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Autore: EffyLou    14/10/2017    2 recensioni
«Questi giardini sono tuoi, e da ora fino ai secoli a venire… tutti coloro che vedranno i giardini pensili di Babilonia dovranno sapere che appartengono alla regina Amytis.»
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Si dice che la regina Amytis, proveniente dalla verdeggiante e montuosa Media, fosse osì triste per la nostalgia della sua terra, che Nabucodonosor volle replicare a modo suo quei monti, per renderla di nuovo felice.
[2144 parole]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità
- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Antiche'
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I giardini di Amytis


Nabopolassar rimase in guerra con l’impero Assiro per molto tempo. Alla fine il conflitto si concluse grazie al contributo del re dei Medi, Ciassare.
Ciassare e Nabopolassar divennero così amici, che vollero unire le dinastie Medie e Babilonesi, patteggiando un matrimonio tra il figlio del re di Babilonia con una possibile figlia del re della Media.  
Nabucodonosor II nacque nel 634 a Babilonia. Già dalla tenera età sapeva di avere una promessa sposa. Si chiama Amytis, era nata ad Ecbatana nel 630. Di tanto in tanto, nel corso degli anni, gli veniva inviato un dipinto della sua futura sposa che cresceva e si faceva sempre più bella.
Nabucodonosor crebbe, però, con una rigida formazione politica e militare. Era l’unico erede al trono di Babilonia ed era sua ferma convinzione onorarlo al meglio.
Si distinse, fin da ragazzo, per l’abilità in ambito militare. Dimostrandosi un uomo di polso, con la mano ferma, agguerrito. Apprezzato fin da subito dal popolo, nel 606 suo padre Nabopolassar abdicò in suo favore.
Tuttavia, Nabucodonosor non poté subito ufficializzare la sua ascesa al trono con una cerimonia, poiché venne impegnato in una battaglia contro gli egiziani a Karkemish conclusasi solo alla fine dell’estate del 605, dopo che inseguì e uccise tutti i superstiti dell’esercito.
Mentre era ancora zuppo del sangue del nemico, in mezzo all’arida terra d’Egitto con la spada sguainata, gli arrivò un messaggero che lo informava della morte del padre per cause naturali.
Nabucodonosor arrivò a Babilonia con l’autunno, organizzò i sontuosi funerali per il padre e, al contempo, si occupò di far preparare la sua incoronazione.

Avvenne in primavera dell’anno seguente.
L’aria calda sulla pelle, i corpi avvolti nei tessuti colorati e ornati dall’oro e dalle pietre preziose.
Nabucodonosor era nella tempio dedicato al dio Marduk, i sacerdoti avevano fatto ricche offerte propiziatorie per favorire l’ascesa del nuovo re. Ma egli sapeva che Marduk era dalla sua parte: nelle sue campagne militari, lo aveva sempre aiutato a vincere.
La corona che gli posarono sul capo era interamente d’oro, si allungava verso l’alto come una cupola. L’oro era finemente lavorato per creare ghirigori elaborati, i simboli che prevaleva erano collegati alla persona di Nabucodonosor: il leone e la falce, l’arma a lui connessa, e la vegetazione, collegamento al dio Marduk, il dio caro al nuovo re.
Con l’incoronazione, Nabucodonosor avrebbe incontrato per la prima volta la sua futura moglie.
Amytis andò da lui durante i festeggiamenti e il banchetto sontuoso, in cui venivano offerti ai partecipanti i vini più fini, la carne più pregiata e più saporita dell’intera Mesopotamia.
Quando la vide, la riconobbe. Dal vivo era senz’altro più bella, il re pensò che quei dipinti non le rendessero giustizia. Lei s’inchinò al suo cospetto, seguita dalle ancelle che le tenevano un delicato parasole viola intessuto d’oro.
«Sei molto più bella dei dipinti, principessa Amytis. Siediti con me, parliamo.» le disse con un accenno di sorriso.
«Mio padre Ciassare ti porta i suoi doni e i suoi auguri per un lungo regno, e ti prega di scusarlo se non è potuto venire alla tua incoronazione. È molto vecchio, mio re. Spero capirai.» mormorò lei, accomodandosi di fianco a lui.
Nabucodonosor portò la coppa di vino alle labbra, guardando di fronte a sé. «Ho conosciuto tuo padre al funerale del mio. Un uomo di raro coraggio e abilità militare. Un vecchio soldato ha il sacrosanto diritto di restare in casa sua a riposare. Il viaggio da Ecbatana a Babilonia non è così breve, si sarebbe stancato più del dovuto.»
Il re aveva il comportamento distaccato e austero. Amytis lo osservò incuriosita: la pelle ambrata, le cicatrici rosee sul viso dovute alle battaglie, i riccioli neri che uscivano dalla corona e la barba, anch’essa nera e riccia, ben curata e ornata da anelli d’oro. Gli occhi dal taglio famelico, erano neri come la notte e incastonati sotto sopracciglia ben disegnate. Alle orecchie portava vistosi orecchini ornati da pietre preziose, e alle narici aveva due cerchietti d’oro.
Amytis se lo immaginava più vecchio, invece non aveva nemmeno trent’anni e, dunque, non era molto più grande di lei.
Lei, dal canto suo, ne aveva venticinque. La pelle era di un pallore dorato, le labbra carnose, il naso piccolo. Gli occhi avevano una forma quasi allungata che le conferiva un’aria sensuale, ed erano neri come il carbone, come le onde dei capelli che le incorniciavano il viso. Alle orecchie, preziosi pendenti in argento e pietre ricercate.
«Posso avere l’onore di mostrarti Babilonia?» le domandò d’improvviso, alzandosi in piedi quasi non attendesse neppure un responso da parte della giovane.
Lei s’alzò velocemente, come di riflesso, elegante come un felino. Nabucodonosor le porse la mano: grande e forte, le dita inanellate, un polsino d’oro tempestato di pietre preziose. Amytis l’afferrò senza esitare. Si lasciò guidare per le vie di Babilonia.

 
Amytis e Nabucodonosor si sposarono dopo quattro mesi, tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno.
Il sogno dei loro padri di unire le dinastie era ora consolidato, così come la loro amicizia era finalmente stata sancita dal matrimonio politico. Ora l’esercito Babilonese vantava l’appoggio di quello Medio, e con esso anche i territori dell’impero che fu di Ciassare, esteso fino al confine con la Sogdiana, si prendeva il Paropamiso e arrivava al limitare orientale dell’Arachosia.
L’impero Medio era vasto. Eppure, a lui interessava Babilonia.  
Durante i primi dieci anni del suo regno, quasi annualmente, compì campagne militari nella zona di Hattu e raccolse pesanti tributi. Li utilizzò sia per finanziare le sue spedizioni, sia per edificare abbellimenti per la città e per la sua difesa.
Innalzò le mura difensive, rendendo Babilonia inespugnabile: lunghe oltre quindici chilometri, spesse più di otto metri, e alte fino a cento. Erano state costruite circa duecentocinquanta torri di vedetta lungo il percorso delle mura, e per controllare il traffico a piedi erano state costruite otto enormi porte. Tra cui la Porta di Ishtar, a nord.
Nabucodonosor s’impegnò per migliorare i templi e le ziqqurat già esistenti, e per costruirne di nuovi. Alla fine la città vantava circa ottanta strutture religiose.
 
Babilonia era diventata bellissima.
Era meravigliosa, con le sue ziqqurat e i suoi mercati colorati, le vesti delle donne fruscianti al vento dell’est. Dal terrazzo del palazzo reale, si vedeva la Aj-ibur-shapu decorata da sessanta bassorilievi in oro, per lato, raffiguranti leoni alati a grandezza naturale. La Via Processionale cominciava alla Porta di Ishtar, di quel magnifico colore blu cobalto e decorata da altri piccoli bassorilievi d’oro.
Nonostante fossero passati ormai nove anni dal suo matrimonio con Nabucodonosor e il suo trasferimento definitivo a Babilonia, la città la lasciava sempre senza fiato per la sua bellezza.
Eppure, dopo tutti quegli anni, Amytis sentiva la morsa della nostalgia. Non aveva più fatto ritorno in Media.
In quei pomeriggi di primavera, che l’aria spirava portando con sé i profumi delle spezie del mercato, l’odore degli incensi dei templi e la musica delle piazze, Amytis ricordava la sua infanzia a Ecbatana.
Era figlia illegittima di Ciassare, nata fuori dal matrimonio. Eppure era la sua unica figlia femmina, e suo padre non le negò mai l’affetto o il trattamento di una vera principessa. Anzi, il suo peccato di nascita fu insabbiato: il re, in accordo con sua moglie, decisero di riferire che Amytis era loro figlia e che la gravidanza della regina era stata tenuta nascosta poiché i medici non erano sicuri della sua stabilità e i sovrani avevano preferito non “illudere il popolo”.
Qualcosa che, comunque, la principessa non aveva mai compreso appieno. Ma era felice che Ciassare l’avesse cresciuta con tutto l’amore e gli onori che si riservano ai figli legittimi.
Venne educata secondo l’usanza Media, imparando a diventare una buona moglie e una buona principessa. Nei momenti in cui non veniva seguita da un precettore, Amytis si aggirava nel serraglio di suo padre e le donne la coinvolgevano nelle loro danze sacre dedicate ad Ishtar.
Nel serraglio, in realtà, c’erano soprattutto le donne della sua famiglia: le sue zie, la madre e la nonna, le cugine, le ancelle. Era un luogo interamente dedicato alle donne che abitavano a palazzo.
Anche Nabucodonosor lo aveva.
Amytis ricordava quando saliva sul terrazzo a Ecbatana con le altre donne nei pomeriggi d’estate, e guardavano la città, impicciandosi di ciò che accadeva nelle strade. Ma lei non guardava mai in giù, aveva sempre il naso verso l’alto e fissava davanti a sé.
Le montagne con le loro vette innevate, i sentieri serpeggianti che si intrecciavano sui fianchi rocciosi, batuffoli di nuvole che avvolgevano tutto come un velo divino. Le sue amate montagne, coperte dalla boscaglia verde come la giada, con sprazzi di colori dei fiori che sbocciavano per la stagione, punteggiati dai frutti rossi e gialli.
Tra quei boschi, suo padre e i suoi amici più fidati facevano battute di caccia e al loro ritorno c’era sempre deliziosa selvaggina da mangiare.
Quei monti erano impressi nella sua mente vividi come tatuaggi, come se li avesse di fronte anche in quel momento.
Poi sbatteva ripetutamente le palpebre, e le sue montagne sparivano lasciando il posto alle ziqqurat e ai templi, alle mura di cinta e alle torri di guardia. E improvvisamente, Babilonia non le sembrava più tanto magnifica, senza il verde giada dei boschi e il profilo dei monti.
Nabucodonosor, vicino a lei, la osservava incuriosito da quel mutare d’espressione. Inizialmente ammaliato, poi assente, infine amareggiato. Da qualche tempo ormai la sua amata sposa cambiava in modo così repentino lo sguardo, e sospirava come colta dallo sconforto.
Le strinse dolcemente la mano, con quel suo fare un po’ goffo quando si dimostrava affettuoso.
«Sei triste, mia regina?»
Amytis lo guardò come presa alla sprovvista, e abbassò gli occhi. «No, sto bene. Solo un ricordo.»
«Non doveva essere un bel ricordo, se hai questo sguardo triste. – le prese il mento tra le dita, per sollevarle il viso e guardarla negli occhi neri. – Per favore, mia amatissima, dimmi cosa c’è che non va. Cosa ti rende triste? Io farò tutto ciò che è in mio potere per vederti felice.»
La regina arrossì. Decise di parlargli dei morsi della nostalgia, gli raccontò di Ecbatana e dei monti che amava guardare. Si sentì sciocca a provare nostalgia per delle semplici montagne. Non gliene aveva mai parlato prima, perché temeva che lui non la considerasse una cosa importante ma, anzi, infantile. Temette di risultare capricciosa e superficiale; invece quando terminò di parlare, Nabucodonosor sorrise. Amytis vide il bianco dei denti tra la folta barba nera.
«Portarti a Ecbatana non risolverà il problema. Una volta che tornerai a Babilonia, verresti colta di nuovo dalla nostalgia e io voglio eliminare questo sentimento dal tuo cuore. Questi occhi tristi… io non li voglio più vedere. – si alzò in piedi, lisciando la veste con le mani. – Ho avuto un’idea.»
 
 
I lavori furono ultimanti in pochissimo tempo, per i primi giardini sparsi qua e là per Babilonia.
Così, una volta terminati, Nabucodonosor condusse Amytis sul terrazzo con un fazzoletto sugli occhi, e una volta in cima glielo tolse.
Ciò che la regina vide la lasciò senza parole. Terrazzamenti decorati con scale e statue d’oro, le mattonelle smaltate di blu con bassorilievi d’oro, ma la cosa più importante era la vegetazione: fitta, rigogliosa, a tratti scendeva lungo le pareti dei terrazzi e le varie colonne portanti, c’erano canali d’acqua che scorrevano nel verde per l’irrigazione, fontane, persino piccole cascate.
Amytis pensò a quanto aveva lavorato Nabucodonosor per quel progetto: aveva dovuto ragionare sulla struttura, sul sistema d’irrigazione per sollevare l’acqua dai fiumi e portarla ai giardini, aveva utilizzato un diverso tipo di terreno per piantare lì alberi e fiori che non erano tipici della zona.
C’era un enorme lavoro d’ingegno e di manodopera dietro quel paradiso terrestre, e solamente per rendere lei di nuovo felice. Amytis sentì le lacrime pungerle gli occhi, e si portò una mano alle labbra.
«Ti piace?» la incalzò il re, osservandola con occhi attenti.
«Oh, per tutti gli déi, lo amo. È meraviglioso. Io non so come ringraziarti, mio re.»
Lui sorrise. «I tuoi occhi, la gioia del tuo sguardo, mi stanno ripagando di ogni cosa. – le accarezzò dolcemente la schiena. – Ne verranno costruiti molti altri. È la mia versione delle montagne della Media. Spero che possano farti sentire a casa.»
«Hai fatto tutto questo lavoro per me.» sussurrò, incapace di distogliere lo sguardo.
«Avrei voluto staccare quei monti e portarli qui, appena fuori le mura di Babilonia. Ma non sono un dio, mi sono adattato. Tutta la fatica che faccio per renderti felice, scompare e viene ripagata con gli interessi quando ti vedo sorridere commossa. Io farei di tutto pur di vederti sempre così, e se l’ostacolo non è la natura, allora niente mi fermerà. – la baciò tra i capelli. – Questi giardini sono tuoi, e da ora fino ai secoli a venire… tutti coloro che vedranno i giardini pensili di Babilonia dovranno sapere che appartengono alla regina Amytis.»




 
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Scrivendo il 14esimo capitolo di Rossane - il fiore di Persia, ho accennato alla leggenda secondo cui Nabucodonosor fece costruire i giardini pensili per rendere sua moglie Amytis, originaria della Media, di nuovo felice. E niente, sono pazza e ci ho scritto una one-shot. L'ho scritta di getto, in una serata. L'ho ricontrollata al volo e sono abbastanza sicura che domani non mi piacerà, ma intanto la posto (( Per scrivere il nome del re ogni volta impiegavo anni (?) )).
Ad ogni modo, l'accuratezza storica non so quanto sia accurata perché pur avendo fatto le dovute ricerche... si parla di un periodo molto più lontano e un po' meno documentato rispetto, magari, al contesto storico di Alessandro Magno.
È la mia prima one-shot, non ne avevo mai scritta una e boh, forse mi sono dilungata tantissimo ma non è stata così disastrosa come immaginavo HAHAHAH spero.
Ad ogni modo, se passate e spulciate, mi farebbe piacere un'opinione! ♥
Un bacino ♥

 
   
 
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