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Autore: Chara    21/08/2017    4 recensioni
Alec si sveglia con una strana sensazione a sfrigolargli sotto la pelle. Quando capisce di cosa si tratta, invece di svegliare Magnus per farsi aiutare decide di provare a fare qualcosa per conto suo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La storia è stata scritta per l’event “7 days of pride” del gruppo facebook We Are Out For Prompt, con il seguente prompt di Red, che ringrazio: Malec – un giorno all'improvviso Alec si sveglia con poteri da stregone e, prima di confessarlo a Magnus, fa l'unica cosa che avrebbe sempre voluto fare.

Il titolo è preso dalla canzone “Love Sex Magic” di Ciara & Justin Timberlake.

 

 

 

Your touch is so magic to me, the strangest things can happen

 

 

 

Alec aprì gli occhi senza sbattere le palpebre, uno strano prurito su tutte le Rune.

Districandosi dalla presa delle braccia di Magnus – indulgendo un po’ più del dovuto sulla sua pelle, con la banale scusa di alzarsi – scivolò fuori dal letto, accogliendo con sollievo il fresco del pavimento sotto i piedi.

Si diresse nel salone, raccattando poco per volta i vestiti sparpagliati. Lanciò un’occhiata distratta alla balconata inondata di sole, i cui raggi si insinuavano tra le fessure dei tendoni. Magnus doveva averli tirati la sera prima, ma erano stati così presi l’uno nella bocca dell’altro che Alec non se n’era nemmeno reso conto.

Sorrise, mentre un lieve rossore gli imporporava le guance: erano passati mesi dal loro primo bacio, durante quell’imbarazzante matrimonio andato in fumo, ma la voglia che avevano di assaporarsi non diminuiva mai. Nemmeno per un istante, nemmeno quando discutevano per qualcosa.

Il sorriso svanì dalle sue labbra nel momento in cui, portandosi davanti alle mensole su cui Magnus riponeva gli ingredienti per i propri intrugli, capì che doveva essere successo qualcosa. Grattandosi la runa di blocco, ripercorse gli eventi della serata: dove essere successo quando Magnus lo aveva spinto contro lo scaffale, prima di mettersi in ginocchio e inondarlo di sensazioni che gli avevano fatto perdere il contatto con la realtà.

Con un sospiro, esaminò i vetri rotti e l’etichetta “magia di riserva”, prima di realizzare che forse sarebbe stato meglio mantenersene alla larga. Non avevano sentito la bottiglia cadere, il suono sovrastato dai gemiti di Alec – “Sei così chiacchierone, Alexander, chi l’avrebbe mai detto,” gli ripeteva sempre Magnus. Non si erano nemmeno accorti dell’ondata di magia che si era sprigionata in mezzo alle scapole di Alec, perché Magnus perdeva spesso il controllo dei propri poteri quando facevano l’amore – inondando entrambi di scintille azzurre e calde, che rendevano tutto ancora più bello.

Eppure, non poteva esserci altra spiegazione.

Alec si dimenò, a disagio, realizzando di essersi perso a ripercorrere di nuovo tutte le carezze, i baci, le provocazioni. Un’ondata di rossore gli salì lungo il collo, impossessandosi del viso. Era come affogare, senza però smettere di respirare.

Si sfregò le mani tra loro, sentendole calde. Era per quello che Magnus indossava sempre tutti quegli anelli e braccialetti, togliendone solo alcuni anche quando dormiva? Aveva forse bisogno di raffreddarsi con il metallo dei gioielli, per aiutarsi a mantenere il controllo?

Alec si allontanò dalle mensole, consapevole di aver fatto già abbastanza danni. Si fissò un palmo, che sembrava teso, e vi si concentrò con tutto se stesso: cercò di rilassare un polpastrello alla volta, con calma, curioso di vedere cosa sarebbe successo. Una scintilla azzurra si sprigionò dal suo indice, ed ebbe appena il tempo di tirare indietro il capo prima che gli colpisse un occhio.

“Per l’Angelo,” borbottò iniziando ad agitarsi. Nello stesso momento, si accorse di un bruciore inaspettato sul lato del braccio: l’enkeli sfrigolava, i contorni erano arrossati.

“Ma certo,” disse dopo un attimo. “La magia demoniaca non va d’accordo con quella angelica.”

Con un sussulto sollevò la maglietta, controllando lo stato della runa parabatai – sembrava intatta, constatò con un sospiro di sollievo.

Sbirciò poi in camera, notando che Magnus era ancora addormentato e aveva avvolto le braccia attorno al cuscino di Alec, come a cercare la sua presenza. Sorrise, vedendolo così rilassato, e decise di correre il rischio di chiudersi in bagno.

Gli stava venendo un’idea – pericolosa, forse, ma sperò che le Rune potessero aiutarlo a mantenere il controllo, invece di bruciare e basta.

*

“Alexander!”

La voce di Magnus era allarmata e Alec, ancora chiuso in bagno, perse la concentrazione in un sussulto. L’enkeli gocciolava di sangue, e altre Rune – tra cui quella di blocco, ben evidente sul collo – erano circondate da un rossore netto. Come un tatuaggio mondano appena fatto.

“Sono qui,” chiamò in risposta, pulendosi il braccio con un asciugamano che poi lanciò in un angolo della doccia. “Sto arrivando.”

“Rimani dove sei. Qualcuno è entrato nel loft, aggirando le difese.”

Alec si spaventò per un attimo, prima che un sorriso incerto gli incurvasse le labbra: probabilmente, Magnus sentiva la sua magia, per quanto momentanea, e mostrarglielo sarebbe stato più semplice che spiegarlo a parole con una lastra di legno tra loro.

Così spalancò la porta, trovando Magnus al centro del loft – le mani circondate di nebbia azzurra, i piedi nudi divaricati e la schiena, nuda anch’essa, tesa in posizione di allerta. Una stretta prese lo stomaco di Alec: era bellissimo. Ed era suo.

“Magnus, non c’è nessuno…” disse avanzando cautamente.

Magnus si volse, strabuzzando gli occhi gialli con le pupille verticali. Prima che Alec potesse pensare a quanto fossero magnetici e a quanto gli sarebbe piaciuto fissarli per ore, Magnus nascose il marchio.

“Alexander!” lo accolse spaventato, correndogli incontro senza però abbassare la guardia. “Cos’è successo? Hai combattuto con qualcuno?”

Magnus abbracciò con lo sguardo tutta la stanza, cercando segni di lotta o qualsiasi indizio che potesse aiutarlo a capire cosa diavolo stesse accadendo.

Alec sorrise in modo quasi triste, avvicinandosi per unire le loro dita e sentire il calore della magia – stavolta, però, non sentì i palmi di Magnus più caldi dei suoi. “Ci siamo solo io e te,” lo rassicurò di nuovo.

“Alec, le tue mani sono così calde! Hai la febbre?”

Alec lo trascinò vicino alle mensole, interrompendo con un gesto della mano libera la protesta di Magnus, che ancora non si era convinto del fatto che non ci fosse nessun altro nell’appartamento.

“Cosa sono questi vetri rotti?”

Alec prese un sospiro e, posando le mani ai lati del viso di Magnus, gli spiegò come, la notte precedente, dovevano aver fatto cadere qualcosa nella fretta di togliersi i vestiti. Uno scintillio di malizia balenò negli occhi di Magnus, prima di essere inghiottito un’altra volta dalla preoccupazione, e Alec sentì le guance andare a fuoco. Dopotutto, anche lui aveva ripensato spesso alla sera prima, da quando si era alzato.

“Cosa conteneva la boccetta?”

Alec sospirò di nuovo, spostando le mani quel tanto che bastava perché i suoi pollici potessero carezzare gli zigomi di Magnus – e le palpebre, i suoi occhi sempre celati agli occhi del mondo.

Concentrandosi sulla magia che sentiva carezzargli le ossa come un corpo estraneo, e facendo affidamento sulle Rune che, come aveva scoperto, gli conferivano un controllo già avanzato dei propri poteri, Alec ammiccò un paio di volte prima di essere sicuro di avercela fatta – non l’aveva ancora fatto senza uno specchio.

“Alec! No!”

Magnus era sgomento, e Alec baciò via la smorfia di terrore che aveva deformato il bellissimo viso del suo fidanzato. Magnus si aggrappò alle sue spalle per spingerlo via, salvo poi arrendersi quando la lingua di Alec chiese l’accesso alla sua bocca.

Si baciarono per un tempo indefinito, recuperando quel rituale mattutino verso il quale, a causa degli eventi, erano stati così negligenti.

Fu Magnus a rompere il contatto, posando la fronte contro la sua. “Non farlo mai più, Alexander,” sospirò a voce bassa. “Non trasformare più i tuoi occhi in—in questo fardello.”

Alec gli allontanò il viso per incrociare il suo sguardo, le mani bollenti chiuse a coppa sulle sue guance. “Mi hai trovato così mostruoso da non sopportare di guardarmi?” chiese con gentilezza, riprendendo a carezzargli gli zigomi con le dita.

Magnus spalancò gli occhi, intrecciando le dita a quelle di Alec. “No, Alexander, no!” si affrettò a spiegare, mentre seppelliva parte del suo viso nel palmo del fidanzato. “Ti ho trovato—”

Alec approfittò della sua indecisione, offrendo una descrizione di ciò che, sperava, Magnus aveva visto. E ciò che, senza dubbio, vedeva lui ogni volta che aveva l’occasione di scorgere quegli occhi dorati. “Magnetico, potente, così bello da non pensare nemmeno per un momento che un simile marchio fosse un simbolo di dannazione?”

Magnus dischiuse le labbra, esterrefatto. I suoi occhi si inumidirono e, con la prima lacrima, cadde anche l’incantesimo che nascondeva le sue iridi feline.

Alec sorrise, vittorioso, baciandogli prima una palpebra e poi l’altra. Sapeva che Magnus si sentiva nudo, senza l’incantesimo che celava il suo marchio; ma Alec si era sentito nudo così tante volte, da quando lo aveva incontrato, da non poter ignorare quanto si sentisse libero adesso che Magnus gli aveva insegnato a superare tutte le sue paure.

Voleva solo ricambiare; trovare un modo per dirgli che non era colpa sua, se i suoi occhi erano diversi. E che avrebbe potuto essere se stesso, con lui, perché lo avrebbe amato indipendentemente dai suoi occhi. E, anzi, che una parte di lui lo avrebbe amato proprio per ciò che rappresentavano – la capacità di essere così buono, nonostante la sua natura demoniaca.

“Hai passato la mattina chiuso lì dentro?” domandò Magnus dopo averlo baciato di nuovo. Gli carezzò il braccio, scoprendo l’enkeli insanguinato. “Alexander, credo che la magia ti faccia male.”

“Me ne sono accorto.”

Magnus sorrise, inarcando un sopracciglio. “Intendevo che ti fa uscire di testa,” precisò con una risata. “Guarda come ti sei conciato!”

Alec non rispose, limitandosi a guardare il sorriso di Magnus e il modo in cui sembrava combaciare perfettamente con i suoi occhi dorati – lo stomaco gli si contrasse in una morsa dolorosa, ma piacevole, all’idea che si stesse sforzando a non nasconderli per lui.

Magnus si voltò verso le mensole, riparando la boccetta in frantumi con un gesto delle dita. “Vieni qui, Alexander,” lo chiamò come se Alec non gli avesse appena fatto scivolare un braccio sul ventre, posando il mento sulla sua spalla.

“Sono qui,” rispose Alec, baciandolo appena dietro l’orecchio. Sono qui.

Un risolino sfuggì alle labbra di Magnus, prima di trasformarsi nella sua versione più professionale – Alec ignorò l’arsura improvvisa, dicendosi che avrebbero avuto tempo più tardi.

“Ridammi la mia magia, Shadowhunter incosciente. Prima che Raziel in persona scenda sulla terra per riprendersi le sue Rune bistrattate.”

Alec arrossì, realizzando di non aver minimamente pensato all’Angelo. Sperò solo che fosse più comprensivo di quel che si diceva, perché altrimenti sarebbe finita molto, molto male.

 

 

 

*

   
 
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