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Autore: _ A r i a    27/08/2017    2 recensioni
{ ultima storia su questo fandom | multipair | linguaggio esplicito, contenuti forti e tematiche delicate | street life!AU }
Jude sente il cuore battergli a mille nel petto, martellargli contro la gabbia toracica con una furia inaudita, mentre l’adrenalina corre lungo le autostrade delle sue vene e i polmoni gli ardono; i polpacci tirano e pulsano a causa dello sforzo fisico, la testa inizia a dolergli e il fiato è già corto, nonostante questo però il ragazzo è felice.
Sì, felice.
Jude sorride, è così elettrizzato che se non avesse una copertura da mantenere si metterebbe ad urlare. La verità è che in quei momenti, quando è in giro con i suoi amici a combinare casini, si sente libero come in poche altre occasioni nella sua vita.
I quattro attraversano un ponte di metallo e i loro passi rimbombano assordanti nella notte.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Caleb/Akio, David/Jiro, Joe/Koujirou, Jude/Yuuto, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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「  Brookline, Boston, 12th June
h. 03:24 p.m. 


Epilogue


«Ecco, e invece questo è il piano superiore!»
Un uomo sulla cinquantina, non particolarmente alto e dalla corporatura robusta, prosegue con passo deciso attraverso un lungo corridoio dalle pareti color crema. La sua voce è squillante, più alta del normale di qualche ottava, forse la visita che ha ricevuto lo entusiasma più di quanto si potesse immaginare.
Alle sue spalle altre due figure lo seguono, quella di un uomo di all’incirca la sua stessa età, alto e dal fisico asciutto, e quella di un giovane, forse più magro del dovuto, mentre la statura è all’incirca nella norma.
«E qui, uhm, che stanze ci sono?» domanda Ray, la coda di cavallo castana che oscilla inquieta. Jude riesce quasi ad intravedere alcuni capelli bianchi, fili d’argento che sembrano scie di stelle rimaste impigliate nella sua chioma; nonostante tutto, non può fare a meno di valutare che non gli stiano affatto male, e che anzi gli donino ancor più fascino di quanto già non ne abbia, ai suoi occhi.
È certo infatti di star osservandolo con sguardo ammirato, per cui spera solo che suo padre non se ne accorga – considerando tuttavia quanto il neo-governatore Sharp sia sempre così concentrato sul suo lavoro anche mentre si occupa d’altro, Jude non può fare a meno di trovare questa possibilità piuttosto remota. Al contrario, se c’è una cosa che ha notato, quella è senza ombra di dubbio l’imbarazzo con cui l’insegnante si sta approcciando alla situazione in cui ora si trovano: in un primo momento Jude aveva creduto che fosse dovuto all’elevato ruolo sociale di suo padre, tuttavia adesso sta cominciando a credere che si tratti di ben altro.
«Le camere da letto – due padronali, tre per gli ospiti – e due bagni. Ah, e lo studiolo, ovviamente» risponde Jude, quasi in automatico. Questo gli fa guadagnare uno sguardo pieno di sollievo da parte di Ray, a cui non può che rispondere con un sorriso sincero.
In quel momento, il telefono del padre del ragazzo inizia a squillare.
«Oh» commenta l’uomo, controllando rapidamente di chi sia il numero che lo sta chiamando «vogliate scusarmi, è il mio ufficio stampa…»
Nemmeno un secondo dopo ha già risposto, mentre comincia ad allontanarsi lungo il corridoio.
Ray si limita ad inarcare le sopracciglia.
«Questo fondamentalmente è il motivo per cui litigavamo di continuo, fino a qualche tempo fa» commenta Jude, con un sospiro stanco.
«Ah, davvero? E io che credevo che fosse perché avevi smesso di frequentare la scuola e te ne andavi in giro con una banda di teppisti…» precisa Ray, senza nascondere il sarcasmo.
Jude si volta a lanciargli un’occhiataccia, tuttavia il professore alza le spalle, rivolgendogli un sorriso irresistibile.
«Allora, che ne dici di mostrarmi la tua stanza?» propone, senza perdere quell’espressione incoraggiante.
Jude, al contrario, non sembra poi così entusiasta.
«Ah, sì. Okay» commenta, con un leggero sbuffo, per poi voltarsi mentre afferra la mano dell’uomo e prosegue attraverso il corridoio.
Ray lo osserva di sottecchi, con un solo sopracciglio inarcato e un sorriso divertito stampato sul volto. Certo che il suo ragazzo è davvero buffo, quando si arrabbia… ciò non toglie tuttavia che resti comunque dolcissimo, per lui.
Nel frattempo Jude continua a trascinarlo, superando in fretta diverse porte. Suo padre è scomparso, probabilmente si è ritirato nello studio. “Poco importa” mormora tra sé il ragazzo.
Decide di arrestarsi solo quando ha ormai raggiunto la fine del corridoio. Abbassa la maniglia della porta alla sua destra con un movimento fluido e naturale, mentre si lascia scivolare all’interno della stanza.
Ray valuta che la tranquillità con cui Jude e suo padre si muovono all’interno di quella casa così immensa gli pare innaturale; d’altronde però, lui è solo alla sua prima visita lì, probabile che ci metterà dei mesi per imparare a muoversi là dentro con almeno un minimo della loro agilità. Anche Jude, che per quasi un anno non ha varcato la soglia dell’abitazione, cammina con una sicurezza disarmante, mentre se pensa ai propri passi li trova così goffi e impacciati. Evidentemente, è impossibile dimenticare certe cose, dopo che le si ha imparate, anche a distanza di molto tempo.
In fin dei conti, però, deve ammettere di aver particolarmente apprezzato la sua guida, soprattutto in quest’ultimo tratto in cui sono rimasti da soli, al che decide che Jude si è decisamente guadagnato un premio.
Non appena la porta si chiude alle loro spalle, infatti, Ray fa scattare la chiave all’interno della serratura; un secondo dopo le sue mani sono già sui fianchi del ragazzo, con l’intento di indurlo a voltarsi nella sua direzione.
«Adesso puoi anche smetterla di tenermi il broncio, non me lo merito» gli fa notare, giusto un secondo prima di poggiare le labbra sulle sue.
In un attimo di smarrimento, gli occhi di Jude si dilatano a dismisura, salvo poi chiudersi subito dopo, pronti ad abbandonarsi alle sensazioni piacevoli scaturite da quel bacio. Come ogni altra volta, quel contatto è così dolce e delicato, come petali di rosa umidi di rugiada mattutina che si sfiorano, lentamente.
Si separano appena, le punte dei nasi che si sfiorano, mentre entrambi sorridono, rilassati. Le guance di Jude sono leggermente arrossite, davvero non si aspettava quella dimostrazione d’affetto.
«Ti amo» mormora Ray, accarezzandogli i capelli.
Jude abbassa lo sguardo, in imbarazzo.
«Si può sapere come ti è uscita questa dichiarazione così, all’improvviso?» domanda, le guance ormai irrimediabilmente in fiamme.
«Beh» Ray solleva il volto del ragazzo con l’indice, riempiendogli le guance rossissime e bollenti di baci «non saprei, forse la maglietta che ti sei messo oggi mi ha ispirato.»
In un primo momento, Jude resta nuovamente spiazzato – possibile che quell’uomo debba sempre lasciarlo a corto di parole? – così è costretto ad abbassare lo sguardo. Non ricorda nemmeno come si sia vestito, quel giorno, non ha mai fatto particolarmente caso alla scelta dei propri abiti. Dopotutto, chi l’apprezza lo fa indipendentemente da ciò che ha indosso o meno, no?
Le solite scarpe basse bordeaux da skater, perché le vecchie abitudini sono sempre dure a morire, un bermuda color cachi e una semplicissima t-shirt blu. Continua a non avere idea del perché Ray sia così entusiasta di quella maglietta – forse gli mette in risalto il fisico asciutto? – fino a quando l’uomo non lascia scivolare le dita sul tessuto morbido dell’indumento, all’altezza del petto del ragazzo.
E Jude capisce che è per via della stampa.
Grandi lettere maiuscole, dal carattere leggermente rovinato per conferirvi un aspetto antico e di un bianco accecante, ruotano attorno ad uno stemma cremisi; all’interno di quest’ultimo, fanno bella mostra di sé tre libri, sulle pagine di ognuno dei quali è stata riportata una sillaba della parola latina “veritas”, verità.
«Harvard» commenta Ray, riconoscendo fin troppo bene il simbolo. «Ti piacerebbe andarci?»
Le guance di Jude tornano a tingersi di rosso, bollenti come due piccoli falò accesi nella note.
«A dire la verità non ci ho mai pensato» ammette, abbassando lo sguardo. «Dopotutto, ho ancora due anni per pensarci bene prima di decidere, no?»
Ray gli accarezza le guance ustionanti, un sorriso lieve che gli spunta sulle labbra. Fino al mese precedente non gli sarebbe sembrato possibile essere lì, con il ragazzo che ama, a parlare di quale università avrebbe frequentato in futuro. Con le dita sfiora lievemente la schiena di Jude, sospingendolo con lentezza a distendersi sul letto alle loro spalle.
I loro corpi atterrano sul materasso; entrambi distesi, sono così felici, le labbra di uno nuovamente a pochi centimetri da quelle dell’altro, il che fa sorridere ancora una volta tutti e due.
«Harvard è stata anche la mia università» gli confessa Ray, massaggiando con levità il volto del ragazzo, partendo dalla zona sotto l’occhio sinistro fino ad arrivare alle labbra. Non riuscirà mai a comprendere se lo confondano maggiormente quelle spettacolari iridi rosse oppure le sue labbra morbide. È più probabile che siano entrambe a sconvolgerlo così tanto – o forse anche solo la semplice presenza del ragazzo basta e avanza a mettere fuori gioco anche l’ultimo briciolo della sua razionalità, chi lo sa.
«Ah, davvero?» lo provoca Jude, le labbra che si arricciano per via del piacere che quel massaggio rilassante gli sta infondendo. «Il college dei cervelloni, tipo Mark Zuckerberg e Bill Gates?»
«Già» risponde Ray, ignorando il punzecchiamento, per poi affondare il volto nel collo del ragazzo, così che mentre continua a parlare le sue labbra possano sfiorargli sensualmente la pelle. «Sono sicuro che riusciresti a entrare senza troppi problemi.»
«Io invece ne dubito» ammette Jude con un sospiro, le guance che tornano ad arrossarsi. «Vengono accettate pochissime persone, bisogna avere una media e delle referenze inattaccabili… e dopo tutti i giorni di assenza che ho collezionato quest’anno non so se riuscirò davvero a farcela…»
Ray puntella i gomiti sul materasso, tirandosi appena un po’ più su, così da poter osservare il suo ragazzo negli occhi. Al momento Jude ha un’espressione così affranta da spezzargli il cuore, tuttavia non riesce ad impedire ad un sorriso di spuntare sul proprio volto.
«Jude» lo chiama, quel nome che esce dalle sue labbra con un soffio leggero. Ama il modo in cui le lettere che lo compongono rotolano sulla sua lingua, e poi scivolino giù lungo il palato. «Assieme a tuo padre siamo – faticosamente – riusciti a giustificare la tua lunga assenza dalla scuola a forza di certificati medici. Per fortuna i tuoi voti sono sempre stati altissimi, quindi non hai avuto troppe difficoltà. Abbiamo trascorso praticamente tutto l’ultimo mese sui libri, per cui voglio seriamente sperare che gli sforzi che abbiamo fatto per recuperare in pochi giorni il programma di un anno e per fare verifiche anche a giugno pur di non farti rimandare siano quantomeno valsi a qualcosa.»
Jude abbassa nuovamente lo sguardo, stavolta non per imbarazzo, bensì per riconoscenza.
Notando che il ragazzo si è fatto di colpo cupo, Ray si affretta a sollevargli il volto, rivolgendogli il suo sorriso migliore.
«Ehi… non devi fartene una colpa» lo rassicura, appoggiando dolcemente la fronte sulla sua. «Non era una cosa che rientrava nel tuo controllo, e questo lo sappiamo perfettamente entrambi. Abbiamo ancora due anni molto intensi che ci attendono, vedrai che andrà sempre meglio. Se vuoi uno di questi giorni posso accompagnarti lì, dista solo un’ora di macchina da Boston, e poi credo che ci siano ancora alcuni dei professori che hanno fatto lezione anche a me. Puoi parlarci, se la cosa ti rassicura… vedrai, sono delle persone gentilissime. Poi posso passarti tutti i miei vecchi libri e depliant informativi, li ho conservati nel corso degli anni nella speranza che mi sarebbero tornati uti—»
Ray non fa in tempo a finire la frase, perché Jude gli ha già gettato le braccia al collo, attirandolo ancor più verso di sé. Finisce così con l’affondare il volto all’interno dei capelli cespugliosi del ragazzo, il respiro accelerato che s’infrange contro la nuca del giovane e il cuore che gli batte all’impazzata all’interno della cassa toracica.
«Ti amo» mormora Jude, poco più sotto, la faccia premuta contro la camicia di lino candido di Ray, le guance leggermente arrossate.
«Oh, penso che dei modi per dirmi che stavo parlando troppo tu abbia scelto il migliore.» Ray ridacchia, scompigliando appena i capelli del giovane. «Ad ogni modo ti amo anch’io, Jude. E stai pur certo che non smetterò di farlo se non sarai ammesso ad Harvard. Se smettessi di amare il ragazzo più bello, intelligente e dolce che io abbia mai conosciuto per una sciocchezza del genere sarei assolutamente uno stupido, senza ombra di dubbio.»
«E non è così, dato che sei un secchione.» Jude ride a sua volta, stringendo forte la mano di Ray, che trova abbandonata tra le lenzuola.
«Uh, siamo una coppia di secchioni!» Ray lo abbraccia, facendolo rotolare sul materasso. Inverte rapidamente le posizioni, lasciando appoggiare Jude sul proprio addome, carezzandogli lievemente i fianchi.
Poco dopo il professore gli posa un bacio sulla fronte: nonostante sia piuttosto riluttante ad interrompere il contatto fisico con il corpo del ragazzo, sa bene che un appuntamento li attende.
«Che dici, andiamo?» gli domanda, lasciando strofinare appena le punte dei loro nasi.
Jude si lascia sfuggire un mugolio contrariato, che non può che suscitare ancor di più l’ilarità dell’insegnante.
«Mhh… e va bene, andiamo» acconsente infine, con un ultimo sospiro.
Si lascia tirare su pigramente, per poi avviarsi assieme a Ray verso l’uscio. Entrambi sorridono mentre si prendono per mano, le loro dita che si stringono come nodi indissolubili.


「  Back Bay, Boston, 12th June
h. 05:02 p.m. 


Piedi candidi di fata calpestano lievi l’arena.
Il vento riempie l’aria dell’odore della salsedine e fa ondeggiare a lunga chioma violacea di Camelia con grazia, mentre la ragazza si volta indietro, un sorriso raggiante ad illuminarle il volto non appena gli occhi si posano sul ragazzo alle sue spalle.
Caleb la segue a qualche passo di distanza, quasi con reverenza. Più guarda la sua fidanzata e più si convince d’aver incontrato il suo angelo custode, con quella pelle eterea e il sorriso scintillante.
Se solo pensa che per un motivo così banale abbia rischiato di non vederla più per almeno vent’anni quasi si sente soffocare.
Quando aveva visto un avvocato entrare nella cella in cui l’avevano rinchiuso il suo primo pensiero era stato quello di aver avuto un’allucinazione. Lui non aveva soldi per permettersi di pagare qualcuno bravo che lo difendesse, perciò la contea avrebbe dovuto affidargliene uno d’ufficio, quel genere di consulenti che non s’impegnano mai troppo per far valere i tuoi diritti, perché d’altronde è lo stato a retribuirli, per cui in fin dei conti mandare un delinquente in più in carcere sarebbe stato quasi un ricambio del favore da parte dell’avvocato. Soldi per carcerati, insomma, nonostante il sovraffollamento degli istituti di detenzione americani.
Poi, però, l’aveva osservato meglio: completo gessato, cartellina professionale… no, quello non era uno dei soliti avvocati d’ufficio. Qualcuno doveva aver pagato la parcella – e anche piuttosto alta, tra l’altro – al posto suo, solo che proprio non era riuscito a immaginare chi potesse essere stato. Era passato troppo poco tempo, neanche con tutte le belle parole del mondo Jude sarebbe riuscito a convincere suo padre, per cui l’aveva escluso a prescindere. Solo che, arrivato a quel punto, non gli erano più venuti alla mente nomi di persone che avrebbero potuto volerlo aiutare e in possesso di una cifra di denaro così alta. Così era arrivato alla conclusione che scoprire chi fosse il suo benefattore non fosse poi così importante: era stanco, non aveva voglia di spremere ulteriormente le sue meningi. Nel giro di poche ore quel tizio elegante l’aveva tirato fuori di lì, per cui il resto non era poi così importante.
Certo, gli aveva scucito il nome del suo spacciatore, tuttavia il pensiero di deludere ancor di più Camelia lo logorava, così aveva preferito ricorrere a tale bassezza, piuttosto che finire in galera. Non che non ci avesse pensato parecchio, prima di dirglielo: in fondo, gli era costato parecchio tradire la fiducia di quel ragazzo, che ormai considerava come un fratello. Hector era nato in una regione dimenticata dell’Africa, e si era trasferito assieme ai suoi genitori in America quando era ancora molto piccolo. Gli aveva sempre detto di non avere molti ricordi di quel periodo, Caleb però sospettava che fosse per via della droga, che ad ogni assunzione gli aveva cancellato un pezzetto di memoria. I suoi non riuscivano a trovare lavoro, inoltre la famiglia in cui viveva era molto povera, così a dodici anni aveva smesso di andare a scuola, iniziando invece a spacciare stupefacenti. Ormai erano quattro anni che andava avanti così, tra stenti e miseria. Non apprezzava la vita che faceva, però se ne prendeva comunque carico, pur di aiutare i suoi genitori.
Caleb aveva sempre provato una forte empatia per la storia di Hector, forse rivedendo se stesso in più punti, come ad esempio quello di essere cresciuto in una famiglia nient’affatto ricca, ecco perché era andato d’accordo con quel ragazzo dal sorriso gentile fin dal primo momento in cui l’aveva incontrato. Proprio per questo motivo consegnarlo alla giustizia era stato ancor più difficile; il suo avvocato, tuttavia, gli aveva assicurato che non sarebbe finito in carcere: vista la situazione in cui viveva e dato che non era ancora maggiorenne, si era deciso di affidare Hector ad un centro di rieducazione, mentre sarebbero stati inviati dei sostegni economici alla sua famiglia, così da permettere loro di vivere in delle condizioni di vita migliori, e certo non più nella fatica di non riuscire ad arrivare a fine mese. L’avvocato aveva preso a cuore la questione, infatti si era impegnato personalmente per risolverla. Con quella promessa, e con le parole che l’uomo gli aveva rivolto all’inizio del colloquio – “chi mi ha assunto mi ha chiesto di dirti che Camelia ti sta aspettando, fuori di qui” – Caleb si era finalmente deciso a confessare. Poche ore dopo, era stato subito rimesso in libertà.
Camelia allunga una mano nella sua direzione e lui l’afferra prontamente, lasciandosi trascinare verso la riva del mare.
«Glielo dirai, prima o poi?»
Un’onda s’infrange contro lo scoglio su cui si sono accomodati. Ray osserva l’orizzonte, il sole è una sfera infuocata che lentamente scivola verso il basso, affondando nel mare. Le parole di Jude l’hanno colpito: crede di sapere a che cosa si riferisce, prima di rispondergli però ha bisogno che il ragazzo gli confermi i suoi sospetti.
«A che cosa ti riferisci?» gli domanda infatti, le mani premute contro la roccia umida.
Lo sguardo di Jude non segue quello del suo insegnante: al contrario, è fermo sulle figure di Caleb e Camelia che, in lontananza, camminano lievi sulla riva dell’oceano, noncuranti dei flutti che continuano ad arrivare, per poi puntualmente tornare indietro. Hanno dei sorrisi meravigliosi stampati sul volto, Jude spera di poterli vedere così felici per sempre.
«Al fatto che sei stato tu a pagare il suo avvocato» ammette infine il ragazzo, i piedi nudi che dondolano appena giù dallo scoglio, riempiendosi di schizzi di candida spuma marina.
Ray sorride appena: come sospettava, in quel momento i pensieri del ragazzo sono rivolti unicamente al suo migliore amico.    
Rinunciare a tutti quegli stipendi che aveva saggiamente messo da parte in passato, in attesa di poterli adoperare per organizzare una sorpresa a Jude – magari una vacanza insieme, chi lo sa – era stato un bel sacrificio, tuttavia i risultati lo avevano sicuramente ripagato: una volta che Caleb era stato scagionato, infatti, la sua ragazza, Camelia, gli aveva proibito di tornare a far parte di quella banda. Il loro gruppo di teppisti si era così sciolto – scegliere tra il continuo rischio di finire in prigione o l’amore della sua ragazza era stata una decisione piuttosto semplice, per Caleb – e i quattro ragazzi erano così tornati a studiare. La loro amicizia era comunque rimasta salda, certamente tuttavia adesso si trattava di un legame molto più sano e sincero per tutti e quattro i ragazzi.
«Non credo» gli confida infine, spostando lo sguardo in direzione dei due ragazzi, che in lontananza continuano a ridere e scherzare. «Guardali, sono così felici… penso che vivranno benissimo anche senza saperlo.»
«Già.» Jude sorride, stringendogli la mano.
Lo sguardo di Ray si posa sul sorriso lucente di Jude: è strano, non avrebbe mai immaginato di poterlo vedere ancora così felice, dopo così tanto tempo e tutto quello che avevano passato.
Non avrebbe potuto desiderare nulla di diverso, in fin dei conti.
Con una mano gli accarezza lievemente una guancia, attirandolo a voltarsi verso di lui.
«Ti amo» sussurra, delicato, prima di baciarlo lentamente.
Sotto di sé, sente le labbra del ragazzo piegarsi in un sorriso dolcissimo, e sa che non avrebbe potuto sperare in niente di meglio.
«Ehi, piccioncini!» dalla spiaggia, la voce canzonatoria di Caleb li riporta alla realtà. «Avete intenzione di restarvene lì sugli scogli ancora per molto o ci raggiungete? E anche voi… Dio, ci manca poco che vi mettiate a rotolarvi nella sabbia!»
Con questo, lancia uno sguardo in direzione di Joe e David, seduti con le schiene premute contro il muretto che delimita il confine tra la spiaggia e la strada. Alle loro spalle, centinaia di automobili continuano a sfrecciare, noncuranti, mentre i due ragazzi continuano a scambiarsi effusioni.
Alle parole di Caleb, Joe e David sollevano la testa, roteando lo sguardo.
«Non ho capito, quindi tu sei l’unico che può baciarsi in santa pace e basta?» protesta il ragazzo dai capelli turchini, con un borbottio infastidito.
Joe, nel frattempo, ha già cominciato a rialzarsi, e una volta in piedi aiuta David a fare altrettanto. Quest’ultimo si aggrappa alle braccia forti del suo ragazzo come se ne andasse della propria vita, scoppiando a ridere di gusto quando si rende conto che la presa di Joe è davvero troppo potente e ci manca poco che non finisca a volare a mezz’aria.
Mentre i due si affrettano ad avvicinarsi alla riva, Jude e Ray hanno già raggiunto Caleb e Camelia. Ormai, i commenti acidi del castano non spaventano più nessuno: hanno capito infatti che, da quando c’è Camelia, non hanno più nulla da temere, perché quella ragazza fatta di luce porterà sempre il loro amico sulla retta via.
Insieme camminano lungo la spiaggia, mentre il sole tramonta e un nuovo giorno muore.



The end.





Angolo autrice

Lo ammetto, sono io stessa la prima ad essere incredula. Se ci fate caso, sul mio profilo ci sono prevalentemente one-shot, mentre le long sono quasi tutte interattive che non sono mai riuscita a portare a termine a causa della mia incostanza. Per me arrivare alla fine di una long è davvero un grande traguardo, non immaginate quanta gioia mi dia premere il quadratino che indica che la storia è completa.
Se sono arrivata qui lo devo a più di una persona. Il ringraziamento più grande va alla mia beta, Gaia aka Shizuha aka Gagiord, che non ha corretto dei capitoli, bensì dei panfleu. Non so come faccia a non avermi ancora azzannato il collo per tutti i punti che mi dimentico ^^" tornando seri, non ho mai incontrato qualcuno tanto gentile e paziente come lei, ha sempre fatto del suo meglio per aiutarmi con la correzione di questi capitoli e perciò le sono infinitamente grata. Per non parlare dei suoi commenti ai capitoli, senza dubbio tra i più belli ed accurati che io abbia mai ricevuto in vita mia. Grazie, grazie e ancora grazie, amica mia <3
È poi d'uopo per me ringraziare le persone che hanno lasciato una recensione alla mia storia, ossia Happy_Ely, Lila May, White_LF e White Realm. Mi dispiace se a volte non sono riuscita a rispondervi o a trasmettervi la gioia che ho provato nel ricevere i vostri pareri, nel caso ve lo dico qui: pensavo che nessuno si sarebbe filato questa storia, e invece sono felice di essere stata smentita!
Un altro grazie gigante va alle persone che hanno inserito la storia tra le preferite e/o le seguite, in particolare C o c o  e  MartyDevil, che su questo fandom sono sempre state le mie "sostenitrici", per così dire.
Anche se non c'entra molto volevo ringraziare anche le mie amiche/colleghe che mi seguono ormai da mesi come delle ombre su Twitter: non potrei esservi più grata, siete le migliori supporter che si possano desiderare! Siete tante, per cui non posso citarvi tutte (altrimenti le note vengono più lunghe del capitolo, sigh) perciò ho deciso di eleggere a "rappresentanti" Ayumu, _Lady di inchiostro_ e nigatsu no yuki. Siete anche delle autrici fantastiche, perciò continuate così, ragazze!
Ho concluso – stavolta per davvero. Già, perché come ho tenuto a dirvi fin dall'inizio, questa è la mia ultima storia su questo fandom. Ormai qui non mi sento più a casa, perciò sarà meglio levare le tende. Penso che non pubblicherò niente di nuovo per un po', comunque, perché ho in mente un progetto per una nuova long, stavolta sul fandom di Boku no Hero Academia, e temo che quest'ultimo mi porterà via un po' di tempo  – per cui insomma, non preoccupatevi se sparirò per qualche mese, non sono morta, ahah! Starò studiando, o al massimo lavorando a questo nuovo progetto.
Bene, è giunto il momento di partire alla volta di questa avventura: sarete con me?

Aria
   
 
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