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Autore: Voldemortslostnose    03/09/2017    0 recensioni
Will aveva appoggiato la mano sul vetro, lasciando l'impronta di una manina grassoccia per la quale sua madre l'avrebbe sicuramente sgridato, ed aveva gridato "toppa libera tutti!" nell'esatto momento in cui Cecil si era girato verso di lui, gli occhi scuri spalancati in una comica espressione tradita, la curva all'insù delle labbra che lasciava comunque intuire la sua felicità.
Will si era chiesto perché fosse proprio quello il ricordo che gli era venuto in mente, prima di lanciare un'ultima occhiata al display del suo cellulare sul quale lampeggiava la scritta "CeChill" e decidersi a rispondere.
Seguito de "Terribly Faked Texan Accent". Lo so, tornare dopo tanto con una cosa del genere è imperdonabile, ma boh. Spero possa incuriosire qualcuno. Purtroppo per voi, leggere la prima storia è (più o meno) indispensabile per la comprensione di questa.
Genere: Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Apollo, Leo/Calipso, Nico/Will, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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IV.

Un paio di ore dopo, Will si era fermato ad una concessionaria che fungeva anche da autogrill e Nico ne aveva approfittato per scivolare fuori dalla macchina e noleggiare una moto.
Will si era rimesso in moto una decina di minuti dopo, e Nico aveva inforcato la moto seguendolo a distanza di qualche centinaia di metri.
Dopo altre due ore, erano arrivati nei pressi di un capannone industriale.
Will si era fermato sollevando una nuvola di polvere ed era sceso dall'auto, per poi fare il giro del capannone. Nico era sceso dalla moto facendo il giro dall'altra parte, e si era fermato con un sussulto. Adiacente al capannone c'era una casa ed al suo interno, seduto ad una scrivania, c'era l'uomo che aveva riconosciuto come il complice in fuga di Octavian dalle foto pubblicate due anni prima dai giornali.
Aveva afferrato il telefono e chiamato la polizia, poi si era diretto verso l'entrata del capannone.
Nel frattempo, Will era entrato nel capannone buio e si era diretto verso Apollo, legato ad una sedia nel mezzo dello sterrato che fungeva da pavimento alla costruzione.
Nel momento in cui Apollo aveva aperto la bocca, Will aveva sentito un grido soffocato dietro di lui e un secondo dopo si era sentito svenire.

Will si era risvegliato solo quelle che sembravano essere ore dopo, legato ad una colonna in un posto che, anche se in penombra, era chiaramente diverso dal capannone. Il biondo aveva mosso le mani, tentando di slegarsi, ed aveva avvertito delle dita inermi sotto le sue. Le stesse dita che avrebbe voluto stringere di nuovo. Aveva chiamato piano il nome di Nico, finché non aveva sentito le dita del ragazzo sussultare sotto il suo tocco.
"Will?" aveva chiesto Nico titubante. "Oh, dei, grazie. Stai bene? Ti hanno fatto del male? Ti-" aveva chiesto Will preoccupato. "Will" - l'aveva interrotto Nico - "È tutto a posto. Piuttosto, come stai tu? C'era una casa vicino al capannone e... Sai il complice di Octavian, quello che è fuggito la notte di due anni fa a scuola? Beh, ecco, era in quella casa. E- e c'era un video di un uomo biondo legato che scorreva sullo schermo del suo computer, e alla fine del video lui- lui è andato verso l'uomo legato e si sono baciati e-" Nico aveva sospirato, scosso.
"Quello legato era mio padre. Conosci il detto, no? Parenti serpenti. I miei, di parenti, si fanno legare ad una sedia e riprendere mentre supplicano di liberarli per attirare in trappola me e il mio fi- ...e te. Dannazione, scusa." Will aveva desiderato di morire. Oh, sì, proprio in quell'istante. Come aveva potuto essere così stupido? Avrebbe dovuto dire a Nico dove stesse andando già al matrimonio, e non avrebbe dovuto dire l'ultima cosa che aveva detto.
Nico, però, aveva afferrato le dita di Will e le aveva strette tra le sue. Gli stava di nuovo dando fiducia, e Will sapeva di non doverla sprecare così alla leggera, non questa volta. Aveva mosso il polso, cercando di allentare le corde. Conosceva quel tipo di nodo, e conosceva anche i movimenti da fare per scioglierlo. In pochi minuti, che però gli erano sembrati ore, si era liberato, aveva slegato le sue caviglie e quelle di Nico, e poi gli aveva avvolto le braccia attorno alle spalle per poter slegare anche i suoi polsi. Mentre lavorava alle corde, aveva sollevato il viso, trovandosi a pochi millimetri di distanza da Nico, il corpo teso e statico in quella posizione. "C'è una pistola nei tuoi pantaloni o sei solo contento di vedermi?" aveva sussurrato, cercando di farlo sorridere. Nico, con le mani finalmente libere, gli aveva tirato un pugno. Will non aveva ritenuto necessario spostarsi - se Nico aveva intenzione di punirlo per il suo comportamento, che facesse pure, ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
"Ma ti sembra il caso?" aveva sibilato, per poi abbassare gli occhi e rialzarli velocemente, afferrare la camicia di Will, attirarlo verso di sé e baciarlo sulle labbra.
Will si era sentito come quella mattina di giugno di due anni prima, in classe, quando Nico aveva fatto la stessa identica cosa.
Nico aveva interrotto il bacio, aveva preso il volto di Will tra le mani ed aveva avvicinato le loro fronti. "Ora muoviamoci." aveva sussurrato, per poi alzarsi in piedi, spazzolarsi la polvere dai vestiti e andare verso la porta. Will l'aveva seguito in silenzio. Nico si era inginocchiato davanti alla maniglia, aveva preso una delle schegge della porta, non più nuova, cadute a terra e con pochi e fluidi movimenti aveva fatto scattare la serratura. "Bel lavoro, Mister Morte" aveva sussurrato ammirato Will. "Beh, qualche trucchetto l'ho imparato anche io" aveva risposto Nico, uscendo senza fare rumore e fermandosi subito dopo.
Si era guardato intorno alla ricerca di telecamere ed armi, ma era stata la canna di una pistola a trovarlo per prima. O, più esattamente, la canna di una pistola tenuta dalla mano tremante di Apollo aveva trovato la nuca di Nico e si era fissata lì. Il ragazzo aveva alzato le braccia in segno di resa, ma Will aveva fatto un veloce giro su sé stesso ed aveva allontanato con un calcio la mano di Apollo dalla testa di Nico. "Scappa!" aveva urlato poi, preparandosi a disarmare suo padre.

Nico aveva girato l'angolo, poi ne aveva svoltato un'altro ed un'altro ancora e poi si era sentito puntare la canna fredda di una pistola alla testa per la seconda volta in una manciata appena di secondi. "Oh, non è possibile." - aveva detto annoiato - "Ancora?"
Si era girato di scatto, colpendo l'uomo alle gambe ed allontanandosi dalla pistola quanto era bastato per evitare di beccarsi una pallottola dritta allo stomaco. Era ritornato su suoi passi per tentare di prendergli l'arma, ma l'uomo gliela aveva puntata al cuore e l'aveva spinto verso l'uscita.
Dieci minuti dopo, Nico si trovava di nuovo legato ad un palo, questa volta in una stanza diversa dalla prima, e non aveva la ben che minima idea di dove fosse Will.
***
Leo aveva iniziato a preoccuparsi. Era passata mezza giornata e Nico non era ancora tornato: poteva essergli successo di tutto e Leo non poteva essere sicuro di nulla.
Ma prima che la sua mente potesse anche solo iniziare a scandagliare le possibili spiegazioni per quel ritardo - che andavano dalla decisione di perdonare Will e fare finalmente il grande passo sfruttando l'assenza sua e di Calypso al progettare la distruzione del pianeta Terra addestrando le rane velenose della foresta pluviale ad attaccare tutta la popolazione mondiale - la sua ragazza l'aveva trascinato a ballare.
Leo non era un gran ballerino, nonostante vantasse l'abilità insita data dai geni spagnoli. Calypso aveva condotto ogni danza, ed era stato solo dopo due ore che avevano smesso - o, meglio, che Calypso aveva concesso a Leo di riposarsi e prendere un drink.

Poi si erano, con grande sconforto di Leo, ributtati nelle danze. Beh, si era detto Leo mentre stringeva a sé la sua fidanzata, il mondo, quasi sicuramente, non finirà domani. Non devo dire a Nico quanto sia stato bello averlo conosciuto, anche se mi ha spaccato un osso, e non devo tirare un pugno in faccia a Will per tutto ciò che gli ha fatto passare negli ultimi giorni, quindi posso anche rilassarmi.
Non erano passati che cinque minuti da quelle considerazioni che Leo aveva deciso di non rilassarsi. Forse era stato quell'istinto a mettersi nei guai anche quando i guai lo stavano lasciando perdere per un attimo per concentrarsi su qualcun altro, o forse la necessità, dettata dal momento, di abbandonare la pista da ballo, anche se reggendosi poco dignitosamente a Calypso e non ai suoi piedi martoriati che ormai si rifiutavano di percorrere anche un solo millimetro: fatto sta che Leo aveva sussurrato all'orecchio di Calypso che forse, ma solo forse, sarebbe stato meglio accertarsi che le cose tra Will e Nico non fossero finite nel sangue. Se stesse temendo per entrambi, o solo per uno, nemmeno Leo avrebbe potuto dirlo con certezza.

Leo aveva detto a Calypso della scomparsa improvvisa dei loro coinquilini e Calypso lo aveva guardato tristemente. Poi la ragazza aveva estratto dalla tasca un cellulare nero e anonimo, che Leo non le aveva mai visto usare e aveva digitato con mano sicura un numero che Leo, suo malgrado testimone di un processo di interesse internazionale nella sua infanzia, conosceva fin troppo bene. “Questa potrebbe essere l’ unica cosa che Nico e io abbiamo in comune: essere i fidanzati di delle spie” aveva borbottato Leo. “Che c’è, Valdez?” aveva chiesto Calypso “Geloso di essere tagliato fuori dal club degli agenti segreti?”
“Oh assolutamente no.” aveva detto Leo una volta che si erano seduti in macchina, alla testa di una lunga fila di altre vetture dell’agenzia per cui lavorava Calypso.
“Come, prego?” aveva chiesto la ragazza, stranita, senza però staccare gli occhi dalla strada.
“Non sono assolutamente geloso di essere tagliato fuori dal club degli agenti segreti. Insomma, può essere molto utile avere un agente segreto come ragazza quando un amico viene probabilmente rapito e bisogna trovarlo, e allora basta un messaggio a qualcuno che lei conosce e viene trovata l’ultima cellula alla quale si è agganciato il cellulare del tuo amico, metro più, metro meno, e con delle tecniche di ricerca incrociata nei fornitissimi database di chissà quale agenzia che farebbero diventare viola dalla rabbia un qualsiasi maniaco della privacy si scopre che potrebbe essere coinvolto un pericoloso criminale internazionale, allora sì, te lo concedo, è utilissimo avere una ragazza come agente segreto. Ma nel momento in cui, dopo neanche un mese dal momento in cui ha accettato di sposarti, trovi la sua vera carta d’identità nel suo cassetto beh… Non è più così tanto utile. E nemmeno molto piacevole, soprattutto se ti si accende una lampadina in testa e decidi di rispolverare quell’unico testo di mitologia greca che sai non essere finito tra le mani del tuo coinquilino.”
Le mani di Calypso si erano strette attorno al volante, mentre gli angoli delle sue labbra si curvavano all’ingiù. “Ascolta, Leo...” aveva iniziato a dire lentamente. Ma il ragazzo seduto sul sedile accanto a lei non l'aveva lasciata continuare. "No, adesso ascolta tu. Ti racconto una storia, vuoi?" Calypso aveva fatto una smorfia, avvertendo l'amarezza nella voce di Leo.
"Le leggende greche raccontano la storia di Calypso, figlia del titano Atlante, costretta dagli dei a vivere sola su un'isola fuori dai confini del mondo per essersi schierata dalla parte del padre, contro di loro, durante la guerra combattuta contro i titani. Le leggende raccontano di come, una volta che Calypso si è innamorata dell'uomo che le è capitato accanto, egli può finalmente lasciare l'isola su cui è confinato. Ogni volta, raccontano le leggende, il cuore di Calypso si spezza un po' di più. Ma quello che leggende non raccontano, beh, quello che non raccontano è come stanno gli uomini dei quali Calypso si innamora. Perché se a tanti di lei non importa nulla, ce ne sono tanti altri che sperimentano lo stesso dolore quando sono costretti a lasciare l'isola della ragazza. Certo, questi uomini potrebbero decidere di restare, e invece scelgono di partire, di dedicarsi alla loro vita... Ma, dimmi, come potrebbero restare dopo che lei gli ha mentito sul loro soggiorno sulla sua isola, rassicurandoli del fatto che avrebbero solo dovuto costruire una nave per poter partire?" Calypso sente un groppo in gola. Leo si era fermato, aveva flesso le dita, e poi, a voce bassa, acido, aveva concluso: "Come dovrebbero sentirsi secondo te questi uomini, Calypso?".
L'ultima parola, lo pseudonimo usato dalla ragazza, era caricato di così tanta tristezza che la ragazza avrebbe preferito di gran lunga una coltellata al cuore piuttosto che dover sopportare la vista di un Leo così deluso dal suo comportamento che non aveva neanche più la forza di urlarle addosso.
***
La pista lasciata dal cellulare di Nico si era rivelata completamente inutile. Gli occupanti delle cinque macchine messe a disposizione di Calypso si erano addentrati nella tenuta senza trovare traccia di Nico - o di Will.
Leo, per la seconda volta in vita sua dalla morte di sua madre, aveva pianto.
Nel momento in cui gli era stato detto che di Nico non c'era traccia, si era lasciato completamente andare. Aveva pianto nell'abitacolo della macchina per ore e ore, aveva rifiutato la coperta che gli hanno portato (la voce di Nico che imita Sherlock dicendo che "è sotto shock, ha anche la coperta" è un ricordo fin troppo vivido nella memoria di Leo. Il fatto che Nico possa essere in pericolo è, al momento, il ricordo più vivido di tutti) e aveva passato la notte in macchina.

Quel lunedì mattina, Calypso stava bevendo il terzo caffè nero bollente ("Il caffè è probabilmente l'unica cosa che Nico e io abbiamo in comune", rimbomba la voce di Leo nelle sue orecchie, e la ragazza sorride amaramente) e aveva tra le mani un vecchio fascicolo. Dalla pagina sotto i suoi occhi, la versione undicenne di Leo sorride sdentatamente, sfrontatamente all'obiettivo. Il fuoco nei suoi occhi non è cambiato.
La ragazza aveva fatto scorrere il dito sulla pagina di fronte a lei. Ormai conosceva la storia a memoria. Leo Valdez, nove anni, sta giocando con dei pezzi del Meccano nell'officina della madre, quando sente un odore strano. Prima che possa arrivare a comprendere che si tratta di fumo, il fuoco ha già consumato il capannone, ed Esperanza Valdez giace a terra, i polmoni pieni di anidride carbonica, e senza neanche il poco ossigeno che le servirebbe a dire un'ultima volta al figlio che gli vuole bene, e che è orgogliosa del su hijo. Leo capisce che per sua madre non c'è più niente da fare, e scappa, scappa più lontano che può, fino alla caserma dei vigili del fuoco, che vedono arrivare un bambino in lacrime, pensano che abbia bisogno di far scendere il suo gatto dall'albero. Quando Leo gli urla che la sua casa è in fiamme, insieme ad altre tre, che facciano qualcosa, por el amor de Dios, l'intera caserma è sul posto in meno di dieci minuti.
Quando un poliziotto lo viene a prendere per interrogarlo, Leo le dice di aver visto delle figure scure scappare nella direzione opposta a quella in cui è corso lui, una volta che le fiamme che avevano appiccato avevano compiuto il loro dovere.
Quelle tre figure, grazie anche al contributo delle telecamere di sorveglianza della zona, erano state identificate con tre tirapiedi al servizio di Paolo Montes, il criminale brasiliano più ricercato d'America.
Paolo non venne incarcerato perché nessuno sapeva dove fosse. O, se qualcuno lo sapeva, aveva preferito rimanere vivo ancora per un po'. Ma Leo, intanto, è diventato il testimone più in pericolo d'America.

Calypso era stata riscossa da un urlo proveniente dalla stanza accanto e si era avvicinata alla finestra schermata del suo ufficio per capire cosa stesse succedendo, attenta a non fare alcun rumore. In mezzo alla stanza, la donna che Calypso aveva visto in abito bianco solo due giorni prima stava gridando ad Atlante, il capo del dipartimento, di organizzare una spedizione, continuare le ricerche, fare qualcosa, for God's sake.
Sulla sua scrivania, il rapporto su Leo Valdez, unico sopravvissuto all'incendio che aveva distrutto quattro palazzi e ucciso oltre quattrocento persone perché il capomafia brasiliano Paolo Montes potesse costruire sul sito una villa, era rimasto aperto.
Un quarto d'ora dopo, Calypso si era avvicinata alla donna - Lou Ellen, se non ricordava male -, che aveva i gomiti appoggiati alla scrivania e la testa fra le mani, e le aveva chiesto se avesse voglia di raccontarle cos'era successo.
Lou Ellen aveva alzato la testa e un lampo di riconoscimento le aveva attraversato le iridi scure.

Angolo Autrice
Come prima cosa, mi scuso per il ritardo praticamente immenso, ma, come da copione, i compiti mi hanno stretto tra le loro malefiche grinfie. In realtà, ci ho messo un po' a pubblicare anche perché volevo verificare il cognome di Paolo (sorpresa sorpresa! Non ve l'aspettavate che il malefico antagonista fosse un personaggio così secondario, eh? Non odio Paolo. Non odio i brasiliani. Avevo bisogno di un plot twist e Brunagonda ha disegnato più di una favolosa fanart dove Paolo flirta con Apollo in brasiliano e, boh, cose e l'ispirazione mi ha preso) e girando su Wikipedia (perché RiordanPedia, la Wiki Fandom dedicata, ha solo le descrizioni dei personaggi principali. Shame on you, shame on your descendance, shame on your cow!) ho scoperto che Paolo capisce perfettamente l'inglese ma parla solo in brasiliano e niente, è diventato il mio nuovo Troll™ preferito dopo lo zio Rick.
   
 
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