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Autore: Jules_Weasley    25/08/2017    8 recensioni
Siamo nel Post Seconda Guerra Magica, qualche anno dopo la caduta di Voldemort: Hermione, tornata da un viaggio di qualche mese, bussa al negozio del vecchio Ollivander, con una richiesta molto strana. La sua vita non è come la vorrebbe e la guerra le ha fatto realizzare che ha una sola possibilità di essere felice, e non la vuole sprecare facendo quello che è opportuno o che ci si aspetta da lei. Ora, di nuovo in Inghilterra, decide di virare la rotta ed imparare a creare qualcosa con le proprie mani le farà riscoprire le piccole grandi gioie dell'esistenza. In tutto ciò dovrà anche fare i conti con una vita sentimentale... movimentata. Che fine ha fatto Ron? E quale sarà il ruolo di Fred nella sua vita? E quale sarà quello di Malfoy? Questa storia sarà una Fremione o una Dramione? O semplicemente la storia di una ragazza che cerca il suo posto nel mondo? Queste sono le domande, la risposta è la storia...
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Fred Weasley, Hermione Granger, Olivander | Coppie: Draco/Hermione, Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Capitolo ventotto – Passo dopo passo si arriva sulla vetta




La mattina seguente, alzarsi dal letto fu una vera e propria impresa. Hermione non era mai stata così risoluta a rimanere rintanata sotto le coperte, completamente isolata dal mondo. Aveva fatto qualche incubo di cui non ricordava neppure la natura; ma poi, alle prime luci dell'alba, si era ritrovata tra distese di prati e vallate stracolme di erba e fiori. Esattamente il luogo verso cui sarebbe scappata volentieri.

Poi aveva persino sognato la Tenda – quella in cui aveva alloggiato alla ricerca degli Horcrux –, cosa che al risveglio l'aveva informata del grado di sopportazione, ormai pari a zero, che nutriva nei confronti della propria vita.

Purtroppo, dopo un quarto d'ora, quando si fu resa conto di essere impossibilitata a restare sepolta sotto un piumone per l'eternità, si decise a mettersi in piedi. Sgattaiolò nel bagno cercando di causare meno rumore possibile; aveva sentito un leggero russare provenire dalla camera di Fred. Si lavò e vestì in fretta, uscendo senza neppure fermarsi a fare colazione. In ogni caso, aveva lo stomaco chiuso. Una parte di sè era furiosa con il suo migliore amico – che tra l'altro non aveva nulla di vitale da dirle, tranne che aveva di nuovo litigato con Ginny – per averla interrotta. Del resto, Harry aveva sempre avuto un talento per interrompere i suoi momenti intimi con Fred Weasley.*

Un'altra parte di Hermione era invece grata per quell'interruzione. Le sembrava che tutto, la sera prima, si stesse svolgendo in maniera affrettata e confusionaria – e la responsabilità non era certo imputabile a Fred, dal momento che lei stessa aveva dato il via alle danze. Non aveva saputo resistere al calore della sua bocca, al piacere di immergere le mani nei suoi capelli rossi...

No Hermione, pensò, così decisamente non va.

In realtà non lo pensò solamente, lo disse ad alta voce mentre camminava. A dire il vero, a voce così alta che un ragazzino si girò a guardarla come fosse tutta matta. In effetti, riflettè, un pochino doveva sembrarlo. Quando entrò nel negozio, perfino Ollivander la squadrò, sospettoso.

Evidentemente doveva sembrare un po' stralunata, poiché quello che l'uomo le stava riservando era lo stesso sguardo che lei per una vita aveva lanciato a Luna Lovegood, la creatura più stralunata mai apparsa sulla Terra.

Lei, ad ogni buon conto, ignorò la cosa, limitandosi ad un candido 'Buongiorno'.

Il signor Ollivander non replicò col solito cenno del capo, e per qualche minuto il silenzio sembrò regnare all'interno del negozio. Hermione era convinta che le avrebbe chiesto conto della sua scrausa performance del giorno precedente: aveva tutto il diritto di farlo. Non era stata professionale, nè aveva agito correttamente; neppure era riuscita a mantenere la calma: un completo disastro.

Misurò la stanza a lenti passi prima di dirigersi al bancone, dove Ollivander era già chino ad esaminare una bacchetta nuova di zecca.

"Questa..." soffiò affranta Hermione, "è una vera bacchetta".

Fu a quel punto che il signor Ollivander parve prendere nota della sua presenza all'interno del negozio. Quandò sollevò il volto, l'espressione di quest'ultimo pareva dire 'Toh, ci sei anche tu!'

Sembrava davvero che non avesse notato altro se non la bacchetta di nocciolo che stringeva tra le mani. Hermione la contemplò, per un attimo dimenticando se stessa.

"Spero che il padrone di quella bacchetta sia un tipo che sa il fatto suo" disse senza riflettere. "Voglio dire, le bacchette di nocciolo hanno bisogno di... fermezza emotiva" affermò.

"Come mai sostieni ciò?"

"Io non lo sostengo; è stato lei stesso ad insegnarmi quel che so sulle bacchette, e le dico" e mise le mani sui fianchi, acquisendo sicurezza, "che le serve una strega – o mago – determinato; se sarà altrimenti, le conseguenze potrebbero non essere delle migliori, visto che il nocciolo tende ad essere imprevedibile, se si sente poco sicuro nelle mani del padrone". Ollivander aggrottò impercettibilmente la fronte e posò sul tavolo la bacchetta di nocciolo.

"Come la fai tragica!" la rimbeccò. "Ti sei alzata col piede sbagliato? A sentir te il nocciolo è un legno da evitare; non ti piace?" domandò.

"Non particolarmente".

"Sbagli, perché ha innumerevoli pregi: è duttile e potente in mano ai talentuosi, fedele fino alla morte del padrone – persino oltre –, se questi è stato un buon compagno".

"Lo so, deperisce e si svuota di ogni potere, e allora?" fece Hermione, stanca di quella gara di nozionismo.

"E allora ha un'altra grande qualità..." insistè Ollivander, riprendendo il nocciolo tra le mani. Il tono dolce, seppur insistente, mise in sospetto l' apprendista, abituata a sentirlo in poche occasioni.

"Sarebbe?" domandò. Da una parte sembrava volesse rimproverare Hermione, dall'altra la sua espressione non era di dileggio; era come se volesse rassicurarla. Ollivander era un così curioso misto di sarcasmo, lunatismo e rara premura, che neppure l'esperienza di una vita – Hermione ne era certa – le sarebbe bastata a capirlo fino in fondo. Finalmente si decise, sempre in tono leggero e quasi casuale, a rivelarle l'arcano.

"E' assai malleabile, mia cara e affranta apprendista". Il fatto che stesse lavorando il nocciolo non era, come lei aveva sospettato, un caso. L'intento del vecchio Garrick era ben preciso: le stava suggerendo di ripartire da lì, da un legno più morbido e maneggevole, che non fosse difficilissimo perfino da intagliare – come invece era quello di rosa, scelto da Hermione il giorno prima. Lei sospirò e gettò la spugna. A che scopo tacere ancora? Doveva parlare a quell'uomo dei suoi dubbi e domandargli, a cuore aperto, se in lei ci fosse qualcosa di buono – qualcosa da buttare. In caso contrario l'avrebbe capito e sarebbe andata via; un po' come quando un ramo, colto per errore, non era adatto a diventare una bacchetta magica, e lei era costretta a gettarlo via.

"L'ho delusa molto?" domandò quindi.

"Prego?" ribattè l'uomo. Avrebbe volentieri fatto a meno di parlarne, poiché dal canto suo non ne sentiva alcuna esigenza, ma sapeva che prima Hermione avesse accettato il proprio fallimento, prima si sarebbe rimessa al lavoro.

"Ho usato il legno sbagliato, la procedura scorretta, e per poco non facevo esplodere la bottega..." mugugnò, a capo chino. Lo sentì ridacchiare e posare la bacchetta con cui stava ancora armeggiando.

"Elencati così sembrano una serie di crimini irreparabili" commentò il mago. Hermione sollevò la testa per incontrare i suoi occhi argentei. "Ti assicuro, ragazza, che non lo sono".

"Va bene, non saranno delitti; ma sono errori gravi per una che ha la pretesa di fabbricar bacchette" replicò. "Non sono all'altezza signore, non lo sono mai stata".

"Certo che non lo sei stata: era la tua prima bacchetta! Bisogna lavorare sodo per ottenere quello che si vuole. Non credevo di dovertelo insegnare".

Quell'uomo aveva la capacità di farla sentire ignorante come una scolaretta.

Lei, che sapeva tutto di ogni cosa.

Un pensiero si era insinuato fisso tra le pieghe della sua mente, e ora Hermione non riusciva a scacciarlo. Era un dubbio che stravolgeva la sua visione dell'intero Mondo Magico come lei lo aveva sempre percepito, perfino. Pensò che tanto valeva smettere di tormentarsi ed esporre chiaramente la sua teoria a Ollivander; magari avrebbe colto nel segno; magari il bacchettaio ci aveva già pensato e, per delicatezza, era sempre stato restio a parlarle apertamente di una così catastrofica possibilità. Tossì un paio di volte, finchè il vecchio mago si accorse che voleva dire qualcosa di importante. Continuò a rigirarsi la bacchetta tra le mani, ma si mise in ascolto.

"Alcuni maghi" mormorò, "sostengono che l'arte delle bacchette sia praticabile solo da chi ha sempre respirato magia". Calcò con forza sul verbo 'respirare' perchè era quello che meglio rendeva il concetto. Era certa che Ollivander avrebbe capito cosa voleva dire.

Ollivander la scrutò un attimo: appariva divertito e scandalizzato allo stesso tempo da ciò che Hermione aveva detto.

"E con ciò? A mia zia Rosamund piaceva sostenere di essere un gran soprano, eppure chiunque la sentisse cantare era pronto a tapparsi le orecchie".

Hermione sorrise, lieta di sentirlo scherzare su un argomento che lei per prima riteneva assurdo trattare ma che, prima di addormentarsi, le aveva dato da pensare.

Per l'uomo il discorso sembrava chiuso, dato che aveva smesso di guardarla, ma per Hermione era appena iniziato. Doveva togliersi quel sassolino dalla scarpa, o non avrebbe potuto svolgere serenamente il lavoro per cui, per inciso, aveva rinunciato a tutta la sua carriera.

"Dico sul serio, signore".

"Oh, ma anche io: era semplicemente terribile ascoltarla" continuò. "Ricordo la cena della Vigilia di Natale millenovecen..."

"Signore!" lo interruppe Hermione.

Levò lo sguardo sulla ragazza, ma si rese conto che una battuta non sarebbe bastata a liquidare la faccenda. Sospirò e borbottò fra sè, per poi alzarsi e mettersi di fronte a Hermione, di modo che potesse scorgere ogni espressione del suo viso. Lanciò un incantesimo alla porta chiudendola dall'interno; fece comparire un cartello con su scritto 'Torno subito', per poi correggerlo con la parola 'torniamo' – sfumatura che Hermione apprezzò molto più di quanto l'uomo potesse immaginare.

"Tanto vale fare le cose per bene..." bofonchiò Evocando due comode poltrone e mettendosi a sedere su una di queste.

"Le ho mai detto che sarebbe molto più sensato arredare questo posto?" domandò Hermione, nell'ennesimo disperato tentativo di rendere presentabile la bottega. La ragazza si sedette sull'altra poltrona, lilla e tanto soffice da poterci sprofondare. Grazie a Ollivander, la tensione che la divorava si stava allentando.

"Almeno un milione di volte, e la mia risposta è sempre la stessa: NO! Questo posto non si tocca!" disse, autoritario. "Non finché sarò io il proprietario".

Hermione non si azzardò a replicare, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo: quell'uomo era decisamente troppo ancorato al passato, benchè lei non ne sapesse granché. Si rese conto in quel momento che possedeva davvero pochi dettagli riguardo alla vita del suo datore di lavoro, e che probabilmente non ne avrebbe mai conosciuti altri, data la riservatezza del soggetto in questione.

Ollivander tacque un poco e si sistemò meglio sulla poltrona, mentre Hermione, nel tentativo di mettersi comoda, sprofondò sempre più nella propria.

"Mia cara ragazza" esordì, "mi sembra molto strano che tu, col tuo intelletto più che funzionante, venga a riferirmi una diceria così infondata". Dunque Garrick aveva compreso a cosa si stesse riferendo. Hermione riprese a respirare regolarmente, accorgendosi di aver trattenuto il fiato nell'attesa che il mago iniziasse a parlare.

"Lei che ne pensa del fatto che i Nati Babbani abbiano scarse possibilità di riuscire nell'arte delle bacchette?"

"Penso che sia un'idiozia" disse seccamente. "Hermione, tu non hai cercato la magia: sei stata scelta! Proprio come una bacchetta sceglie il suo mago".

Era più forte di lui, pensò Hermione, non poteva proprio realizzare un paragone senza che questo coinvolgesse in qualche modo il mondo delle bacchette. Un po' come suo padre, tifoso dell'Arsenal, e sempre pronto a innestare paragoni calcistici.

"Questo non c'entra" mormorò affranta.

"C'entra eccome; sei Nata Babbana, ma la magia che c'è in te è talmente forte da superare le barriere, richiamando dei geni magici che, sicuramente, erano presenti in famiglia, ma certamente non in tuoi parenti prossimi..."

Se quello era un modo per blandirla, per farla sentire meglio, Hermione doveva ammettere che stava dando i suoi frutti. Tuttavia, per la strega l'argomento era spinoso e le domande, rinchiuse in un cassetto della mente da tanto tempo, erano troppe per poter essere ignorate.

Anche Ollivander doveva saperlo; immaginava da sempre che prima o poi sarebbe saltato fuori il mito vecchio come il cucco per cui un Purosangue avrebbe un maggior potenziale magico e, percependo la magia meglio di un Nato Babbano, avrebbe più possibità di riuscire in un'arte – delicata e permeata da magia spontanea – come quella del fabbricare bacchette.

"Tutte ipotesi, e tutte infondate" ribadì l'uomo, guardandola con gli occhi cerulei, di un argento scolorito dagli anni. "Le tue origini non possono avere nulla a che fare con questo" ribadì, indicando l'ammasso di suppellettili, polvere, scaffali di legno stracolmi di bacchette e cassetti traboccanti di crini di unicorno e piume di fenice – ovvero, la propria bottega. "Non più di quanto ce l'abbiano le mie". Forse, per le orecchie di Hermione, quest'ultima aggiunta fu troppo.

"Come può dire una simile eresia?" lo riprese. "Questo posto è della famiglia Ollivander, la sua famiglia, da generazioni! Suo padre costruiva bacchette e suo nonno prima di lui e così via, probabilmente fino alla millesima generazione a ritroso".

Il mago parve sul punto di ribattere a quella che pareva un'accusa, ma non ne ebbe modo, perché Hermione seguitò a parlare, spostando lo sguardo sul vecchio campanello, solitamente pronto a squillare all'ingresso di qualcuno, ma ora muto.

"L'insegna d'oro, per quanto scrostata e malandata, parla chiaro: bacchette di qualità superiore dal 382 a.C." citò a memoria. "Da allora ad oggi intercorre un lasso di tempo in cui la sua famiglia deve aver accumulato un sapere che io non sarò mai in grado di mettere in pratica, e poi..." Ollivander, a questo punto, aveva già previsto la piega che la conversazione avrebbe preso, e decise di troncarla sul nascere.

"Basta!" tuonò, interrompendola. "E' vero" iniziò con più calma, "che la famiglia Ollivander fabbrica bacchette da molto tempo, e che le conoscenze accumulate in millenni di ricerche sono molte – anche se mi pregio di essere io il componente della famiglia che ha apportato maggiori progressi al nostro metodo..." Hermione trattenne una risatina nel vederlo così tronfio per i suoi, seppure innegabili, meriti.

"Questo, però, non ha niente a che vedere col mio sangue puro, signorina Granger" affermò serio. Lo disse fissandola, senza neppure sbattere le palpebre, perché sapesse che non stava mentendo. Le sue parole erano sincere; Hermione lo sentiva.

"Non so quante persone nel mio ambiente credano ancora a queste vecchie chiacchiere per comari purosangue, anche se spero siano poche. Mi aspettavo che la mia apprendista non vi prestasse la minima attenzione" la rimbrottò. "Non essere riuscita a fabbricare una bacchetta al primo colpo non fa di te una pessima bacchettaia. Avrai molte occasioni per riprovare, e per fallire ancora – oggi stesso, per esempio. Questo però non deve distrarti per un momento dall'obiettivo finale: la bacchetta perfetta. Se avrò percezione che i tuoi fallimenti, anzichè spronarti, ti scoraggiano, allora si che dovrai temere il licenziamento!"

La stava apertamente minacciando, tanto per non metterle pressione. Hermione tentò di farfugliare qualcosa in merito alle proprie insicurezze, al fatto che sentiva di avere qualcosa in meno da far valere in quel campo, ma fu inutile.

Non l'avrebbe commiserata, nossignore! Quant'era vero che il suo nome era Garrick Ollivander, lui non avrebbe commiserato nè giustificato la sua apprendista neanche per un solo secondo!

"Quello che voglio dire" ripartì, "è che non è il grado di magia presente nel tuo sangue che determina la tua bravura nell'intagliare e realizzare bacchette. È vero che non chiunque può farlo" ammise, poiché a lui piaceva considerarsi un eletto, "ma è altresì vero che io, Garrick, figlio di Gervaise e nipote di Gerbold Ollivander, credo fermamente che tu non sia chiunque, Hermione, e che in te brilli la fiamma che è necessaria a tutte le missioni: la passione".

Non avrebbe mai pensato, assumendola, di doverla anche aiutare, incoraggiare, supportare. Si aspettava solo di prendere con sè una ragazza desiderosa di affidarsi al sapere di un anziano mentore. Si aspettava di doverla istruire, non di doverla educare. E invece gli era toccato anche quello.

"Sei nata per fare questo mestiere; di rado faccio pronostici sulle persone – preferisco attenermi al mio campo e pronosticare sulle bacchette -, ma, quando li azzardo, difficilmente sbaglio. So che puoi farcela, come so di essere stato troppo e allo stesso tempo troppo poco duro".

"S-signore?" Il volto di Hermione era diventato un gigantesco punto interrogativo. Stava giusto per commuoversi e lui, ovviamente, virava direzione al discorso.

"Voglio dire che ti ho messo fretta senza però darti sufficienti indicazioni su quel che ti apprestavi ad affrontare".

"Lo dice come se mi avesse mandato ad affrontare un drago senza bacchetta" commentò. Ora le sembrava eccessivo dire che non aveva gli strumenti cognitivi per realizzare una bacchetta. Lui le aveva fornito tutte le istruzioni, era stata lei ad aver fallito. La conoscenza che aveva accumulato non le era bastata, ma questo non faceva di Ollivander un cattivo insegnante.

"Darti delle nozioni o delle dimostrazioni non basta, devi sapere di potercela fare, e per questo ho intenzione di andare con calma, passo dopo passo" iniziò a spiegare. "Inizieremo con l'esterno, concentrandoci sul come intagliare il legno grezzo affinché diventi uno strumento; il secondo passo sarà assicurarci di aver selezionato con la massima cura i materiali da usare per il nucleo, e da ultimo ti insegnerò con dovizia di dettagli a fondere i primi due passi nel terzo, che è poi il risultato, il fine ultimo dei tuoi sforzi: la bacchetta. Tutto chiaro?"

Ci aveva pensato tutta la notte, fin dal giorno prima, quando l'aveva vista abbattuta per il fallimento. La colpa, come aveva appena ammesso, non era solo di Hermione, ma anche sua. Aveva date per scontate troppe cose che invece, per quanto Hermione fosse sveglia e preparata, non potevano essere lasciate al caso. Doveva essere più presente come maestro – e come appoggio – e lo sarebbe stato.

Non aveva nessun altro a cui lasciare quel posto e, se non voleva che i maghi e le streghe inglesi, alla sua morte, cominciassero ad uccidersi accidentalmente con le bacchette terribili di Jimmy Kiddle, doveva impegnarsi affinché Hermione divenisse la degna erede dell'impresa Ollivander.

L'alternativa era importare bacchette che non fossero state create in Gran Bretagna, ma Garrick Ollivander avrebbe venduto l'anima al diavolo piuttosto che permettere un simile affrontp alla sua memoria.

No, il suo negozio l'avrebbe portato avanti qualcuno a cui teneva, qualcuno di cui si fidava, qualcuno che avrebbe istuito lui personalmente – e solo una persona rispondeva a una descrizione del genere.

"Tutto chiaro, signore" replicò la ragazza, raccogliendo i ricci ribelli in un comodo quanto disordinato chignon. Notò un sorriso sulle labbra della strega, ora combattiva: la sua apprendista, Hermione Granger, era tornata.







Avevano appena concluso la conversazione quando udirono dei colpi sordi dall'esterno: qualcuno stava bussando alla porta. Le vetrine erano oscurate dall'interno – una fissazione di Ollivander: quando il negozio era in pausa per un qualunque motivo, non gradiva che dall'esterno si potesse spiare l'interno vuoto del negozio. Hermione non aveva mai capito questa mania, ma gliela concedeva, prendendo in considerazione lo smodato attaccamento che lui nutriva per quel posto. Prese posizione dietro al bancone nel momento esatto in cui Ollivander tolse l'incanto oscurante; fu così che vide Fred Weasley all'esterno del negozio. Fu una frazione di secondo: mentre la bacchetta di carpino tra le mani del vecchio si muoveva per sbloccare la porta, Hermione si accucciò sotto il bancone.

"Salve, signore" esordì Fred, leggermente a disagio.

"Salve, signor Weasley" replicò Ollivander, cortese. Hermione pensò di aver fatto un'azione molto stupida ad infilarsi sotto il bancone; Fred avrebbe chiesto dov'era e Ollivander avrebbe risposto che era stata lì fino ad un momento prima, causandole involontariamente una colossale figuraccia.

"Bel tempo, eh?" osservò Fred, in tono casuale.

"E' nuvolo, signor Weasley" gli fece notare Ollivander, impietoso. Volse la testa per gettare una rapida occhiata dietro di sè.

Aveva percepito qualcosa di strano; Fred Weasley era entrato salutando solo lui, ed ora si spiegava il perché: Hermione, un attimo prima ben visibile al bancone, era scomparsa con la velocità di un lampo.

"Già, il tempo è orribile" ammise Fred. "Io stavo cercando..."

"La signorina Granger, suppongo".

Hermione si fece piccola piccola, come spesso capita in situazioni del genere (non che tutti si nascondano sotto al bancone di un bacchettaio, ovviamente!), nella speranza che la situazione volgesse al meglio. Stava già elaborando nella propria mente tre o quattro scuse da propinare sul perché si trovasse lì sotto – scuse che, ovviamente, erano totalmente inutili da rifilare a Fred-re-dei-trucchetti-Weasley.

"Esatto..." La strega percepì una nota di imbarazzo nella conferma da parte di Fred, e la voce di lui, inaspettatamente, le scaldò il cuore. Non sapeva bene perché voleva evitare di incontrarlo; la situazione era sempre più strana, e dopo quello che era successo la sera prima non avrebbe proprio saputo cosa dire. Temeva di non proferire parola o, peggio, di parlare a vanvera. Inoltre non voleva che una conversazione andata male influenzasse il suo pomeriggio di lavoro, dopo tutto ciò che Ollivander le aveva raccomandato. Per il momento, era certa di voler evitare Fred Weasley.

"Siamo coinquilini sa... la cerco per dirle una cosa importante riguardo all'affitto... dobbiamo ancora pagarlo..." mentì con un filo di voce. Hermione aveva il sospetto che l'anziano mago mettesse il più giovane in soggezione. Ad ogni modo, aveva mentito: Hermione pagava sì il fitto a Fred che, però, non aveva nessuno a cui pagare una pigione a sua volta, dal momento che l'appartamento, direttamente collegato ai Tiri Vispi, era di proprietà dei gemelli.

L'avevano comprato insieme al negozio per comodità, nella certezza che fare 'casa e bottega' fosse la cosa migliore per i primi tempi. Solo che George si era accasato, e per Fred quella casa stava acquisendo più valore sentimentale di quanto non fosse lecito.

Vi fu un breve silenzio; Hermione aspettava di essere smascherata da un momento all'altro, ma non avvenne.

"La signorina Granger purtroppo non è qui" dichiarò Ollivander, con totale convinzione. Se Hermione non fosse stata lì dentro, il tono sicuro del vecchio avrebbe persuaso anche lei."L'ho mandata a fare alcune commissioni per mio conto; è la mia apprendista, dopotutto".

"Cosa? Oh, ma certo" blaterò l'altro, un po' deluso. "Ma lei non..." Stava per attaccare con un'altra domanda, ma Ollivander lo battè sul campo cominciando a cianciare di bacchette – che poi era ciò che sapeva fare meglio.

"La mia bacchetta di carpino" disse rigirandosela tra le dita, "non è in gran forma, vero?" Fred le gettò un'occhiata disinteressata, per pura cortesia.

"Mi sembra sia a posto" buttò lì, senza sapere come replicare. Era totalmente ignaro di cosa potesse rendere una bacchetta 'non in gran forma', e di come riconoscere i sintomi.

"E il suo peccio? Lo tratta con cura spero..." domandò Garrick con tono autoritario. Hermione sapeva cosa stava facendo: voleva stancare Fred e cacciarlo dal negozio il più in fretta possibile.

"Lui è, ehm, in ottima salute" replicò stranito. Di sicuro non era la conversazione che si era preparato a sostenere quando era entrato nella bottega, ma dovette capire che, per il momento, era opportuno ritirarsi in buon ordine.

"D'accordo" tossicchiò. "Credo che ripasserò. Buona giornata signore".

Un secondo dopo, Hermione udì di nuovo il campanello tintinnare e il rumore della porta sbattuta, e decise di essere abbastanza al sicuro da potersi rialzare.

La prima cosa che vide, una volta fuoriuscita dalla sua tana, fu il volto livido e perplesso di Ollivander. Ancor più che seccato – e lo era profondamente -, appariva meravigliato. Hermione glielo fece notare immediatamente.

"Sono meravigliato da me stesso" ammise. "Di solito non mento, e non mi piace coprire le persone che si nascondono per motivi che non conosco" – e qui Hermione tentò di parlare – "e che non voglio conoscere" aggiunse l'uomo.

"Signore, mi spiace, è stata una mossa davvero stupida, ma è stato più forte di me. E poi, una volta accucciata, non potevo far altro che sperare che lei mi coprisse. Come ha fatto a capire?"

"Che non volevi parlargli?!" domandò retoricamente. "Stavamo parlando e quando mi sono girato non ti ho vista; sapevo che non potevi non esserci, e così ho dedotto che semplicemente non volessi farti trovare. È palese che non te la senta di parlare al signor Weasley".

"Non conosco le tue ragioni, come ho detto e, soprattutto, non voglio conoscerle; spero solo che le tue faccende personali non interferiscano mai con il nostro lavoro, e con questo considero chiuso l'incidente".

Hermione non riusciva a credere a tanta fortuna. Era uscita incolume da quella che si prospettava come una ramanzina coi fiocchi e poi era stata coperta dal suo capo, che l'aveva tenuta nascosta senza neppure chiederle conto di nulla.





Ollivander dette a Hermione una serie di compiti da svolgere mentre lui preparava un 'piano di battaglia' – così l'aveva chiamato – e decideva da dove iniziare a massacrarla con il suo nuovo 'programma intensivo'. Hermione sperava solo non fosse qualcosa di eccessivamente sfinente – volitiva e carica sì, ma non al punto da volersi autodistruggere. Lei, nel frattempo, ripensava alla visita di Fred.

Era andato lì per parlarle della sera prima? Certo che sì! Cosa voleva dirle? Che era stato un errore, un azzardo, o che non ne poteva più dei suoi bruschi cambiamenti e doveva decidersi – queste erano le parole che aveva usato l'ultima volta.

Senza dubbio valide argomentazioni; ed Hermione non aveva delle controargomentazioni tanto buone, purtroppo. Ad ogni modo, per il momento era riuscita ad evitare un sano confronto, da persona adulta e matura qual' era.

Non ebbe molto tempo per rifletterci, comunque. Ollivander pareva essere stato preso da una bizzarra frenesia; si aggirava per il negozio come un calabrone in volo e borbottava tra sè e sè senza che Hermione riuscisse a capire una sola sillaba.

"Dunque!" Il flusso dei pensieri della ragazza si bloccò di colpo – insieme al suo respiro. L'uomo le era sbucato di colpo dietro le spalle, mentre era sovrapensiero.

"Mi ha fatto prendere un colpo!"squittì.

"Mi rincresce" replicò formale, ma niente affatto dispiaciuto. "Ho deciso che inizieremo con l'intaglio" annunciò.

"L'ha già detto, signore" sbuffò Hermione.

"Oh, giusto" replicò distrattamente.

"E' certo di sentirsi bene?" domandò. "Senza offesa, mi ricorda vagamente il professor Allock dopo il suo auto-incantesimo di memoria" commentò. Ricordava ancora quando, al San Mungo, aveva visto gli effetti di quel capolavoro che era stato l'Oblivion di Allock su se stesso.*

"Mi sento piuttosto bene, grazie" scattò lui. Poi tirò fuori l'orologio da taschino in oro massiccio che portava nel panciotto. Sembrava pensare che fossero fuori tempo massimo per qualcosa. E infatti disse:

"Siamo in ritardo sulla tabella di marcia". Hermione lo guardò aggrottando la fronte.

"Quale tabella di marcia, signore?"

"Quella che ho appena ideato e di cui non ho intenzione di metterti a parte".

"Non avevo dubbi..." La vena di sarcastica rassegnazione nel tono della ragazza era talmente evidente che persino Luna Lovegood sarebbe riuscita a coglierla. E Luna non coglieva mai il sarcasmo.

A proposito di Luna, Hermione non si era comportata bene negli ultimi tempi. L'amica le aveva scritto il giorno prima e lei non aveva ancora aperto la lettera. Era indubbio che fosse, ultimamente, molto impegnata. Ma anche Luna avrebbe potuto rivendicarlo: era una stimata naturalista del Mondo Magico e stava per sposarsi con Rolf, nipote del magizoologo Newt Scamander, che svolgeva la stessa professione di suo nonno.

Insomma, Luna aveva sicuramente molti impegni, eppure aveva trovato il tempo di inviarle un gufo... e Hermione non si era neppure curata di aprire la busta e scoprirne il contenuto.

Stava giusto riflettendo sul suo pessimo comportamento in fatto di relazioni interpersonali, quando udì nuovamente il trillo del campanello. Pregò ché non fosse di nuovo Fred, perché stavolta non avrebbe fatto in tempo a nascondersi. Rimase perciò dritta e salda sui piedi, dietro il bancone, in attesa che entrasse qualcuno.

Riconobbe subito l'andatura dinoccolata e l'aria svagata dell'amica. I capelli biondo sporco, lunghi fino alla cintola, e gli orecchini a forma di cavalluccio marino rendevano unica quella ragazza pallida ed eterea. Luna Lovegood in carne ed ossa era nel negozio di Ollivander. Aveva un atteggiamento spensierato e una brutta cicatrice alla mano – segno, pensò Hermione, che aveva aiutato Xenophilius, il padre, ad estrarre i baccelli dalle sue piante di Pugnacio. Hermione continuava a ritenerla un'attività ad alto rischio, ma nessuno in quella famiglia sembrava curarsene. Sperava solo che il futuro sposo fosse leggermente più assennato di Luna, o la loro nuova casa sarebbe esplosa ancor prima che potessero porre all'esterno un tappeto di benvenuto.

"Buongiorno signor Ollivander" esordì cortese, "e buongiorno Hermione". Il primo le fece un gran sorriso, coprendo con la propria voce il tentativo di Hermione di salutarla a sua volta.

"Luna, che piacere averti qui!" esclamò gioviale. "Non hai problemi con la tua bacchetta vero? Perché non ci metto niente a sistemarla in quattro e quattr'otto..." si offrì. Con Luna, magicamente, egli era tutto zucchero e premure. La ragazza gli fece un sorriso e declinò l'offerta; la sua bacchetta non aveva niente che non andasse, e lei era lì per porgere i più sentiti omaggi ma anche per parlare con Hermione.

"Con me?"

"Con te, proprio". Il tono di Luna era più che serio. "Mio padre mi ha detto di dirti che quel suo amico editore gli ha detto che il proprietario di una libreria gli ha detto che sarebbe disposto ad un incontro pubblico" spiegò d'un fiato. "Non è magnifico?"

"Ne sarei certa" replicò Hermione confusa. "Se solo avessi compreso una sola delle parole che hai appena pronunciato".

Luna parve lievemente seccata che Hermione non capisse al volo l'opportunità che – evidentemente – la entusiasmava tanto.

"L'editore che ha comprato la tua traduzione dice che le prime copie hanno venduto; dunque vuole lanciarla per bene sul mercato facendo una presentazione come si deve, in libreria!" Ora la cosa era decisamente più chiara per Hermione. Il libro non solo andava bene, ma l'editore aveva deciso di investirci pubblicizzandolo maggiormente. Un vecchio libro di fiabe magiche, tradotte dalle Antiche Rune da una dei salvatori del Mondo Magico, con il commento del compianto e stimato professor Silente: era intuibile il perché entusiasmasse così tanto il pubblico. Per la casa editrice, poi, era tutta visibilità.

"Ottimo, ma io che c'entro?" domandò perplessa.

"Sei la persona che ha tradotto e adattato le Rune Antiche, oltre che una personalità di spicco, quindi non puoi mancare!" disse perentoria. Non aveva l'aria di qualcuno che si può facilmente mettere a tacere, ma allo stesso tempo sfoggiava un tono quasi casuale. Come se ogni parola da lei pronunciata fosse esattamente lì dove doveva essere. Hermione odiava questa caratteristica di Luna; le dava sempre la sensazione di essere, in un certo senso, manipolata. Insomma, ogni volta che la sentiva parlare, anche a lei certe cose iniziavano ad apparire ovvie, come se non si potesse fare altrimenti. Luna era convincente e frustrante al tempo stesso. Hermione decise che avrebbe rinunciato in partenza a qualsiasi forma di protesta. Gli occhi chiari e gioviali dell'amica sconsigliavano caldamente questa opzione.

"D'accordo, verrò. A condizione che non tocchi a me presentare il libro; dirò al massimo qualche parola sulle note di traduzione".

Come no, Hermione!, pensò. Di certo ti farai prendere la mano e parlerai di Silente e degli appunti.

Leggere le note, che Silente aveva lasciato per le cinque fiabe presenti all'interno del volume, l'aveva toccata. Dopo la prima volta, naturalmente, ne aveva replicata la lettura in più occasioni.

"Oh, papà ne sarà entusiasta: vado subito a dargli la notizia!" esclamò Luna. Baciò il signor Ollivander sulla guancia e lo invitò a presenziare all'occasione. Lui si schernì dicendo di essere troppo anziano per eventi pubblici, ma infine acconsentì. Non era ancora decisa una data, ma sarebbe stato presto – in settimana, probabilmente – , e lei stessa avrebbe inviato un gufo a Hermione.

Ollivander, con sempre maggiore sorpresa di Hermione, non era minimamente capace di rifiutare alcunché a Luna Lovegood. Dovevano aver passato dei momenti terribili nei sotterranei di Villa Malfoy, per esserne usciti così uniti.

Del resto, anche lei aveva potuto 'ammirare' il potere lugubre e negativo di quel posto durante la Seconda Guerra Magica.

Luna salutò allegramente e uscì dal negozio, pronta a fare una bella passeggiata a Diagon Alley.

"Non mi avevi detto del libro" bofonchiò Ollivander.

"Sono certa di averlo fatto" replicò Hermione, convinta.

"Non so, e non credo neppure mi avresti invitato".

"L'avrei fatto certamente, invece" ribattè piccata. "Piuttosto, non so se lei, da me, avrebbe accettato l'invito..." Con questo, aveva lanciato una frecciatina.

Non che fosse gelosa del rapporto tra Ollivander e Luna, ma quel vecchietto era il suo vecchietto – mentore, maestro, amico – e nessuno, neppure Luna, aveva il permesso di essere da lui tenuta in maggior considerazione rispetto a Hermione.

"Oh coraggio, sei sempre tu la mia apprendista preferita" sogghignò.

"Sono l'unica!" sbuffò lei, facendolo ridere di gusto.

Si mise poi a smistare i legni utili, dividendoli da rami che aveva raccolto lei stessa ma che, comunque, le sembravano inutilizzabili al fine di costruire una buona bacchetta. Non importava la forma – aveva visto moltissime bacchette intagliate in forme appositamente rozze, create per seguire la corrente di magia che c'era nel legno stesso -, bensì l'energia che si percepiva direttamente dal legno (oltre alla robustezza, verificata da uno scrupoloso controllo). In quelli che al momento tutti avrebbero visto come 'tocchi di legno', Hermione vedeva qualcosa che avrebbe imparato a controllare e scolpire e intagliare finché tra l'esterno e il nucleo della bacchetta non ci fosse stato totale accordo. Tutto questo, si disse, sarebbe venuto da sè, con impegno e dedizione. Passo dopo passo.








Chiuse la porta lasciandosi quel mondo polveroso e magnifico alle spalle, decisa a non pensare a nulla che potesse turbarla. Doveva restare concentrata per tutto il tempo, l'aveva stabilito con se stessa. Non si sarebbe lasciata sviare da niente e da nessuno finché non avesse raggiunto l'obiettivo: la bacchetta perfetta.

In giornata aveva evitato di ritentare, per rispetto all'accordo con il bacchettaio, ovvero di procedere passo dopo passo. Era certa che, come le aveva assicurato anche Ollivander, avrebbe combinato un altro disastro. Tra le prime qualità che Garrick le aveva richiesto, quando l'aveva assunta, c'era anche e soprattutto la pazienza, indispensabile per una ragazza che vuole cimentarsi con l'Arte delle Bacchette. Ne avrebbe avuta e, un giorno o l'altro, avrebbe ottenuto i frutti di quella semina. Anche le sue mani, come quelle di Ollivander, avrebbero creato un oggetto ad alto potenziale magico, disvelandolo da un banale ciocco di legno. Anche le sue, di mani, avrebbero agilmente intagliato ed intarsiato con minuzia maniacale ottenendo una bacchetta – possibilmente funzionante.

Prima che uscisse dal negozio, Ollivander l'aveva guardata negli occhi e le aveva detto che non importava quanto tempo ci avrebbe messo ad imparare, sarebbe stato tempo ben speso.

La guardò uscire e si avvicinò alla vetrina per seguirla con lo sguardo. Si stava allontanando a piccoli passi, e Garrick non potè fare a meno di gioire per averla trovata. Perché in lei aveva visto lo scintillio della fiamma che ardeva nei suoi occhi, il desiderio profondo di arrivare a conoscere l'arte delle bacchette bene quanto lui.

E, benché non l'avrebbe ammesso per mille galeoni, era certo che, con un po' d'aiuto, Hermione Granger ce l'avrebbe fatta. Sarebbe stata sua pari, un giorno; e l'avrebbe anche superato – come ogni bravo allievo fa col proprio maestro, e come Garrick stesso aveva fatto, molto tempo addietro, con il padre. Per ora, era necessario solo istruire e incoraggiare, il tempo e l'abilità avrebbero fatto il resto.







Hermione aveva pensato di fare un' improvvisata a Grimmauld Place, perché le mancavano Harry e Ginny e perché non aveva il coraggio di andare a casa e affrontare la situazione con Fred.

Giorni prima, se ben ricordava, Ginny le aveva proposto una cena insieme durante la settimana. Autoinvitarsi le sarebbe parso scortese con chiunque, ma non con i Potter – che tra l'altro avevano già fatto pace.

Ci sarebbero rimasti assai male se avessero saputo che Hermione si faceva di questi scrupoli, perciò aveva tutte le intenzioni di invitarsi a cenare da loro.

A Fred, ammesso e non concesso che fosse in casa, avrebbe detto che aveva precedentemente preso impegno con sua sorella e Harry.

Tuffò la mano destra nella borsa nella speranza di trovare il cellulare al primo colpo e, quando l'ebbe in pugno, si affrettò a chiamare Harry. Non era spento nè occupato, il che era già un segno positivo. Almeno era certa che non avrebbero dovuto comunicare via gufo. Improvvisamente udì la voce di Harry dall'altra parte.

"Harry!"esclamò, "Mi chiedevo se tu e Ginny aveste impegni stasera, o se posso passare per un saluto..." buttò lì. Sperava proprio di vederli.

"Ma certo che puoi; ci sono altri amici qui con noi, ma non credo sarà un problema, ti aspetto tra cinque minuti, hai il mio permesso di materializzarti direttamente in casa – non lo troverò irriverente".*

Hermione rise sentendolo riattaccare e si dispose a Smaterializzarsi.

Ombrello appeso al braccio, cappello e cappotto addosso, stivaletti comodi ai piedi e, nella sua magica borsa a perline, qualche campione di bacchetta che aveva portato via dal negozio per analizzarla meglio. Si diede un'ultima occhiata intorno e poi, volteggiando su se stessa, scomparve con un sonoro 'pop'.






L'entrata in scena da Harry fu un po' rumorosa. Hermione veva avuto il permesso di Materializzarsi in casa, anzichè fuori, ma sbagliò di poco la mira e, invece dell'ingresso, atterrò al centro della camera da pranzo, accerchiata dagli altri ospiti della serata, quelli che Harry aveva definito 'altri pochi amici'.

Non sono, pensò Hermione, poi tanto pochi.

Prima di raggiungere Ginny, accucciata davanti al camino, dovette salutare Neville e la sua ragazza, Hannah Abbott. Rolf e Luna, eccentrica come sempre, le tributarono mille onori. Notò una nutrita schiera di ex Grifondoro ora cacciatrici delle Holyhead Harpies insieme a Ginevra, tra cui Angelina, Alicia Spinnett e Katie Bell. Salutò tutte sbirciando verso Ginny dall'altra parte della stanza, ancora accucciata, evidentemente intenta a parlare con qualcuno via camino. Avvertì un certo terrore pervaderle le viscere quando vide George Weasley entrare in sala da pranzo, forse di ritorno dalla toilette. Sentiva di voler raggiungere al più presto Ginny, ma fu intercettata da George che le circondò le spalle con un braccio, per segnalarle che non sarebbe fuggita tanto presto. Il timore che volesse torchiarla ben bene si fece largo nelle pieghe della sua mente, e la strega cominciò a frugarvi in cerca di un modo per liberarsi di George.

"Harry non mi aveva detto che era un party" buttò lì. "Sarei senz'altro ripassata". George mise su un mezzo sorriso.

"Ma come! È anche per te: l'ha organizzato Luna..." Hermione non era certa di essere tanto acuta da poter comprendere i nessi logici alla base delle azioni di Luna – a dire il vero, non ne era mai stata capace.

Ad ogni modo, la sua più grande preoccupazione al momento era raggiungere Ginny che ancora discuteva animatamente con i tizzoni ardenti nel caminetto.

"Con chi parla Ginny?" chiese, presagendo qualcosa di orribile.

"Tenta di convincere qualcuno a venire al party..." Lo disse facendole il verso.

Una parte di lei, l'inconscio, era certa di conoscere l'identità dell'interlocutore, benché sperasse di sbagliarsi. La sola persona la cui mancanza fosse, a colpo d'occhio, evidente. O forse era lei a notarla.

"Ginny sembra metterci molto impegno".

"Oh sì, è pur sempre nostro fratello" replicò.

"Bill?" chiese. George scosse la testa.

"Ron?" George agitò l'indice destro, negando nuovamente.

"Ritenta" le disse con un sorriso sornione.

"Fred..." Era una constatazione, più che una domanda; tanto che George si limitò a un cenno affermativo, senza neppure prendersi la briga di dire due parole in proposito a quella tragedia. Sì, perché rivederlo lì, ora, in mezzo a tante persone amiche, proprio quando si era data tanta pena per evitarlo, le sembrava una tragedia irrisolvibile, opera del destino. Era una bambina, ecco cosa. Si sentiva una bambina, pronta per giocare a nascondino sotto il bancone della bottega ma non per parlare con una delle persone a lei più care. Sei patetica, Hermione Granger.

George continuava a fissarla senza proferire verbo; non per la prima volta Hermione si chiese quanti e quali particolari della storia conoscesse, perché sul fatto che Fred lo avesse informato non vi erano ormai dubbi.

Ad un certo punto, presa nei suoi pensieri, notò uno sbuffo di fumo e di ceneri provenire dal camino, dal quale uscì un uomo alto con i capelli rossi e il viso fin troppo familiare. Era proprio l'idea di famiglia che le evocava a metterla tanto a disagio – oltre a tutto il resto, certo.

Le sue peggiori paure erano appena divenute realtà, uscite in carne ed ossa dal camino di Harry Potter. Evidentemente Ginny aveva utilizzato le giuste argomentazioni per convincere un giovane annoiato a recarsi in Grimmaud Place. Quello che Hermione non avrebbe mai saputo è che lei stessa era stata l'esca per intrappolare Fred.

Ginny, dopo averle provate tutte, si era accidentalmente lasciata sfuggire il nome di Hermione; Fred, in un attimo, era saltato fuori dal camino – senza curarsi di stare avvalorando, con un simile comportamento, l'ipotesi che la sorellina aveva formulato sui sentimenti che quello zuccone nutriva per la Granger.

Hermione non sapeva che fare; quella mattina a nasconderla ci aveva pensato Ollivander, ma adesso si sentiva in 'campo aperto'; aveva davvero poche possibilità di affrontare l'incontro. Una di queste possibilità le andò a sbattere addosso con nonchalance, benché solitamente sfoggiasse movenze molto più aggraziate.

"Luna!" esclamò Hermione, sentendosi trascinare per un braccio poco più in là. Era sorpresa di vederla così entusiasta. Sembrava che per lei il Natale fosse già lì.

"Hanno fissato la data della presentazione al Ghirigoro!" annunciò, battendo piano le mani. Hermione non avrebbe mai smesso di ammirare Luna per quel suo continuo moto di sorpresa, come se la vita la cogliesse sempre impreparata. Per anni l'aveva considerata una debolezza, mentre ora era certa fosse quella la forza di Luna Lovegood.

"Sabato alle 17:oo; benché mi scombussoli l'orario della scelta dei bicchieri". Hermione comprese che doveva riferirsi al servizio di bicchieri per il matrimonio con Rolf; non avevano ancora fissato una data, ma sembrava stessero facendo le cose per bene. Probabilmente si sarebbero sposati in estate.

"D'accordo" rispose. "Tu ci sarai?".

"Naturalmete! Io svolgo le pubbliche relazioni per conto della casa editrice; papà ci sarà in quanto promotore e ideatore del progetto e tu, ovviamente, in qualità di talentuosa traduttrice delle fiabe" flautò, spiegandolo come se stesse mettendo in prosa una cantilena – questo era il motivo per cui ogni volta che parlava con Luna Hermione aveva sempre la sensazione di aver perso un pezzo del discorso. Hermione stava già per dirle che non aveva intenzione di stare troppo sotto i riflettori, ma Luna, come se le avesse letto nel pensiero, la interruppe.

"Non dovrai fare altro che rispondere alle mie domande, sono pagata per questo. Io intervisto, tu rispondi e spieghi il metodo di traduzione e il perché è vitale aver ritrovato gli appunti di Silente, eccetera eccetera..." E continuò a blaterare per un po', mentre Hermione tentava di ricordare dove aveva messo gli appunti di Silente che Xenophilius le aveva inviato qualche tempo prima. Li aveva letti da cima a fondo ed era rimasta affascinata dalla cura e dalla minuzia che Albus Silente aveva messo nell'analisi di quelle che, ai più, sarebbero apparse solo come fiabe.

"Ovviamente" riprese Luna, distogliendola dai propri pensieri, "ci sarà la stampa Hermione..." Il tono non era dei più rosei; si vedeva chiaramente che non lo riteneva un argometo felice da trattare con lei.

"Ma" proseguì, "dubito che ti serva una mano; puoi cavartela benissimo con quelle belve assetate di sangue" disse ridacchiando.

Poi le scoccò un bacio sulla guancia e si allontanò con aria sognante per raggiungere Rolf in fondo all'enorme salone. Il secondo salone del piano terra di casa Potter, quasi sempre inutilizzato. Di solito la casa era fin troppo tranquilla; e le zone più trafficate erano il piccolo salotto al piano terra, la cucina, la zona notte di sopra e i bagni.

"Sei spaesata?" chiese una voce familiare. Hermione si girò e sorrise incontrando l'occhialuto sguardo verde di Harry Potter.

"No, sto bene. È stata una giornata stancante".

"Mi spiace" sospirò Harry, guardandosi intorno. "E' stata un'idea di Luna; anzi, un improvviso lampo di genio, come l'ha definito Rolf..." Harry aveva l'aria perplessa. "Ha detto che per fare promozione all'evento di sabato si poteva cominciare dagli amici più intimi a spargere la voce".

Hermione sorrise all'espressione distrutta del mago. Probabilmente tornava da una giornata sfiancante al Ministero e, sicuramente, la vita da Auror non era una passeggiata. Ne capiva lo stress, dopo aver condotto per anni la vita da Indicibile, ed era sempre più sicura di non avere rimpianti.

"Stanco?" Era una domanda di cortesia, ma dalla risposta scontata. Infatti Harry si limitò a fare un cenno affermativo muovendo la testa su e giù, per risparmiare fiato.

"Il Ministero della Magia regala soddisfazioni in proporzione a quante energie toglie" disse invece, sicuro che l'amica potesse capire.

"Me lo ricordo bene" replicò Hermione.

"Mi hai lasciato solo" constatò Harry tristemente.

"Per te è diverso; sei nato per essere Auror: tempo qualche anno e sarai capo del Dipartimento, non ci sono dubbi". Harry liquidò la faccenda con uno sbuffo.*

"Il famoso Harry Potter porterebbe visibilità alla sezione... certo!"

"No, il famoso Harry Potter sa bene di essere un ragazzo competente e preparato più di tutti gli altri suoi colleghi messi insieme" precisò l'amica. "Hai la reputazione e io non lo nego, ma tu non puoi negare di avere talento".

Harry non disse nulla, ma la ringraziò con un sorriso. Nel frattempo, alle loro spalle, nascosto da un gruppetto di gente intenta a parlottare con un quadro appeso alla parete, c'era Fred Weasley. Non voleva certo origliare, stava solo aspettando il momento in cui Hermione si sarebbe liberata e – a quel punto – non gli sarebbe sfuggita ancora. Aveva capito che stava deliberatamente cercando di evitarlo.

"Sai" disse ancora Harry, "ogni volta che noi tre – io te e Ron, voglio dire – eravamo in difficoltà, ho sempre pensato 'Hermione avrà qualcosa, troverà un modo per uscire da questa situazione'. Avevo cieca fiducia in te, perché se c'è qualcuno che ha talento, sei tu. Quindi goditela un po': c'è mezza Diagon Alley – la parte giovane, ovviamente; non avremmo potuto invitare Madama McClan o Ollivander" disse ridendo. Indicò qualche persona, e Hermione scorse anche gli assistenti dei Tiri Vispi Weasley, Verity e Jack, accompagnati dalla sua gelataia preferita... Sally Fortebraccio. Sperò solo che Fred e lei non fossero venuti insieme come coppia, ma a quanto sapeva, avevano rotto. L'avrebbe imbarazzata non podo, dopo l'intenso bacio della sera prima. Smise di rimuginare e riprese a guardarsi intorno.

Era davvero un mucchio di persone, ma forse Luna aveva ragione: bastava cominciare per far sì che al Ghirigoro fosse assicurata almeno qualche presenza. Aveva fatto le cose per bene; c'erano persino dei volantini sui quali aveva vergato luogo e data della presentazione, e ne aveva consegnato uno a ciascun ospite.

"Non mi avevi detto nulla" udì una voce alle proprie spalle. In un attimo Harry fu chiamato da Katie Bell e sparì, lasciando Hermione sola con Fred Weasley.

"Ehy" salutò Fred.

"Ehy" lo imitò Hermione.

La tensione tra i due era tanto palpabile e concreta che si sarebbe potuta tagliare con un' acetta. Come sempre, del resto.

Dove erano finiti i loro momenti rilassati? Belli e basta, senza che il relax venisse automaticamente rovinato dal resto, dalla situazione, da loro stessi.

"Bell'idea no?" ruppe il ghiaccio Hermione, alludendo alla festa improvvisata da Luna. Fred sembrava distratto da qualcosa; piuttosto che interessato sulle sue parole lo vedeva concentrato a fissare gli occhi su di lei – e questo non era assolutamente tollerabile. Quegli occhi e le loro iridi di un castano che sfumava nel marrone chiaro in più punti; quegli occhi e le loro pupille che si dilatavano ogni volta che Fred posava lo sguardo su Hermione. Si riscosse e tentò di imbastire una conversazione. Si schiarì la gola, sperando che lui parlasse per primo, come infatti accadde.

"Allora, come va la faccenda delle bacchette?"chiese distrattamente.

"Sto continuando a lavorare per bene sull'esterno delle bacchette, non ho tempo nemmeno di allacciarmi le scarpe; però sono a buon punto, mi sono persino rimessa a studiare daccapo sui tomi che avevo un po' accantonato".

"Tu pensa! Chi l'avrebbe mai detto!" replicò con palese ironia. Hermione sorrise: non si sarebbe mai scrollata di dosso la fama di secchiona. Pazienza; avrebbe dovuto stare più attenta nel procurarsela ad Hogwarts. Ormai era decisamente tardi per recriminare. Sperava solo che sabato le servisse almeno a non fare la figura dell'idiota, anche se ci contava poco.

La tensione tra lei e Fred sembrava diminuita, forse perché erano circondati da così tante persone – e in effetti Hermione era sollevata che fosse così. Quando erano soli non erano capaci di fare altro che confondersi le idee a vicenda e cambiare le carte in tavola. La serata fu piacevole, Hermione fu contesa da più persone che volevano sapere qualcosa in più sul suo lavoro, su cosa avrebbe detto alla stampa – e sottesa ad alcuni commenti Hermione aveva anche letto una domanda. Una questione a cui non aveva ancora pensato. Se ne andò nel mezzo della festa, prima che Fred potesse seguirla; sentiva che rientrare a casa insieme avrebbe risollevato la polvere che faticosamente avevano appena spostato sotto il tappeto. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con questa situazione, ma non era nè l'ora nè la giornata adatta. Smaterializzò se stessa e la sua borsa strapiena direttamente in camera propria, decisa a buttarsi subito a letto.

Aveva appena infilato il pigiama con i gufetti quando ne vide apparire uno in carne ed ossa, che picchiettava il becco adunco contro il vetro della finestra. Sapeva esattamente chi fosse il proprietario di quello splendido animale.

L'uccello si appollaiò sulla spalla di Hermione, mentre quest'ultima apriva la missiva che le aveva consegnato.

"Cominciavo a preoccuparmi, Malfoy" sussurrò alla lettera, come se Draco potesse sentire le sue parole. Si sentì molto stupida, ed era la seconda volta che le accadeva in poche ore.



Sparisco per qualche giorno e tu, invece di attendermi trepidante e disperata,

ti metti a frequentare eventi mondani. Così non va Granger!

Ti tengo d'occhio!


D.M.




Anzichè adirarsi perché l'aveva spiata, Hermione si fece una risata. Di norma si sarebbe indispettita, ma era certa che a Draco fosse semplicemente stato riferito e che avesse voluto volgere l'informazione a suo vantaggio, per prendersi gioco di lei.

Oh, ma me la pagherà, pensò sfilandosi le pantofole. C'erano almeno un migliaio di spiegazioni che Draco doveva darle, a partire dai motivi di quella misteriosa sparizione. Guardò il 'postino' prendere il volo nel cielo notturno e si mise a letto con uno dei tomi sull'intaglio delle bacchette.


Quando Fred rincasò, passando davanti alla porta di lei, semiaperta, si rese conto che si era addormentata con il libro addosso. Sorrise, intenerito.

Entrò silenziosamente nella stanza e le tolse il tomo dalla faccia, posandolo sul comodino. Le rimboccò le coperte e andò via in punta di piedi, proprio com'era entrato – escluso il tenero sorriso che gli era rimasto stampato sulla bocca.
































NOTE AL CAPITOLO


1) Harry non è nuovo in questo. Ha già interrotto Fred e Hermione in un momento che sarebbe potuto diventare... intimo, solo perché doveva confidarsi con Hermione e chiedere ospitalità dopo un litigio con Ginny.

2) Nel quinto libro della Saga Harry e gli altri, tra cui Hermione, visitano il signor Weasley al S.Mungo e incontrano anche Allock, vedendo così quali devastanti effetti ha procurato su di lui l'incantesimo di Obliviazione che nel secondo libro egli ha praticato, per errore, su se stesso.

3) Come ho già detto, Materializzarsi in casa di qualcuno è visto, nel mondo magico, come segno di maleducazione e mancanza di buone maniere.

4) Effettivamente, stando alle dichiarazioni della Row, se non erro Harry diventa Capo Auror nel 2005.




ANGOLO AUTRICE


Questa storia – e voi che la seguite – mi siete mancate moltissimo. Spero ci sia ancora qualcuno a recensire (perché ho notato con piacere che la lista delle persone che seguono è aumentata). Ringrazio chi mi ha spronato a continuare. E niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Si fa quel che si può! Questa matassa sentimentale ha un inizio e una fine, ma è tosta da sbrogliare. Ma voglio rassicurare chi me l'ha chiesto: non ho intenzione di mollare. La storia avrà la sua fine ;) anche perché è nella mia testa dal momento in cui ho scritto il prologo. A presto e graziee!


  
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