Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    03/09/2017    3 recensioni
Un anno di Frozen. Un anno di intossicanti fanfiction e superbe fanart, che hanno scatenato le nostre fantasie. Un anno per decidere quale coppia shippare e se fosse giusto o meno shipparla. Un anno di questo fandom pieno di talento.
E quale modo migliore di festeggiare quest'anno d'intensa attività creativa, se non scrivendo qualcosa sulla mia otp preferita?
Per chi mi conosce, sa che quei due idioti di Anna e Kristoff (Kristanna per gli amici) mi sono entrati dentro e ad un anno di distanza, non sembrano intenzionati a voler togliere ancora le tende dalla mia mente. Per questo, carissime/i adepte/i Kristanna (per quei pochi rimasti) beccatevi questa carrellata di one-shot ispirate ad headcanon trovati in giro per la rete, che vanno dal fluff allo steam(che sarebbe un qualcosina in meno dello smut, per chi bazzica ff.net).
Detto questo, vi auguro buona lettura!
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Capitolo 1- First Impressions: “Ora chiudi la bocca e dormi, principessa. L’alba è vicina, ci aspetta una lunga e faticosa marcia e non ho intenzione di trascinarti incosciente su per la montagna.”
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Kristoff, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                              -Say it again (…and they lived happily ever after)-




“E vissero per sempre felici e contenti.”
Anna chiuse il libro che aveva tra le mani con un sospiro sognante.
-“Cos’è quel sorriso compiaciuto?”- le chiese Elsa, seduta accanto a lei.
Da qualche tempo a quella parte, dopo cena, avevano preso l’abitudine di rinchiudersi in biblioteca a leggere qualcosa prima di ritirarsi ognuna nelle proprie stanze. La giornata sembrava sempre troppo breve per recuperare tutte le ore trascorse divise e quindi facevano tesoro di ogni minuto concesso loro, finché il sonno e la stanchezza non le vincevano. La loro ultima lettura era stata una raccolta di fiabe, tutte a lieto fine, s’intende.
-“Trovo un non so che di appagante in questa formula: e vissero per sempre felici e contenti. Non trovi ci sia qualcosa di magico in queste parole?”- chiese, rispondendo alla sorella.
-“Sono le stesse parole alla fine di ogni fiaba. Sono versi formulari.”- fece spallucce la giovane regina.
-“Sei poco romantica, ma non è un sorpresa.”- ridacchiò Anna, alzandosi per posare il libro dove l’avevano preso. Lo infilò nella sezione della narrativa e passò un dito sulle coste dei libri accanto.
-“Non sono poco romantica, sono realista, c’è una bella differenza.”- obiettò Elsa, con la sua solita pacatezza, lisciandosi con fare regale le pieghe della sua veste da giorno –“So che non esiste una felicità eterna, sarebbe da stupidi pensarlo, quindi mi accontento di ogni piccolo momento felice che si pone sulla mia strada. In questo modo la vita ha più senso: che gusto ci sarebbe a vivere totalmente immersi nella gioia? Cose ne ricaveremmo?”- le chiese.
-“Una vita priva di dolori e affanni, forse?”- le rispose retorica la sorella minore.
-“Ma è proprio questo il punto: tutti i dolori e gli affanni che la vita ci infligge ci rafforzano, ci modellano facendoci diventare quello che siamo, e ci fanno apprezzare di più i momenti felici. Se ci fossero solo giorni gioiosi, non li riconosceremmo nemmeno perché sarebbero tutti uguali tra loro, privi di eventi rilevanti.”- concluse calma, con lo sguardo perso nelle fiamme danzanti del camino.
Anna la fissò per alcuni secondi con la bocca spalancata poi la richiuse, recuperando quel poco di decoro rimastole: “Hai ragione.”- le concesse, poggiandole una mano sulle spalle incurvate-“Come sempre, d’altronde.”- aggiunse poi tra sé, nascondendo le sue parole con un colpo di tosse. La sorella era sempre così saggia e matura, e lei invece non si smentiva mai, sempre la solita sognatrice accanita, legata ancora a sogni e speranze infantili.
Ma d’altronde la sua vita, fino a qualche mese prima, era stata solo quello: un insieme di fantasie inconfessabili, desideri irrealizzabili e la ricerca di quel per sempre felici e contenti.
Non poteva farne a meno, quella era la sua espressione preferita, quella che attendeva con ansia alla fine di ogni favola che la mamma le raccontava, quella che faceva palpitare il suo cuore di bambina. Ogni volta che le veniva regalato un nuovo libro di racconti, lei sbirciava l’ultima pagina per leggerla, per accertarsi che quel libro finisse come era solito, perché come poteva una storia non finire con un “e vissero per sempre felici e contenti”? Come poteva il principe non sposare la principessa?
All’età di dodici anni le favole si erano trasformate in eccitanti avventure a bordo di vascelli o rocambolesche fughe in boschi fitti, e la sua frase preferita era sparita, sostituita da tramonti di fuoco sull’oceano e baci appassionati, sigillo dell’amore tra i protagonisti. Ma il concetto di base rimaneva: i personaggi, in quei racconti, dopo tante peripezie riuscivano a ricongiungersi con l’amato e a vivere una vita ricca d’amore.
A sedici anni, quando la morte aveva già bussato alle porte del castello, quando i racconti d’avventura non bastavano più a scacciare i fantasmi che le aleggiavano attorno, si era rifugiata nelle grandi storie d’amore, quelle tormentate ed emozionanti, capaci di farle battere il cuore e di farla commuovere: aveva pianto lacrime silenziose per lo sfortunato amore di Giulietta e Romeo, e aveva bruciato di rabbia alla cocciutaggine di Elizabeth nei confronti dei sentimenti di Mr Darcy (aveva letteralmente lanciato il libro dall’altro lato della sua stanza, dove era caduto giù dalla finestra aperta).
-“Quindi mi riterresti pazza se ti dicessi che io ci spero? Intendo, in un per sempre felici e contenti. È praticamente tutto quello che io abbia mai desiderato fin da bambina, a parte che tu aprissi la porta.”- vide Elsa accigliarsi-“Ma questo è un altro discorso.”- le sorrise rassicurante, riaccomodandosi accanto a lei.
La sovrana tentennò alcuni secondi alla ricerca di una risposta adeguata da darle, una che quantomeno non offendesse la sua ingenuità, ma Anna tornò a parlare: “Sai, a volte mi chiedo come posso ancora esserne alla disperata ricerca dopo tutto quello che è successo con…”- inghiottì il groppo che le chiudeva la gola, quel nome la tormentava ancora per poterlo pronunciare così apertamente- “Hans.” Riuscì infine a cacciar fuori in un sibilo strozzato.
 “Negli ultimi tempi ho cominciato a pensare che forse ho sempre sperato in qualcosa di impossibile. Che là fuori non si sarà mai per me un per sempre felici e contenti, che in realtà non esiste affatto. E pensando alle parole che Hans mi ha detto quel giorno, beh la mia convinzione non ha fatto altro che crescere, fin quasi a soppiantare del tutto la mia speranza per la felicità.”- si voltò verso Elsa, incrociando lo sguardo che aveva accuratamente evitato negli ultimi minuti. Non voleva che la sorella la vedesse in quello stato, di solito rifletteva tra sé su quell’argomento, di notte, nel buio della sua stanza, così che nessuno potesse vederla o sentirla piangere. Tirò su col naso, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sempre composta e regale sorella maggiore, e ridacchiò sommessamente. “Ma sai, dopo tutto quello che è accaduto, dopo tutte le peripezie occorse, tutte le lacrime e le suppliche, una parvenza di per sempre mi sembra d’averla finalmente a portata di mano.” Incurvò le labbra in un sorriso sincero.
“Cosa aspetti ad afferrarla allora?”
“Non posso perché non sono sicura che sia davvero un per sempre felici e contenti.”- sottolineò le ultime parole con delle virgolette immaginarie.
“E questo cosa vorrebbe dire?”- le chiese scettica Elsa –“A me sembra proprio il contrario, invece. Non che voglia spingerti tra le braccia di Kristoff, ma ti sei resa conto di come ti guarda? Segue ogni tuo passo.”
“Si assicura solo che non faccia cose stupide.” Anna liquidò quelle insinuazioni sventolando una mano davanti al volto della sorella.
“E questo ti sembra poco?”
“Beh no.”- ci pensò su per un momento, poi tornò alla carica. “Il problema è che nessuno dei due si è ancora fatto sfuggire dalle labbra le due parole magiche che siglano il per sempre felici e contenti!”
“Tu ti senti pronta a dirgliele?” Elsa era sinceramente curiosa della risposta della sorella e apprezzava il fatto che Anna avesse imparato dagli errori del passato, e che  stavolta si muovesse con i piedi di piombo sul campo minato dell’amore.
“Credo di si.”
“Bene. Allora non vedo perché tu non debba farlo per prima.” La incitò.
“Ho paura.”- le rivelò a mezza voce Anna –“Paura che lui non lo dica o che sia costretto a rispondermi qualcosa anche se in realtà non la prova davvero. Questo sarebbe sicuramente peggio di qualsiasi altra cosa.”
“Se conosco Kristoff così bene come credo, di certo non ti lascerà nel limbo dell’attesa. Te lo dirà immediatamente. Il povero ragazzo ha solo bisogno di essere spronato. I suoi gesti nei tuoi confronti sono un modo già abbastanza eloquente per farti capire quale sarà la sua reazione.”- le assestò una gomitata scherzosa nelle costole.
Anna aveva sempre pensato all’amore come qualcosa di fulmineo, qualcosa da riconoscere all'istante, qualcosa di perfetto basato sulla perfezione. Aveva creduto ingenuamente che fosse basato su una reciproca attrazione a prima vista, ma ripensandoci bene per lei non era stato così. All’inizio Kristoff l’aveva intimorita, con il suo aspetto poco curato e i suoi modi bruschi e di certo non avrebbe detto che le piacesse. Non incarnava affatto i canoni estetici e comportamentali che aveva sperato per l’uomo dei suoi sogni. Hans, fascinoso e ben educato, avrebbe potuto essere l’archetipo dell’amante perfetto: aveva trattato con i guanti di velluto il suo corpo, carezzandola con gesti lenti e calcolati, sussurrandole parole dolci. Alla fine però aveva manipolato il suo cuore con feroce brutalità.                                                                                           Kristoff invece all’inizio non si era mai fermato a confortarla, aveva sempre agito d’istinto, ogni azione veloce e spontanea: l’aveva strattonata, umiliata, presa in giro, sgridata e così via.  Un comportamento meno delicato che alla fine aveva capito essere nato dal desiderio di tenerla al sicuro. Infine il suo cuore non aveva fatto le capriole a prima vista, ma aveva imparato a trarre giovamento dalla sua presenza, dalle sue attenzioni e dai gesti premurosi che le riservava. Aveva capito d’amarlo un po’ alla volta. Non c’era stato nulla di improvviso, nessun evento rivelatore, né alcuna traccia di perfezione. E a lei piaceva così.
Anna ridacchiò sommessamente, in imbarazzo: parlare di certe cose con sua sorella la metteva ancora a disagio. Eppure, nonostante la sua inesperienza in amore, la sorella riusciva sempre a darle consigli preziosi, a spronarla nella giusta direzione, a caricarla di buoni propositi. Come in quel momento.
Il cuore le diceva di cogliere l’occasione, di lasciare che il coraggio la guidasse fuori da quella stanza e giù fino alle stalle, dove sapeva di trovare la causa e la soluzione di tutti i suoi dubbi. Eppure la paura la inchiodava.
Guardò di nascosto la pendola nell’angolo. Puntava le dieci precise. Forse avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente, ma il solo pensiero di pronunciare quelle due parole alla luce del sole le faceva affluire sangue alle guance.
-“Credo sia ora di andare a dormire.” Elsa si alzò avviandosi verso la porta, aspettando che lei la seguisse. Quando rimase seduta, la sorella le rivolse uno sguardo interrogativo.
-“Credo…credo che rimarrò ancora un po’ qui. Ti dispiace?”
-“Certo che no.” Le si avvicinò e le stampò un bacio sulla guancia e poi quando fu di nuovo sulla porta le rivolse un sorriso complice. “Buonanotte.”
Lasciò passare alcuni minuti, in cui passò in rassegna i pro e i contro delle azioni che avrebbe compiuto di lì a poco. Senza alcuna sorpresa, i pro doppiavano i contro. Tirò un respiro profondo per calmare il cuore impazzito, si alzò e si avviò alla porta, piena di un sentimento nuovo. Ansia? Desiderio? Speranza? Non avrebbe saputo dirlo.
Con un ultimo sospiro si infilò nei corridoi bui, diretta al cortile secondario.
Ora o mai più.
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Parlare non era il suo forte ed esprimere a voce i propri sentimenti lo era ancora meno, ma non avrebbe mai pensato che pronunciare due piccole parole potesse essere così complicato. Gli premevano in gola da qualche tempo ormai, ma non aveva mai avuto il coraggio di lasciarle uscire. Erano troppo pesanti, ingombranti e non prive di conseguenze, per lasciarle libere  così come se nulla fosse. Di certo non avrebbe potuto rimangiarsele una volta dette.
E se lei non gli avesse risposto di rimando? Se l’avesse lasciato a boccheggiare in silenzio come un pesce fuor d’acqua, in attesa di una risposta? Se l’avesse guardato con disgusto?
“Perché mai dovrebbe guardarti a quel modo?” Lo rimproverava Sven quando si arrovellava il cervello su certi argomenti. Quindi tornava lucido e pensava a tutti i motivi per cui avrebbe voluto dirgliele, quelle maledette parole che rischiavano di minare la sua sanità mentale, e del perché lei avrebbe di certo avuto una reazione positiva. Poi, quando arrivava alla decisione definitiva, un pensiero arrogante gli serpeggiava in mente.
Cosa se ne fa una principessa dell’amore di un montanaro?
E allora tutti i suoi intenti romantici cadevano a pezzi, uno per volta, smontando l’armatura di coraggio che si era forgiato precedentemente. E rinunciava, rimandando ad un altro giorno. Mese. Anno.
Passavano giorni senza che pensasse a quella faccenda, godendosi i momenti con Anna, senza alcuna pressione, come facevano all’inizio di quella loro strana relazione. Poi qualcosa catturava la sua attenzione: uno sguardo di lei, delle parole sussurrate al suo orecchio, un gesto gentile e la sua mente correva di nuovo alla questione.
Quella sera però non era accaduto nulla che avesse potuto costringerlo a rifletterci. Aveva solo pensato a quanto le fosse mancata in quei giorni d’assenza, a quanto le parole non avrebbero potuto spiegare quel legame che sentiva stringerli sempre più. E poi quelle due parole si erano affacciate sfacciate sulla punta della lingua.
Era un caso senza speranza.
-“Credi riuscirò mai a dirglielo?”
-“Sei diventato noioso. Se non ti decidi, glielo dirò io al posto tuo.” Sven era sempre di poco conforto in certe situazione. Il suo amico era per l’azione, si lanciava sempre senza remore, e non sembrava pensare troppo al da farsi.
-“Per te è facile dire così. Prova tu a guardarla in quegli occhi e a dirglielo ad alta voce senza sembrare un idiota. E poi non trovo mai l’occasione adatta per farlo.” Si lamentò, sentendosi patetico ed inutile. Continuò a spazzolare il manto di Sven, concentrandosi su ogni gesto, cercando di svuotare la mente.
-“Guarda un po’ chi arriva. La tua occasione.”
Saltò per lo spavento, gettò la spazzola in un angolo e si nascose dietro la porta della stalla della renna.
“Davvero?” Sentì quasi Sven ridere a quella scena ridicola. “Grande, grosso e spaventato da una ragazza due spanne più bassa di te.”
L’amico aveva il suo punto. Come poteva temere così tanto Anna e le sue reazioni, se professava di amarla?
-“Prendi il coraggio a due mani e urlalo a tutti” Guardò Sven con un sopracciglio alzato. Faceva sul serio? “Forse non proprio urlarlo a tutti ma almeno sussurrarlo dolcemente a lei. Pensi di esserne capace?”
Preso in giro da una renna. Quello era il colmo!
“Ovvio che sì e te lo dimostrerò lunedì al…” Sven dissentì.
“Domani.” La renna lo fulminò con lo sguardo.
“Adesso. Si, adesso.” Cercò di ripulirsi la casacca dalla paglia e dalla polvere. “Vedrai.”
 
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 Anna scendeva le scale di corsa, incurante delle infinite avvertenze della governante che durante gli anni dell’infanzia le aveva ripetuto fino allo sfinimento di non correre per le scale altrimenti sarebbe potuta inciampare e ruzzolare giù. Se fosse scivolata in quel momento avrebbe anche potuto rompersi l’osso del collo.
Kristoff nel frattempo avanzava a passo spedito nel cortile, risoluto a trovare Anna prima che rimpiangesse la sua decisione: prima avesse detto quelle due parole e prima si sarebbe tolto quel peso opprimente dal petto.
La vide corrergli incontro e per la sorpresa inciampò nei suoi stessi passi: riuscì a non cadere in avanti  facendo un passo più lungo, agitando le braccia per non perdere l’equilibrio.
Quando si trovarono faccia a faccia, lei aveva il fiatone per la corsa e a lui mancava il fiato per la paura.
“Che…che ci fai fuori a quest’ora?”, riuscì a chiederle con un filo di voce.
“E tu dove stavi andando?”, chiese lei di riamando, lasciando inevasa la sua domanda. Evitava accuratamente di incrociare il suo sguardo.
Lui rimase in silenzio, cercando qualcosa da dirle. Poi all’improvviso entrambi trovarono il coraggio di parlare.
“Ho qualcosa da dirti.”
“Devo dirti una cosa.”
“Aspetta, che?”, esclamarono all’unisono. Si studiarono attentamente, guadandosi per la prima volta negli occhi. Anna fu la prima a distogliere lo sguardo, arrossendo.
“Questo non è di certo il modo in cui me l’ero immaginato”, ridacchiò lei, stritolando una delle sue trecce.
“Immaginato cosa?”
“Il modo in cui ti avrei detto che ti amo” Si lasciò sfuggire senza pensarci.
Sospirò. Si voltò a guardarlo.
Si chiese perché lui la stesse fissando come si guarda un lupo rabbioso. E quando il suo cervello registrò quello che aveva appena detto, era troppo tardi. Le sue mani corsero a tapparle la bocca. Come aveva potuto dirglielo così?
Kristoff continuava a fissarla, immobilizzato dalla sorpresa. La lingua annodata, inutilizzabile per risponderle. Stava forse sognando? Si era forse addormentato per l’ennesima volta nelle stalle assieme a Sven? Sentì le guance diventargli improvvisamente roventi e una sensazione piacevole inondargli il petto.
La principessa continuava a rimanere muta, chiusa nell’imbarazzante silenzio che aveva seguito quella rivelazione. Strinse gli occhi per non guardare oltre l’espressione sconvolta di Kristoff. Sapeva d’aver sbagliato e d’aver scambiato la loro amicizia per qualcosa di più. Riusciva a leggere l’imbarazzo del mastro del ghiaccio sulla sua faccia paonazza e il suo respiro irregolare era un’ulteriore conferma del fatto che di certo le avrebbe risposto che aveva frainteso le sue azioni e che gli dispiaceva non provare lo stesso.
Sentì le lacrime risalirle agli occhi, pronte per il salto nel vuoto. Liberò la bocca dalla gabbia delle mani e si coprì invece gli occhi. Non voleva che lui la vedesse piangere. Si sarebbe voltata indietro e sarebbe scappata via prima che la prima lacrima le avesse bagnato le guance. Ma l’imbarazzo le aveva incatenato i piedi al selciato del cortile.
Non arrivò nessuna smentita, né alcuna parola. Sentì solo le mani di Kristoff stringerle delicatamente i polsi e spostarle le mani dal viso. Glielo lasciò fare. Ormai il danno era fatto, almeno avrebbe affrontato la situazione a viso scoperto, da donna.
Quando riaprì gli occhi il volto dell’uomo che aveva appena affermato di amare era a pochi centimetri dal suo, che le sorrideva, ma non un sorriso qualsiasi. Si trattava di un sorriso di pura gioia, di quella che contagia anche gli occhi e li fa risplendere di luce propria. L’aveva vista solo un’altra volta quella luce, in degli occhi diversi, chiari come i suoi: Elsa l’aveva guardata con uno sguardo simile quando lei le aveva confermato che avrebbe volentieri dato la sua vita per lei perché le voleva bene, perché in fin dei conti lei era sua sorella.
Continuarono a fissarsi, incapace di dire qualcosa. “Io…”, cercò di dire Anna, ma la voce le morì in gola. Cosa avrebbe potuto aggiungere a quello che aveva già detto? Non c’erano spiegazioni da dare, le sue parole urlavano chiari i suoi sentimenti.
Kristoff l’attirò improvvisamente a sé, stringendola al petto, come fosse il bene più prezioso da lui posseduto. Una mano le carezzava i capelli e l’altra le sfiorava la schiena con versi circolari.
Anna avrebbe potuto abbandonarsi a quelle attenzioni ogni sera se lui gliel’avesse permesso. Non bramava altro che il tocco delle sue mani, di perdersi nei suoi abbracci e di essere ricambiata del suo amore.
“Ti amo anch’io.” Lo sentì sussurrare tra i suoi capelli, con un filo di voce così tenue che credette d’aver sentito male.
“Davvero?” si allontanò da lui quel tanto che le permettesse di guardarlo negli occhi. Kristoff era la quint’essenza dell’imbarazzo, con quel rosso che dilagava sulle sue guance.
Lui annuì convinto. “Avrei dovuto dirtelo prima ma…” Anna gli posò una mano sulle labbra: non aveva bisogno di spiegazioni.
“Non importa. A me va bene così.”  Si alzò sulle punte dei piedi per raggiungere le sue labbra, premendosi contro il suo petto. Lo baciò come non aveva mai fatto prima. Di solito i loro baci erano quasi sempre frutto di momenti rubati, un febbrile e veloce sfregare di labbra impazienti ed inesperte. Questa volta invece la principessa prese tutto il tempo che le era concesso per assaporare il momento. Fu un bacio lento, dolce, che accese i sensi di entrambi. Dischiuse piano le labbra indugiando nell’esplorare la sua bocca, provocandogli un gemito di piacere. Sorrise soddisfatta mentre si allontanava da lui e lo liberò da quella bolla d’incanto in cui erano stati rinchiusi dopo quella loro strampalata confessione.
Imbarazzata dalla sua audacia, nascose il viso nella sua casacca, cingendogli la vita. Le mani di Kristoff, unico elemento che non le permettessero di fluttuare via in quell’istante, erano salde sui suoi fianchi.
Il mastro del ghiaccio era intenzionato a non lasciarla andare per nessuna ragione al mondo. Se avesse potuto avrebbe passato l’intera notte con lei stretta tra le sue braccia, ma di certo qualcuno avrebbe avuto da ridire: Anna era una principessa ed ogni azione nei suoi confronti doveva essere cauta e appropriata. Non voleva che lei si mettesse nei guai a causa dei suoi desideri egoistici. La sua vicinanza gli scatenava pulsioni fisiche che non aveva mai provato prima di incontrare lei, reazioni che a volte stentava a tenere sotto controllo.
Si accontentò del momento. La strinse forte, abbassandosi a sussurrarle all’orecchio: “Dio mi è testimone, Anna: non ci sono parole per dirti quanto ti amo.” Ed era vero. Non avrebbe saputo dare altro nome a quel sentimento che gli squarciava il petto e gli affiorava alla bocca.
La ragazza rabbrividì di piacere. Se avesse saputo che le cose si sarebbero svolte così facilmente non avrebbe aspettato tanto prima di dire quelle due parole. La voce di Kristoff che gliele sussurrava all’orecchio era assuefacente: non si sarebbe mai stancata di sentirgliele pronunciare. Non avrebbero avuto senso pronunciate da qualcun altro.
“Dillo ancora.” Lo pregò.
“Ti amo.”
“Di nuovo.”
“Ti amo.”
“Non smettere.”
“Mai.”

 
 
Nda: bah non so che dire tranne che sono felicissima di essere riuscita ad aggiornare anche quest’altra ff prima della fine delle vacanze!! *confetti e fuochi d’artificio* Spero che la shot vi sia piaciuta come le precedenti e che lasciate un vostro graditissimo parere qui sotto: al primo recensore una pizza omaggio! Comunque a parte le scemenze, come avete potuto notare sono un po’ arrugginita quindi non andateci giù pesante mi raccomando ;)
Per la cronaca, nei prossimi capitoli vorrei infilarci un po’ di smut ma devo prima testare la cosa…non vorrei mandare all’aria la mia reputazione di brava ragazza XD
E niente...spero di sentirvi numerosi!! Uscite dalle vostre tane impolverate, for God sake!
Alla prossima, snowflakes!
   
 
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