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Autore: Sakura Kurotsuki    20/10/2017    6 recensioni
«Eccolo, il bambino sopravvissuto che era diventato un uomo, con gli occhiali storti sul naso che a malapena nascondevano gli occhi verdi appesantiti dalle occhiaie. [...] “Hermione” esordì Harry, togliendosi gli occhiali e pulendoli alla bell’è meglio sulle vesti. “Quasi mi pento di averlo chiamato in quel modo.” Il piccolo James Sirius aveva deciso di dimostrare fin da subito di essere il degno erede dei suoi predecessori.»
Seconda classificata al contest "... dopo (II edizione)" indetto da chia_3 sul Forum di EFP.
Genere: Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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DETTAGLIO RIVELATORE



 
 
 
 

Hermione Granger picchiettava pigramente l’indice sul tavolino da bar, una mano sotto il mento in una posizione che non faceva altro che accentuare le rughe che cominciavano a formarsi attorno alle labbra, come intravide specchiandosi sul portatovaglioli; pensò che, quando si è sopravvissuti ad una guerra, certi segni sul proprio corpo dovevano essere accolti con gratitudine e rispetto.
Delle gocce di pioggia cominciarono a picchiettare la vetrata. Ben ti sta, pensò Hermione con un sorriso pensando all’amico che come al solito era in ritardo.
Fu in una mattinata piovosa di ottobre, in una delle tante giornate dopo la Seconda Guerra, che un uomo trafelato fece il suo ingresso in una delle caffetteria nella Londra babbana. Eccolo, il bambino sopravvissuto che era diventato un uomo, con gli occhiali storti sul naso che a malapena nascondevano gli occhi verdi appesantiti dalle occhiaie. Hermione ridacchiò quando l’amico si sedette sfinito di fronte a lei. Il grande Harry Potter, battuto da un neonato armato solo di un ciuffo di capelli in testa e un paio di tonsille, anche se di tutto rispetto.
“Due cappuccini” ordinò alla giovane cameriera che si era avvicinata al loro tavolo con un blocchetto e tutta l’aria di aver voglia di trovarsi ovunque tranne che lì. In un letto, magari. Che poi era la stessa del suo amico seduto di fronte a lei.
“Hermione” esordì Harry, togliendosi gli occhiali e pulendoli alla bell’è meglio sulle vesti. “Quasi mi pento di averlo chiamato in quel modo.” Il piccolo James Sirius aveva deciso di dimostrare fin da subito di essere il degno erede dei suoi predecessori.
“Certo che non te ne penti”
“No” convenne lui, con un sorriso stanco, “ma credo che delegherò le ricerche alla squadra, oggi, e rimarrò in ufficio.”
“Devi essere proprio sfinito se preferisci il lavoro d’ufficio ad andare là fuori a caccia dei cattivi” commentò Hermione. “Ron mi ha detto che l’altra sera ti sei addormentato durante la vostra serata da uomini
Harry sospirò, guardandola: le aveva sempre invidiato la sua capacità di mantenere il controllo in ogni situazione e di svolgere ogni compito con ordine. Erano lontani i tempi in cui Hermione prendeva i compiti non finiti suoi e di Ron e li completava per loro, a notte fonda, nella sala comune di Grifondoro. Ora la sua migliore amica era ad un passo dal diventare Ministro della Magia, mentre lui, il Prescelto, non riusciva nemmeno a portare a termine una serata con il suo migliore amico e un paio di Burrobirre.
La giovane cameriera che aveva preso le loro ordinazioni tornò al loro tavolo portando con sé due tazze fumanti che posizionò davanti a loro. Harry, interrotto nelle sue elucubrazioni, si voltò nervosamente verso la vetrata per evitare lo sguardo della ragazza e farle capire chi stesse servendo, nonostante si trovassero in un locale babbano.
“Era da tanto tempo che non facevamo colazione insieme” disse Harry, mentre una piacevole sensazione gli pervadeva lo stomaco.
“Perché non riuscivi mai a presentarti in tempo” lo rimbeccò bonariamente lei.
“Vero. Be’ oggi ce l’ho fatta. Il demonietto mi ha concesso cinque ore di sonno”
“Tu e Ginny ve la cavate” lo rincuorò Hermione.
“Lei è più brava di me” ammise Harry, mescolando pigramente la bevanda. “Gli tiene testa, al piccoletto”, e davvero, Harry non aveva mai avuto dubbi sul fatto che sarebbe finita così: sua moglie era una combattente nata. Si era recata in redazione ogni mattina alla stessa ora, fino agli ultimi mesi di gravidanza. “Le donne sono forti” gli aveva sempre detto, in risposta alle sue proteste.  
“Comunque Ron dice che sei troppo stressato” continuò Hermione, posando la sua tazza. La caffetteria cominciava ad essere più gremita, ora. Il campanello sopra alla porta suonava con più frequenza. “E vorrebbe combinare qualcosa stasera. Da voi.” Naturalmente. Ron non perdeva occasione per presentarsi da loro e offrirsi di fare da babysitter al piccolo James, nonostante Ginny fosse in maternità. Harry ed Hermione si scambiarono un’occhiata di sottecchi, una di quelle che si scambiavano da ragazzini, sopra il tavolo della Sala Grande, quando la notte prima avevano gironzolato per la scuola in tre sotto il mantello dell’invisibilità di Harry. Poi Harry, la versione adulta, guardò l’orologio ed alzò gli occhi al cielo. “Devo andare” disse stancamente, confidando che il succo di zucca gli avrebbe dato la spinta necessaria per superare anche quella giornata, come faceva sempre anche a Hogwarts nei giorni in cui nel suo orario comparivano due ore di fila di Pozioni.  
“Buona fortuna in ufficio” gli augurò Hermione. “Dopo passo a vedere come te la cavi… e a svegliarti, nel caso”
“È successo una volta sola!” protestò Harry, ricordando di quella volta in cui si era sentito scuotere per una spalla ed era Hermione, con attorno un alone di fumo che lui non aveva compreso subito.
Ti ho sorpreso una volta sola” puntualizzò Hermione.
“Ma non eri costretta a sfondarmi la porta dell’ufficio. Era sufficiente un Alohomora
“Non rispondevi, mi ero spaventata.” La sua migliore amica, sempre preoccupata per lui.
Harry si voltò indietro che era sulla porta, che tintinnò quando lui la aprì. “Comunque va bene per stasera”
Hermione fissò la sua tazza – ancora piena fino all’orlo – e quella vuota lasciata da Harry in cui erano visibili i rimasugli della caffeina e dello zucchero. Impossibile non ripensare a Sibilla Cooman e alle ore di Divinazione nella torre Nord del castello, che lei aveva tanto odiato e presto abbandonato. Con la fine della guerra e l’avvento dell’età adulta, Hermione aveva cominciato a nutrire un certo rispetto per quella donna stravagante che, dopotutto, una veggente lo era davvero, e aveva combattuto nella Battaglia di Hogwarts come una vera guerriera. Per quanto affetto avesse imparato a nutrire per la professoressa Cooman negli anni, non le serviva la sua materia per capire che cosa si prospettasse all’orizzonte, ma forse ad Harry sì: in ogni caso, tutto si sarebbe risolto quella sera, magari a cena. Sperava solo che la creatura che portava in grembo non gliela facesse rimettere, di nuovo. Magari proprio nel bel mezzo dell’annuncio.  



 


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E' sempre un onore e un piacere scrivere sul mondo della zia Rowling, che io considero, a tutti gli effetti, casa mia.

Seconda classificata al contest "... dopo (II edizione)" indetto da chia_3 sul Forum di EFP".

I personaggi non mi appartengono e la storia non ha scopo di lucro.
 

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