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Autore: The Custodian ofthe Doors    18/08/2017    1 recensioni
Come si definisce l'importanza di un eroe? Le sue sole imprese possono dirci quanto esso sia stato grande?
Dalle azioni di un uomo si delinea il suo successo ed il ricordo che il mondo terrà di lui, le folli gesta di chi è stato designato come eroe ed è destinato all'immortalità.
Loro non sono altro che mezzi eroi invece, nessuno li ricorderà mai, non saranno i protagonisti di leggende fantastiche e racconti mozzafiato, nessuna canzone verrà composta e cantata alla vivace fiamma di un falò nelle notti stellate, nessun bambino desidererà mai esser come loro, ripercorrere i passi di chi ha lottato, ha sofferto ed è morto come semplice soldato senza poi ricevere la corona d'alloro.
Perché loro erano lì, ma questo non conta.
Loro erano solo Mezzi Eroi e sempre tali sarebbero rimasti.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Half Heroes


24. Dakota- Per dimenticare.


I giardini di Bacco sono desolati a quell'ora della notte, gli unici che ci passano sono i lari che non hanno nulla da fare e i soldati di guardia, che costeggiano il perimetro dei giardini e non vi entrano mai.
Dakota odia quei giardini.
Forse perché tutti gli dicono che è “il suo posto”, che lì è dove dovrebbe sentirsi meglio di tutti, più vicino a suo padre, al suo mondo. Ma a lui cosa importa? E soprattutto, per quale dannato motivo vorrebbe essere più vicino a suo padre?
Li supera senza neanche degnarli di uno sguardo.
Dakota odia la maggior parte delle cose che riguardano suo padre, il suo divin genitore, ma se le tiene per se, sorride quando gli fanno una qualche battuta, difende il suo onore – seppur blandamente-, gli fa i dovuti tributi nel tempio assieme ai suoi fratelli. Ma sono davvero suoi fratelli quelli? Quando arrivò al Campo Giove gli spiegarono come funzionava la discendenza divina su piano genetico, un affare che Lupa non aveva mai avuto interesse ne voglia di spiegargli, non che lui glielo avesse chiesto, sia chiaro. Gli avevano detto che tecnicamente lui non aveva metà patrimonio genetico, che se gli avessero fatto delle analisi non sarebbe risultato nulla di soprannaturale e divino, e non perché i mortali non potevano vedere oltre la foschia e tutte quelle puttanate li, ma semplicemente perché non ne aveva, non c'era traccia divina in lui così come in nessuno dei suoi sedicenti fratelli o dei miglia di poveri sfigati nati come lui con la santa spada di Damocle sul collo. Si metta in chiaro un altro punto, Dakota era felicissimo di essere nato e venuto al mondo, solo avrebbe preferito di gran lunga che suo padre se lo tenesse nei pantaloni e che lasciasse il problema “inseminazione” a un povero cristo a caso. Essere semidei era una grandissima rottura di coglioni oltre che una fregatura, ma poteva conviverci, poteva vivere tutta la sua gioventù nel disperato tentativo di sopravvivere ed imparare a difendersi, poteva andare in missioni suicide al limite della stupidità solo perché durante la sua ultima sessione di birdwatching Minerva si era scordata il binocolo sull'albero su cui stava appollaiata, ma che poi nessuno s'azzardasse a riprenderlo se faceva battute sconvenienti sul fatto che una dea vergine amasse osservare gli uccelli di nascosto. Poteva anche marciare al passo dei tamburi, poteva costruire le armi per i Giochi di Guerra, vedere le altre Coorti prendere per il culo a quinta ma tacere di colpo quando Jason gli passava davanti con la sua stola da pretore. Poteva accettare di sentire gli sproloqui di Ottavian che squartava orsetti di stoffa con quello sguardo da folle omicida che sembrava dirti “attento a come parli che la prossima volta uso te come vittima sacrificale”. Poteva accettare Reyna che quasi li schifava quando li trovava a ridere e scherzare come dei normalissimi ragazzi la sera alle terme. Poteva sopportare tutto questo al fianco di tutti quei ragazzi che avevano il suo stesso destino marchiato a fuoco assieme all'aquila romana e gli anni della loro permanenza nell'arme, consapevole che doveva solo stringere i denti e tirare avanti, che prima o poi sarebbe diventato grande e sarebbe potuto andare al college di Nuova Roma e vivere davvero come un ragazzo normale. Poteva davvero sopportare tutto in nome di quella meta, anche l'esistenza di un campo di Greci, non gliene fregava un cazzo di quegli altri sfigati tanto quanto lo erano loro, ma non poteva sopportare come questi vivessero.
Gwen gli aveva battuto una mano sulla spalla e gli aveva detto di non rosicare, che loro le grane le avrebbero avute dopo, quando sarebbero usciti dal Campo Mezzosangue e non avrebbero avuto un posto sicuro come Nuova Roma era per loro, ma non era servito a nulla, non gli aveva tolto quel sapore acido dalla bocca ogni volta che ripensava a come lui avesse vissuto la sua infanzia, agli allenamenti di Lupa, alle cicatrici d'artiglio che si sarebbe tenuto per tutta la vita, mentre quei ragazzini venivano addirittura cercati e scortati al Campo per garantire la loro sicurezza, non come loro semidei romani, che venivano mandati da una dea antica e letteralmente animalesca che li cresceva come i suoi cuccioli e poi li spingeva fuori, nel mondo, nel pericolo, senza neanche dirgli buona fortuna. Il problema del riconoscimento, poi, era comune a tutti, solo che lì, dai Greci, venivano addirittura riuniti per “famiglia”, vivevi con i tuoi fratelli, con gli animi più affini ai tuoi, non con chi ti capitava in Coorte, e ben presto Dakota aveva capito che non sempre quell'anima pia che ti faceva da garante per introdurti nella sua Coorte era il prototipo di tutti i suoi residenti. Loro passavano il giorno ad allenarsi e la notte a pattugliare il perimetro, i greci, se gli andava, seguivano le lezioni al campo o si facevano i beneamati affari loro, coltivavano le fragole e si facevano scherzi cretini, la cosa più pericolosa era il muro di lava, le corse con le bighe le avevano eliminate perché troppo cruente, la caccia alla bandiera consisteva nell'entrare nel bosco e cercare un pezzo di stoffa, e che i suoi amici dicessero quel che volevano ma no, No, non era minimamente come i loro Giochi di Guerra, non dovevi star attento ai proiettili delle catapulte, non era il campo di prova su cui si vedevano le tue capacità e si assegnavano gradi nell'esercito, non era il luogo dove avresti potuto portare alla vittoria la tua Coorte o ricoprirla di vergogna, loro si giocavano i turni alle docce. E che andassero tutti al Tartaro, i romani avevano le terme, erano anche più progrediti, cazzo.
Oh, ma i poveri Greci si sono scontrati contro Crono in persona, poverini, con l'aiuto delle Cacciatrici e quello di un esercito di morti viventi, poveri cuccioli, chissà come dev'essere stato terribile vedersi ringraziare dagli Dei stessi, salire sull'Olimpo.
Erano davvero molti i motivi per cui Dakota odiava i greci, davvero parecchi, ma se fosse stato sincero con se stesso avrebbe saputo dire a primo colpo cosa gli pesava di più.
Mr D.
Che era il loro Dioniso e il suo Bacco.
Suo, che parolone.
Dakota non aveva mai visto suo padre, lo aveva solo messo al mondo e poi si era disinteressato di tutto, comparendo a mala pena per riconoscerlo, che poi, lo sapevano tutti che se non fosse stato così bravo a far crescere tralci di viti e a confondere la gente il caro paparino non si sarebbe mai né reso conto che lui era suo figlio, né sprecato a riconoscerlo.
Vigliacco bastardo e pure fedifrago. Lo sapeva perfettamente perché c'aveva messo tanto, avrebbe dovuto ammettere a sua moglie, ancora un volta, che l'aveva tradita e che da quel tradimento c'era pure uscito qualcosa. Non aveva mia risposto a nessuna delle sue preghiere, non gli era mai apparso in sogno, però la gente pretendeva che lui lo rispettasse e venerasse, che gli facesse offerte, che pregasse per il suo favore in battaglia, che fosse fiero di essere suo figlio e che si impegnasse per rendere l'altro fiero di essere suo padre, ma se lo ricordava almeno?
Dakota sorrideva, lo faceva spesso, con fare canzonatorio, spensierato, divertito, anche senza motivo, mentre dentro di se si rodeva l'anima per ogni cosa, la follia di Bacco che gli faceva saltare i nervi al primo tocco, l'instabilità emotiva di un dio che giocava sull'ebrezza e che, paradossalmente, era la condizione in cui ragionava meglio.
Strinse la bottiglia che teneva tra le mani e chiuse gli occhi per prendere un respiro profondo. I Greci vivevano con suo padre praticamente, lo vedevano ogni giorno mentre lui non sapeva neanche come fosse fatto davvero. La rabbia gli bussò prepotente nel torace, prese un generoso sorso di vino e buttò la testa indietro, una delle colonne cadute del campo dei Giochi di Guerra a fungergli da appoggio, il cielo stellato e senza luna a fargli compagnia assieme ad una bottiglia di vino rosso. Okay, forse più di una.
Probabilmente di tutte le cose che riguardavano, rimandavano e concernevano suo padre, il nettare rosso dell'ebbrezza -ma anche bianco o rosato non gli faceva schifo- era l'unica cosa che amava senza riserve. L'alcol gli ottenebrava la mente, portandolo lontano dai problemi terreni ma rendendolo incredibilmente lucido e attivo su molti altri fronti, come quello dei suoi rimorsi, come l'autocommiserazione che provava nel ripetersi che era stupido essere invidiosi di altri semidei solo perché non avevano mai conosciuto la durezza dell'Impero, per correggersi subito dopo e dirsi che non gli importava, che avrebbe continuato ad odiarli, loro e la libertà del Campo Mezzosangue, loro e tutto quello che di bello avevano. Ma poi cos'era di bello? Cos'era la libertà? Una vocina gli suggerì che era quella cosa che avrebbe ottenuto arrivato ai diciotto anni, quando sarebbe entrato al college, ma un'altra gli sussurrava che ora quella fortuna l'avrebbero avuta anche i suoi cugini di NY, che ora loro avrebbero vissuto un'infanzia ed un'adolescenza tranquilla e blanda e che poi avrebbero anche potuto contare sulla protezione delle mura di Nuova Roma.
Si portò le mani tra i capelli e soffocò un grido di frustrazione, la testa che gli scoppiava divisa tra rabbia e risentimento, tra pena e rammarico, tra odio e sconforto. Gli Dei erano guariti dalla loro schizofrenia ma lui invece sembrava essere nel pieno della propria, muovendosi come un contorsionista tra le macerie di una guerra ed il dolore che aveva lasciato dietro di sé. Avevano perso così tanto, lottato tanto, se solo fossero stati uniti sin da subito, se solo non fosse stato per quella stupida, stupidissima statua di Minerva o di Atena o di quel che cazzo era.
Non controllò ancora la sua voce ed un lamento si alzò dai detriti, per un folle attimo gli parve che il suono si propagasse nelle bottiglie vuote, rimbombando ancora e ancora nell'eco infinito che era tipico delle conchiglie.
I Greci avevano la libertà, loro la protezione, non erano così diversi, avevano solo punti di forza opposti. No, loro avevano fin troppi vantaggi, quegli eroi, quei favori divini, gli Dei li preferivano a loro, ai Romani. Che si fottessero tutti, gli Dei avevano paura dei Romani, perché erano forti, perché non avevano bisogno della protezione divina, Roma si era conquista il proprio regno con il sudore ed il sangue dei suoi legionari, con le strategie e l'intelligenza dei suoi centurioni, con la forza e la leadership dei suoi Pretori e poi del suo Imperatore. Loro avevano soggiogato tutto il mondo antico, il più vasto dei regni, per proporzione e per forze possedute, per quel tempo, come nessuno sarebbe mai stato in grado di fare dopo. Avevano sconfitto i Greci, erano più forti di tutti. Erano pronti a tutto, al sacrificio, alle perdite, alle...
Gli venne da piangere, erano davvero così forti? Erano davvero così pronti a morire? Un singhiozzo gli squassò il petto, ingoiò l'aria che gli ferì la gola come un colpo di cannone, come una di quelle palle di fuoco che avevano sparato contro i semidei Greci, perché erano più forti, perché avevano ucciso ragazzi come loro? Perché sembrava tutto difficile? Perché era tutto così confuso?
La notte senza luna avrebbe dovuto calmargli i nervi, niente della forza bruta delle Baccanti avrebbe dovuto sfiorarlo ma la pazzia invece si era infilata nelle sue vene direttamente da quello stesso sangue che l'aveva generato, Bacco si era quietato assieme ai suoi fratelli ma solo ed unicamente per scaricare in lui la follia che per mesi l'aveva attanagliato? Era così confuso.
Allungò la mano tremante, tastando il terreno alla cieca sino ad incontrare qualcosa di liscio e freddo, il collo della bottiglia gli scivolò sotto le dita e Dakota si sbrigò a stapparla e berne tutto il contenuto, senza prendere fiato, tutto d'un colpo.
Dakota odiava tante cose di suo padre, dei Greci, odiava tutto ciò che invidiava e rimpiangeva in entrambi, ma il vino, quello sarebbe sempre stato la sua cosa preferita. Perché non era animato, non poteva giudicarti come uno sconosciuto, non ti guardava con rammarico come una amico, cercando di capirti e fallendo miseramente, non ti ignorava come tuo padre, era un oggetto inanimato che non si faceva un'opinione di te, che non gliene fregava nulla di chi eri e cosa avevi fatto, stava semplicemente lì, pronto a festeggiare con te i successi della vita e a farti dimenticare i suoi dolori annegando dentro di lui.
Così Dakota se ne stava sdraiato a terra, nella piana dei Giochi di Guerra, tra i ruderi e le impronte lasciate dai Giganti qualche tempo prima – quanto? Non lo ricordava più, non ricordava nulla- a bere una bottiglia dopo l'altra, per allontanare il dolore, per tenersi impegnato, per provarci ad andare avanti, per dimenticare.
Per dimenticare e basta.









Salve Lettore.
Siamo giunti alla fine di questa storia, i miei mezzi eroi sono tutti stati chiamati a raccolta e spero di avergli dato degna vita e degna interpretazione.
Grazie a chi ha letto uno, due o tutti i capitoli, a chi si è fermato, trovando il tempo per lasciare un commento e darmi quella piccola botta di autostima che nessuno mai disdegna e anche a chi non mi ha insultato per gli errori grammaticali che sicuramente sono disseminati per ogni capitolo, questa credo che sia la cosa più sentita.
Detto ciò, qui si chiude bottega,
Yo Lettore,
TCotD.



   
 
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