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Autore: Kurrin Bright    03/09/2017    2 recensioni
{Lylia Centric | Alcuni spoiler su Sole e Luna}
Colei che presto sarebbe diventata l'assistente del professor Kukui si vede sempre accompagnata dall'altrettanto enigmatico Pokémon Nebulosa, di cui non si sa la provenienza e tanto meno se riuscirebbe ad affrontare una qualsivoglia lotta.
Come si sono incontrati due esseri, entrambi indifesi e misteriosi, per la prima volta? Sarà nato qualcosa da un accumularsi incredibilmente minuscolo di spazio siderale?
«Quindi da Cosmog potrebbero nascere delle stelle molto piccole?»
«Non credo, amore, ma magari potrebbe nascere qualcos’altro...»
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Lylia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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«Moog!»

Lylia tremolò trasecolata appena udì un fruscio cristallino a lei sconosciuto.
Era primo pomeriggio. Si trovava fuori dalla sua lussuosa casa, intenta a leggere, seduta su un praticello tenuto fresco dall'invasiva ombra di un albero. Spesso le capitava di sentire versi di vari Pokémon, ma quanto appena entrato nelle sue orecchie era totalmente diverso dai soliti: non assomigliava al ruggito di un Tauros o al raglio di un Mudsale. Le ricordava più una cometa attraversante il cielo stellato di notte, piuttosto che un lamento bestiale.

«Moooog!»

Percepì il suono un’altra volta, notando una forza maggiore rispetto a prima nell’atto di emetterlo. Ancora non sapeva, tuttavia, se si potesse trattare di un Pokémon o di un macchinario addetto allo studio di questi, utilizzato dalle ricerche dirette da sua madre.
Chiuse cautamente il romanzo di avventura che custodiva tra le sue gracili mani; la sua storia accattivante e la simpatia del protagonista l’avevano catturata e trasportata in un altro mondo, in cui la sua concentrazione si sforzava di ricondurla a seguito dello spavento preso. Dopo averlo appoggiato tra le radici appena sorgenti dell’albero sotto al quale si era accomodata, si diresse verso l’enorme edificio dai muri bianco avorio che ospitava Pokémon di tutti i tipi.

 

~
 

«Strabiliante!» esclamò entusiasta una voce calda e femminile, la quale venne susseguita da un altro fruscio.
Lylia si avvicinò con passo felpato al laboratorio, aprendo la porta socchiusa con una spinta delicata quanto un soffio di scirocco. Immediatamente, tutti gli sguardi dei dipendenti e dei ricercatori si volsero su di lei. Un brivido la percosse all’istante: le sue cosce iniziarono quindi a oscillare, i suoi ginocchi si avvicinavano tra loro e i suoi piedi minuti faticavano a reggere da soli il peso di quel vacillo.
«Tesorino, che ci fai qui?» chiese la donna, nascondendo un risolino con la mano dalle dita lunghe e sottili.
«Scusa se ti ho disturbata, mamma» sussurrò Lylia, cercando di trattenere una lacrima dal fuggire, ribelle, da un suo occhio. «Ma ho sentito un rumore strano e volevo assicurarmi che andasse tutto bene...»
«Non devi avere paura, è tutto a posto» chiarì Samina, allungando un palmo verso il viso grazioso della figlia. «Immagino tu stia parlando di Cosmog!»
«Cos… mog?»
«Si tratta di un Pokémon da poco arrivato nei nostri laboratori, vuoi vederlo?»
Lylia accennò un passo indietro, girando di lato il capo.
«So che i Pokémon ti spaventano un po’, piccola, ma non devi preoccuparti: Cosmog è innocuo, non ti farà del male»
La ragazzina si avvicinò alla madre. Nell’incurvare le labbra, un sorriso sbocciò come una primula al sorgere del sole.
Prendendola per mano, Samina la condusse nell’altra stanza: un laboratorio dalle pareti bianche, alternate a scacchi grigiastri. La creatura si accorse presto dei loro passi sincronizzati, emettendo il suo caratteristico verso non appena sentì il calpestio. Dopodiché, si girò verso madre e figlia mostrandosi a quest’ultima: Lylia rimase subito colpita dal suo muso, semplice e simpatico come se disegnato da un bambino, nonché dal suo corpo teneramente a forma di nube, con due estremità che sfumavano l’indaco acceso della massa centrale in un azzurro tenue sempre più simile al cielo di Alola.
«Avvicinati, coraggio!» la invitò la donna. Lylia si avvicinò con cautela a Cosmog, il quale iniziò a studiare i suoi movimenti e la sua espressione innocua; appena furono faccia a faccia, la ragazzina rimase ferma con le mani raccolte davanti a sé. Il Pokémon allora si mise a girare intorno a lei, in una lenta e strana danza in cui volteggiava di continuo in aria.
«Mamma… perché fa così?»
«Ti sta osservando! Cosmog è molto curioso, di conseguenza immagino voglia sapere con chi abbia a che fare»
La nuvoletta tornò alla posizione precedente, socchiudendo gli occhietti giallognoli e senza perdere il sorriso. Lylia non aveva un’idea precisa su come comportarsi: voleva provare ad accarezzarlo o ad inchinarsi per guardarlo più da vicino, nonostante fosse ancora vittima della sua timidezza.
«Sai una cosa molto interessante? Lo stiamo analizzando e sembra incapace di apprendere qualsiasi mossa utile al combattimento, ma non per questo è da considerarsi un Pokémon insulso» spiegò Samina.
«Dici così perché tu ami tutti i Pokémon?» domandò Lylia.
«Non solo.» Samina delineò un altro dei suoi risolini. «Se hai notato, assomiglia a una nube i cui colori ricordano molto il cielo sia di notte, sia di giorno; devi sapere che esistono grosse nuvole chiamate “nebulose”, composte da una particolare polvere interstellare, molto simili a lui»
«Davvero? Anche le nuvole hanno la sua faccia?»
«Questo penso di no, ma i colori e la forma sono pressoché simili! Sono però molto più grandi delle nuvole che puoi vedere, addirittura più del nostro pianeta!»
Lylia spalancò la bocca meravigliata.
«Seriamente? Ma cosa ci fanno delle nuvole nello spazio?» chiese.
«È dalle nebulose che nascono le stelle, come quelle che vedi la notte quando ti affacci dalla finestra… e anche il sole è nato da una nebulosa!»
«Quindi da Cosmog potrebbero nascere delle stelle molto piccole?»
«Non credo, amore, ma magari potrebbe nascere qualcos’altro...»
Osservò ancora il Pokèmon, gonfiando leggermente le guance e  corrucciando le sopracciglia flave.
«Però, se si tratta di una minuscola nebulosa…» mormorò. «Come mai il suo nome non è Nebulino?»
Samina rise. Si avvicinò alla figlia per accarezzarle la testa, bionda e rotonda come la sua.
«Sono stati i miei ricercatori a scegliere il suo nome, ahimé» sospirò. «Sarebbe stato molto più carino!»

 

~

 

«Ti chiedo scusa per il disturbo, ma sono davvero preoccupata»
«Signorina, non avere paura, confidami tutto!»


Era notte fonda. Lylia stava percorrendo i corridori dell’area di ricerca, la quale era regnata da un silenzio a dir poco inquietante; voleva camminare più velocemente, in maniera tale da stroncarlo e sentirsi più sicura nell’arrivare al laboratorio, ma sarebbe stato un pericolo che in poco tempo avrebbe portato al termine la sua missione.
Raggiunse la porta da cui, giorni prima, aveva sentito il verso di Cosmog; quest’ultimo era tutto il giorno che non lo avvertiva. Anche quel pomeriggio si trovava fuori dalla sua villa, ma, a differenza dei precedenti, non c’era quella vocina squillante a fare da sottofondo alle sue letture.

«Non so cosa fare, ho provato a chiamarlo, a vedere se fosse da qualche parte nel cortile, ma non l’ho trovato…»
«Oh cielo, allora non ti ha detto nulla...»

«Come sarebbe a dire?»

Aveva provato a chiedere a sua madre che ne fosse dell’esserino, tuttavia le aveva ammonito di non preoccuparsi e di tornare ai suoi libri. Aveva chiesto anche a suo fratello, il quale sosteneva di aver sentito, una notte, uno strano Pokémon che latrava disperato. L’alba seguente, dopo essersi svegliata, Lylia ricordò nitidamente il terrore provato nel non trovare il ragazzo nel suo letto.

«Ascolta, signorina Lylia: non devi avere paura per il tuo fratellone...»
«Ma non ho assolutamente idea di dove sia! E se si stesse cacciando nei guai?»

«Non piangere cara, ora ti spiego...»


Fuoriuscì da una borsa con disegnata una Pokéball, regalata da sua madre il suo undicesimo compleanno, la tessera di plastica affidatale da Ciceria; la passò davanti all’ingresso, guardandosi attorno con prudenza prima di entrare.
Nonostante le luci spente del laboratorio, riuscì ad attraversare la stanza tastando la mano sulle pareti fino a quando non avvertì il freddo metallico dell’interruttore. Rimase abbacinata dalla luce che si accendeva e da ciò che vide in quegli istanti: Cosmog si dimenava in una teca di vetro, volteggiando in maniere molto più confuse e frenetiche di quando si erano incontrati; la sua voce si sentiva ovattata.

«Il Pokémon che aveva sentito l'altra sera, Tipo Zero, è stato usato come cavia per un esperimento… il signorino è sveglio, di conseguenza se n’è accorto e ha deciso di proteggerlo scappando dall’Æther Paradise»
«Esperimenti?! Iridio aveva ragione… ma come è possibile che nostra madre approvi una crudeltà simile?»
«Oh, signorina, speravo davvero non avresti saputo nulla a riguardo; ormai è troppo tardi»


«Cosa… cosa gli hanno fatto?» pensò tra sé e sé Lylia, supplicando la sua gola di non liberare un urlo sgomento. A stento riusciva a comporre pensieri lucidi, troppe domande ronzavano in quel piccolo alveare che era la sua mente: era stata sua madre a rinchiuderlo? Perché una donna che amava così i tanto i Pokémon avrebbe accettato di tenerlo in quel modo? Voleva davvero bene ai Pokémon o, per tutto quel tempo, li aveva sempre visti come i suoi oggetti di ricerca?

«Ciceria, cosa devo fare? Io non voglio andare da qui, non voglio andare contro mia madre… ma non voglio neanche che i Pokémon soffrano così tanto!»
«Ascoltami, signorina, ho un favore da chiederti: io purtroppo non riuscirei ad allontanarmi da qui, ma tu che hai la possibilità…»


Lylia trovò un gigantesco macchinario, ricoperto di pulsanti dai più svariati colori, collegato a un monitor che occupava almeno metà della parete sulla quale era appeso. Cercò di ricordarsi, assemblandole una a una, le indicazioni della premurosa donna, che l’aveva sempre rassicurata fin da bambina nei momenti in cui sua madre era impegnata; eseguì dunque l’accesso al computer. Dopo appena aver schiacciato alcuni tasti, dei quali lei temeva le conseguenze nel premerli, le due barriere di vetro che lo avevano imprigionato si dissolsero nei rispettivi pilastri.
Cosmog squittì gioioso, correndo verso la ragazza per strusciarsi, con il musino gassoso, sulle sue bianche gambe.
«No, piccolino, shh» lo rimproverò Lylia, con voce flebile ma decisa. «Se parli così forte, ci sentiranno e ti chiuderanno di nuovo»
Il Pokémon allora rimase attonito da quelle parole, indietreggiando come se volesse rifugiarsi anche solo dall’eventuale rischio.
«Ascoltami, se resti qui ti faranno solo del male: entra nella mia borsa, ti porterò fuori e sarai al sicuro» disse, aprendo con cauta lentezza la cerniera. Cosmog si infilò, ma poco dopo non poté fare a meno di dimenarsi e di mugugnare.
«Scusa, non è molto spaziosa… ma è l’unico modo per proteggerti» singhiozzò la ragazza; era stanca di sentire ancora una volta un Pokémon soffrire, per quanto la sua borsa morbida e tiepida non fosse per nulla paragonabile al gelo della teca. Iniziò, quindi, a precipitarsi verso l’uscita del laboratorio.


«Signorina Lylia, ti supplico… salva almeno Cosmog!» 

~
 

Oltre agli avvertimenti e alla richiesta di Ciceria, Lylia si ricordò di altre parole: quelle pronunciate da sua madre la prima volta che incontrò quel bizzarro Pokémon.

«Quindi da Cosmog potrebbero nascere delle stelle molto piccole?»
«Non credo, amore, ma magari potrebbe nascere qualcos’altro...»

Sua madre non aveva tutti i torti: Nebulino non era certo una nebulosa abbastanza grande per far nascere delle stelle che avrebbero avuto il cielo come casa. Eppure la felicità albergante nella sua vocina, così come i morbidi sfiori che le dedicava e il sorrisetto stampato sulla sua faccia ogni volta che il suo sguardo incontrava gli occhi smeraldini della bambina, lasciava spazio a pochi dubbi. Interruppe la sua corsa per riacquistare fiato, per poi aprire la cerniera della borsa: sul volto oscuro di Nebulino vide le fossette celesti arrotondarsi ancora di più e la sua bocchina appena aperta, incurvata all'insù.
«Sei… felice? Anche se ti sto tenendo in uno spazio stretto?»
Il Pokémon annuì con eccitazione, senza distogliere il suo sguardo dalla faccia sbalordita di Lylia, la quale allungò un braccio per accarezzare quel faccino, per lei ormai fonte di sicurezza.
«Andiamo, vedrai che insieme saremo al sicuro!»
Lylia capì che, in fondo, una stella forse troppo piccola per poter essere vista era davvero nata.



~ Era da tanto che non pubblicavo sul fandom dei Pokémon! Casa dolce casa...
Sto a dir poco adorando i giochi di Sole e Luna, così come il personaggio di Lylia: la sua dolcezza e innocenza mi hanno conquistata e voglio scrivere altro su di lei!
Il titolo non è altro che una sorta di parafrasi del termine "nebulosa". Inizialmente volevo chiamarla Space Dust per una reference a Bill Wurtz :°)
Non ricordo bene se Ciceria si riferisca a Lylia e Iridio dando loro del "tu" o del "voi" per questioni di formalità; ho preferito usare la forma più confidenziale per questioni di comodità e perché penso i due ragazzi siano abbastanza affezionati a lei. E a proposito di questa simpatica signora, ammetto di essere stata particolarmente attenta a come inserire i dialoghi tra lei e la protagonista; ho voluto far in modo che trasparisse come questi rimbombassero nella testa di Lylia durante la sua fuga.
Vorrei tantissimo tornare in questa sezione con altre storie su Sole e Luna; intanto ringrazio tutti coloro che si sono fermati a leggere!

   
 
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