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Autore: Luana89    04/10/2017    2 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Erano trascorse circa due settimane dall’epilogo funesto della sua tragica relazione, settimane che Nicholas aveva passato immerso nello studio sino a sentire la testa esplodere oppure a compiangersi e ‘’frignare come un moccioso’’ (parole di Evan stanco di sopportare l’atmosfera lugubre che aleggiava). In quel preciso istante si trovavano in gruppo a fissare un..cadavere. Quando il bisturi toccò la pelle aprendola di netto Nicholas sentì le ginocchia tremare, e fu grazie a quella lezione che capì di dover scartare chirurgia dalle possibili scelte. Perché si in effetti ancora non aveva scelto una reale specializzazione, Amanda premeva affinché optasse per oncologia, ma il figlio non era sicuro fosse quello il suo campo. Bisognava che arrivasse una scossa, un segno che gli facesse capire quale fosse la sua strada. La fantomatica ‘’scossa’’ arrivò invece per Evan, nel medesimo giorno. Nicholas capì cosa avrebbe scelto l’amico quando lo vide afferrare il cuore di quell’uomo ormai morto tra le mani, osservò i suoi occhi affascinati, le pupille dilatate e le labbra schiuse e in quel momento una fitta gli mozzò il respiro riportandolo indietro di parecchio tempo, in una stanza buia e soffusa: ‘’Mente o cuore?’’ gli aveva chiesto. Se Christopher aveva fatto della neurochirurgia la sua vocazione, Evan di contro aveva scelto la cardiochirurgia come branca specialistica. Erano le due metà perfette di una mela, per questo erano così amici, così inseparabili.
«Pensavo avresti vomitato dentro lo stomaco del tipo.» Nicholas scoccò un’occhiata in tralice all’altro che se la rideva alle sue spalle. Respirò a pieni polmoni l’aria aperta sorridendo.
«Quantomeno ho capito che la chirurgia potrebbe non fare per me.» Scrollò le spalle prendendosi quella piccola consolazione, di recente aveva pensato spesso alla psichiatria, insomma non era da scartare. La mente restava qualcosa di totalmente affascinante. 
«Non tornerai a casa domani?» Evan interruppe il flusso dei suoi pensieri, Nicholas scosse la testa e l’amico capì fosse meglio non insistere. Natale era ormai arrivato, la madre sperava di rivederlo peccato avesse dato per certa la presenza di Christopher cosa che lo aveva reso desideroso più che mai di non partecipare. Aveva dato come scusa alcuni corsi supplementari, era sicuro che se i genitori se la fossero bevuta lo stesso non sarebbe stato per il fratellastro. Non che gli importasse molto, erano passare ormai settimane dal loro addio e neppure una chiamata, un messaggio o un’improvvisata. Era fin troppo chiara la cosa: tra loro era finita. Per sempre.
 
 
Evan vagava per la stanza comune simile ad uno spettro, un calice di vino nelle mani e la sua solita aria distratta, i suoi movimenti leggiadri ricordavano quelli di un lord. Nicholas appollaiato sul divano lo guardava cercando di capire dove diamine volesse andare a parare con quella maratona improvvisata. Era da circa venti minuti che girava senza meta. La loro camera era composta in maniera molto semplice, avevano una zona ‘’comune’’ nella quale avevano messo divano, televisione, e persino un tavolo da biliardo sotto insistenza di Evan. Infine le loro camere e il bagno, non potevano lamentarsi, anzi.
«Hai intenzione di continuare per molto? Sento di avere ormai gli occhi storti.» Si indicò il viso alzando appena la voce per enfatizzare il sarcasmo, l’altro si fermò appena fissandolo per poi bere un altro sorso di vino.
«Hai deciso se uscire o meno con Carver?» Nicholas sbuffò stendendosi sul divano in posizione scomposta.
«Dovresti smetterla di preoccuparti per la mia situazione sentimentale.»
«Non hai risposto.» Bevve ancora sorridendo candidamente, Nicholas si chiese se perdesse mai la calma.
«Non lo so, non credo.» Tre mesi erano passati, scivolati via per tutti ma non per lui, per lui che aveva sentito ogni minuto scorrere nella pelle come lava bollente, ogni ora un’agonia, le settimane pesanti come macigni e quando un mese finiva ne strappava via il foglio pensando ‘’ecco, è passata, sono ancora vivo senza di lui’’.
«Dovresti andare.» Aveva come l’impressione che Evan volesse restare solo, e in quel momento notò la lieve tensione delle sue spalle. Immaginò aspettasse l’ennesima chiamata di Thomas, tra loro le cose stavano precipitando, nonostante l’altro non ne parlasse mai era evidente. La motivazione? Sconosciuta.
«Sai cosa? Credo andrò a farmi una birretta con i ragazzi del corso. Non aspettarmi.» Si alzò con movimenti agili stiracchiandosi con fare tranquillo, giusto per non far intuire all’altro che aveva capito. Evan però non sembrava applicato sulla cosa, anzi, si limitò ad annuire distrattamente tornando a bere e fissare oltre la finestra.
«Divertiti..» Fu il suo laconico commento poco prima che la porta di richiudesse alle spalle di Nicholas. Il ragazzo provava un’inquietudine che non sapeva spiegarsi.
 
 
Qualcuno bussò alla porta, Evan sorrise stancamente avviandosi con passo lento prima di aprire ritrovandosi davanti i suoi capelli biondi adesso corti e quegli occhi verdi pieni di troppe cose.
«Sei venuto.» La porta si richiuse con un tonfo.
 
 
I ragazzi del corso erano tutti simpatici, provenivano da zone diverse e quindi parlargli era un po’ come conoscere ogni parte d’America senza esserci neppure stato. Carver tra tutti era stato il più disponibile fin da subito e Nicholas non ci aveva messo molto a capire che la sua solerzia fosse più frutto di un’attrazione per lui, che di una bontà d’animo spiccata e innata. Eppure non gli interessava, più lo guardava e più sentiva il vuoto dentro di se. Niente stomaco aggrovigliato, niente cuore che batteva all’impazzata, niente fitte al bassoventre per denotare la crescente eccitazione. Era solo un ragazzo, di bell’aspetto sicuramente, che conversava con lui.
Mentre Carver parlava il suo cervello andò a ritroso nel tempo, ricordò la St.Jules, l’auto di Jeremy ferma al semaforo e Christopher dentro la berlina, seduto in maniera così scomposta e sfacciata. Quando i loro occhi si erano incrociati Nicholas ancora non lo sapeva ma era lì che tutto era iniziato, avevano legato le loro vite perché quello era il loro destino. Non avrebbe mai più provato un’attrazione simile per qualcuno, né tantomeno un amore così grande, lo sapeva bene e doveva imparare a conviverci.
«Vieni con me?» Carver gli sorrise, Nicholas si rese conto di non aver ascoltato nulla dei suoi discorsi, ma aveva comunque capito lo avesse appena invitato nella propria camera. I bivi capitano a tutti nella vita, se ad esempio non si fosse rotto la gamba anni prima, non sarebbe mai passato dall’istituto in auto e non avrebbe visto Christopher. O se sua madre fosse rimasta fedele alla memoria del padre, non vi sarebbe stato Scott; una vita senza Christopher era impossibile da concepire. Sbatté le palpebre rendendosi conto che l’altro era ancora in attesa, e quindi scelse. Si allontanò cinque minuti dopo dal locale con le mani nelle tasche, completamente solo.
 
Fuori dal corridoio giungevano rumori attutiti, Nicholas aggrottò la fronte aprendo la porta e non appena mise un piede dentro sentì il rumore di qualcosa che si rompeva. Sollevò la scarpa fissando quelli che sembravano i cocci di un vaso. Strabuzzò gli occhi osservando la zona comune completamente sottosopra, vetro in terra, vasi frantumati, il cuore gli schizzò in gola finché non vide Evan uscire dalla propria stanza, sembrava tranquillo mentre lo fissava con una punta di sorpresa. Nicholas notò avesse il labbro lievemente gonfio.
«Che diavolo è successo qui.» Indicò il caos attorno a se incredulo, richiudendosi la porta alle spalle.
«Sei arrivato finalmente, pensavo di rivederti nel duemilamai.» Al suono di quella voce rischiò di strozzarsi con la saliva, Christopher ritto contro lo stipite della camera di Evan lo fissava con un mezzo sorrisino nervoso. Lo indicò e poi indicò i cocci a terra, l’altro sollevò le mani in segno di difesa. «Non sono stato io. Perché cazzo avrei dovuto impiantare una scena madre da uomo virile se tu neppure c’eri?»
«Vi prego, chiudetevi in camera ho l’emicrania.» Fu Evan a intervenire mentre raccattava alcuni cocci aiutato prontamente dal migliore amico. Nicholas non riusciva a emettere neppure un suono, stava sognando?
«Posso sapere che diamine è successo?»
«Non saprei, suppongo riguardi il tornado coi capelli biondi e l’aria incazzata che ho visto uscire dalla stanza appena sono arrivato.» Fu Christopher a parlare, piuttosto laconicamente, riferendosi chiaramente a Thomas cosa che sconvolse ancora di più Nicholas.
«E’ stato qui?» Allargò appena le braccia muovendosi cautamente nella stanza.
«A meno che non fosse il suo gemello nascosto, penso proprio di si.» Il sarcasmo del fratellastro lo indispettì.
«Che diavolo ci fai tu qui.» Lo indicò sprezzante, adesso la rabbia tornava lentamente a farsi strada in lui. Erano passati tre mesi, e si degnava solo ora di arrivare?
«Volevo invitarti alla mia laurea.» Il tono calmo e pacato, Nicholas pensò di non aver sentito bene. Si stava laureando? Mancava ancora un anno pieno. Il suo sguardo sbigottito strappò uno sbuffo a Evan.
«Piantala di vantarti del tuo fantastico QI. Sparite, riordino io.»
«Se tu non mi avessi detto che Nicholas usciva con un ragazzo diverso a settimana, forse sarei venuto con più calma e non nel cuore della notte.» Nicholas si strozzò con l’acqua che si era malauguratamente versato per sopperire la carenza di saliva, fissando l’amico che dal canto suo non sembrava sentirsi minimamente in colpa per la bugia.
«Vivere con te è stressante da quando vi siete mollati, dovevo fare qualcosa per salvaguardare la mia sopravvivenza qui.» Indicò loro la porta della camera di Nicholas e Christopher sembrò felice di andarci facendo un cenno all’altro che lo seguì riluttante.
 
Christopher sedette sul letto guardandosi attorno, non era la prima volta che vedeva quella camera eppure appariva ogni volta diversa.
«Sono venuto a tornarti questo.» Uscì dalla tasca l’anello di famiglia che lanciò in direzione dell’altro, lo vide afferrarlo al volo fissandolo stralunato.
«E’ tuo, te l’ho ridato.» Il tono di voce duro mostrava tracce di dolore.
«Lo so, ma non mi ricordo di averti dato il permesso per farlo.» Christopher sorrise, non c’era malizia o ironia in quel gesto e solo allora Nicholas notò i suoi occhi stanchi, sembrava persino dimagrito. Una punta di preoccupazione si insinuò nei suoi occhi.
«Non ha senso per me tenerlo, adesso.» Parlò con ostinazione, non sapeva neppure lui il perché si accanisse così tanto. O forse si, lo sapeva bene.
«Avrebbe senso se tornassi da me. Se ricominciassimo.» Christopher si alzò andandogli incontro, ottenendo però solo l’allontanamento altrui verso il lato opposto della stanza. Sospirò stropicciandosi gli occhi, era lì per un motivo e doveva portarlo a termine, nonostante gli costasse fatica. Aveva messo a soqquadro il suo mondo in quei tre mesi, e se non avesse ottenuto nulla a che sarebbe valso?
«No. Sarebbe tutto uguale, io che ti corro dietro, che elemosino amore, un amore in cui tu non credi.» Abbassò il tono della voce come se non volesse che Evan sentisse, il tono disperato e pieno di lacrime non versate.
«Ho sempre pensato che amare solo se stessi fosse l’arma migliore per proteggersi. Sai, dopo mia madre..» si stoppò fissandolo in maniera eloquente. «Dopo di lei pensavo che l’amore fosse qualcosa di pericoloso e letale, come un dolce prelibato ripieno di cianuro. Se neppure la donna che mi aveva messo al mondo era in grado di restarmi accanto amandomi ..che speranze aveva qualcun altro?» Strinse la mascella fermandosi il tempo necessario a riprendere il controllo della propria voce. «Poi sei arrivato tu, penso di averti amato da subito, o quasi. Quando andai in galera, non riuscivo a pensare alla mia vita senza di te, ma nonostante questo cercavo una spiegazione logica alla cosa, qualcosa che mi illudesse d’essere ancora il padrone indiscusso della mia vita.» Si mosse con cautela verso l’altro che stranamente non si ritrasse troppo preso a fissarlo con occhi lucidi.
«Se fosse come dici, perché in questi tre anni mi hai relegato nell’angolo? E’ così che ami? O peggio, è questo che credi sia amare?» Si ritrasse al tocco della sua mano scuotendo il capo come a intimargli di non farlo.
«Ho pensato al nostro futuro, mi sono concentrato sullo studio, volevo raggiungere in fretta i miei traguardi. Prima lo avrei fatto e prima sarei tornato da te.» Respirò profondamente passandosi una mano tra i capelli lievemente scarmigliati. «Nicholas non sono stato con nessuno dopo di te, e non voglio nessuno oltre te. Io ti amo.» Il tono uscì lievemente disperato, aveva il timore di essere arrivato tardi, di aver rovinato tutto con quella sua solita freddezza che troppo spesso lo teneva lontano dalle persone, che le faceva dubitare del proprio affetto per loro. Chiuse gli occhi pensando a un modo, una soluzione, per far capire a Nicholas l’immensità delle cose sentite e provate. Sentì il palmo della sua mano sulla propria guancia, quando riaprì gli occhi l’altro era talmente vicino da riuscire a distinguere la spruzzata di lentiggini sul naso.
«Sapevo che era sbagliato, totalmente errato, attendere il tuo ritorno. Ma sono felice di averlo fatto..» Sorrise per poi coglierlo di sorpresa baciandolo con tale trasporto da farlo barcollare indietro nel tentativo di afferrarlo. Le loro lingue si mischiarono ai respiri, c’era urgenza in quei tocchi, urgenza nel modo in cui i loro vestiti cadevano a terra come foglie ormai mature. C’era urgenza nel modo in cui si presero, nel modo in cui si graffiarono e morsero, nel modo in cui accolsero l’acme del piacere che esplose contemporaneamente.
 
 
Nicholas giaceva nudo e dormiente sul letto, il respiro tranquillo, le ciglia accarezzavano quasi le guance. Christopher lo coprì con il lenzuolo strisciando fuori in silenzio, mettendo solo i pantaloni per poi uscire fuori dalla stanza. La zona comune era rischiarata dalla luce naturale della luna, i suoi occhi ci misero un po’ ad abituarsi finché non vide la sagoma in piedi contro la finestra, un bicchiere mezzo vuoto tra le mani, i capelli lisci lievemente scompigliati.
«Sono contento che finalmente ti sia deciso a fare la cosa giusta. L’ho sempre saputo, sai? Il modo in cui lo guardavi..» Evan parlò a bassa voce rendendo palese il fatto che si fosse accorto della presenza alle sue spalle. Christopher gli si avvicinò prendendogli il bicchiere dalle mani per berne una lunga sorsata.
«Me lo dirai?» Era evidente si riferisse a cosa fosse successo in quella stanza prima del suo arrivo.
«Ci siamo lasciati.» Evan parlò come se gli costasse fatica, era da sempre un vincitore uno alla quale i fallimenti piacevano poco, che fossero privati o professionali era irrilevante, ma Christopher intuì non fosse solo quello. Non stavolta.
«Sei stato tu vero? Sei stato tu a distruggere la stanza.» Indicò la sala adesso ordinata e l’altro sorrise sghembo.
«Ci sono amori destinati a consumarti. Amori circoscritti ad un determinato periodo della vita, che sembra insignificante se paragonato all’intera esistenza che ancora ti resta, eppure cambiano drasticamente tutto. Hanno la valenza di un tornado.» Si diresse verso il frigobar versandosi da bere, voltandosi infine verso il migliore amico.
«Vi siete detti addio quindi?» Inarcò un sopracciglio parlando con cautela.
«Lui mi ha detto arrivederci, io gli ho detto addio.» Scrollò le spalle ingollando una generosa dose di liquore che non spense l’incendio nella gola.
«Piuttosto severo come sempre, e sei sicuro di questa decisione?»
«No, per niente.» Risero amaramente a bassa voce.
«Come disse il grande Catullo: Ave atque vale, fratello.» Sollevò il bicchiere in un brindisi silenzioso e l’altro lo imitò.
 
 

Two years later.
 

 
La cerimonia sarebbe iniziata a breve, nel giardino adornato la gente iniziava a sedersi in attesa di vedere i due sposi entrare. Evan era il testimone di Christopher, fissava Jeremy dalla parte opposta testimone di Nicholas. Il fatto che stessero presenziando al matrimonio di quei due era la prova palese che l’amore spesso poteva bastare. Si chiese perché per lui quella regola non avesse contato poi molto. Non vedeva Thomas da due anni, non dopo quella notte almeno, aveva cestinato i suoi messaggi, distrutto le lettere prima di aprirle e deviato le chiamate. Poi il nulla, Thomas un bel giorno era semplicemente sparito probabilmente stanco o peggio indifferente, fino ad oggi almeno.
«E’ proprio vero che i soldati hanno fascino.» Rebecca gli si avvicinò con un sorrisino malizioso che venne accolto dall’occhiata più imperscrutabile del gemello, era evidente comunque si riferisse al proprio ex fidanzato che stava entrando giusto in quel momento. Era cambiato molto, capelli adesso corti, muscolatura ben più sviluppata, occhi severi come se avesse visto cose che l’avessero portato a indurirsi. I loro occhi non si incrociarono mai, eppure furono sempre consapevoli di dove fosse l’altro.
La cerimonia andò bene, si scambiarono gli anelli sotto gli occhi emozionati di tutti coloro che avevano vissuto quella relazione. Persino Lucas si era presentato, voci certe lo davano adesso molto amico di Thomas, entrambi nel medesimo reggimento non vi era missione che non facessero insieme.
«Lo avresti mai detto?» Christopher si avvicinò a Nicholas con un sorrisino.
«Cosa?» Aveva capito benissimo la domanda, ma stuzzicarlo era troppo divertente.
«Quel giorno quando ci fissammo, tu nell’auto di Jeremy e io in quella di mio padre. Avresti mai detto che sei anni dopo ci saremmo ritrovati qui?» Si sporse strappandogli un bacio a tradimento, non era cambiato di una virgola in quello.
«Ovvio che si. Ho tentato più volte di fuggire da te, da tutto quello che mi facevi provare, e più lo facevo più mi rendevo conto che saremmo finiti nel medesimo punto. Insieme.» Christopher annuì, sembrava soddisfatto della risposta.
«Sei un bugiardo patologico, mi piaci anche per questo.» Nicholas rise, cristallino come sempre. «E’ un bel punto questo, non per vantarmi ma la vista è fantastica.» Si beccò una gomitata che accolse con una risatina. I loro occhi abbracciarono tutta la sala, alcuni visi più amati di altri, alcuni erano entrati dopo nella loro vita e altri ne erano usciti senza più tornare. Spiccava tra tutte l’assenza di Ruth, Christopher si era mantenuto stoico e intransigente su questo, rifiutando di vederla da quel giorno fuori la prigione. Non che lei avesse fatto chissà che sforzo, eppure Nicholas a volte la pensava. Una donna sola, piena di dolore, forse adesso pentita.
«A prescindere da tutto, mio carissimo marito, ero sicuro saresti capitolato.» Lo stuzzicò nascondendo un sorriso contro il calice di champagne.
«Ah si? E come mai?»
«Sono da sempre ciò che vuoi, Christopher Underwood.» Una risata bassa accolse quelle parole che scimmiottavano l’altro, seguita da un bacio pieno di promesse imminenti che Nicholas scommetteva si sarebbero avverate non appena avessero messo piede nella stanza. 

 
  
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