto modo di parlare. Si erano limitati, come loro solito, a sguardi e gesti silenziosi. Harry sapeva benissimo che tra loro due era tutto a posto, lo leggeva negli occhi di Ginny, avevano entrambi bisogno dell’altro e non era necessario dirselo a voce per chiamare l’altro a sé.
Ma forse ora era necessario cercare un po’ di privacy per loro.
«Che stai aspettando?» sussurrò Ron.
Harry scosse la testa, prendendo un gran respiro. Era pronto, ma c’era un’ultima cosa che lo frenava.
«Hai forse paura che mia sorella ti mangi, amico?» aggiunse Ron, cercando di smorzare l’aria tesa che si respirava.
Le labbra di Harry accennarono ad un leggero sorriso. «No, certo che no.»
«E allora vai» ripeté Ron. Iniziò a far roteare lo yo-yo verso il basso, sorprendendosi di ricordare come si usasse. Questi Babbani ne inventavano una più del diavolo.
Ci fu un breve silenzio, interrotto solo dal leggero rumore dell’aggeggio che Ron faceva volteggiare con semplicità dal basso verso l’alto.
«Per te va bene, Ron?» disse finalmente Harry. «Sì insomma… ora che Voldemort è morto, non ho motivo di tenere Ginny lontano da me» arrossì leggermente, mentre cercava di tenere gli occhi fissi sul suo migliore amico.
Ron bloccò lo yo-yo tra le dita, sorpreso di quella domanda. Sapeva a che si riferiva. L’anno prima, quando lui e Hermione avevano trovato Harry e sua sorella a sbaciucchiarsi in camera di quest’ultima, si era davvero arrabbiato con lui e gli aveva fatto promettere di non riprovarci più, di non farla più soffrire.
Ma questo era l’anno prima. Ora erano al sicuro. Ginny era al sicuro.
Fece ricadere lo yo-yo verso il basso, questa volta cercando quasi di sfiorare il terreno.
«Certo che hai la mia benedizione, amico!» disse, ridendo. Lo yo-yo ritornò e lo bloccò nuovamente. Si avvicinò a lui, dandogli una sonora pacca sulla spalla.
«E comunque non dirlo a Ginny che mi hai chiesto il permesso» riprese, assumendo l’espressione di chi la sa lunga. «Perderesti punti!»
Harry assunse un’espressione più rilassata, lasciandosi andare ad un vero sorriso.
«So che con te è felice. Puoi stare tranquillo. Ti preferisco mille volte a tutti quei bambocci con cui prima usciva… e poi credo che ora non ti lascerà facilmente andare. Anche senza il mio consenso.»
Harry annuì continuando a sorridere. Si passò frettolosamente una mano tra i capelli corvini, cercando di dargli un garbo.
Ron riprese a giocare con lo yo-yo, provando a farlo ruotare di 360°. Un giro e ancora un altro.
Ora ne era sicuro. Aveva decisamente ereditato l’amore verso i Babbani come suo padre.
Non si era reso conto però di essere troppo vicino all’armadio della stanza, infatti appena lo yo-yo lo sfiorò questo barcollò, emettendo uno strano suono.
Si fermò di colpo, lasciando cadere a terra il vecchio yo-yo, ed anche Harry girò istintivamente il collo verso il suono.
«Noti anche tu qualcosa di strano in questo armadio?»
Harry si avvicinò, studiandolo da vicino. In effetti c’era un leggero tremolio. Nel vederlo si ricordò di una scena a cui aveva assistito anni prima. L’immagine di Ron morto gli balenò davanti agli occhi.
Ricordava come quel corpo si fosse poi trasformato in molti altri, tra cui in quello di Fred… all’epoca non aveva mai pensato, per davvero, che la paura più grande della Signora Weasley potesse divenire realtà. Non davvero.
Li considerava quasi intoccabili finché fosse stato lui l’obiettivo preferito di Voldemort.
Scrollò la testa per cacciare via quel pensiero e l’immagine di Ron morto.
Lui era lì. La guerra era finita. Voldemort era morto.
«Ron, credo sia una Molliccio» sentenziò, stancamente. «Ricordo anni fa una scena simile di tua madre che cercava di liberarsene di uno rinchiuso in uno scrittoio a Grimmauld Place.»
Evitò di aggiungere altri particolari su quello che aveva visto, anche se il ricordo di quella scena gli balenò di nuovo davanti agli occhi. La Signora Weasley aveva visto i cadaveri dei suoi figli, di suo marito e di Harry, finché poi non era giunto Lupin ad aiutarla e a sbarazzarsi del Molliccio.
Anche l’immagine di Remus ancora vivo gli faceva male. Cercò di liberare la mente e pensare ad altro. Pensò a Ginny nella stanza giù, che lo aspettava.
«Se vuoi me ne libero io» aggiunse poi. «Quando ho finito di parlare con Ginny, torno…»
Ron scosse la testa stanco. «No, non preoccuparti. Me ne occuperò io dopo. Tu vai da mia sorella.»
Harry gli sorrise grato e uscì.
Ron sperava davvero che le cose tra il suo migliore amico e sua sorella volgessero al meglio. Così come tra lui e Hermione. Sorrise pensando a lei.
La sua Hermione. Faceva quasi strano anche solo a pensarlo. Ci avrebbe messo un po’ prima di dirlo ad alta voce.
Neanche fosse in grado di leggergli nel pensiero, e Ron era sicuro accadesse, Hermione fece capolinea nella sua stanza.
«Santo cielo, Ronald» disse, portando le due mani sui fianchi. «È mai possibile che la tua stanza sia ancora in disordine?»
Ron alzò gli occhi al cielo, sentendosi di nuovo chiamare per nome intero. «Sì, fa piacere anche a me passare un po’ di tempo con te.»
Hermione inclinò la testa, lasciandosi sfuggire un sorriso. Poi lasciò ciondolare le braccia lungo il corpo, apparentemente arresa.
«Ginny ha invitato da lei Harry per parlare. Volevo dar loro un po’ di privacy» spiegò.
«Sì, lo so» si sedette sul letto e con una mano chiamò Hermione che si sedette al suo fianco. Ron le passò goffamente un braccio intorno alle spalle.
Era ancora strano pensare di poter fare quel genere di cose con lei. Certo, nell’ultimo anno si erano davvero avvicinati tanto, dopo la storia di Lavanda soprattutto. Era stato poi una montagna russa continua durante il periodo di fuga, fatto di sguardi, di preoccupazioni, di promesse e accordi segreti, di attese… non era il momento di uscire allo scoperto, non con Voldemort in circolazione e Harry che aveva bisogno di loro come amici, non come coppia felice.
E poi c’era stato quel bacio durante la battaglia. Ron pensava che probabilmente avrebbe dovuto fare una donazione massiva per lo sviluppo del CREPA. Sì, sì, lo so “si chiama C.R.E.P.A., Ronald!”
«Senti, pensavo» la voce di Hermione interruppe i suoi pensieri. «Ho sentito tua madre che voleva preparare dei biscotti. Mi aveva fatto intendere che volesse una mano. Prima che inizi ad urlare e chiamare Ginny, e interrompere quella che è la prima e vera conversazione con Harry, che ne dici di andarle a dare una mano?»
«In realtà io pensavo di fare tutt’altro» spostò il braccio dalla sua spalla alla vita, con fare malizioso.
«Ron!» ribatté Hermione, un po’ seria e un po’ divertita. «Pensa a tua sorella e al tuo migliore amico, per una volta!»
«Beh, il pensiero di mia sorella e Harry che pastrugnano, non è che mi faccia proprio impazzire» borbottò.
Hermione rise. «Non mi pare però che lei ti guardi disgustata quando baci me e tanto meno ti disturbi»
«Infatti non li sto disturbando!» le orecchie si erano imporporate a sentir parlare Hermione di loro due che si baciavano. «Anzi, a dirla tutta, Harry mi ha chiesto il permesso prima di andare da lei. Ed io gliel’ho concesso!»
«Che gesto nobile!»
Ron la fulminò con lo sguardo, ritirando la mano dalla vita di lei. Incrociò le braccia.
Hermione non poté fare a meno di sorridere a questo gesto. Ron sarebbe sempre stato il solito permaloso, orgoglioso e geloso. Scuotendo il capo, si alzò dal letto.
«Allora, li andiamo a fare o no questi biscotti?» gli chiese, tendendogli la mano.
Ron la guardò titubante.
«Ti permetto di pulire i residui della ciotola, senza fare storie» aggiunse, alzando gli occhi al cielo.
«Solo se li facciamo anche con il burro di arachidi» mugugnò lui.
Hermione rise lievemente, ma annuì.
Ron apparve quasi soddisfatto.
Un altro rumore secco uscì dall’armadio, facendo sobbalzare Hermione.
«Tranquilla, è un Molliccio» disse Ron, anticipando la sua domanda. «Facciamo una cosa, tu avviati. Io metto a posto questo Molliccio e ti raggiungo.»
«Posso darti una mano, se ti va» ribatté Hermione, ansiosa.
«So occuparmi di un Molliccio, tranquilla. Tu avviati.»
Hermione lo fissò per un po’. Poi acconsentì. «Ti aspetto giù, allora.»
Si avvicinò, gli diede un leggerò bacio sulle labbra e sparì dalla stanza, chiudendosi la porta alle sue spalle.
 
Si lasciò cadere pesantemente sul letto.
Girò la testa e posò gli occhi sull’armadio. Poi si girò su un lato, puntellandosi su un gomito.
Iniziò a studiarlo con notevole interesse.
Era uno stupido Molliccio. Ne aveva affrontato uno egregiamente al terzo anno e anche all’esame finale. Sarebbe stata una passeggiata.
E poi aveva affrontato di peggio quell’anno, tra Mangiamorte, Ghermitori e Lord Voldemort.
La formula e il movimento di polso li ricordava tranquillamente.
Una cosa da ragazzi, si ripeté.
Si alzò pigramente dal letto, sfilando la bacchetta riposta nella tasca posteriore dei pantaloni.
Un movimento secco e l’anta dell’armadio cigolò, aprendosi pian piano.
Ragni, ecco chi si sarebbe trovato davanti. Loro e il loro zampettio inconfondibile e gli occhietti lucidi, le zampe pelose... rabbrividì al solo pensiero.
Erano la cosa che più lo spaventava da quando aveva 5 anni circa. Possibile che a 18 anni ne avesse ancora paura? Eppure aveva combattuto una guerra, suo fratello era morto, aveva rischiato di morire più e più volte, aveva visto Hermione torturata…
In quell’esatto momento, Ron si rese conto che non avrebbe avuto a che fare con nessun ragno.
Il suo pensiero, inaspettatamente, ritornò a quella notte a Villa Malfoy. Alle grida di Hermione.
Ron iniziò a tremare.
Non voleva più affrontare quel Molliccio. Come si fa a richiudere l’armadio, a farlo rientrare dentro, Miseriaccia.
Provò a scuotere leggermente la bacchetta, ma era troppo tardi. La cosa era pronta e stava per uscire.
Sperò fino all’ultimo di sbagliarsi.
Pensa ai ragni, come quelli al secondo anno nella foresta proibita. Aragog. Voglio vedere Aragog e i suoi figli. Gli “aragonini” …
 
«Cosa altro avete preso dalla mia camera blindata? DIMMELO»
«N-non a-a-abbiamo preso n-niente! Glielo giuro! Glielo giuro!»
«BUGIARDA! CRUCIO!»
Hermione urlava e lui non poteva fare niente. Iniziò a percorrere la cella a grandi passi, cercava una botola, un’uscita segreta, girava su se stesso sperando di smaterializzarsi senza bacchetta.
«Dimmi la verità, schifosa Mezzosangue»
Hermione piangeva. «M-mi creda». Supplicava.
Ancora urla, urla strazianti. La sentiva morire e lui era impotente.
«HERMIONE! HERMIONE!»
Prendete me, tenete me. Fate del male a me. Uccidete me.
Se muore lei, muoio anche io.
 
Non riusciva a fermare il ricordo. Continuava a sentire le urla di Hermione nella testa.
Alzò lo sguardo verso l’armadio, non poteva più fermarlo. La cosa era uscita.
Era Hermione.
Il viso pallido, le gambe cedevoli. Lo sguardo sofferente.
Sentì il suo cuore bloccarsi. Non arrivava più ossigeno al cervello.
Strinse più forte la bacchetta tra le dita sudaticce. Era solo uno stupido Molliccio.
Stava per aprire bocca, quando il Molliccio Hermione iniziò a piangere silenziosamente. Si leggeva il terrore nei suoi occhi.
Ron impallidì. Era peggio dei suoi incubi.
«R-Riddikulus» disse debolmente con una voce che non gli apparteneva.
Ma non cambiava nulla. Hermione avanzava, lo sguardo addolorato.
Girò la testa di lato. Non voleva guardare.
Hermione era viva, era stata fin poco fa in camera con lui… gli aveva dato un bacio.
«R-RIDDIKULUS» questa volta lo aveva detto con più forza, attaccandosi al ricordo di Hermione viva.
Il Molliccio Hermione era ancora lì. Aveva smesso di piangere, ma non aveva perso la sua espressione terrorizzata.
Ron sentiva le gambe deboli. Non riusciva a sopportare la visione di quella tortura ad Hermione.
Era arrabbiato. Con Bellatrix perché aveva fatto di lei un capro espiatorio. Con lui perché non aveva fatto niente per evitarlo.
Chiuse la mano così forte intorno alla bacchetta da far fare le nocche bianche.
Doveva pensare a qualcosa di abbastanza divertente, altrimenti l’incantesimo non avrebbe funzionato.
Il Molliccio Hermione si accasciò sul terreno e iniziò a muoversi convulsamente. L’espressione di terrore dipinta sul volto. Le labbra aperte in un suono silenzioso che nessuno poteva ascoltare, se non Ron nella sua testa, mentre riproduceva il ricordo.
Ron strinse gli occhi in una smorfia. «No, no, no... NO! HERMIONE!»
Come poteva trasformare quella cosa in un ricordo divertente? Non era uno stupido ragno a cui poteva mozzare le gambe. Era una tortura psicologica.
Si sentiva come in quella cella pochi mesi fa. Cercava una via d’uscita ma non c’era modo. Era impotente, in trappola e ancora una volta non riusciva a salvarla. Non riusciva a fare niente.
«RIDDIKULUS! RIDDIKULUS!» riprovò, questa volta urlava.
Ma l’incantesimo era vano. Quella tortura non finiva.
Ron cadde sulle ginocchia, e fissava il Molliccio Hermione che continuava a muoversi in maniera indistinta. Alcune gocce di sangue si vedevano alla base del collo. Gli occhi erano sempre più fuori dalle orbite, terrorizzati.
Diventava sempre più pallida e Ron con lei nel fissarla.
Iniziò a singhiozzare forte. «Ti prego, ti prego, basta… BASTA!»
Sentì uno scalpiccio provenire dall’esterno. Qualcuno lo aveva sentito e saliva le scale verso di lui.
«RON!» era Harry. «Che succede, Ron?»
Harry spalancò la porta, seguito a ruota da Ginny, Hermione e la Signora Weasley.
Il Molliccio Hermione era ormai fermo e apparentemente privo di vita. In posizione supina, con le braccia aperte, aveva gli occhi sbarrati rivolti verso Ron che era in ginocchio singhiozzante, il volto tra le mani e la bacchetta a terra.
La vera Hermione portò una mano alle labbra, pietrificata alla vista del proprio corpo morto sul pavimento.
Posò lo sguardo su Ron che continuava a piangere forte. Provò a fare un passo in avanti verso di lui, ma Harry fu più veloce. Si pose davanti al Molliccio e questo cambiò forma.
Il Molliccio Hermione scomparve e prese posto il corpo cadaverico di Voldemort, rivestito della sua veste lunga nera, i piedi scalzi, gli occhi rossi iniettati di sangue.
Il Signore Oscuro che tornava.
Harry sussultò alla sua vista, ma aveva uno sguardo determinato.
Estrasse la bacchetta e con un gesto secco urlò: «Riddikulus!».
Voldemort inciampò nella sua stessa veste e sparì in uno sbuffo di fumo.
Poi chinò lo sguardo verso Ron, ancora raggomitolato su se stesso, ma questa volta calmo. Si asciugava frettolosamente gli occhi con le mani. Farsi vedere piangere non era nei suoi piani, sebbene fosse contento che Harry avesse messo fine alla sua tortura.
Harry si avvicinò al suo migliore amico, poggiandogli una mano sulla spalla.
«Cosa penserai di me, Harry?» disse Ron, tirando su col naso. I suoi occhi erano ritornati al consueto azzurro. «Non sono nemmeno capace di sbarazzarmi di un Molliccio… e Hermione…»
Si mise all’in piedi, fissando la ragazza ancora bloccata sull’entrata con gli occhi sbarrati, che tremava come una foglia.
«Mi spiace tanto, Hermione» disse desolato, le orecchie che andavano a fuoco.
La Signora Weasley guardava il figlio con apprensione. Poi scosse la testa, cercando di darsi un tono.
«Harry, Ginny, scendereste con me in cucina? Stavo per preparare i biscotti. Potreste aiutarmi» aveva la voce un po’ rauca.
«Certamente, Signora Weasley» Harry si alzò da terra e sorpassò i due amici. Ginny seguì lui e la madre fuori dalla stanza, dando prima una leggera stretta al braccio di Hermione che la guardò riconoscente.
Hermione entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando Ron la aveva portata a Villa Conchiglia non avevano avuto molto tempo per parlare.
Fleur si era dovuta occupare di lei, poi c’era stato il funerale di Dobby, la rapina alla Gringott...
Ron si era limitato a starle vicino. A tenerle la mano, a reggerla quando non riusciva ancora a camminare, a stringerla appena aveva aperto gli occhi.
«Hermione, sono stato così preoccupato» disse, con le orecchie a fuoco. «Ora sei al sicuro. Fleur si sta prendendo cura di te. Sei al sicuro, Hermione. Ora devi solo riposare.»
Beh, “limitato” non era per niente il termine corretto.
Ron si era preso cura di lei, senza pronunciare una parola, senza che lei gli chiedesse niente. Aveva dato tutto se stesso affinché lei si riprendesse.
 
Si avvicinò a Ron, lo prese per mano e lo condusse sul letto, mentre lui si faceva trascinare senza opporre alcuna resistenza.
Hermione rimase per alcuni istanti in silenzio, non sapendo cosa dire. Fissava ancora il punto in cui pochi minuti prima vi era il suo corpo senza vita, stringendo le mani di Ron sul grembo.
Poi il suo corpo fu scosso da un brivido. Portò gli occhi davanti a sé. Ron si era avvicinato e aveva portano due dita alla cicatrice sotto al collo di Hermione.
Prese per buon segno il fatto che la ragazza non si allontanasse, per continuare. Accarezzava dolcemente quella piccola cicatrice con talmente tanta delicatezza da stupirsi da solo. Hermione chiuse gli occhi, trattenendo il respiro. Non voleva che si fermasse.
Avvicinò poi le labbra al collo di lei e vi poggiò un leggero bacio. Uno solo, poi ritornò a guardare Hermione con gli occhi stanchi.
«Ti chiedo scusa» sussurrò.
Hermione stava trattenendo a stento le lacrime, aggrappandosi con forza alla mano di Ron che teneva ancora stretta.
«Per cosa?»
«Per non essere riuscito ad evitarlo, Hermione.»
Grosse lacrime scivolarono lungo il viso della ragazza, ormai contratto dal dolore. Scesero silenziose, fino a cadere sulle mani ancora intrecciate. Poi gli gettò le braccia al collo, inzuppandogli il colletto.
Ron la strinse forte, accarezzandole i capelli. «Scusami» sussurrava, di tanto in tanto.
Hermione si fece forza, poggiando i pugni sul suo petto, guardandolo dritto negli occhi.
«Non è stata colpa tua, Ron. Non potevi evitarlo» disse con forza. «Appena hai potuto sei venuto a salvarmi. Mi hai tirato tu da sotto quel lampadario»
Ron abbassò lo sguardo. Probabilmente per lui quello non era abbastanza.
«Urlavi il mio nome, io ti sentivo.» rivelò a mezza voce. «Mi hai tenuta in vita tu, Ron»
Ron alzò lo sguardo verso di lei. Non glielo aveva mai detto.
«Nonostante il dolore, la paura, pensavo a te. Pensavo che me lo dovevo. Avevo così tante cose da fare, da dirti…»
Ron le prese le mani e se le portò alle labbra, riempiendole di baci.
«Non lo permetterò più. Nessuno più ti farà del male» disse Ron, passionale.
«Non possiamo fare in modo che il male sparisca per sempre, Ron» sussurrò Hermione, debolmente.
«Lo so, ma possiamo provarci» Ron spostò lo sguardo di nuovo verso il punto in cui c’era il Molliccio Hermione.
«A quanto pare, la mia più grande paura è perdere te, Hermione. Come posso convivere con questo, senza avere paura?»
Hermione gli prese il viso tra le mani, avvicinandolo al suo.
«Si impara a convivere con il dolore» disse decisa, la voce non più tremante. «Si impara ad affrontare le proprie paure.»
«Non so se ne sono in grado» sussurrò Ron.
«Ti aiuterò io.»
Poi si avvicinò e gli lascio un dolce bacio sulle labbra. «Era solo uno stupido Molliccio. Non pensarci più»
Ron sospirò forte, poi si stese sul letto e tirò Hermione a sé.
«E così tu sei stata la pallina di luce che mi ha permesso di trovarvi nel bosco, ed io la voce che non ti ha fatto morire» disse poi Ron, con un’espressione compiaciuta sul volto.
«A quanto pare, sì» si limitò a rispondere Hermione, ma sorrideva anche lei.
Passarono il resto pomeriggio a parlare, fissarsi e ad accarezzarsi. Ron la cingeva per la vita, lasciando scivolare le dita dietro la sua schiena. Hermione invece si beava del tocco, tenendo le mani strette sulla sua maglietta.
«Alla fine ci sei riuscito a tenermi tutta per te questo pomeriggio» sogghignò lei, mentre le orecchie di Ron ritornavano scarlatte.
Ron ridacchiò, portandole un ricciolo dietro l’orecchio. «Ma guarda cosa si deve fare per passare un po’ di tempo con la propria fidanzata…»
 

Silenziosamente, Harry Potter e Ginny Weasley salivano le scale della Tana. Quest’ultima reggeva una ciotola piena di biscotti fumanti.
Harry, che aveva le mani libere, bussò alla porta della stanza di Ron. Non voleva disturbare.
Non sentendo arrivare nessun suono, posò la mano sulla maniglia aprendo la porta il più piano possibile, cercando di limitare il cigolio che ne sarebbe scaturito.
Quando lui e Ginny entrarono in stanza, trovarono i due ragazzi profondamente addormentati.
Ron aveva la testa appoggiata sul petto di Hermione e respirava profondamente. I cespugliosi capelli di Hermione invece erano sul cuscino, il volto rilassato.
«Giuro che questa volta il fratellino me la paga» sussurrò Ginny, mentre si richiudevano la porta alle spalle.
Harry sorrise. Dopotutto non aveva tutti i torti.

 
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Salve a chiunque sia arrivato fino alla fine di questa one-shot. Vi ringrazio per la perseveranza.
Fa quasi strano riscrivere qui, dopo anni di assenza. Comunque: questa storia è nata dopo aver visto un'immagine su instagram in cui diceva che il Molliccio di Ron, dopo la guerra, era vedere Hermione sofferente. Ovviamente non sono per niente certa della veridicità della cosa, ma non ho potuto fare a meno di ricamarci sopra ed ecco qua.
Non sono molto soddisfatta del lavoro in realtà, ma una cara amica, che ha letto per prima il lavoro, mi ha incentivato a continuare.
Spero che come lei, qualcun'altro possa apprezzare questa storia. Ogni recensione è ben accetta.
Un bacione
Miione
  
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