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Autore: Madame_Padfoot93    17/09/2017    4 recensioni
Dal Capitolo 2:
"Mentre accarezzava i capelli rossi di Ginny, Hermione alzò lo sguardo oltre la spalla di quest’ultima: il tavolo dei Serpeverde, come sempre, era di fronte al loro e poteva vedere Draco Malfoy, con una smorfia che sembrava essere di puro fastidio, mano nella mano con quella ragazza che aveva visto nella cabina con lui. Astoria, forse. Gli occhi del Serpeverde si puntarono, per un solo istante, su di lei, ma presto distolse lo sguardo, portandolo sulle sue dita incrociate con quelle della ragazza affianco. Hermione ripensò alle parole del Cappello Parlante e della McGrannit: tutti avevano perso qualcuno, in fondo, persino tra i Serpeverde. A differenza di tutti gli altri, loro, non volevano, né pensavano di poter essere compatiti."
* * *
Hermione, dopo la fine della guerra, torna ad Hogwarts; un brillante futuro l'attende e lei spera di poterlo condividere con l'uomo che ama: Ron.
Ma il futuro è spesso imprevedibile e non si può programmare: cosa succederebbe se, nel destino della Grifondoro, ci fosse anche Draco Malfoy? Cosa succederebbe se i due riuscissero ad essere così vicini da toccarsi, in un mondo che urla "Non avvicinarti"?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Capitolo 3: Lezione di Difesa-

Confessioni

 

 

Care Hermione e Ginny,
la vita qui nell’accademia è davvero molto dura,
ma sia Ron che io ce la stiamo mettendo tutta.
Gli allenamenti fisici sono molto intensi e
Ron rimpiange di non essere a Hogwarts:
almeno lì poteva avere una mano con i compiti scritti.
A fine mese avremo già le nostre prime prove,
quindi stiamo studiando davvero tanto
(per fortuna Kreacher ci vizia con tanto buon cibo).
Ci mancate moltissimo,
un abbraccio

Harry


Ps: scusate questa breve lettera
ma siamo sommersi di compiti e siamo già in alto mare.

 

 

Era primo mattino e Hermione stava leggendo la lettera che Harry aveva inviato a lei e Ginny tramite la sua civetta, che ora la guardava con gli enormi occhi scuri in attesa che la ripagasse con un premio. La ragazza alzò gli occhi al cielo: quei due testoni non sarebbero mai cambiati; ripiegò la lettera, la mise nella borsa, porse un biscottino gufico al volatile e riprese a far colazione. Guardò l’orologio, sperando che, almeno quella volta, Ginny non arrivasse all’ultimo momento.Questi Weasley hanno un concetto distorto della puntualità.
Nella Sala Grande regnavano un gran silenzio e moltissime facce assonnate: i ragazzini entusiasti di qualche sera prima si erano presto accorti di quanto potesse essere dura quella scuola. Molti studenti stavano completando i loro compiti, mentre altri sostenevano la testa con le mani affinché questa non finisse nella ciotola di porridge o di cereali che avevano davanti.
Hermione riportò lo sguardo sul suo orologio: erano già un quarto alle otto e la lezione sarebbe presto iniziata. Finalmente avrebbe potuto conoscere meglio quella nuova Professoressa Crockford. Non ne aveva mai sentito parlare né, tanto meno, l’aveva vista tra le file dei combattenti della guerra; inoltre, perché mai era la direttrice della Casa di Grifondoro? Avrebbe voluto fare qualche ricerca, ma con i suoi nuovi impegni da Caposcuola e lo studio trovava ben poco tempo per le ricerche extra.
Però… mi manca la fase “ricerca in biblioteca”.
«Sono qui. Sono qui. Sono qui.» urlò trafelata Ginny, correndo verso lei e facendo scattare molti volti infastiditi. La rossa si buttò sulla panca e cominciò a trangugiare un toast voracemente, facendo segno a Hermione (gesto che solo lei avrebbe potuto capire) di versarle del succo.
«Se tu ti svegliassi quando ti chiamo, non ti ingozzeresti così ogni mattina!» disse questa, passandole un bicchiere di succo di zucca.
«Si, si, si. Hai ragione mamma. – disse Ginny, una volta ingoiato il boccone – Adesso presto, presto, presto! Andiamo!» e dopo aver bevuto in un sol fiato la bevanda offertale, prese la borsa e cominciò a correre verso il portone. Hermione, basita, la seguì cercando di starle dietro: «Insomma, Ginny! Almeno aspettami!»


Entrate nell’aula di Difese contro le Arti Oscure, la prima cosa che le ragazze notarono era la totale assenza di banchi, sedie o quant’altro: la stanza era completamente vuota, eccetto che per la cattedra posta in fondo.
Hermione individuò, tra i vari compagni di altre Case, la testa di Neville, il quale le salutò agitando la mano e facendo poi cenno di raggiungerlo. «Ce l’avete fatta, ragazze! Tra poco inizia la lezione. Non vedo l’ora.» disse, euforico, quando le compagne lo avvicinarono. La ragazza si guardò attorno, notando che molti erano già lì: lei e Ginny dovevano essere tra le ultime ad entrare in aula. Come molte lezioni, anche quella prevedeva la presenza di tutti gli studenti del settimo anno, di ogni Casa: questi, infatti, erano davvero in pochi rispetto a quelli del primo anno che, tra ripetenti e nuovi arrivati, creavano classi davvero numerose.
«Hermione Granger! Strano vederti in ritardo, soprattutto a una lezione di Difesa».
La Grifondoro si voltò in direzione della voce di Anthony Goldestein, che le sorrideva scherzosamente.
«Ciao, Anthony. Beh, come vedi la professoressa non è arrivata e io sono perfettamente puntuale.» disse, salutando il ragazzo. Dietro di lui, Luna guardava estasiata l’aula, finché non incrociò il suo sguardo e le sorrise. La Corvonero si avvicinò al gruppetto, salutando tutti quanti.
Nella stanza si era sollevato un brusio concitato, carico di attesa, che però cessò quando in aula entrò Draco Malfoy; il ragazzo, impassibile agli sguardi un po’ astiosi di alcuni compagni delle altre Case, raggiunse il compatto gruppo di Serpeverde, in disparte rispetto agli altri: quest’ultimi guardavano tutti con circospezione, quasi temendo di essere presto attaccati. Un evento simile, infatti, si era manifestato alla prima lezione dell’anno, quella di Incantesimi, quando un zelante Corvonero aveva espresso apertamente come fosse inconcepibile dover condividere il banco con un figlio di Mangiamorte qual era Theodore Nott; tuttavia nell’aula c’era anche il professor Vitious, che disgustato dal comportamento di uno studente della sua Casa, lo punì con trenta punti in meno. Da allora tutti cercavano di stare alla larga dai Serpeverde, per evitare di perdere altri punti; d’altro canto quest’ultimi sembravano essere infastiditi dall’ “opera di fraternizzazione” messa in atto dai professori. Hermione, sorda alle parole di Ginny che le stava parlando, osservava i Serpeverde incuriosita: Pansy Parkinson e Daphne Greengrass cercavano di parlare tra loro, visibilmente a disagio, lanciando occhiate agli altri studenti, che avevano ripreso a chiacchierare; Theodore Nott e Blaise Zabini stavano in silenzio, appoggiati a una parete, uno con le braccia dietro la testa, l’altro incrociate sullo stomaco, osservando l’aula con un’espressione cupa; infine Malfoy guardava fuori da una grande finestra triangolare, che dava sulle Serre.
«… e dunque mi sembra strano che quei due testoni non si siano ancora fatti sentire. Che ne pensi? – concluse Ginny, ma accorgendosi che l’amica era distratta continuò – Poi volevo danzare con il diavolo nel pallido plenilunio*. Che ne dici?»
Hermione si voltò, un po’ stranita, ma capendo che quella della rossa era solo una provocazione si scusò per la sua disattenzione, chiedendole di ripetere.
In quel momento, dai gradini in legno che portavano all’ufficio del docente di Difesa, scese proprio la professoressa Crockford e nell’aula scese un gran silenzio: il suo abbigliamento era alquanto strano e a Hermione ricordava quello dei cavallerizzi, in particolar modo per gli alti stivali, i cui tacchi risuonavano a ogni suo passo.
«Benvenuta, classe del settimo anno.» salutò la Crockford, con un ampio sorriso; Hermione notò che gli incisivi superiori erano un po’ grandi, tanto da coprire la fila di denti inferiori: per riflesso si portò una mano alla bocca, ricordandosi poi che si era fatta limare i suoi al quarto anno.
«Vedo che siamo un buon numero, anche se pensavo molto meno. Ad ogni modo, prima che dimentichi le buone maniere – e qui risatine sommesse si alzarono tra Tassorosso e Corvonero – io sono la Professoressa Eleanor Crockford, ex Auror presso il MACUSA».
Tra gli studenti si alzarono bisbigli di stupore e ammirazione: il MACUSA era il corrispettivo del Ministero della Magia inglese negli Stati Uniti ed era molto strano che un suo membro fosse venuto ad insegnare ad Hogwarts.
«Mi scusi, Professoressa Crockford – fece Michael Corner, alzando la mano – ma quindi lei non è inglese? E come mai ha lasciato il suo lavoro al MACUSA?»
«Beh, signor… ? – Crockford, in attesa che il Corvonero rispondesse, per poi proseguire – Beh, signor Corner, io sono inglese e ho anche frequentato questa scuola per sette anni tra i Grifondoro. Mi sono diplomata ben quindici anni fa e dopo i M.A.G.O. ho proseguito gli studi in America, dove avrei potuto conoscere nuovi metodi e un mondo magico tutto nuovo». Mentre parlava, camminava avanti e indietro, battendo la bacchetta sul palmo della mano sinistra come se avesse voluto tenere il tempo. «Dopo l’addestramento Auror – continuò – fui subito assunta al MACUSA; ma quando la Professoressa McGranitt mi ha chiesto di insegnare, ho accettato. Il Mondo Magico americano è molto diverso da quello da quello inglese: mostrarvi cosa c’è fuori da qui, dall’altra parte del mondo, in cui la magia è diversa, è nuova… beh, è qualcosa di esaltante». La professoressa Crockford parlava in maniera concitata e con occhi luminosi: sembrava davvero entusiasta di ciò di cui parlava e la sua voce era allegra e trillante.
«Allora, ragazzi. La McGranitt mi ha spiegato cosa avete fatto in questi anni… e quello che avete dovuto fare l’anno scorso. – qui la sua faccia divenne seria e la sua voce perse tutto il tono allegro e divertito – Ovviamente il mio è un corso di Difesa e questo voglio che sia ben chiaro. Vorrei che nessuno, e sottolineo “nessuno”, ne approfitti per poter “far ripagare i torti subiti”. Spero di essere stata chiara». Tutti i ragazzi la guardarono, in un muto assenso.
«Bene! – riprese, la voce di nuovo allegra – Oggi faremo un ripasso degli Incantesimi e per questo ho già sgomberato l’aula. Dunque… chi sa dirmi qualcosa riguardo gli Incantesimi Non Verbali?»

L’ora successiva trascorse velocemente mentre gli studenti si allenavano, lanciandosi tra loro blandi incantesimi e cercando di non pronunciarli a voce alta: solo qualcuno degli studenti più grandi ci riuscì, tra cui Hermione, ma con sua grande sorpresa anche altri suoi compagni non riuscivano a disarmare l’avversario senza bisbigliare.
«Mmm… ok, basta per ora! – disse la Crockford, spalancando le braccia per fermarli – Beh, non che mi aspettassi molto dato i recenti eventi… ma siamo qui per imparare, no? Da oggi in poi faremo almeno mezz’ora di esercitazione sugli incantesimi non verbali. Vi saranno molto utili, soprattutto per chi vuole intraprendere la carriera di Auror. E a proposito di ciò… ». La professoressa appellò dalla cattedra dei fogli, che distribuì a ognuno dei presenti: «In qualità di Vice-Preside di Hogwarts – disse in tono fintamente pomposo – è mio dovere informarvi che avrete lezioni extra». Tra gli studenti si alzarono voci di malcontento:
Come se non avessimo già da studiare per i M.A.G.O.
E il Quidditch?
Uffa, che pal...
Ma la Crockford li zittì: «Silenzio! Ad ogni modo, come potete vedere dai fogli, le lezioni verteranno sulla preparazione ai test d’ammissione per le Accademie e Università Magiche. Troverete per ogni Professore la materia, gli orari e l’aula. Sono solo dieci lezioni, fino ad Aprile: non vi impedirà di giocare a Quidditch, tranquilli».
Hermione abbassò lo sguardo sul suo foglio, cercando di guardare rapidamente chi tenesse le lezioni su Magisprudenza e Medimagia, sperando vivamente di non aver a che fare con Lumacorno.
«Io – riprese la Professoressa – sarò disponibile per chi vorrebbe intraprendere la carriera di Auror, ovviamente, e per chi volesse iscriversi in Medimagia. Troverete lo stesso avviso in bacheca, con le liste per potersi iscrivere. Queste lezioni vi saranno utili su come affrontare gli esami di ammissione, su quali materie dovreste migliorare e su ciò che vi aspetta una volta ammessi; potreste incontrare insegnanti o esperti del settore: vi consiglio caldamente di partecipare. Detto questo riprendiamo!»

* * *

«Merlino, quella donna è pazza! Va come un treno… »
Un’esausta Ginny Weasley si sedette con uno sbuffo sulla panca, al tavolo dei Grifondoro, accanto ai suoi compagni; non vedeva l’ora di poter addentare qualcosa e osservava estasiata la tavola imbandita.
«Di chi stai parlando, scusa?» chiese Hermione, mentre si serviva un cornish pasty; la rossa la guardò sbigottita, allargando i suoi occhi nocciola: «Ma della Crockford, ovviamente! – disse, infilzando con violenza un povera patata al forno innocente – Non solo abbiamo una marea di compiti da fare, ma ci ha anche assegnato compiti extra perché “L’anno scorso non avete fatto Difesa”!» concluse, facendo una strana imitazione dell’insegnante. «Per di più dobbiamo fare queste stupidissime lezioni, per delle stupidissime Accademie. Ah, che nervi! Lo so che non è colpa sua, ma… Oh per le mutande bianche di Merlino!» si bloccò, facendo cadere la forchetta sul piatto.
Hermione sollevò la testa, spaventata dal rumore e dall’interruzione dell’amica.
«Cosa c’è, Ginny?»
«Il Quidditch! Devo ancora formare la squadra e sono già passati tre giorni! Devo subito organizzarmi… Ma come faccio! Piuma! Devo cercare una piuma… e una pergamena! Pergamena… pergamena… pergamena… »
«Ginny, calmati. – fece la riccia, bloccandola per le spalle – Per prima cosa mangia: almeno ragioni con calma. Secondo: tu sei già stata scelta come riserva delle Holly… Dolly… Oh, quella squadra lì! Quindi non devi preoccuparti delle lezioni extra, che per altro non sono obbligatorie e se ti fossi presa la briga di leggere il foglio lo sapresti. Terzo: fammi finire di mangiare e ti aiuto con i compiti, così hai tempo di organizzarti per il… Quidditch. Merlino, per fortuna è l’ultimo anno!»; ma non finì neppure di parlare che Ginny le si fiondò addosso, abbracciandola e ripetendole continuamente “Grazie, grazie, grazie!”.
«Ah, me ne sono dimenticata. – riprese Hermione, dopo qualche boccone – Harry ha scritto!» e passò la lettera che aveva ricevuto quella mattina alla compagna.

* * *

Draco fissava con astio la bacheca degli avvisi; vi erano alcuni fogli affissi, tra cui una copia della pergamena ricevuta quel giorno e diverse vuote, eccezion fatta per il nome del professore che avrebbe tenuto il corso in alto. Alcuni suoi compagni stavano apponendo la propria firma su diversi fogli, chiacchierando tra loro animatamente: alcuni erano entusiasti, altri invece, soprattutto tra i Corvonero, la trovavano un’inutile perdita di tempo e lui non si sorprese affatto di pensarla allo stesso modo.
E lo devo fare! Devo entrare in quella dannata Magiuniversità!
Si avvicinò di più, cercando di farsi spazio tra gli altri studenti che appena lo riconobbero si allontanarono, come se si fossero scottati, tra bisbigli e occhiate oblique. Passò lo sguardo tra i fogli, finché non trovò quello che cercava: prese una piuma dalla borsa e, con una certa stizza, firmò. Notò di essere il primo ad essersi inserito e sperava vivamente di essere anche l’unico: in fondo erano pochi e non tutti avrebbero avuto le possibilità di intraprendere quella carriera.
«Oh, un attimo solo Ginny. Mi segno ai corsi e poi saliamo».
La voce petulante della Granger lo ridestò: era rimasto a contemplare la bacheca per qualche minuto, assorto dai pensieri che lo assillavano da giorni. Vide la Grifondoro avvicinarsi, con lo sguardo rivolto alla borsa, alla disperata ricerca di una piuma.
«Ma dove l’avrò messa?» ripeteva a se stessa.
Per un attimo Draco credette che gli sarebbe finita addosso, ma la ragazza si arrestò improvvisamente, sollevando il volto verso lui.
«Scusami.» gli mormorò, cercando di sistemarsi una ciocca di capelli dietro un orecchio. Draco non si mosse, né le rispose, ma si limitò a guardarla brevemente per poi riportare lo sguardo sulla bacheca.
«Ehm ehm… »
Draco dovette voltarsi nuovamente verso la ragazza, che lo guardava con insistenza.
Cosa vuole, adesso?
«Granger.» disse, con tono neutro, sperando che si levasse di torno.
«Malfoy. – rispose lei, la voce alta e chiara, dopo essersi ripresa dall’iniziale defaillance – Vorrei potermi iscrivere al corso e tu sei proprio davanti al foglio che mi interessa». Lo guardava dritto negli occhi, a testa alta ma senza arroganza o presunzione: era l’eroina del Mondo Magico, colei che più di tutti avrebbe dovuto ripagarlo per i torti subiti nel passato, eppure lo degnava a stento di uno sguardo. Non che la cosa lo interessasse, ma certo non lo comprendeva. Se i ruoli fossero stati invertiti…
Draco si scostò, il braccio teso verso la bacheca e l’aria beffarda. «Ma prego, Granger. Accomodati pure… e riempi tutti i fogli che vuoi».
La Grifondoro non raccolse la provocazione, ma si avvicinò alla liste, le firmò per poi allontanarsi a passo svelto e raggiungere la Weasley senza rivolgergli una sola parola.
Draco non se ne curò molto e, anzi, ne fu sollevato: l’ultima cosa che voleva era litigare con quella saccente So-tutto-io. Doveva sopportare e cercare di non dare nell’occhio.
Profilo basso, Draco.” gli aveva consigliato il padre, poco prima della partenza, ben sapendo come sarebbe stato accolto dai suoi compagni una volta a scuola. In una scuola in cui non sarebbe voluto tornare, in cui non voleva stare.
Si girò in direzione dei dormitori di Serpeverde, ma qualcosa attirò la sua attenzione: sulla lista dei corsi di preparazione in Medimagia, proprio sotto il suo nome, vi era scritto quello di Hermione Granger.
No, no, no, no! Maledizione!

* * *

 

Furente, Draco entrò nella Sala Comune dei Serpeverde.
Dannazione! Proprio lei.
Superò un gruppo di matricole, urtando un ragazzino che con spavalderia gli intimò di stare più attento. Draco si voltò a guardarlo e perse tutto il suo autocontrollo.
«Se no, che fai? Sentiamo. – gli disse, afferrandolo per il bavero – Mi denunci? Mi rovinerai? Cos- » ma si bloccò quando una mano piccola e fredda si posò sulla sua.
«Basta, Draco. Lascialo andare».
La voce di Astoria gli sembrava provenire da molto lontano e si accorse appena che gli aveva fatto allentare la presa, facendo leva sulle sue dita; la ragazza lo prese per mano e lo condusse a uno dei lunghi divani di pelle verde, facendolo sedere, mentre la matricola, sistemandosi meglio la cravatta verde-argento, li guardò brevemente con disprezzo e uscì dalla Sala, facendo un cenno ai suoi compagni di seguirlo.
Draco osservava il fuoco, che scoppiettava nel camino, con uno sguardo tale da sembrare che lo stesse alimentando con il pensiero; Astoria, accanto a lui, si arricciava una ciocca di capelli castani attorno alle dita, guardandolo di sottecchi, finché non sbottò: «Insomma, Draco. Mi dici cosa ti ha preso? Trattare quel ragazzino a quel modo?»
Lui però non le rispose, chiuso nel suo mutismo; a quel punto la Serpeverde sbuffò e si alzò, pronta per dirigersi al dormitorio femminile. «Fa’ un po’ come ti pare».
«Aspetta. – mormorò Draco, così debolmente che Astoria pensò di esserselo immaginato – Scusami. È che… è che è tutto così… complicato. Tu… lo sai, qui non volevo venirci. Tutti mi guardano con disprezzo… con disgusto». Era talmente furioso da non riuscire a mettere insieme una frase senza inciampare sulle parole.
La ragazza, che si era fermata al richiamo del biondo, lo ascoltò in silenzio comprensiva, sedendosi accanto a lui e guardandolo attentamente.
«Beh, te lo aspettavi in fondo. – disse lei, pacata – Tutti noi veniamo visti con sospetto, persino quelle matricole contro cui stavi inveendo». Draco stava per intervenire, ma la ragazza lo precedette: «So cosa stai per dire, e no… loro non sono molto diversi da te. Ti comportavi allo stesso modo, me lo hai detto tu stesso. E anche molti loro, come te… come me, sono cresciuti con l’ideologia della supremazia dei Purosangue. Loro hanno la fortuna di crescere senza i nostri fardelli. Ma Draco, sta a noi decidere cosa vogliamo diventare, chi essere. Tuo padre potrà pure continuare a pensare che noi siamo superiori e stupidaggini simili, ma… »
«… ma non lo siamo.» concluse per lei il ragazzo.
«Già, non lo siamo. Ad ogni modo non credo che sia solo questo quello che ti… beh, diciamo “turba”. Sapevamo bene che avremmo trovato diverse difficoltà una volta tornati a scuola e che gli altri ci avrebbero guardato come spazzatura… »
«Diciamo che ci guardano come se fossimo tutti dei Mangiamorte, assassini graziati solo perché siamo ragazzi. Solo perché… Potter ci ha dato una mano.» la interruppe nuovamente lui, sempre più frustrato e pronunciando con repulsione il nome dell’ex Grifondoro: il pensiero che era stato proprio l’intervento di Potter a permettergli di evitare Azkaban ed essere, così, un “uomo libero”, lo innervosiva e lo confondeva ancor di più.
«Credi davvero che sia solo per questo? Solo perché Potter ha detto qualche parola? Draco, tu pensi sempre il peggio di te stesso. Non sei Lucius, lo sai. E rispetto a lui tu hai una scintilla di bontà».
«E tu pensi che sia stato per “bontà” il fatto di non aver ucciso Silente? O l’aver finto di non riconoscere quei tre, quando si son fatti prendere dai Ghermidori? Tu mi sopravvaluti, Astoria. Io avevo paura. Volevo scappare, fuggire da quell’assurda situazione. Io non sono Potter.» rispose Draco, esasperato, alzandosi dal divano e andando verso la grande finestra, che rifletteva una luce verdognola, da dove poteva vedere gli abissi del Lago Nero.
Anche stavolta Astoria gli si avvicinò, abbracciandolo da dietro, un braccio attorno alla vita e l’altro sotto quello di lui, portando la mano all’altezza del petto e il viso contro la sua schiena.
«È vero… qui dentro non c’è un cuore coraggioso, ma codardo e vigliacco. Tuttavia, per quanto sembri assurdo, non possiamo certo essere tutti coraggiosi e la tua vigliaccheria, in fondo, ha aiutato te e altri. E ora, con la stessa vigliaccheria, ti vuoi nascondere da tutti. Eppure io so, sono certa che non è solo questo: tu sei pentito… o almeno ti stai pentendo».
Astoria sorrise contro le spalle di Draco quando lo sentì sbuffare; sciolse l’abbraccio e lo fece voltare, in modo tale da averlo di fronte a sé: era una fortuna che nessuno avesse ancora messo piede in quella Sala, che risultava miracolosamente deserta. Gli afferrò entrambe la mani tra le sue e lo guardò intensamente negli occhi: «Non sei Harry Potter. Non hai salvato il Mondo Magico. Sei il figlio di un Mangiamorte, pentito per giunta. Sei disprezzato da chi ancora crede nella stupida causa di Voldemort e da chi invece l’ha combattuta. E quindi? Tu hai me, io sono qui. Non ti posso giudicare, perché anche io sono cresciuta con i tuoi stessi valori e anche io sto cominciando a capire quanto fossero sbagliati. Stiamo imparando… insieme. Stai persino pensando alla carriera di Medimago! E non dirmi che è solo per “ripristinare il patrimonio dei Malfoy” perché non ti credo. Non te ne frega più nulla dei galeoni e delle magioni. Vuoi aiutare e allo stesso tempo ripulirti la coscienza. Ma non è un male… perché ti tormenti?»
Draco la guardava rapito e sbalordito: quella ragazzina lo aveva capito; aveva preso le sue emozioni e le aveva sviscerate una ad una e gliele aveva ripresentate in maniera chiara.
Lui si stava tormentando, preso dai rimorsi e dai rimpianti, e credeva di non meritarsi nulla, soprattutto la carriera da Medimago. Per quello era letteralmente impazzito vedendo il nome della Granger: credeva che lei lo meritasse molto più di lui, che lei ne fosse all’altezza molto più di lui e che, a suo confronto, nessuno avrebbe creduto nelle sue capacità.
«È per la Granger… anche lei, a quanto pare, ha intenzione di iscriversi a Medimagia».
Astoria sospirò, alzando gli occhi al cielo, per poi rivolgergli un sorriso.
«Sei davvero uno stupido, Malfoy. E quindi? Sei certo che si iscriverà davvero? O se vorrà fare la Medimaga piuttosto che la Guaritrice? O, nel caso volesse fare la Medimaga, di specializzarsi nel tuo stesso campo? No, non puoi saperlo. Per di più, penso che vorrebbe essere riconosciuta per i suoi meriti e non per l’aver salvato il Mondo Magico: non accetterebbe mai un trattamento di favore a discapito di chiunque, persino del tuo».
Il ragazzo l’ascoltava stregato e tutte le sue paure, le ansie e i timori che lo attanagliavano da giorni sembravano essersi volatilizzati: era bastata una dose di Astoria per calmarlo. Erano bastati quei suoi enormi occhi azzurri per farlo tornare a respirare.
Le accarezzò una guancia, sussurrandole semplicemente “Grazie”.







* Se non riconoscete la citazione.... no, non potete non riconoscerla. In ogni caso, per dovere di cronaca, è la rielaborazione di una celeberrima frase detta dal Joker di Jack Nicholson in Batman (quello con l'unico vero Batman, Michael Keaton). La frase originaria era: "Dimmi bambino, tu danzi mai col diavolo nel pallido plenilunio?"



Note d'autrice (ex Note Padfoottiane, ex Note canine):

Oh, salve. Questo che avete appena cercato di leggere è il terzo capitolo di sta storia. Yeah! 
Lo so, me ne rendo conto: è molto Drastoriacentrica. Ma... ma... ma... come vi ho detto la storia si sta evolvendo da sola e quindi manco io so niente. So solo che la trama c'è... le parole di contorno mi mancano, al solito. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Il prossimo appuntamento sarà Domenica 1 Ottobre (urca, è già Ottobre... per la miseria). 
Infine ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite e le seguite e che l'hanno recensita... voi siete i miei piccoli babà e io ve amo na cifra. 
In particolare ringrazio DANI1993, che mi lusinga sempre con le sue recensioni, e la mia SendyMalfoy, la quale ascolta volentieri le mie strampalate e io le sue. Grazie, mille ragazzi!

Niente, io ho finito di gracidare... ci sentiamo presto... andate in pace!
Ciriciao, 

 

Madame_Padfoot





 

  
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