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Autore: Guido    24/10/2017    5 recensioni
La guerra ha mandato in frantumi tutte le certezze dei purosangue. Nel tentativo di ricostruire un senso per la propria vita, Astoria si concentra sui doveri di Prefetto, Draco si chiude in sé stesso fino a trascurare del tutto la disciplina scolastica. Ma il conseguente scontro aprirà, per entrambi, nuove prospettive.
Terza classificata a pari merito al Contest "If you want me to stay" indetto da Himeko Kuroba sul forum di EFP
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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"Super flumina Babylonis"

"Super flumina Babylonis"






Cerco un centro di gravità permanente
che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente
Avrei bisogno di...


[F. Battiato, Centro di gravità permanente]




Incredibile: la Stanza delle Necessità funziona ancora.
Perfino per me.
E dire che nemmeno avevo in mente una necessità... Ma ormai, dopo tanto tempo passato qua dentro, ogni volta che passo davanti a Barnaba il Babbeo mi concentro in automatico; e il pensiero è spuntato da sé.
Ho bisogno di un posto dove stare solo.
Solo nell'istante successivo ho capito fino a che punto fosse vero.
Sono così stanco di sentirmi sotto gli occhi di tutti!
Varcando la porta, mi accorgo che la Stanza, in effetti, deve aver percepito soprattutto la mia stanchezza: è diventata una camera da letto. La mia camera di quand'ero piccolo, prima che venissi a Hogwarts. Oh... C'è perfino la finestra che dà sulla fontana nel giardino...
Una stupida lacrima mi scende lungo la guancia.
Il letto, però, è diverso: a baldacchino e matrimoniale. Curioso. Dove l'ho già visto...?
Quelle lenzuola. Rosa pallido.
Quasi mi prende un colpo.
Il letto della nostra prima volta.
E delle tante successive. Essere Prefetti ha i suoi vantaggi, quando si tratta di girare per i corridoi fino ad un certo arazzo... e passare la notte fuori del dormitorio.
Pansy.
La Stanza la sa più lunga di me, decisamente: non sentivo più la sua mancanza da... dal primo giorno di scuola, direi: non ricordo di averla notata in seguito.
Eppure, adesso, è quasi come se fosse qui... e mi sembra di rivivere tutta l'ansia e la frenesia di quella prima volta.
Ancora adesso, non so perché mi sia buttato, perché l'abbia trascinata fin qui; non saprei proprio dire se sia stata più la voglia, o l'incazzatura perché Potter, proprio quella mattina, mi aveva fregato la Felix Felicis... o magari l'esaltazione perché, cazzo, finalmente ero un Mangiamorte e stavo per far secco Silente!
Comunque, a conti fatti, chissà se la eccitavo più io o il Marchio Nero.
Lì per lì non mi ha dato fastidio – anzi, ogni suo gesto era Whisky Incendiario – ma l'ha leccato in un modo che... Il Marchio, intendo. Anche se, nei giorni seguenti, ci siamo dati da fare parecchio e, dopo un po', l'ho convinta a leccare le cose giuste.
Eppure, ora non è il sesso a mancarmi davvero.
Le prime notti, sentivo il bisogno di rivestirmi subito e di scappare, oppure di ricominciare. Ma poi... poi Pansy mi ha fatto scoprire la bellezza di stare sdraiati vicini e guardarsi negli occhi.
E passavo ore intere a guardarla. Semplicemente guardarla, senza fare nulla, senza pensare a nulla che non fosse lei.
Anche adesso, la sua immagine riesce a riempire il mio sguardo. Fino alle lacrime.
Pansy.
Dove sei finita?

Troppi, troppi dei nostri non sono tornati. Goyle, per dirne uno (stupido idiota.... Ma se tutti gli stupidi idioti meritassero di morire, io non sarei certo qui). La Casa di Serpeverde sembra mezza vuota.
E a me chi è rimasto? Nessuno. E suppongo sia giusto, in fondo.
Ho deluso tutti.
Ho fallito come Mangiamorte, ma non si può dire che abbia difeso Hogwarts. Ho evitato Azkaban solo perché Potter ha testimoniato in mio favore (giuro, non ho ancora capito il perché). Nulla di tutto questo mi può essere di aiuto, qui a Hogwarts; anzi!
Qualcuno mi guarda come fossi una delle creature strampalate di cui parla sempre Lunatica Lovegood... ed è ancora il meno. Gli altri sguardi, la maggior parte, sono carichi di rabbia, di rancore, di odio. Occhi che accusano il Mangiamorte, occhi che trafiggono il disertore. Non ne posso più.
E' così strano che rimpianga il tuo sguardo, Pansy?
E perché sei sparita?

Tutti scomparsi. Tutti i Parkinson. Svaniti nel nulla.
Saranno fuggiti all'estero, suppongo, visto che non erano alla battaglia e nulla fa pensare che siano stati uccisi (da chi, poi?).
Ma perché il mio gufo non la trova?
Perché ha sentito il bisogno di nascondersi da me?
Ormai sto piangendo senza ritegno, bocconi sul letto, il nostro letto.
Singhiozzo perfino. E forse la Stanza ha ragione, forse sfogarmi è davvero quel che mi serve...
Piango fino a sentirmi spossato, finché la spossatezza non cede il passo al sonno, e mi addormento con la testa affondata nel cuscino, a inseguire una traccia del suo profumo... ma invano, perché nemmeno la magia della Stanza riesce a riprodurlo.

Mi sveglio di soprassalto, in preda a un terrore senza nome.
Per un attimo tremendo, non riconosco la Stanza.
Poi, per fortuna, ricordo. Ricordo dove mi trovo, ricordo che la guerra è finita. E riprendo a respirare.
Insomma, il mio risveglio di tutti i giorni, a parte il luogo.
Anche il lago di sudore è lo stesso di ogni mattina... non faccio in tempo a notarlo che desidero una doccia calda e, naturalmente, la Stanza si ingrandisce, mostrandomi una porta che prima non c'era. Tuttavia, per quanto sia curioso di vedere il bagno strabiliante che immagino si trovi al di là, non riesco a raccogliere le forze per alzarmi.
Oh, fisicamente sto bene. Non ho idea di che ora siano, ma sento di essere riemerso da un sonno lungo e ininterrotto. Quasi un miracolo, dopo mesi di notti sconvolte dagli incubi.
Forse proprio per questo, però, il terrore del risveglio mi ha buttato giù il morale. Di brutto.
Tutti i giorni così...
Ogni singolo giorno...
Fino a quando?

Ma finirà mai veramente, questa guerra, per noi che l'abbiamo vissuta?
E per me?
La natura chiama. Con un grugnito, mi alzo e mi dirigo verso il bagno; lungo il tragitto, mi spoglio e lascio cadere i vestiti per terra, tanto non ho il minimo dubbio che il pavimento sia immacolato.
Varco la porta di legno intagliato e rimango a bocca aperta.
Ma questa roba qui è un bagno?!
Di primo acchito, in effetti, mi sembra di fissare una montagna. Fumante, per di più.
Poi faccio caso al rumore di acqua che scorre, guardo meglio e mi accorgo che, in effetti, si potrebbe anche definire un bagno... ma di un tipo mai visto. Adoro i giochi d'acqua, ma sono sicuro di non aver mai neppure immaginato qualcosa del genere.
La montagna è una struttura di forma vagamente conica, in vetta alla quale scorgo la doccia; sulle falde del cono, le scale per salire si alternano ad una serie di scivoli, ciascuno dei quali scarica acqua in una vasca diversa; alla base, poi, un altro scivolo, che forma un anello tutt'intorno alla montagna, collega tra loro le diverse vasche.
Noto che quel che mi sembrava fumo, in realtà, è vapore e sale dalla vasca più lontana sulla destra. A quanto pare, ognuna è completamente diversa dalle altre, nonostante lo scivolo di collegamento: quella di fronte a me gorgoglia come un idromassaggio, da quella accanto si sollevano... cosa sono, bolle rosa?!
Vivendo qui e lavorando sull'Armadio Svanitore, ho imparato parecchio sia sulla Stanza sia sulla Trasfigurazione in generale; ma devo ammettere che non pensavo che potesse arrivare a tanto.
Il mio corpo mi richiama alle necessità del momento e, non senza un certo sollievo, riesco a individuare la tazza del gabinetto. E' perfettamente normale, anche se sembra quasi rannicchiata in un angolo, come se si sentisse un tantino fuori posto. Non posso darle tutti i torti; ma fa benissimo il suo lavoro e, alla fine, solo questo conta.
Mi chiedo da dove siano saltate fuori le bolle: amo sia l'idromassaggio sia i bagni di vapore, ma le bolle non mi dicono granché. Rosa, poi! Non bastavano le lenzuola?
Però, ora che ci penso, mi è sempre piaciuto il bagno dei Prefetti.
Una volta, io e Pansy l'abbiamo fatto lì dentro e la sirena è rimasta scioccata. A dir poco. E sì che non saremo certo stati i primi...
C'erano bolle rosa anche allora, giusto?
Sì, mi pare proprio di sì.
Tempo di tirare lo sciacquone e ho già deciso di provare tutte le vasche; suppongo che, dopotutto, lo scivolo che le collega sia lì apposta.
Prima la doccia, però.
Per arrivare alle scale, guado la vasca dell'idromassaggio. L'acqua è alla temperatura ideale e sono tentato di fermarmi; ma il mio corpo, al mattino (ammesso che ora sia mattino: in effetti, ho perso completamente la nozione del tempo), ha bisogno di una bella strigliata.
Mentre mi insapono – e, naturalmente, questa marca di saponette è la mia preferita - non posso fare a meno di notare che il mio fisico ha risentito parecchio degli ultimi mesi. Mi vedo più magro, eppure anche più flaccido. Svuotato.
Patetico.
Per un istante, non mi riconosco neppure. Come se il mio corpo non fosse più il mio.
Barcollo, investito da un'ondata di nausea.
Stringo i denti e mantengo il controllo, ma quella sensazione non accenna a passare. Cerco disperatamente di pensare ad altro; mi viene in mente solo il Quidditch, o meglio, il fatto che smettere di giocare, con ogni probabilità, non ha giovato alla mia forma fisica.
Ma non me la sentivo, non più. Attiravo già troppo l'attenzione.
Eppure, la passione per il gioco è rimasta. Riaffiora. E, in qualche modo, mi strappa dall'orlo del baratro.
Né la Stanza né questo getto paradisiaco di acqua bollente riescono a liberarmi del rimpianto per l'ebbrezza del volo, per l'eccitazione della partita, la scopa a tutta velocità dietro al Boccino...
E' tutto così vero, così vivo!
Ma, ciononostante, quel Draco non sono più io.
A volte – adesso, per esempio - mi sembra che dal vecchio me stesso mi separi la più crudele delle Maledizioni.
E' come se lo vedessi al di là di uno schermo trasparente, sottilissimo, ma infrangibile. Lo posso quasi toccare e so che non mi servirebbe altro, per tornare a essere lui (ad essere me stesso). Ma, per quanto mi sforzi e la tempesti di pugni, di unghiate, perfino di morsi, la barriera non cede.
E tutto ciò a cui tenevo è rimasto al di là.
Be', no, non proprio tutto. Il Quidditch continua a piacermi, anche se è meglio che non giochi... e, a quanto pare, non mi sono liberato di Pansy.
Peccato che sia sparita.
E quindi, a conti fatti, che cosa mi resta di lei? Il ricordo, il rimpianto, qualche immagine forte su cui spararmi una sega?
Non lo so neanch'io. E in fondo, non mi importa. Dopotutto, l'assenza di Pansy non fa che confermarmi l'unica cosa che conta davvero: qualunque cosa io sia stato per lei, non lo sono più.
Non solo “per lei”, del resto.
Basti dire che... sono grato a Harry Potter.
Chiudo la doccia, cercando – una volta di più - di venire a patti con questa conturbante verità.
Si trattasse solo del fatto che mi ha salvato la vita e che mi ha tenuto fuori da Azkaban, neppure il vecchio Draco potrebbe muovere la benché minima obiezione; sì, masticherebbe amaro (a dir poco!), però ammetterebbe senz'altro che una simile gratitudine è semplicemente doverosa.
Senonché, io, tutte le mattine, quando la doccia ha finito di svegliarmi e di lavar via le tracce del terrore, ringrazio di cuore Potter per un'altra ragione: perché ha vinto.
Non è da me. Non è da vecchio me.
I miei genitori piangono ancora la sconfitta e i suoi effetti disastrosi. Secondo logica – secondo la loro logica - dovrei fare altrettanto. Così mi hanno insegnato.
Ma ho visto troppo, e troppo da vicino, quel pazzo Mezzosangue che chiamavamo “l'Oscuro Signore”.
La causa dei purosangue era buona? Forse sì, forse no... non lo so più. Di sicuro, però, nelle mani di Tom Riddle, tutto diventava merda. O peggio, anche molto peggio. Noi per primi. Io per primo.
A volte credo perfino di odiarlo, per come mi ha fatto sentire dopo la morte di Silente. E per avermi illuso prima, attirandomi in una missione suicida. E per avermi offerto il Marchio Nero. E per... oh, cazzo, per tutto! Non c'è una sola cosa che salverei!
Comincio a sentire il freddo, così mi guardo intorno, ma non c'è traccia di asciugamani. Strano.
Faccio per concentrarmi, quando noto lo scivolo a cinque passi da me.
All'imboccatura, si riempie magicamente d'acqua scrosciante, che spunta dal nulla e comincia la sua corsa... ma non è tanto questo dettaglio a colpirmi, quanto la larghezza. Questo scivolo è molto più largo di quanto servirebbe per alimentare una vasca.
Largo abbastanza, in effetti, per il passaggio di un corpo umano.
Vuoi dire che...?!
Di colpo, scoppio a ridere, come non mi accadeva da tempo: non ho mai giocato con uno... scivolo d'acqua, o comunque si chiami, ma la Stanza ne sa una più del diavolo! Non vedo l'ora di provare!
Detto fatto.
Funziona.
Ed è esaltante, quasi come il Quidditch.
Piombo a capofitto nella vasca bollente e riemergo annaspando, con gli occhi fuori delle orbite; ma non mi sentivo così bene da mesi, forse da anni.
Troppo impaziente per risalire le scale e tuffarmi in un'altra vasca, adocchio l'imboccatura dello scivolo di collegamento.
L'acqua scorre veloce.
Mi lancio.
E, in un batter d'occhio, sto sfrecciando da una vasca all'altra, boccheggiando ogni volta per l'impatto e gridando “Yuhuuu!” al culmine della velocità.
Esco dall'acqua solo dopo molto tempo; ma, purtroppo, l'allegria si dissipa insieme con il vapore, scorre via dalla mia pelle con le ultime goccioline... e non c'è verso di trattenerla.
Mi ritrovo a pensar nuovamente a Potter.
Merlino, quanto lo odiavo!
Eppure, adesso mi sento incapace di ritrovare anche solo una briciola di quell'odio.
E temo proprio che sia il vero motivo per cui non ritroverò mai me stesso.
O almeno uno dei motivi principali: quell'odio, dopotutto, è stato il cardine della mia esistenza per sei anni buoni. Forse anche qualcosa di più, non sono cambiato in un giorno.
Però, se ci ripenso, sento solo un gusto amaro in bocca. Sembra tutto così lontano... e così stupido!
Io non so se Potter sia un eroe, un pazzo o entrambe le cose. Più probabile l'ultima, suppongo: a conti fatti, un eroe non può essere una persona normale, e viceversa. Comunque, sembra che abbia salvato il mondo circa una volta all'anno, da quando è entrato a Hogwarts.
E nel frattempo, io, io che pure sapevo più degli altri su quel che stava succedendo... che ho fatto?
Niente.
Niente di niente.
Anzi, no... peggio. Sembra impossibile, eppure sono riuscito a fare di peggio!
Per cinque anni interi, io mi sono comportato come se non ci fosse niente fuori di Hogwarts, come se, al mondo, l'unica cosa importante fosse rendere la vita di Potter un inferno, magari vincendo le due Coppe scolastiche nel frattempo.
Ma, del resto, ero convinto che il pericolo riguardasse gli altri. Che dal ritorno dell'Oscuro Signore noi potessimo solo trarre vantaggi.
Stupido. Stupido. Stupido.
Ma è tutta colpa mia? Direi proprio di no. Mio padre e mia madre hanno visto tutto, durante la sua ascesa precedente. Sapevano di cosa fosse capace. Eppure...
Di che mi stupisco?
Anche adesso, in fondo... anche dopo questa seconda ondata di massacri, secondo loro Vol... no, chiamiamolo come va chiamato: Tom Riddle, il Mezzosangue che è riuscito a fregarci tutti alla grande... be', secondo loro, secondo quel che si ostinano a ripetere perfino ora, Riddle era un tipo in gamba con qualche momento nero, ma se avesse vinto... allora sì che le cose sarebbero andate a posto! E' saltato fuori che il suo sangue non era puro, che i primi Mangiamorte come Avery lo sapevano fin dall'inizio? E suvvia, che sarà mai, in fondo era un grande mago e aveva le idee giuste.
Tanti saluti alla purezza di sangue, insomma.
Tanti saluti al piccolo Draco, cresciuto sognando la gloria dei Mangiamorte trionfanti.
Tanti saluti ai sogni, agli ideali e, già che ci siamo, alla zia Bellatrix. Non la si può definire una gran perdita, ma vabbe', nel mucchio...
E tanti saluti a questo Marchio Nero. Che ormai è di un rosso sbiadito, solo una vecchia cicatrice. Il fantasma di sé stesso.
Più o meno come me.
Spesso, mi sento come se fossi morto e osservassi tutto dal di fuori.
In ogni aula o corridoio, dietro ogni angolo, o ad ogni veduta di scorcio sui terreni, o nella penombra dei sotterranei, ritrovo il vecchio Draco, quasi stesse lì ad aspettarmi.
Rivedo tutti i gesti, le parole, le battute, gli scherzi... eppure, è come se fossero e insieme non fossero atti miei.
A volte, osservo i Grifondoro e sento qualche insulto mordace sulla punta della lingua. In particolare se mi cade l'occhio sulla Granger. Per un attimo, mi sento di nuovo me stesso; e quasi sento il vecchio Draco al mio fianco, che mi sussurra: “E' così semplice, se vuoi che resti...”.
Ma le frasi di un tempo non lasciano mai le mie labbra.
Tantomeno all'indirizzo della Granger: ogni volta, è questione di un attimo prima che mi tornino in mente le sue urla sotto tortura... e questo pensiero fa svanire il vecchio Draco all'istante.
Del resto, diciamocelo: una volta, potevo permettermi di insultare chi volevo. Oggi, Hermione Granger, Caposcuola e miglior amica di Harry Potter, è un bersaglio troppo al di sopra della mia portata.
Merlino, se mi sentisse mio padre!
Però è così. E i fatti sono fatti, specialmente quelli sgraditi.
Peccato che per me, da un po' di tempo a questa parte, il mondo trabocchi di cose molto, molto sgradevoli che non riesco ad accettare, ma che non è affatto in mio potere cambiare.
Potessi scegliere, non uscirei mai di qui.
Corrugo la fronte: che ore saranno?
Neanche il tempo di domandarmelo e, naturalmente, la Stanza fa comparire una bella pendola.
Salto come se avessi visto un branco di Schiopodi Sparacoda.
Cazzo!
Ho dormito tutta la notte, ho saltato la colazione, mi son perso tutte le lezioni del mattino... e mancano cinque minuti al pranzo!
Qualcuno vorrà la mia testa!
Dopo un istante di puro panico, ci penso su.
...Oh be', che se la prendano pure!
Ridacchio come uno scemo, mentre finisco di rivestirmi alla velocità di una Firebolt: qualunque punizione si inventino, può solo scivolarmi addosso... basta che mi lascino mangiare!
Mi brontola lo stomaco. Strano che non mi sia venuto appetito prima; ma, dopotutto, oggi tutti i miei ritmi sono sballati.
Mi sistemo il cappello e sfreccio fuori, verso il rifornimento di cibo.

Due ore di Storia della Magia, al termine della mattinata, significano troppo tempo per pensare e tutto il pranzo alle prese con una testa pesante. Insomma, una mattina cominciata male – dove sarà finito quel cretino di Malfoy?! - finisce anche peggio.
E così sia, tanto che ci posso fare?
Nulla. Come per tante altre cose.
Ad esempio, in realtà il guaio di queste lezioni è che non le passo più serenamente come prima, a giocare all'impiccato con gli amici.
Perché non ho più amici.
A Serpeverde, del mio anno, siamo rimasti in cinque. Ma nessuno di noi sa cosa pensare degli altri quattro, adesso. Come interpretare, anzitutto, il semplice fatto che si trovino qui.
Anzi... chi riesce più ad interpretare niente, a 'sto mondo? Chi ci si orienta più?
Io non riconosco nemmeno la mia stessa Casa. Non so più quale sia il suo (il mio) posto a Hogwarts. E sono tornata soprattutto perché la scuola mi è sembrata preferibile all'incertezza totale della vita là fuori.
Però, anche qui...
Nel nostro dormitorio, gente che fino a ieri si riempiva la bocca di discorsi sui nobili ideali di Salazar Serpeverde – e magari aveva pure un nonno Babbano, o peggio – di colpo non fa che magnificare Potter, i Nati Babbani in genere e magari i Babbani direttamente, giusto per buona misura.
Merlino, quanto mi fanno schifo!
Capisco l'ambizione, davvero. Capisco anche la voglia di sopravvivere. Posso capire perfino l'opportunismo. Ma a tutto c'è un limite.
Io sono Astoria Greengrass. E non ho intenzione di cominciare a vergognarmi del cognome che porto.
Faccio parte delle Sacre Ventotto. E continuo a credere che, nel bene e nel male, abbiano fatto la storia del nostro mondo.
Però, adesso vedo anche il male.
E a volte mi sembra... troppo.
Troppi morti, troppe guerre, troppa Magia Oscura.
Troppo perché non ci sia un errore di fondo, qualcosa che produce regolarmente questi frutti malati.
Non posso fare a meno di chiedermi se non abbiamo esagerato, con la nostra diffidenza verso i Nati Babbani. Insomma, è vero che non sono cresciuti come noi, però, a conti fatti, quando mai possiamo dire che ci abbiano traditi?! Prima dello Statuto di Segretezza, quante volte è capitato che scatenassero una persecuzione? Mai, che io sappia. Non lo sostengono nemmeno i purosangue più accaniti. Qualcuno di loro avrà, magari, approfittato dei Babbani con torce e forconi per vendicarsi di un nemico personale... ma l'abbiamo fatto anche noialtri.
A conti fatti, siamo streghe, siamo maghi. Nessuno di noi potrebbe essere un Babbano, neanche volendo.
Chissà se per loro è difficile accettare che il mondo non sia come l'avevano immaginato finché non è arrivata la lettera da Hogwarts?
Non me lo sono mai chiesta.
Sembra che ci riescano bene. Ma chissà!
Se posso dire di aver imparato qualcosa, in quest'ultimo anno, è che, quando si smette di essere bambini, si comincia a notare quel che si perde. Che non si può più fare, o avere... o essere.
Storia della Magia è una materia che dovrebbe restare nei libri; purtroppo, lo capisci solo quando ti ritrovi a viverla in prima persona.
Non che io abbia vissuto chissà cosa, ma anche così...
La battaglia, per esempio: io non c'ero, Daphne nemmeno. Siamo state a casa tutto l'anno. Però capisco bene cosa sia scattato nella testa e nel cuore di chi c'era.
All'inizio, dopo che è uscito di scena Scrimgeour, sembrava tutto a posto, tutto finalmente giusto: il Ministero nelle mani giuste, le politiche giuste, mancava tanto così per rimettere i Babbani al posto giusto...
Ma allora perché, di giorno in giorno, la paura aumentava?
C'è voluto un po', prima che ci facessi caso. C'è voluto un giro a Diagon Alley.
I colori cupi erano strani, così diversi e così poco magici...
I mendicanti, una nota sgradevole, d'accordo, ma poco importante. Rifiuti umani non ancora gettati, tutto qui.
Non certo una minaccia.
Ma allora perché i miei si muovevano con quell'aria circospetta, come se da ogni angolo potesse saltar fuori chissà che?
Come mai nessuno si fermava a parlare?
Tutti camminavano in fretta, tutti lanciavano in giro occhiate circospette. Vedevo solo visi contratti o imperscrutabili, senza eccezione.
Non era come sarebbe dovuto essere.
Di lì ho cominciato a pensare, ho cominciato a osservare.
I miei che, a volte, parlavano in sussurri. Le notizie di gente qualsiasi che continuava a sparire senza una ragione. O le irruzioni del Ministero in casa di Tizio o Caio, per motivi che restavano misteriosi. O il fatto che Tizio e Caio finivano rinchiusi ad Azkaban senza un processo, senza una condanna, senza sapere se ne sarebbero usciti mai.
E quella paura strisciante, indefinita e senza nome, che cresceva a poco a poco. La paura di una minaccia potente e imprevedibile. La paura di essere i prossimi.
Quando ho visto spuntare Il Cavillo in casa mia, mi son detta che il mondo stava andando a rovescio.
Be', forse non così tanto, dopotutto: i Potter sono una famiglia antica e più che rispettabile, a dispetto delle loro idee. In effetti, credo di essere una lontana cugina di Harry; non che, nel nostro ambiente, sia mai stata una parentela di cui vantarsi! Ma suppongo che la metà pura del suo sangue spieghi molte cose.
In definitiva, però, non era affatto una questione di sangue e neppure di come, secondo noi, dovesse andare il mondo. Non più.
Prima, la nostra speranza era, se non l'Oscuro Signore, certamente il futuro che ci prometteva. Un futuro dove avremmo regnato sovrani su tutti gli esseri e le razze inferiori. Un futuro governato dalla magia, finalmente, senza più il timore dei Babbani e quelle stupide regole per proteggerli. Oh, quanto lo abbiamo sognato, quanto ci abbiamo sperato!
Ma poi, alla prova dei fatti, nell'anticamera del nostro paradiso le giornate erano, via via, sempre più dominate dal timore che qualcuno entrasse inatteso dalla porta di casa, o irrompesse dal camino, o ci tendesse un agguato in strada... per qualche motivo che non avremmo mai saputo e nemmeno potuto prevedere.
Ci dicevano che era tutto necessario, che bisognava fare pulizia. Bisognava, senz'altro. Ma chi stabiliva fino a che punto giungesse la necessità? Possibile che neanche noi, che da sempre avevamo le idee giuste (per non parlare del sangue giusto), fossimo al sicuro?
Certo, potevano esistere nemici insospettabili; però il Ministero non si limitava a fare indagini, controlli, anche perquisizioni. Fosse stato tutto qui, nessuno avrebbe avuto da ridire. No, il problema era il fatto di non sapere mai veramente come comportarsi, di non avere il minimo indizio su cosa avrebbe potuto mettere nei guai e cosa, invece, al riparo. Era l'imprevedibilità assoluta delle conseguenze di ogni gesto. Era il carattere misterioso e definitivo di quelle conseguenze. Ed era, anche, il fatto che la sola via di uscita sembrasse leccare le scarpe di qualunque funzionario spuntasse in lontananza.
No, decisamente non era come sarebbe dovuto essere.
Spesso riuscivamo a credere che, comunque, non sarebbe successo nulla a “quelli come noi”; la Causa poteva pur giustificare qualche rischio, qualche sacrificio...
Ma poi arrivavano altre notizie.
Ricordo di essere scoppiata a piangere, quando ho saputo di Florian Fortebraccio. Sembrava impossibile che potesse aver fatto qualcosa di sbagliato, che costituisse una qualsiasi minaccia... e sorrideva sempre quando mi passava il gelato.
E Olivander.
Uno di noi.
Anzi, la sua famiglia era forse la più antica in assoluto, tra i purosangue d'Inghilterra.
Sparito. Di colpo. Senza un perché.
E che tutti si arrangiassero, se avevano bisogno di una bacchetta.
Quella sera ho litigato con Daphne, litigato per davvero. Continuava a dire che “di sicuro” Olivander doveva aver fatto qualcosa... e io non ci ho più visto. Le ho urlato addosso che di sicuro non c'era più niente, che più nessuno era al sicuro.
Per un istante di silenzio sbigottito, tutti mi hanno fissata come se avessi dato voce ai loro pensieri più segreti, ai loro incubi peggiori.
L'istante successivo, hanno attaccato a parlare, parlare e parlare, uno sopra l'altro, cercando di smentire, sminuire, rassicurare.
Ma, campassi trecento anni, non riuscirò a dimenticare l'espressione dei miei genitori, in quell'attimo in cui la verità ha fatto breccia.
Io non urlo mai. E non ho urlato più.
Non ce n'è stato più bisogno.
I miei e Daphne continuavano a ripetere che presto le cose sarebbero andate meglio... però in casa continuava a entrare Il Cavillo.
Poi non l'hanno più pubblicato.
Qualcuno ha parlato a mamma di Radio Potter.
Se ancora non avevo capito, hanno finito di aprirmi gli occhi quelle tante, tante serate trascorse a cercar di indovinare la sequenza giusta per ascoltare gente che combatteva tutto ciò in cui credevamo.
L'Oscuro Signore non ci offriva più speranza: c'era solo un presente di terrore, dove qualcuno si aggrappava ancora ai resti del sogno svanito. Rimpiangendone la bellezza, o sperando - col cuore stretto - che resuscitasse. Ma i più, ormai, vedevano solo l'incubo in cui si era trasformata la loro vita di tutti i giorni.
E dall'altra parte c'era Potter.
Potter che già una volta aveva compiuto il miracolo.
Ormai, ci piacesse o no, Harry Potter era diventato anche la nostra speranza. L'unica e la sola.
No, non ero a Hogwarts, quel giorno. E, per fortuna, non c'erano neanche i miei: nonostante tutto, sarebbero stati al fianco dei Mangiamorte, ne sono sicura. Un po' per ostinazione, un po' per lealtà verso gli amici che militavano in quel campo. Molto perché, comunque, il nuovo corso del Ministero andava nella direzione giusta e si trattava solo di riprendere il controllo.
E secondo me, in fondo in fondo, un po' tutti – da qualunque parte stessero - speravano che Potter togliesse di nuovo il calderone dal fuoco al mondo intero. Che fosse “il Prescelto” e che, quindi, tutto si riducesse ad un duello di qualche tipo tra lui e l'Oscuro Signore. Dopodiché, ciascuno sarebbe tornato alla sua vita, ciascuno avrebbe pensato e agito esattamente come prima. Tranne forse qualche Mangiamorte imprigionato.
Facile, vero? Fin troppo.
Troppo facile e anche troppo rassicurante, in un momento in cui le rassicurazioni non abbondavano affatto.
Credo che ci abbiamo creduto davvero, chi in un modo chi in un altro.
Io, di sicuro, ho sognato un mondo in cui Potter aveva nuovamente trionfato, ma noi eravamo rimasti al controllo del Ministero e – passando sopra al suo sangue inquinato, vista l'eccezionalità delle doti magiche dimostrate – lo avevamo associato al potere, il nostro potere. Schiacciare i Babbani, dopotutto, gli sarebbe dovuto piacere, visto quel che si diceva sui parenti con cui era vissuto.
Decisamente, non avevo capito nulla di Potter. Ora lo so.
Nessuno di noi aveva capito nulla. E parecchi non capiranno mai.
Ma quel giorno, quando l'Oscuro Signore ha proclamato a tutti che Harry Potter era morto...
Un gesto molto stupido da parte sua. Ma non mi sorprende che non ci abbia pensato.
Credeva di spezzare l'animo della resistenza. Comprensibile.
Ha voluto aggiungere che era stato ucciso mentre cercava di fuggire. Naturale, non voleva certo farne un eroe.
Però non ha capito nulla di coloro che stava affrontando.
E nulla di chi si era lasciato alle spalle.
Nulla di quelli come noi, nulla di tutti i maghi e le streghe che, quando la voce della battaglia si era sparsa, avevano scelto di restare a casa, andasse un po' come voleva.
Ma in quel momento, quando l'annuncio dell'Oscuro Signore ha fatto il giro del Paese - quando tutto sarebbe dovuto finire – proprio allora abbiamo capito. Tutti. Perfino io.
Harry Potter era morto. Non ci sarebbero stati salvataggi miracolosi. Il Prescelto era scomparso e, se davvero aveva cercato di fuggire, forse non era neanche mai stato il Prescelto.
Restavamo soltanto noi.
Noi, la nostra paura... e la nostra bacchetta.
Ciascuno di noi aveva avuto una parte nell'ascesa dell'Oscuro Signore, anche solo per il fatto di essere rimasto inerte.
E ciascuno di noi poteva scegliere se avere una parte nel suo trionfo... o decidere, seppure all'ultimo istante, di opporsi. Di resistere. Di lottare.
Per una speranza, forse; o anche solo perché morire combattendo, guardando il nemico negli occhi, era meglio che trascorrere tutta la vita nella paura. Io sarei tornata per questo e nient'altro, non contavo che si potesse fermare quel pazzo. Mi hanno bloccata i miei. Un vero e proprio scontro. Per questo, a Hogwarts, non si è vista neppure l'ombra di un Greengrass: per poco non ci ammazzavamo fra noi.
E poi... è arrivata l'ultima notizia. La più inattesa, la più incredibile.
E il mondo è cambiato di nuovo.
E io sono qui, a cercar di capire se per me, da qualche parte, sia rimasto un posto, uno qualsiasi.
Per fortuna c'è Hogwarts. Nonostante i problemi nel dormitorio, è ancora il posto più normale, se così posso dire.
Tra un paio di giorni, cominceranno le vacanze di Natale, ma io, che l'ho sempre fatto, stavolta non tornerò a casa.
E dire che l'anno scorso... oh, che festa!
Eravamo al settimo cielo, ci sentivamo i padroni del mondo. Anche noi che non avevamo mosso un dito. Silente era morto, il Ministero caduto, più nulla poteva fermarci!
E adesso, per la prima volta nella mia vita, preferirò questa Scuola a casa mia.
Perché a casa finirei per sentirmi ancora peggio.
Perché non reggo più le tirate furibonde dei miei ad ogni articolo della Gazzetta del Profeta sulle nuove politiche di Shacklebolt. E mi sembra di non conoscere più mia sorella.
O forse non l'ho mai conosciuta.
O forse, anzi, sicuramente non conosco più me stessa.
Il mio passato, le mie certezze, sono ancora lì e mi fissano.
“Se vuoi che resti...” mi sussurrano in coro.
Basterebbe così poco. Basterebbe che chiudessi gli occhi. Che mi tappassi le orecchie. Che sopprimessi i ricordi di quest'ultimo anno.
Insomma, basterebbe fare come Daphne e come i miei.
Ma io non me la sento. Non so nemmeno il perché; non ne faccio una questione di principio, o chissà cosa. Solo che tutto questo, per me, è troppo: non riesco nemmeno a pensare di ignorarlo, men che meno a volerci provare seriamente.
Quando suona 'sta benedetta campana?

Mentre sfreccio per i corridoi, penso a tutta la gente di cui ho perso le tracce.
Anche quelli del mio anno... a parte Pansy, dico.
Daphne Greengrass, per esempio, che stava sempre nel suo giro, chi l'ha più vista? E' stata una delle prime a sparire, mancava già l'anno scorso. I suoi avranno avuto paura, suppongo. Ma, se non è tornata neppure ora, a guerra finita, dev'essere una di quelli che non hanno il coraggio di affrontare il nuovo mondo. Li capisco molto bene. Solo che io, rispetto a loro, devo affrontare un problema in più: ho scoperto, un po' troppo tardi, che in realtà mi trovavo male pure nel vecchio.
Se non sbaglio, Daphne ha una sorella più piccola. E, che strano... sono abbastanza sicuro che sia tornata. Dovrebbe essere quella ragazzina bionda del quinto anno che vedo spesso in giro.
O almeno credo.
Sono stato un Prefetto e dovrei conoscere meglio gli studenti della mia Casa. O i membri delle Sacre Ventotto, direbbe mio padre. Ma il mondo non apparterrà più ai purosangue, ormai è un dato di fatto; quanto alle conoscenze... mi serviranno a ben poco. Potter mi ha evitato Azkaban, ma ho comunque perso molto più della spilla: anche fuori di qui, mi odiano tutti. Più o meno. Forse qualcuno mi compatisce, ma non so se sia meglio. E, quanto alla reputazione della famiglia, siamo ridotti così male che, al Ministero, mio padre non riesce più a farsi ricevere neppure dal Guardiamago.
No, decisamente è meglio che io non pensi a conoscere gente, di chiunque si tratti.

Il segnale del pranzo scatena la consueta carica delle orde affamate. Me compresa, naturalmente: due ore di noia e pensieri tetri mettono un grande appetito.
Vado di fretta... ma mai quanto il tizio che mi piomba addosso mentre sto girando un angolo.
Rotoliamo a terra e, già che c'è, l'idiota mi casca pure sopra.
Apro la bocca per dirgli di tutto... e mi ritrovo a fissare un paio di inconfondibili occhi grigi.
«Malfoy?!»
Di colpo, ridivento un Prefetto di Serpeverde. Un Prefetto decisamente incazzato.
Lo scanso, mi rialzo e metto le mani sui fianchi. «Dove sei stato?»
Mi fissa con un'espressione interdetta, così picchio il dito sulla spilla. «Ho dovuto passare metà della mattina a cercarti, quindi scusa se te lo chiedo di nuovo: dove sei stato
«A cercarmi?!». Mi guarda come se fosse un'idea folle e, magari, ha pure ragione; ma non sono dell'umore giusto.
«Esattamente. Io, tutti i Prefetti, i professori che non avevano lezione, perfino i fantasmi. Ordini della Preside: se, al mattino, non si riesce a trovare uno studente – non è a colazione, non è malato, non è in dormitorio, non si sa dove sia – bisogna cercarlo.». Comincio a sentirmi esasperata. «Ebbene
«Uhm, io... ahem, ho fatto tardi...»
«Sì, questo è poco ma sicuro. E stai facendo fare tardi pure a me, Malfoy. Quindi, parli con le buone, o devo trascinarti da Lumacorno nel bel mezzo del pranzo?»
Per un momento, mi fissa esterrefatto; poi, sfodera un ghigno sarcastico che mi fa subito bollire il sangue. «Tutta invidia la tua...»
«Dieci punti in meno a Serpeverde. E tutta la Casa saprà il perché.». Ghigna sarcastico chi ghigna ultimo.
Mi dà addirittura la soddisfazione di vederlo barcollare.
«No, dai... non puoi! Togli punti alla tua Casa...»
«Ma va'?! Non me n'ero accorta!»
«Mi odiano già tutti, non puoi farmi questo...»
«Tu continua a dirmi che non posso, poi vedi cosa ti succede.»
«Ma...»
Forse sto esagerando. Faccio un respiro profondo e cerco di essere ragionevole. «Senti, Malfoy, non è che io mi stia divertendo a giocare al Prefetto, o che ce l'abbia con te, o altro. Passavo di qui e pensavo semplicemente ad andare a pranzo. Ti avessi visto al tavolo, avremmo discusso della tua scomparsa con molta calma. Ma, se mi sbatti letteralmente contro sbucando da chissà dove, non posso certo far finta di niente. E se poi pretendi ancora di pigliarmi per il culo...!». Va bene essere ragionevoli... ma anche no!
A giudicare dalla sua faccia, nessuno ha mai risposto così a Draco Malfoy.
Bene. Era proprio ora che qualcuno cominciasse.
«Ultima possibilità, Malfoy. Parla o stai zitto, come credi. Ma prepàrati alle conseguenze.»
Chiude gli occhi e sospira. «Hai presente la Stanza delle Necessità?»
Sbuffo. «La conosce tutta la scuola, ormai.»
«Giusto... bene, non ne avevo intenzione, ma sono passato di lì, la Stanza si è formata per me...»
«Ah, quindi funziona ancora?»
«Direi proprio di sì.»
«La Preside vorrà saperlo, immagino che sarà contenta. Non ci è nemmeno venuto in mente di provare a cercarti lì. Credevamo che l'Ardemonio l'avesse distrutta.»
«Anch'io non credevo ai miei occhi, quando ho visto la porta» mi risponde, ora molto più rilassato. «Ma comunque, dubito che mi avreste trovato: volevo...». Di colpo, cade in preda a un imbarazzo evidente. «Volevo un posto dove stare solo.»
Cos'è, Malfoy, avevi un appuntamento con Federica? Si meriterebbe la domanda, vista la sua battuta di prima... ma mi trattengo. Inarco semplicemente un sopracciglio, fissandolo con aria scettica.
«Senti...». Aggrotta la fronte. «Tu sei la sorella di Daphne, vero?»
Mi prende in giro, o davvero non conosce neanche i Prefetti?! Ma chi si crede di essere?!
Annuisco, rigida.
«Senti, Greengrass, sei padronissima di non crederci, ma ero nella Stanza delle Necessità, mi sono addormentato e...» abbassa gli occhi «e non sarei mai voluto uscire di lì.»
«Eh?!»
«Dai, non fare quella faccia.». Ad un tratto, ha un tono stanco. Non strascicato come suo solito; proprio stanco. «Una Stanza dove il mondo gira come vuoi...»
Questa frase mi colpisce. E' troppo simile ai miei pensieri di poco fa.
«E per te come girava, là dentro?» Sono sinceramente interessata, ma vedo che si irrigidisce.
«Scusami, Prefetto Greengrass,» ribatte; e in quell'enfasi c'è appena una punta di sarcasmo. «Non te lo dico neanche sotto Veritaserum.»
«Ah, davvero?» Tempo di concludere e andare a mangiare. «Quindici punti in meno e tre giorni di punizione.»
«Cosa?!»
«Oh, già, cosa...» lo sfotto alla grande. «Vediamo, direi che potresti aiutarmi con quelli del primo anno.»
Mi guarda come se non avesse la minima idea... e, in effetti, non ce l'ha. Bisogna esserci passati per capire!
Ghigno. E sono arcisicura che il mio ghigno sarcastico sia migliore del suo. Di gran lunga.
«Ordine della Preside, Malfoy: i Prefetti devono aiutare gli studenti che soffrono per la nostalgia di casa, quelli che hanno problemi a fare i compiti, quelli che si svegliano urlando per gli incubi...». Lo vedo rabbrividire. Bene. «Non è un divertimento. E ti assicuro che un aiuto serve davvero. Oltretutto, tu sei un ex-Prefetto, quindi...»
«”Quindi”, un cazzo. Ho già i miei di incubi.»
«Venti punti in meno e una settimana di punizione. E cambia tono
Alza la testa, rosso come un gallinaccio... e poi la riabbassa, sconfitto.
«Bene. Adesso, vieni a pranzo. E cammina davanti a me.»
Mi guarda scioccato. «Cosa sono, in arresto?»
«Diciamo di sì. Non si sa mai quando potrebbe venirti il prurito di scappar via per un appuntamento con Federica.». Eeeeh... ho resistito finché ho potuto, poi...
Ormai senza parole – per sua fortuna – e di un pallore verdognolo, si incammina. Lo seguo.
Ma, poco prima della Sala d'Ingresso, si ferma e si volta di scatto. «Scusami... non ricordo nemmeno il tuo nome.»
Non so se voglia essere sarcastico, ma gli concedo il beneficio del dubbio. «Astoria.»
«Piacere... più o meno.»
«Sapessi io. Adesso cammina e taci, prima che mi penta dell'idea di lasciarti pranzare.»
Credo che nemmeno sua madre sia mai riuscita a farsi obbedire così a puntino da Draco Malfoy.

Il senso di sbalordimento mi accompagna per tutto il pranzo.
A quella ragazzina non ho mai fatto caso, neppure quest'anno che è diventata Prefetto.
Mi sa che ho sbagliato di brutto.
Le cose che si è permessa di dire... e di fare!
Naturalmente, come mi ha scortato al tavolo, subito ha pensato bene di annunciare a gran voce il perché di quei punti in meno. Però devo dire che mi sarei aspettato una reazione peggiore: tanti, invece di guardarmi storto, sembrava quasi che mi compatissero. Magari è stata solo un'impressione mia, eh... ma credo proprio che questa biondina semini – come dire? - un sacro terrore.
E sì che a vederla non lo diresti mai.
Però, visto com'è andato il nostro, ehm, incontro...
Be', comunque, Prefetto o no, chi si crede di essere?!
Io sono sempre rimasto fuori del dormitorio quando e quanto mi pareva. E nessuno ha mai rotto i santissimi.
D'accordo, non ho mai saltato la colazione. Ma mi pare che qui si esageri!
D'altronde, non mi illudo di certo che qualcuno fosse preoccupato per me; figuriamoci! La McGranitt ha soltanto paura che a qualche studente... discusso càpiti qualcosa: quanti ancora lascerebbero Hogwarts?
La ragazzina, però, deve averla presa sul personale. Parecchio sul personale.
Insomma, come se dai dormitori non sparisse mai nessuno! Andiamo!
Scommetto che nessuno avrebbe detto nulla, se al mio posto ci fosse stato Potter. E non dico il Potter di adesso, no: anche prima, le regole normali, per lui, non si applicavano. Uh, come diventava matto Piton buonanima!
E guardate un po' il risultato... Io sono qui a ripetere il settimo anno, ma a lui i M.A.G.O. non servono, no, figuriamoci! San Potter entra direttamente negli Auror, nientemeno, con dispensa da tutti i requisiti, fanfara, inchini e pure il baciamano!
E passi ancora Potter, ma Lenticchia?! Alla faccia delle raccomandazioni! Se questo è il nuovo corso del Ministero, mi sa tanto che preferivo il vecchio, grazie tante. Noialtri Malfoy, perlomeno, corrompevamo con maggior criterio!
Parlarne al passato mi fa ancora un certo effetto. Sembra ieri che mio padre entrava e usciva dall'ufficio di Caramell... quel povero scemo...
Be', sono passate tante cose, non solo la nostra influenza.
Anche la carriera scolastica di Potter è acqua passata.
Le mie prospettive future, altrettanto.
E questa ragazzina, invece di pensare a pomiciare o fare la bulletta con i più piccoli approfittando della spilla, decide di prendersela con me.
Non è più la Hogwarts di una volta.
...In effetti è strano, qui, senza Potter.
Forse neanche all'inizio del primo anno c'erano tanti ragazzini infatuati di lui... eppure, per me, questo continuo sentirne parlare non fa che intensificare la sua assenza.
Non che mi manchi, sia chiaro!
Ma solo adesso noto fino a che punto gli scontri con lui riempissero le mie giornate.
E non parliamo del Quidditch. Per quattro anni ho sudato, mi sono allenato, ho dato tutto pur di arrivare al Boccino prima di Harry Potter. Una volta, una volta sola. Vedere l'espressione della sconfitta sulla sua faccia... questo mi sarebbe bastato. Avrebbe dato un senso a tutto e mi avrebbe ripagato di tutto.
Ma adesso?
Adesso, Potter non è più qui. E' diventato una leggenda. E le leggende sono invincibili.
Il vecchio Draco, con tutta la sua insistenza sui vecchi gesti, ha l'aria non averlo proprio capito. “Se vuoi che resti...”; sì, ma cosa resti a fare?!
Finisco il secondo e mi guardo intorno. Gli occhi mi cadono sui boccoli biondi di Astoria Grengrass: direi che le danno un aspetto angelico, se non avessi appena scoperto, a mie spese, fino a che punto quest'impressione sia sbagliata. La osservo e mi chiedo se sia una dei tanti neo-convertiti al culto di Potter.
Potrebbe anche avere un senso.
Altrimenti, come potrebbe essere così imperiosa, di questi tempi, una purosangue?
Nonostante il mio debito verso di lui, nonostante la mia gratitudine per la sua vittoria, non posso fare a meno di pensare che sarebbe una vergogna incancellabile, per qualunque membro delle Sacre Ventotto, prostituirsi così all'idolo delle masse, al culto del momento.
Potter è un eroe? Sì. , porca puttana, lo ammetto: lo è!
Ma anche gli eroi vanno e vengono. Anche gli eroi si corrompono. E nessun eroe è senza difetti.
Noi siamo più grandi degli eroi.
Siamo le famiglie che, molto più di loro, hanno fatto la storia del mondo magico. Siamo la stabilità di questo mondo, lo difendiamo dalle capricciose infatuazioni della folla, dalle mode politiche... e anche dai Babbani. La missione degli eroi dura lo spazio di una guerra; la nostra è eterna.
Ci credo ancora?
Queste idee mi fanno ancora battere il cuore. E poi...
...Non ho un'altra verità da sostituire a questa.
Anche se vedo fin troppo bene dove ci abbia portato.
Guardando Astoria Greengrass, posso pensare che la forza d'animo, perlomeno, non sia del tutto venuta a mancare.
E forse questa sconfitta purificherà le Sacre Ventotto. C'era troppa corruzione in giro, al Ministero e non solo.
Certo, noi Malfoy siamo sempre stati dalla parte di quelli che compravano, non di quelli che si vendevano.
O così ci siamo detti. Perché poi, stringi stringi, nelle mani di chi siamo finiti?
E almeno ci fossimo venduti: avremmo ottenuto qualcosa. Macché! Noi siamo stati i suoi schiavi.
Quel che mi spaventa di più è che i miei lo sono ancora. Anche adesso che è morto, continuano a ripetere tutto quel che diceva... è come se non riuscissero a sottrarsi all'incantesimo delle sue visioni folli.
Oh, Riddle sapeva parlare, questo è certo.
Ma dopo tutto quel che abbiamo visto, dopo tuto ciò che ha fatto, dopo esserci ritrovati incarcerati in casa nostra... dopo le torture e le morti e... Come si fa, dico io, come si fa?!
Mi chiedo che ne pensi la Greengrass.
I suoi non sono mai diventati Mangiamorte, ma, per quanto ne so, condividevano le stesse idee. Adesso, si comporteranno come i miei?
Notando la possibile somiglianza tra le nostre situazioni, provo - per la prima volta dopo molto tempo – un improvviso, genuino interesse per qualcuno, per ciò che potrebbe dire o pensare. E forse la mia decisione di prima era sbagliata; forse vale la pena di provare a conoscere questa Astoria. Tanto, è garantito che non potrò evitarla per una settimana almeno. Meglio che non ci provi neanche. E dunque...

Malfoy resta molto, molto tranquillo per tutto il resto della giornata.
Così tranquillo, in effetti, che temo stia architettando qualche brutto scherzo per vendicarsi; ma non succede niente. In più, noto che mi osserva a più riprese, sempre con un'espressione stupita o perplessa.
Mi sa tanto che nessuno gli ha mai imposto di rispettare le regole che valgono per tutti.
Non posso certo dire che questo mi sorprenda: noi delle Sacre Ventotto tendiamo spesso a sentirci un po' troppo superiori ai comuni mortali. Sto cominciando a pensare che non sia un bene.
Povero Malfoy: ha incrociato, anzi, scontrato un Prefetto per cui la disciplina scolastica è, a conti fatti, l'unica certezza rimasta.
Qui, almeno, le regole hanno ancora un senso.
E sono ancora quelle di prima.
E anche le novità, come la caccia allo studente che non si trova o l'aiuto a quelli in difficoltà varie, sono così ragionevoli che mi sembrerebbe assurdo non accettarle. Per quanto sia estenuante star dietro a quest'orda di ragazzini traumatizzati.
Non so cosa farò fuori di qui, tantomeno che genere di persona sarò. Ma intanto, cerco di fare il mio dovere; e per poco che sia, nel suo piccolo andrà comunque a migliorare il mondo.
Il che significa, tra le altre cose, che adesso mi tocca cercare Malfoy, Incarcerarlo e costringerlo ad aiutare Christopher con i compiti di Trasfigurazione, mentre io penso a Lyla che deve esercitarsi in Difesa. E speriamo che stanotte nessuno abbia gli incubi.
Ma dove sarà...
«Stai cercando qualcuno, Greengrass?».
Potrebbe essere una frase beffarda, ma il tono è normale e, voltandomi, vedo un vero sorriso, non quel suo dannato ghigno sardonico.
Sospiro sollevata: sembra che non sarà necessario uno spargimento di sangue, dopotutto.
«Cercavo te, quindi siamo a posto.». Gli sorrido anch'io: voglio fargli capire che, se si comporterà bene con me, io farò altrettanto con lui. Non sono tra quelli che lo detestano “a prescindere”; e comunque, cerco di fare il mio lavoro.
«Allora, cosa prevede la mia punizione di stasera?». La voce resta neutra, o forse perfino vagamente interessata.
«Be'...» i miei occhi vagano per la sala comune, in cerca di una zazzera ormai familiare. «Ecco, vedi quel ragazzino dai capelli rossi?». Annuisce. «Si chiama Christopher Keble e non gli entrano in testa i princìpi base della Trasfigurazione. In genere lo aiuto io, ma devo dare una mano a una ragazzina che deve esercitarsi in Difesa. E poi, magari cambiare metodo gli sarà utile.». Non mi piace confessare il mio fallimento nelle ripetizioni, ma tanto vale essere onesti: dopotutto, è possibile che Malfoy sia la persona giusta per aiutare Christopher; io, invece, a quanto pare non lo sono affatto.
«A volte penso che, dopo i M.A.G.O., dovremmo ricominciare Hogwarts daccapo.»
«...In che senso?». Sembra serio, ma, se lo è, non ho la minima idea di cosa possa voler dire.
«Tutta quella teoria che dobbiamo masticare al primo anno... sì, certo, è necessaria, serve a dare un minimo di senso a quel che proviamo a fare; però non siamo affatto in grado di capirla davvero. La teoria nasce dall'esperienza e si capisce davvero solo dopo aver fatto un bel po' di pratica... quella pratica che al primo anno, naturalmente, manca.»
Non posso fare a meno di restare colpita. «Non avevo mai considerato la cosa da questo punto di vista» ammetto.
«Oh, neanch'io, per molto tempo. Il primo anno sono andato male, sai? E proprio per la teoria.»
«Davvero?». Non che mi stupisca il fatto in sé; ma non avrei mai detto che Draco Malfoy fosse tipo da ammettere una mancanza qualunque, anche solo nel rendimento scolastico.
«Davvero. Tutta quella roba libresca mi sembrava talmente astratta, per non dire astrusa. E poi, sai, ero stato cresciuto con la certezza che, per i purosangue, la magia fosse naturale come respirare...».
«Sì, ne so qualcosa.»
«Immaginavo... E così ho preso sottogamba lo studio della teoria. Ne ha risentito anche la pratica, naturalmente; alla fine, la Granger mi ha superato in tutti gli esami. Certo, ripensandoci oggi non mi stupisco di sicuro... Ma non ti dico, allora, la reazione di mio padre!»
«Rabbrividisco alla sola idea.». E sono sincera: dopotutto, la Granger è una Mezzosangue; Lucius Malfoy un Mangiamorte. Meglio non sapere altro.
«E io al ricordo, credimi. Allora mi dicevo che era colpa degli insegnanti, che si trattava di favoritismo, perché non era possibile che una Mezzosangue fosse più brava di me!». Mi osserva, come per sondare la mia reazione al termine; ma io conservo inalterato il mio leggero sorriso. «Mio padre, tuttavia, non era per niente d'accordo. E questo, per me, è stato ancora più sconvolgente: mi sembrava che contraddicesse tutto ciò che mi aveva insegnato. Insomma, se una Mezzosangue poteva essere superiore a noi, allora...». Spalanca le braccia, a indicare un mondo di possibilità.
«Capisco.». Ed è vero, capisco molto bene; quando l'Oscuro Signore si è inventato la fandonia dei poteri magici rubati, non ha fatto che approfittare di un risentimento provato, almeno qualche volta, da ciascuno di noi per uno stato di cose che ci sembrava... innaturale.
La mia risposta, però, forse gli sembra un tentativo di chiudere l'argomento, perché, dopo qualche istante, sorride e mi dice: «Scusa, mi sono messo a divagare. Giusto per finire il discorso di prima...»
Ah sì, l'esperienza. Gli faccio un cenno di incoraggiamento, che sembra apprezzare.
«Be', al primo anno, una delle cose che davvero non riuscivano ad entrarmi in testa era proprio la teoria della Trasfigurazione. In particolare, mi ricordo, la Legge di Gamp con le sue Principali Eccezioni.»
«Ma guarda!» esclamo stupita. «E' una delle croci di Christopher!»
«Sul serio?! ...Non che mi sorprenda: fa parte di quelle diecimila nozioni che uno deve mandare a memoria lì per lì, ma la sua utilità si capisce davvero solo quando cominci a far pratica sugli incantesimi di Evocazione. Eppure, impararla già al primo anno ha un senso... solo che lo capisci solo alla fine; solo una volta completato lo studio della Trasfigurazione umana sei in grado di vedere l'unità profonda di tutta la materia. E di comprendere che, in quei primi mesi di studio, hai... be', dovresti aver appreso le basi comuni a tutti i vari tipi di Trasfigurazione.»
Per quanto il discorso suoni interessante, comincio a sospettare che Malfoy stia semplicemente cercando di schivare la punizione in un modo subdolo; così gli chiedo, scherzosamente, ma nemmeno troppo: «Di' un po', ma alla fine ti è entrata in testa la Legge di Gamp?»
«Oh, giusto, proprio lì volevo arrivare... Sì. E sai quando è successo? Al sesto anno. In pratica, ho vissuto nella Stanza delle Necessità.». Per qualche ragione, arrossisce; suppongo sia meglio non indagare. «Be', ho dovuto fare i conti con il fatto che la Stanza non può procurare cibo. Così, non solo mi si è impressa molto bene nella memoria la prima delle cinque Principali Eccezioni, ma ho anche capito il senso di studiare queste nozioni fin dall'inizio.». Ora mi guarda dritto negli occhi. «E' bene che impariamo subito di non essere onnipotenti.». Fa una strana smorfia. «Riddle non l'ha mai imparato, suppongo.».
Mi scopro a guardare Draco Malfoy con occhi completamente nuovi.
Gli anni passati, non ho fatto particolarmente caso a lui e, comunque, quel che ho notato non mi piaceva. Troppo sprezzante, troppo montato.
Adesso...
Be', innanzitutto dimostra di avere un cervello.
E poi fa discorsi che non mi sarei mai aspettata da lui.
Non per la prima volta, rimpiango che, l'anno scorso, i miei abbiano preferito non iscrivere né me né Daphne: ho l'impressione di essermi persa l'evoluzione interiore, per così dire, più o meno della Scuola intera.
Mi accorgo di averlo lasciato senza risposta. Ancora sbalordita, cerco di mettere insieme qualcosa.
«Alla prima occasione, dobbiamo proprio riprendere l'argomento, Malfoy, mi interessa molto.». Spero che capisca che il mio sorriso è sincero. «Adesso, però, il dovere ci chiama...»
«Oh, giusto. Scusa. Poi per i piccoli viene tardi.»
«Esatto. Vieni, ti presento Christopher.». E ci incamminiamo verso l'angolo dove il piccolo Keble sta sdraiato e fissa il suo libro con una faccia da morituro.
Osservando Malfoy accanto a me – ora con un'aria perfettamente disinvolta – mi rendo conto che questa conversazione tanto inattesa mi ha lasciato il desiderio di conoscerlo davvero, come persona, e non semplicemente di approfondire le sue opinioni.
E forse provo anche un certo gusto all'idea di scompaginare quella disinvoltura. Per quanto ligia alle regole, sono pur sempre una Serpeverde, dopotutto. Così, butto lì, con il fare più innocente dell'universo:
«Non appena ci sarà un po' di tempo, devi proprio raccontarmi tutto su quando hai vissuto nella Stanza delle Necessità!»
Il suo sguardo interdetto e il rossore che gli dilaga sulle guance, decisamente, non hanno prezzo.



Note:
Mi trovo in una situazione per me inedita, perché ho scritto, in parallelo, due storie distinte sullo stesso tema e nel medesimo contesto: l'anno successivo alla fine delle guerra, tornati a Hogwarts e alle prese con un mondo cambiato, Draco e Astoria si accorgono l'uno dell'altra. Sono abbastanza sicuro di essere riuscito a delineare i personaggi in modo piuttosto diverso nelle due storie, ma il miglior giudice, in questi casi, è sempre il lettore; quindi, lascio a voi ogni confronto tra questa fic e “Come foglie nel vento”.
Il titolo è l'
incipit del Salmo 136 nella versione latina della Vulgata; è stato reso in musica da Palestrina e, se la memoria mi serve, se ne coglie un'eco anche in Va' pensiero, ma l'ho scelto per il riferimento al tema dell'esilio (“Super flumina Babylonis, illic sedimus et flevimus cum recordaremur Sion...”). Anche i purosangue, dopotutto, in un certo senso hanno perso la Patria che avevano, o che credevano di avere; e si trovano come in esilio, all'interno di un mondo divenuto estraneo a tutti i loro valori. Valori di cui, peraltro, nessuno dei de protagonisti è più molto sicuro; donde il testo di Battiato.
Secondo me, siccome la porta della Stanza delle Necessità si è richiusa, l'Ardemonio ha finito di consumare solo una sua particolare configurazione, quella di meganascondiglio; non so se, di fronte ad un bisogno del genere, riuscirebbe ancora a reagire... ma non è il caso di Draco.
Mi ha sempre colpito il modo in cui la Stanza ti dà più di ciò che sei consapevole di volere (evidentissimo, ad esempio, quando si trasforma per la prima volta nel quartier generale dell'ES); quindi, mi sono chiesto come possa reagire di fronte ad una massa di desideri subconsci. Il risultato è quel che avete letto.
Due piccoli chiarimenti: l'asciugamano manca – e Draco non fa in tempo a forzarne l'Evocazione – perché la Stanza “sa” che Malfoy vorrà giocare con gli scivoli e asciugarsi solo dopo, ma avrà bisogno (...appunto...) di una piccola rottura della sua routine quotidiana per rendersi conto di questa possibilità. Invece, il profumo di Pansy non può essere riprodotto dalla magia, perché non si tratta di un semplice odore, ma piuttosto di una sensazione fisica trasfigurata – scusate il bisticcio – in un simbolo d'amore. E l'amore, secondo me, come non può essere indotto da Pozioni, così neppure Evocato: se non è un'altra delle Principali Eccezioni alla Legge di Gamp, gode senz'altro di uno statuto analogo.
Draco, quindi, ha amato Pansy? Sì. Forse se ne rende conto appieno solo adesso, dopo qualche mese di scuola passato a rimuovere perfino la consapevolezza della sua assenza; per questo, però, è anche il momento in cui si rende conto che è finita.
Che fine ha fatto la Parkinson? Nulla di tragico. Semplicemente, si mantiene del tutto fedele alle vecchie idee, al pari dei suoi genitori; così, hanno scelto l'esilio volontario da un Paese che non sentivano più il loro. E, quanto a lei, si è innamorata più del campione dei purosangue che della persona di Draco: adesso lo vede come qualcosa di peggio perfino di un traditore; per lei, è passato da un eroe con il Marchio Nero a un vigliacco che non ha avuto nemmeno il coraggio di tradire. Per inciso: il dubbio di Draco su cosa l'abbia eccitata di più all'inizio è perfettamente giustificato, ma spero si sia capito che, nel prosieguo, neanche da parte di lei sono mancati i sentimenti.
Astoria... be', la sua situazione si spiega via via nel testo: ha due anni meno di Draco, quindi dovrebbe essere al sesto anno, ma ha saltato l'ultimo perché i suoi, nonostante l'esaltazione per la caduta del Ministero, non si sono fidati a lasciar tornare le figlie a Hogwarts, considerandola ancora “infetta” dai partigiani di Silente (e temendo che potessero lasciarsi andare a sequestri o altre forme di ritorsione contro il nuovo regime). Gradatamente, ha capito che la nuova situazione non era proprio il Paradiso promesso; il suo ripensamento critico è forse più avanzato rispetto a Draco, che, d'altronde, ha rischiato la pelle in prima persona e vede soprattutto il lato emotivo, legato alla figura dell'Oscuro Signore, ai pericoli corsi (da lui e dalla sua famiglia), nonché al fatto che, dopo la sua caduta, si è scoperta la verità circa lo stato di sangue di Riddle. Ricordate come reagisce Bellatrix, durante la battaglia al Ministero, quando Harry le sbatte in faccia che Voldemort è un Mezzosangue? Ecco, mi son sempre chiesto come avrebbero reagito i Mangiamorte se, ovviamente in altre circostanze, fossero stati costretti ad ammettere la verità. Verità, d'altronde, sicuramente nota almeno ai più anziani, che sono stati compagni di scuola di Tom Riddle.
Infine, durante la conversazione finale, Draco tende a perdere parecchio il filo... ma è distratto da una certa biondina, che sta cominciando a notare anche in senso fisico. Per questo la menzione della Stanza delle Necessità lo mette in imbarazzo.
E credo che sia tutto.

  
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