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Autore: Ms Mary Santiago    01/09/2017    5 recensioni
[STORIA A OC – Conclusa]
Hogwarts 1944
L’ultimo anno di Tom O. Riddle è destinato a cambiare per sempre la realtà del mondo magico.
L’anno in cui i futuri Mangiamorte cominciarono ad associarsi.
L’anno in cui gli studenti di Hogwarts protestarono contro il terrore Grindelwaldiano.
L’anno in cui bene e male finirono quasi con il combaciare.
Genere: Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Mangiamorte, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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- Questa storia fa parte della serie 'XO XO, Hogwarts with love'
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Epilogo

 

 

 

 

 

 

 

 

12 Giugno 1945
Espresso di Hogwarts

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mi fa uno strano effetto pensare che questa sarà l’ultima volta in cui prenderò l’Espresso – considerò Fleamont, rompendo il silenzio che aleggiava nello scompartimento.

Kara annuì, la testa appoggiata sulla sua spalla.

- Già, ma quest’anno abbiamo dato il meglio di noi. Finalmente abbiamo vinto la Coppa. –

- E io ho vinto te – concluse, accarezzandole il volto, - Personalmente la trovo una vittoria ancora più entusiasmante. –

Minerva sorrise davanti all’espressione imbarazzata dell’amica.

Era venuto il momento di lasciare da soli i piccioncini.

- Vado a cercare il carrello dei dolci, voi volete qualcosa? –

Scossero la testa, continuando a guardarsi negli occhi come se lì dentro fossero già da soli.

Chiuse la porta scorrevole dello scompartimento, percorrendo lo stretto corridoio e facendo una deviazione verso i bagni quando intravide Renford e Katherine che avanzavano nella direzione opposta.

Si appoggiò al bordo del lavandino, fissando il suo riflesso allo specchio.

Contegno, Minerva, contegno.

Trasalì quando la porta alle sue spalle venne aperta e Katherine fece il suo ingresso.

La ragazza sistemò le ciocche castane, portandole sulle spalle e nel farlo la manica della camicia scoprì l’avambraccio sinistro.

Uno strano tatuaggio lampeggiò sulla pelle alabastrina.

Seguendo il suo sguardo, la Nott tirò giù la manica con studiata lentezza, fissandola dritta negli occhi.

- Cos’è, il marchio del fanclub di Riddle? –

Rimase in silenzio, abbozzando un sorrisetto sghembo.

- Siamo cresciuti, Minerva, le cose cambiano e il tempo per i giochi è finito. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lestrange Manor, Costa Azzurra.

5 Luglio, 1950

 

 

 

 

 

Mancavano solo due giorni al matrimonio eppure il manor era letteralmente invaso da preparatori e consulenti matrimoniali esattamente come nei mesi passati.

Si preannunciava il matrimonio del secolo.

Sospirò, afferrando un bicchiere di Whiskey Incendiario e lo sorseggiò con rapidi sorsi.

A quell’ora avrebbe dovuto aver fatto l’abitudine all’idea di diventare un uomo sposato, ma continuava a cacciare l’immagine che si stava profilando nella sua mente.

Supponeva che avrebbe accettato la cosa quando sarebbe ormai stata del tutto inevitabile.

Seduto sulla veranda del Manor, intento ad osservare l’orizzonte, si accorse della presenza di Katherine solo quando la ragazza gli sedette accanto.

- Se vuoi andarla a trovare so dove abita adesso. –

Inarcò un sopracciglio, fingendo che non capisse minimamente a cosa si stesse riferendo.

- Di cosa stai parlando? –

Katherine emise uno sbuffo beffardo, allontanando i capelli dal volto.

Sotto la luce estiva, con il volto leggermente abbronzato e il delicato abito floreale, appariva più giovane e bella del solito.

Qualunque altro ragazzo sarebbe stato più che felice di passare il resto della vita con una moglie come quella nel letto.

- Non provarci nemmeno, Ren. Lo sai benissimo di chi sto parlando e non sei credibile quando fai il finto tonto. –

- Non ha molto senso andarla a trovare, no? Ormai lo saprà che mi sposo. –

Insomma, la notizia era capeggiata su tutti i giornali per giorni interi … avrebbe dovuto vivere sotto una roccia per essere all’oscuro della cosa.

- Non sarebbe male se glielo dicessi, io l’apprezzerei se fossi al suo posto. –

Certo, se fosse stata al suo posto e se avesse mai provato qualcosa per qualcuno che non fosse se stessa.

Del che dubitava seriamente.

Era stato proprio quello a convincerlo a sposarla.

Katherine non lo amava, non lo avrebbe mai amato, e non pretendeva che lui facesse altrettanto.

Per lui era un ottimo matrimonio senza troppe pretese, per lei un modo per avere un marito che non la costringesse a stare chiusa tra quattro mura e le permettesse di coltivare sogni e ambizioni.

- Forse l’andrò a trovare – cedette.

- Sono anni che lo dici, sappiamo entrambi che non lo farai. –

- Che figura avrei fatto se dopo aver annunciato il fidanzamento con te mi avessero visto con un’altra donna? –

Fece spallucce.

- A me non sarebbe importato e gli altri avrebbero tranquillamente potuto pensare quello che volevano. –

- Mia madre mi avrebbe ucciso se avessi scatenato pettegolezzi. –

- La cosa non ti ha mai fermato, mi pare. –

Non voleva sentirla, non gli andava di sentirsi ripetere sempre le stesse cose, non voleva venire a patti con la realtà.

Rivedere Minerva l’avrebbe ucciso.

Si chinò su Katherine, catturando le labbra in un bacio passionale.

La sentì irrigidirsi, sorpresa, prima di ricambiare.

- E questo per cos’era? –

- Dovremo farci l’abitudine, no? –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Plage de Tahiti, Costa azzurra.

7 Luglio, 1950

 

 

 

 

 

Alexandra fu la prima a individuare Alphard e Adhara tra la folla degli invitati.

Tirò Abraxas per la manica dell’elegante completo su misura, indicandoglieli con un cenno del capo.

- Il testimone dello sposo non avrebbe dovuto essere già arrivato da un pezzo? Sono sicura che quello della sposa è stato puntualissimo – lo punzecchiò Adhara, splendida nel suo abito fiordaliso.

Il biondo le rivolse una lieve smorfia, accennando alla ragazza al suo braccio.

- Qualcuno ha deciso di mettersi dei trampoli al posto dei tacchi e non riesce a camminare a una velocità superiore a quella di una lumaca. –

Alexandra gli affibbiò un colpetto al fianco, arricciando le labbra in un’espressione buffa.

- La bellezza richiede tempo e fatica, dovresti saperlo biondastro. –

Attirata da un luccichio sospetto, Adhara le afferrò la mano sinistra.

Un gigantesco diamante era ancorato a un elegante anello di fidanzamento.

Cacciò un piccolo urlo di gioia.

- Quando è successo e perché non me lo hai detto subito? –

La bionda ridacchiò, lasciandosi abbracciare prima dall’amica e poi da Alphard.

- Circa venti minuti fa, si vede che l’aria del matrimonio gli ha dato alla testa. –

- A onor del vero erano mesi che ce l’avevo, ma non ho mai trovato il momento giusto – bofonchiò Abraxas.

- Beh, meglio tardi che mai. –

Improvvisamente tornò seria, puntando lo sguardo su Adhara.

- Hai sentito Minerva? –

L’ex Corvonero scosse la testa.

Aveva provato a contattare l’amica dalla sera precedente, ma Kara aveva risposto tutte le volte e aveva assicurato che quando Minerva si fosse sentita pronta ad abbandonare la sua camera gliel’avrebbe fatto sapere.

A quanto sembrava quel momento non era ancora giunto.

Non che potesse biasimarla, nei suoi panni avrebbe reagito anche peggio.

- Dobbiamo darle del tempo. –

Tossicchiando, Alphard accennò alla sagoma in lontananza che si stava sbracciando verso di loro.

Rookwood e Mulciber, due Serpeverde di un anno più piccoli di loro che da un po’ di tempo avevano cominciato ad orbitare attorno a Tom, facevano loro segno di darsi una mossa.

- Credo che Tom si stia spazientendo – considerò Abraxas.

- E allora diamoci una mossa prima che il testimone più inquietante che una sposa abbia mai avuto cominci seriamente a dare i numeri. Qualche invitato brutalmente assassinato potrebbe raffreddare un po’ i festeggiamenti – scherzò Adhara, prendendo sotto braccio il suo ragazzo e incamminandosi sulle dune sabbiose della Plage.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Malfoy Manor, Wiltshire, Inghilterra.

2 Giugno, 1951

 

 

 

 

 

 

 

Il matrimonio si teneva all’interno degli immensi giardini del Manor dei Malfoy e c’erano gigli e pavoni bianchi dovunque.

I Malfoy sapevano decisamente trattarsi bene.

- È assolutamente stupenda – sussurrò Kara, coprendosi la bocca quando vide la sposa avanzare lungo la navata centrale che conduceva all’altare.

Alexandra indossava un abito su misura realizzato da una magistilista di grido che si stava affermando sempre più sulla scena dell’elitè magica.

Era un modello a sirena che la fasciava con eleganza, facendo risaltare il fisico delicato e femminile.

I capelli biondi erano stati acconciati in un elegante chignon dal quale ricadevano qualche ciocca per creare un effetto spettinato artisticamente studiato.

Dietro di lei veniva Adhara come sua testimone di nozze, con indosso un casto abito rosa pallido, e sull’altare attendevano già Abraxas e Renford, come testimone dello sposo. Chiudeva la processione Mayra, con indosso l’abito da damigella d’onore.

Seduti dall’altro lato della navata c’erano gli invitati dello sposo.

Perlopiù erano altolocate famiglie Purosangue, ma tra tutti spiccava la figura alta e sottile di Tom.

Sedeva in seconda fila, appena dietro i parenti più stretti dello sposo, accanto a Katherine.

Un bambino di circa un anno era adagiato tra le braccia della ragazza.

Era proprio su quest’ultimo che gli occhi di Minerva tornavano insistentemente.

Si chiese come sarebbe stato il bambino se al posto di Katherine ci fosse stata lei.

- Minnie? –

Si riscosse dalle sue considerazioni.

- Sì, è veramente bellissima. –

- Non avrei mai creduto di dirlo, ma credo proprio che i matrimoni mi piacciano. –

- Stai cercando di dirmi che non vedi l’ora che Fleamont ti faccia la proposta? – sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga.

- Per Merlino, non ancora! Insomma, lo amo ma non sono ancora pronta per una famiglia. –

Ecco appunto, le era sembrato strano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Studio del Preside, Hogwarts.

31 ottobre 1954

 

 

 

 

 

 

 

- Buonasera, Tom – lo salutò Silente, seduto dietro alla scrivania, - Vuoi sederti? –

Con un cenno del capo, Tom si sedette sulla sedia che fronteggiava la scrivania.

- Grazie. Vedo che è diventato Preside, una degna scelta. –

- Sono lieto che approvi –, replicò Silente con un sorriso, - Posso offrirti da bere? –

- Volentieri. Vengo da molto lontano. –

Silente si alzò e si spostò verso l’armadietto nell’angolo, pieno di bottiglie. Porse un calice di vino elfico a Tom e se ne versò uno a sua volta, tornando a mettersi seduto.

- Allora, Tom … a cosa devo il piacere? –

Si irrigidì leggermente, continuando a sorseggiare il vino.

- Non mi chiamo più Tom. Adesso sono noto come … -

- So come sei noto -, lo interruppe con un sorriso garbato, - ma temo che per me sarai sempre Tom Riddle. È una mania dei vecchi insegnanti, purtroppo, non dimenticare mai gli esordi dei propri allievi. –

Prese un altro sorso di vino, senza accennare alla minima reazione all’evidente rifiuto di Silente di sottostare alle sue condizioni.

Non che fosse cosa nuova per l’anziano mago.

- Sono tornato -, spiegò infine, - forse più tardi di quanto il professor Dippet si aspettasse per chiedere di nuovo quello che allora, mi disse, ero troppo giovane per ottenere. Le chiedo di farmi tornare in questo castello per insegnare. Mi consentirà di tornare? Pongo me stesso e i miei talenti ai suoi ordini. –

Silente alzò le sopracciglia.

- E cosa ne sarà di quelli a cui tu dai ordini? Cosa succederà a coloro che si definiscono, o così dicono le voci, i Mangiamorte? –

Non si aspettava che il vecchio Babbanofilo conoscesse quel nome, a dire la verità, ma riprese in fretta il controllo.

- I miei amici andranno avanti senza di me, ne sono certo. –

- Sono lieto che li consideri amici, avevo avuto l’impressione che li considerassi più come servitori. –

- Si sbaglia – ribattè freddamente.

- Allora se dovessi andare alla Testa di Porco non troverei un gruppo … Nott, Lestrange, Malfoy, Mulciber e Dolohov in attesa del tuo ritorno? Amici fedeli davvero per viaggiare con te in una notte di neve solo per augurarti buona fortuna mentre cerchi un posto da insegnante. –

- Onnisciente come sempre, vedo. –

Gli rivolse un sorriso lieve. – Oh no, solo in ottimi rapporti con i baristi. Parliamoci francamente, Tom: perché sei venuto qui, circondato dai tuoi accoliti, a chiedere un posto che entrambi sappiamo che non vuoi davvero? –

- Che non voglio? Al contrario, Silente, lo desidero molto. –

- Oh, vuoi tornare a Hogwarts ma non desideri insegnare più di quanto non lo volessi a diciotto anni. Cosa vuoi davvero, Tom? –

Tom sorrise beffardo.

- Se non vuole darmi un lavoro … -

- Certo che non voglio e non credo affatto che ti aspettassi un sì. Eppure sei venuto qui, hai chiesto, devi avere uno scopo. –

Tom si alzò.

Sentiva chiaramente gli occhi lampeggiare furenti e il volto serrato in una maschera di rabbia.

- Questa è la sua ultima parola? –

- Sì. –

- Allora non abbiamo altro da dirci. –

- No, niente – confermò Silente tristemente.

Tom uscì dallo studio a passo svelto, percorrendo i metri che lo separavano dall’ingresso del castello.

Raggiunse Hogsmeade nel giro di una ventina di minuti, trovando il resto del gruppo ad attenderlo alla Testa di Porco.

Katherine alzò la testa dal boccale d’idromele non appena mise piede lì dentro.

- Allora? –

- Ho fatto quello che andava fatto, possiamo andare. –

La missione era stata compiuta con successo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Malfoy Manor, Wiltshire, Inghilterra.

24 Dicembre, 1954

 

 

 

 

 

 

- Abraxas Scorpius Malfoy, spero per te che quel pacco che hai lasciato sotto l’albero di Natale non sia una scopa. –

Con il sorriso più innocente del suo repertorio, che comunque non la convinse affatto, sedette sul divano accanto a lei.

- Non è per me, tesoro. –

Alexandra inarcò un sopracciglio.

- Ah, no? E per chi sarebbe, sentiamo? –

Il sorriso si allargò maggiormente sul volto dell’ex Serpeverde.

- Ma per Lucius, non è ovvio? –

- Abraxas ti è chiaro che tuo figlio ha meno di due mesi, vero? –

- Certo, infatti non la deve mica usare subito. –

- Ma che pensiero spaventosamente ragionevole –, ironizzò, - dimmi chi sei e cosa ne hai fatto di mio marito? –

- Ehy, stai dicendo che di solito sono un irresponsabile? – protestò indignato.

Con un sorriso candido, annuì. – Bravo, é esattamente quello che sto dicendo. –

- Mi ritengo profondamente indignato. –

- Indignati pure quanto vuoi … piuttosto, dimmi, che scopa hai comprato? –

- Una Nimbus 1000 – replicò orgogliosamente.

Il cuscino di velluto lo centrò in pieno volto con inaudita ferocia.

- Una Nimbus? E vuoi farmi anche credere che fosse per Lucius?! –

Si allungò ad afferrare il frugoletto dai capelli biondi e le iridi grigie che dormiva nella culla, stringendoselo al petto e usandolo come una sorta di strano scudo.

- Sto tenendo il piccolo in braccio, non puoi uccidermi. –

- Dovrai metterlo giù prima o poi e sarà allora che colpirò Malfoy, è una promessa. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paiolo magico, Diagon Alley.

1 marzo 1957

 

 

 

 

 

 

 

- E così domani ti sposi, non riesco a credere che tu sia riuscita a mettere il guinzaglio ad Alphard Black – rise Kara, mentre Minerva le raggiungeva al tavolo.

Adhara scrollò le spalle, sorridendo divertita.

- Che posso dire, ci siamo trovati e stiamo bene così. Piuttosto, Alex, come sta il piccolo Lucius? –

La bionda fece un’espressione intenerita, come sempre quando si accennava al figlio.

- Lui e Rodolphus sono tremendi quando sono nella stessa stanza, sono tali e quali ai rispettivi padrini. –

- Sei fortunata che non abbia ripreso da Abraxas o avrebbe già cominciato a riempirti il bagno di prodotti per capelli – rise Adhara.

Il gruppetto si unì alla risata.

- Dunque, il vino elfico è per Alexandra, l’idromele per Kara e per me la Burrobirra … il succo di zucca tocca ad Adhara – annunciò Minerva, passando i rispettivi boccali.

Kara si accigliò.

- Succo di zucca? Ti senti male? – chiese, ben ricordando le celebri bevute dell’amica.

Adhara rivolse loro un’espressione furba che valse più di mille parole.

- Sei incinta?! – saltò su Minerva, occhieggiando alla pancia della mora.

- Da quasi tre mesi –, confermò, - fortunatamente ancora non si vede o in bianco sembrerei una mongolfiera. –

Alexandra fece rapidamente i conti.

- Quindi nascerà nello stesso periodo di … - tacque all’ultimo secondo, mordendosi la lingua.

Stava quasi per parlare della nascita della secondogenita di Renford e Katherine.

Minerva tuttavia scrollò le spalle.

- Puoi nominare la bambina, Alex. So della nascita. –

Come tutto quello che riguardava i Lestrange, la notizia si era sparsa alla velocità della luce e girava voce che ci fosse già qualcuno desideroso di proporre un accordo matrimoniale.

- Stai un po’ meglio? –

Bella domanda.

Vedere Renford e Katherine era ancora un colpo al cuore e probabilmente sarebbe sempre stato così, ma doveva andare avanti con la sua vita.

- Sto meglio … Silente oggi mi ha confermata come professoressa di Trasfigurazione. Inizierò a Settembre – annunciò.

- Ma questo è fantastico, doppi festeggiamenti! –

 

 

 

 

 

San Mungo, reparto di maternità.

5 agosto 1958

 

 

 

 

 

 

- Padre, quando potrò vederlo? –

Renford posò gli occhi sul suo primogenito.

Rodolphus aveva compiuto da poco sette anni e sembrava molto incuriosito dall’idea di avere un altro fratello, soprattutto un maschio con cui potesse giocare e non fare “cose da femmina” come le chiamava lui.

- Tra non molto, sta per uscire dalla stanza. –

Come a voler confermare le sue parole, l’infermiera fece capolino dalla sala nido con un frugoletto stretto tra le braccia.

Lo depose tra le sue braccia e Renford sentì un sorriso dipingersi sul suo volto.

Aveva creduto di essersi abituato alla sensazione di diventare padre dopo la nascita di Rod e Rae, ma si era sbagliato.

Ogni volta l’emozione era sempre intensa allo stesso modo.

Il piccolo gli rivolse un sorriso sdentato.

Facendo cenno a Rodolphus e Raelena di seguirlo, si diresse verso l’estremità del corridoio.

- Coraggio, andiamo a vedere come sta vostra madre. –

Entrarono nella stanza trovando una Katherine dai capelli scarmigliati e l’aria stremata.

- Se osi mettermi incinta un’altra volta, Renford, giuro che troverò un incantesimo per farti affrontare il parto al posto mio – scherzò, passando un braccio intorno alle spalle della figlia quando Raelena si arrampicò sul letto e si accucciò contro di lei.

- Allora, Rodolphus, mi era parso di capire che volessi essere tu a scegliere il nome per tuo fratello … - lo invitò gentilmente la donna.

- Io … io credo che …  mi piacerebbe chiamarlo Rabastan – concluse alla fine, dopo un attimo di titubanza, memore della tradizione familiare di nominare i membri con un nome che avesse la R come iniziale.

Katherine e Renford si scambiarono un lieve sorriso.

Potevano non amarsi di quell’amore dolce e sentimentale, ma a distanza di tanti anni passati l’uno al fianco dell’altra era certamente nato qualcosa che andava al di là della semplice amicizia.

C’era un’intesa assoluta e perfetta tra loro, cosa che non si poteva dire di molti matrimoni “nati dall’amore” e tutto sommato a entrambi sarebbe potuta andare molto peggio.

- Credo che sia un nome perfetto, ottima scelta, Rod. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sala Grande, Hogwarts.

1 settembre 1968

 

 

 

 

 

 

 

 

Raelena era in fila insieme agli altri studenti del primo anno, in attesa di essere Smistata.

- Nervosa? –

Annuì leggermente, voltandosi verso la ragazza al suo fianco.

Hydra Black la conosceva da quando entrambe erano venute al mondo e sapeva leggere ogni sua minima espressione.

Nulla da meravigliarsi se, dietro al cipiglio corrucciato con cui scrutava il Cappello, Hydra avesse visto la sua reale preoccupazione.

- Se non finisco a Serpeverde mio fratello mi uccide – borbottò, mentre la fila davanti a loro si assottigliava.

- Esagerata, lo sai che Rod ti adora. –

- Infatti dopo avermi uccisa farà scrivere una dedica strappalacrime sulla lapide: “qui giace Raelena Lestrange, sorella adorata, morta dopo essere stata Smistata in un’altra Casa.”

La voce della Capo Casa di Grifondoro le interruppe.

- Hydra Black, è il tuo turno. –

Hydra si fece avanti, camminando a testa alta con il contegno tipico dei Black.

Incurante delle occhiate delle cugine sedute al tavolo dei Serpeverde, che seguivano con attenzione il suo Smistamento.

Sedette sullo sgabello, attendendo che le venisse adagiato il Capello Parlante sul capo.

Dopo una manciata di secondi l’oggetto trillò con voce squillante: - Corvonero! –

Raggiunse il tavolo che era stato una volta teatro di innumerevoli momenti vissuti da sua madre, sorridendo.

- Edgar Bones! –

Un ragazzo biondo cenere, dagli incredibili occhi verdi, alto e dinoccolato si fece avanti.

Sedette sullo sgabello e venne Smistato in Tassorosso.

Dopo di lui venne il turno di Raelena.

Hydra vide Rodolphus smettere di parlare con la sua ragazza, Bellatrix, e fissare l’avanzata della sorella con i profondi occhi scuri.

La spilla da Prefetto che scintillava sul petto accanto a quella da Capitano.

L’attesa fu maggiore nel suo caso, segno che il Capello doveva essere indeciso.

- Serpeverde! – strillò infine.

Raelena emise un sospiro sollevato, ravviandosi la divisa e camminando sorridendo orgogliosa verso di loro.

Sedette accanto a Rodolphus, che le scompigliò effettuosamente i capelli.

- Sarà un grande anno, me lo sento – mormorò, le iridi scintillanti d’euforia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:
 

Eccoci qui con l’epilogo. Ho cercato di darvi una panoramica generale di questi anni che seguono il diploma dei nostri beniamini. E, come penso avrete capito, questo epilogo sta a significare che ci sarà una nuova interattiva e che riguarderà il Primo Ordine della Fenice!
A breve pubblicherò il prologo e se voleste partecipare mi farebbe molto piacere.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

 

 

   
 
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