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Autore: Raptor Pardus    28/10/2017    0 recensioni
A volte odo sussurri.
Non ricordo quando fu la prima volta, ma ricordo il buio che vidi quando quella voce penetrò nella mia testa, dilaniando le mie cervella e moltiplicandosi come un cancro.
Ti prego, ti prego non te ne andare, ascolta! Ascolta la mia storia, lascia che io possa narrare il momento in cui la mia esistenza ha acquisito un senso...
La pioggia acida batteva contro il parabrezza della volante blu scuro che vagava silenziosa, di pattuglia, per le vie sporche della città, piene di insegne al neon e lampade alogene in cui i suoi abbaglianti si confondevano, una minuscola goccia luminosa in un oceano di luci soffocanti che brillavano nella triste notte senza stelle.
Genere: Azione, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Urlo

 
La pioggia acida batteva violenta contro il parabrezza della volante blu scuro che vagava silenziosa per le vie sporche della città, piene di insegne al neon e lampade alogene in cui i suoi abbaglianti si confondevano, una minuscola goccia luminosa in un oceano di luci soffocanti che brillavano nella triste notte senza stelle.
L’auto rallentò, mentre un agente di polizia, tutto avvolto nella sua scura casacca da pioggia, faceva segno al pilota di proseguire oltre una transenna che fino ad un attimo prima bloccava la strada.
La volante proseguì silenziosa, passando pigramente davanti ad altre auto della polizia, tutte raccolte intorno all’ingresso di un grosso palazzo di venti piani, un decadente blocco di cemento ricoperto di statue oscene e insegne luminose, un ecomostro vecchio di almeno un secolo che sarebbe facilmente passato per un covo di prostitute.
Il detective Sicarius Wrine fermò la sua vettura accanto ad un comando mobile e scese dall’auto, lasciando che la pioggia scorresse sul suo trench nero e sulla sua testa.
Un giovane agente lo raggiunse e gli porse il suo berretto rigido rifoderato, ma lui rifiutò con un cenno del capo.
<< Salve detective. Non ci aspettavamo la sua presenza. >> disse l’agente, ricalcandosi rapidamente il cappello in testa per sfuggire al diluvio.
<< Qual è la situazione? >> rispose solo il detective.
<< Oh, venga. >> disse l’agente indicando la camionetta usata come comando mobile. << Non rimaniamo sotto la pioggia. >>
Wrine seguì silenziosamente l’agente, mentre questi iniziava a definire rapidamente il quadro della situazione.
<< Abbiamo trovato il ricercato in un appartamento del settimo piano, non abbiamo ancora fatto irruzione perché pensiamo abbia due ostaggi con sé, e temiamo che appena muoveremo un dito lui li farà fuori senza pensarci due volte. >>
Il portellone laterale del piccolo autocarro si aprì da solo con un sibilo, rivelando il suo interno asettico pieno di schermi e agenti intenti a controllare il perimetro attraverso i segnali di ritorno delle decine di droni sparsi per tutta la zona delle operazioni.
Un capitano, chino dietro un agente intento a fissare una planimetria, si voltò non appena il portello si aprì, e fissò torvo il detective mentre entrava e ispezionava poco convinto il veicolo.
<< Salve, Wrine. >> disse in maniera tutt’altro che amichevole.
<< Capitano Lourk. >> rispose Wrine, ignorando lo sguardo dell’ufficiale e continuando a ispezionare l’ambiente circostante.
<< Le consiglio di asciugarsi, o potrebbe mandarmi in cortocircuito l’apparecchiatura. >> continuò il capitano, chiudendo una cartellina e spostandosi dietro la postazione di un altro agente, continuando col suo tono ostile. << Ma prendersi un ombrello? No, eh? >>
<< Le dispiace se fumo? >> chiese Wrine già estraendo una piccola scatoletta argentata.
<< Sì. >> rispose secco il capitano.
Wrine aprì la scatoletta e si infilò in bocca una sigaretta fatta a mano, richiudendo poi il portasigarette metallico ed estraendo quindi uno Zippo brunito sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti, capitano escluso.
<< Che c’è? >> chiese, quando si accorse degli sguardi sbalorditi che aveva addosso.
<< Continuate a lavorare, ragazzi. >> sbottò il capitano, facendo poi cenno a Wrine di avvicinarsi a lui << Andiamo dove quell’affare non ci intossicherà tutti. >>
Da una porta interna passarono all’abitacolo del veicolo, ed il capitano si sedette al posto di guida, socchiudendo quindi i finestrini oscurati, lasciando che il rumore scrosciante della pioggia accompagnasse le loro parole.
<< Maledetto te e le tue sigarette, l’MBC puzzerà per il resto della settimana. >> esordì Lourk, girandosi sul suo sedile e facendo sparire il volante nel cruscotto semplicemente premendo un pulsante.
<< Perché non avete ancora fatto irruzione? >> chiese Wrine chiudendo la porta e sedendosi sul sedile accanto.
<< Due ostaggi, non mi arrischio. Ha già fatto sei vittime, non ci tengo a causarne una settima. Stiamo vedendo come fare. >> rispose Lourk, riaprendo la cartellina e scorrendo nervoso i rapporti in essa contenuti.
<< Non vuoi una seconda Koresh Street, eh? >> lo pungolò Wrine, cinico.
Lourk strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, chiudendo per un attimo gli occhi.
Wrine poteva sentire lo scricchiolare dei sui denti digrignati.
<< No, cazzo, non ci tengo ad avere una seconda Koresh Street. >> sibilò rabbioso il capitano.
<< Sappiamo se il nostro soggetto è armato? >> continuò Wrine, tornando serio.
<< No, ma temiamo lo sia. E anche se fosse, si è dimostrato abbastanza pericoloso anche da disarmato, dovevi vedere quella povera coppia. >>
<< L’ho vista, all’obitorio. >>
<< Davvero? >>
<< Sì. >>
Tra i due ci fu un attimo di silenzio.
Wrine soffiò una nuvoletta di fumo bianco fuori dal finestrino, lasciando cadere la cenere della sigaretta al di là del vetro scuro.
<< Quindi? >> chiese infine.
<< Cosa? >>
<< Dovremmo rimanere qui in attesa che questo tizio si consegni da solo? >>
<< Sto aspettando gli incursori, in realtà. >> disse Lourk, abbassando lo sguardo e grattandosi la nuca.
<< Non sono ancora arrivati? >> sbottò Wrine alzando un sopracciglio castano.
<< No. >>
<< E quando dovrebbero arrivare? >>
<< Venti minuti fa. >> mormorò Lourk, improvvisamente docile come un agnellino.
Wrine rimase a fissarlo, in silenzio, la sigaretta tra le labbra e il rumore della pioggia come compagno.
<< Prepara i tuoi agenti, guido io l’assalto. >>
<< Cosa? >> chiese Lourk, alzando la testa di scatto, quasi impaurito dalla decisione.
<< Prendo i tuoi agenti e faccio irruzione, avanti, non abbiamo tempo per aspettare i reparti speciali. >> disse Wrine, terminando la sigaretta e gettandola fuori dal finestrino.
<< Sei pazzo? Violeremmo almeno tre protocolli. >>
<< Quattro, se non mi dai la tua autorizzazione. >>
<< Lo affronti tu il prefetto? >> chiese Lourk, grattandosi i radi capelli neri, le folte sopracciglia corrugate.
<< Certo, puoi stare tranquillo, quando mai non mi sono preso le mie responsabilità? >>
<< A Koresh Street… >> sussurrò Lourk, quasi impercettibilmente, tra sé e sé.
<< Cosa? >>
<< Niente. >>
<< Comunque, non possiamo attendere oltre i reparti speciali, o qualcuno lì dentro lo troviamo morto di sicuro. >> continuò Wrine, soffiando di nuovo fuori dal finestrino.
<< E va bene, facciamolo. Ma sappi che io me ne lavo le mani. >> disse Lourk, puntando il suo grosso indice contro Wrine.
<< Nessun problema, mi prendo ogni colpa. Hai ancora quella vecchia scatola di sigari? >>
<< Quasi finita. Ho pensato di rivenderla quando il bando è passato in Senato. >>
<< Che legge del cazzo. Sei hai ancora due sigari, ce li fumiamo dopo questa operazione, che ne dici? >>
Lourk ridacchiò, complice.
<< Si può fare. >>
Lourk uscì dall’abitacolo e tornò nel vano posteriore, mentre Wrine scese dalla portella accanto a sé.
Si guardò intorno e si incamminò lentamente verso uno stretto vicolo buio, esattamente tra l’edificio che avrebbero dovuto assaltare ed il palazzo accanto, dove i balconi e le tettoie lo avrebbero protetto dalla pioggia.
Il giovane agente che gli aveva offerto il cappello poco prima gli si affiancò di nuovo.
<< Allora, signore? >> chiese, tallonandolo.
<< Allora cosa? >>
<< Si irrompe? >>
Il ragazzo fremeva d’eccitazione, Wrine non aveva nemmeno bisogno di voltarsi a guardare per capirlo.
<< Sì. >> disse il detective seccatamente.
<< L’impatto mediatico che avrà questa operazione sarà impressionante, il caso è già seguitissimo in rete. Non pensa che la gente ne parlerà per parecchio tempo? >>
<< Ammetto che l’assassino è stato abbastanza brutale nei suoi omicidi e questo ha attirato parecchia attenzione, ma la gente tende a dimenticare ciò che ascolta in tv. Tempo un anno e vedrai che nessuno si ricorderà più niente. >> rispose il detective addentrandosi nel vicolo buio e invaso dai rivoli d’acqua sporca che fluiva nelle fogne.
<< Così mi uccide, signore. >> rispose l’agente, fermandosi all’imboccatura del vicolo, uno sguardo deluso sul volto fradicio.
Wrine si fermò e si voltò, passando la mano sul trench, indeciso se estrarre di nuovo oppure no il portasigarette.
<< Senti, ragazzo… come ti chiami? >> chiese infine, estraendo lo Zippo e mettendosi a giocherellare con esso, facendolo passare tra un dito e l’altro.
<< Merrys signore, Laetus Merrys. >> disse il ragazzo fissando incuriosito l’accendino.
<< Senti Merrys, voglio raccontarti una storia. C’è un marinaio che va sempre per mare invece di starsene a casa con la moglie. Ad un certo punto, finisce su una nave da guerra e per poco non ci rimane secco durante una battaglia, ma riesce comunque a riportare la pelle a casa, e sai allora che fa? >>
<< No, signore. >>
<< Torna in mare, lasciando la moglie da sola. >>
<< E poi? >>
<< Ci rimane secco per una tempesta. >>
<< Dove vorrebbe arrivare, signore? >> chiese Merrys, visibilmente confuso.
<< Non andare in cerca di gloria, non ne vale la pena. >>
Il ragazzo rimase ammutolito, ancora più confuso di prima.
<< Cos’era quella? >> chiese dopo un po’.
<< Cosa? >>
<< La roba che stava fumando. >>
<< Non hai mai visto una sigaretta? >> chiese Wrine, inarcando un sopracciglio.
<< Oh… solo elettroniche, signore, ormai si usano solo quelle. >> rispose Merrys, sorridendo beota e annuendo deciso.
<< Avresti dovuto vedere cinquant’anni fa. >> disse Wrine, sconsolato << E meno male che hanno trovato la cura per il cancro. >>
Merrys non rispose, non sapendo con esattezza di cosa il detective stesse parlando.
<< Perché siamo qui, signore? >> chiese dopo un po’, cercando di porre fine al silenzio imbarazzato che era calato tra i due.
<< Cercavo… quelle! >> rispose il detective, alzando la testa e indicando dopo una rapida ricerca le scale antincendio dell’edificio.
Si avvicinò per guardarle meglio, cercando di capire meglio come salissero fino al settimo piano.
<< Sì, penso proprio che ci torneranno utili. >> disse dopo un po’, gli occhi verdi in alto a fissare il cielo, i corti capelli castani ormai fradici per la pioggia.
<< Che ore sono, ragazzo? >> chiese, lasciando che l’acqua scorresse sul suo viso e gli bagnasse le palpebre.
<< Uh… le tre… le tre e mezza ormai. >>
<< Bene, non attendiamo altro tempo. >>
I due si diressero nuovamente verso il comando mobile, ma un urlo li fece fermare subito prima che potessero entrare nel mezzo.
Un agente indicò in alto, sopra le loro teste, in direzione del sesto piano.
Un uomo nudo era affacciato alla grande portafinestra che dava sul vuoto, quasi in procinto di lanciarsi, un braccio bianco sporco di sangue proteso nel vuoto, gli occhi allucinati e persi, come se fosse appena uscito da un sogno.
<< Porca puttana, ora si butta! >> urlò Lourk uscendo improvvisamente dal camion per seguire la scena dal vivo.
<< Mi ricorda un vecchio film. L’androide però aveva la decenza di tenersi le mutande. >> osservò Wrine con estrema nonchalance.
L’uomo nudo ondeggiò per qualche secondo sul bordo della finestra, poi rientrò nell’appartamento.
<< A quanto pare abbiamo almeno una settima vittima, entriamo, ora! >> urlò, lanciandosi in avanti verso l’ingresso del palazzo.
Una ventina di agenti lo seguì all’interno, un immenso androne dorato in cui altri poliziotti, fortunatamente rimasti all’asciutto, erano intenti a interrogare e a rimandare nei loro appartamenti i pochi coinquilini che ancora abitavano quel rudere fatiscente.
Quattro ascensori erano presenti oltre il vecchio bancone ad anello della reception, per fortuna tutti funzionanti.
In un lungo minuto, reso imbarazzante dall’attesa all’interno degli elevatori, gli agenti furono tutti al sesto piano, pronti a fare irruzione.
<< Pistole in modalità teaser, ragazzi, evitiamo morti. Fate molta attenzione, il soggetto è pericoloso anche se disarmato. >> disse Wrine non appena tutti furono di nuovo riuniti nel corridoio del sesto piano.
Il detective guidò i suoi uomini fin davanti alla porta di un appartamento.
<< Signore, il nostro bersaglio è al piano di sopra. >> fece notare un agente.
<< Lo so. >> disse Wrine bussando energicamente alla porta. << Cinque di voi entrino qua dentro e raggiungano il piano superiore dalle scale antincendio. >>
Un nero scheletrico e scuro come la pece aprì la porta, visibilmente irritato.
<< Buona sera, polizia, necessitiamo di entrare. >> disse Wrine estraendo il distintivo dal cappotto bagnato e mostrandolo frettolosamente all’uomo prima che questi fosse travolto dagli agenti diretti alla finestra da cui si sarebbero potuti issare sulle scale.
<< Bene, altri cinque vadano all’ottavo piano e facciano lo stesso, tutti gli altri con me. >>
I poliziotti rimasti raggiunsero le scale di servizio e arrivarono davanti alla porta di accesso al pianerottolo dove avrebbero trovato l’inferno.
<< Togliete la sicura, pronti, andiamo. >> disse Wrine lanciandosi sul pianerottolo.
Già nel corridoio si sentiva puzza di morte, un puzzo così forte e nauseabondo che faceva venire i conati.
Gli uomini si ammassarono contro la porta dietro alla quale vi era il loro bersaglio, e attesero in silenzio che arrivasse Lourk insieme ad altri due agenti, uno dei quali armato con un piccolo ariete portatile.
Wrine fece un cenno a Lourk, che afferrò la radio che teneva appuntata sopra alla sua uniforme blu e nera in fibra sintetica.
<< Entriamo. >>
L’agente si lanciò con l’ariete sulla porta, un solo colpo secco ed il legno cedette, spezzandosi intorno alla serratura.
Gli uomini si riversarono all’interno attraverso la porta sfondata, mentre un rumore di vetri infranti li raggiungeva da una stanza in fondo alla casa.
Fu questione di pochi attimi.
Gli uomini furono presto in salotto, dove il pazzo li attendeva, riverso per terra, immerso in una pozza di sangue, i polsi tagliati, al centro di un pentacolo tracciato coi fluidi corporei di qualcun altro.
La scena era da incubo: l’elettricità all’interno dell’appartamento era saltata e l’unica fonte di luce erano le luminarie esterne o i rari lampi che squarciavano il cielo, sul pavimento erano ammassati rifiuti ed escrementi, e lì, davanti a loro, giaceva il cadavere di un innocente ragazzino, le pelle bianca, gli occhi vuoti, spenti.
Accanto, l’essere – perché difficilmente lo si sarebbe potuto definire uomo – si contorceva negli ultimi spasmi di vita, nudo e sporco, emettendo delirante versi inumani.
Urlò una sola, gutturale parola, prima che le sua grida divenissero prive di senso e infine si spegnessero.
Incubo.
 
<< Abbiamo fatto il possibile. >> disse Lourk, versando della crema di whiskey in due bicchieri con ghiaccio.
<< Io ancora non ho capito dove era finita la squadra speciale. >> disse Wrine, accettando il bicchiere che Lourk gli porse.
<< Bloccata sulla Hampton. Incidente stradale. >> disse l’altro, sedendosi sulla poltrona in cuoio bruno del suo studio.
<< E nel mentre quel pazzo ha ammazzato altre due persone. Che merda. >> concluse Wrine amareggiato.
<< Alla fine Koresh Street si è ripetuta, purtroppo. >> commentò Lourk sconsolato, afferrando una scura scatola dal ripiano inferiore del basso tavolo in vetro fra le due poltrone.
<< Non mi va più tanto, in realtà. >> disse Wrine, accennando col capo ai sigari contenuti nella scatola.
<< Son d’accordo. >> disse Lourk, riponendo la scatola al suo posto, senza nemmeno esitare.
Wrine bevve un sorso, facendo poi girare il liquido nel bicchiere.
<< Perché crema? >>
<< Ha un gusto più morbido, la preferisco al whiskey. >>
Ci fu di nuovo una pausa, in cui Lourk assaporò il suo primo sorso.
<< Mi dispiace… per Koresh Street. >> disse ad un certo punto Wrine << Non avrei dovuto sparare a quel marero. >>
<< Che ne sapevi che sarebbe scoppiata una sparatoria? Voglio dire, era solo il quartiere più malfamato di tutta Aéromaé. >>
<< Mi dispiace. >> sussurrò Wrine.
<< Dispiace anche a me. Avrei voluto salvarlo, quel ragazzo. Ma nessuno è infallibile. Quella sparatoria fu colpa tua quanto mia. >> rispose Lourk, tentando vanamente di consolarlo.
Calò di nuovo il silenzio, poi Lourk tentò nuovamente di parlare.
<< Io… io ho deciso di partire, dopo la pensione. >>
Wrine alzò il capo.
<< Quanto ti manca? >>
<< Oh, ho ancora un paio di anni, ma dovrei riuscire ad avere il pensionamento anticipato. >>
<< E dove te ne vai? >> chiese Wrine, grattandosi il dorso della mano per il nervosismo.
<< Pensavo Luna, o Marte. Abbastanza lontano da questo dannato pianeta, ma non troppo. >>
Wrine fissò il proprio bicchiere.
<< Perché non vai in una di quelle nuove colonie? Ho sentito che hanno trovato diversi pianeti abitabili e cercano gente. >>
<< Oh, sono troppo vecchio per certe cose. E poi, mi mancherebbe la Terra, senza poterla neanche vedere in cielo. >>
Wrine poggiò il bicchiere, ancora mezzo pieno, ed estrasse il suo accendino.
Se lo rigirò tra le mani, lo fissò per un poco, e lo lanciò in mano al vecchio poliziotto.
Lourk fissò il piccolo marchingegno brunito, lo sguardo catturato dalle piccole incisioni che ne ricoprivano una faccia.
<< Cosa ci hai inciso, matricole? >> chiese infine.
<< Sì, la mia matricola militare e i miei anni di servizio. >> rispose Wrine.
<< E perché me lo dai? >>
<< Perché era un tuo regalo. >>
Gli occhi di Lourk brillarono.
<< Oh, non pensavo lo conservassi ancora. >> esclamò, la voce tremante.
<< Le incisioni le ho aggiunte quando sono stato congedato. Non pensavo che avrei continuato a servire la Federazione così… >>
<< E invece… >>
<< E invece un vecchio bacucco mi ha convinto ad entrare in polizia, per continuare la tradizione di famiglia. >>
Lourk sorrise.
<< Sono contento che ti consideri ancora parte della famiglia. >>
<< Europa come sta? >>
<< Bene. Dice che le mancherò. >>
<< E io…? Le manco? >>
Lourk fece una pausa, assorto nei suoi pensieri.
<< Sì, a tuo modo, le manchi. >>
<< Sono contento. >> disse Wrine afferrando il bicchiere e vuotandolo in un solo sorso.
Si alzò e si avvicinò all’appendiabiti dove il suo trench ancora umido lo attendeva.
<< È tempo di andare, ormai. Porta i miei saluti a tua figlia, dille… dille che manca anche a me, a suo modo. >>
Lourk si alzò, aggiustandosi la camicia.
<< Glielo dirò. Vieni, ti accompagno alla porta. >> disse, superandolo e facendogli segno di seguirlo.
Attraversarono l’ingresso in silenzio, fino a giungere davanti alla porta che dava sulla larga strada buia.
<< Sta ancora piovendo. >> disse Lourk, ascoltando i rumori provenienti dalla strada << Sicuro di non voler aspettare che smetta? >>
<< Non serve, tranquillo. Mi piace la pioggia. >>
Lourk aprì la porta.
<< Ah, l’accendino. >> disse, tastandosi una tasca del pantalone.
<< Non serve, tienilo tu. È per questo che ti cercavo stanotte. >>
<< Pensavo fosse per il maniaco. >> commentò Lourk alzando un sopracciglio e abbozzando un mezzo sorriso.
<< Anche. >>
<< E… perché me lo restituisci? >>
<< Devo dare la caccia a un droide fuori controllo di una grossa azienda, un prototipo mal riuscito. Non penso di fare ritorno, ed inoltre ora trovo che sia un bel ricordo da portare nelle colonie. >>
Wrine si fermò un attimo, pensando a quanto aveva appena detto.
<< Di nuovo come in quel vecchio film, che coincidenza… >> disse, ridacchiando tra sé e sé.
<< Per me, la robotica è un vicolo cieco, dammi qualche anno e vedrai che tutte queste nuove aziende falliranno una dopo l’altra. Vabbè, lasciamo perdere. Vedi di non farti ammazzare. >> disse il vecchio poliziotto, porgendogli la mano << Allora è un addio, Sicarius. >>
<< Già. Addio, Augustus. >> rispose Wrine, stringendogliela vigorosamente e uscendo poi in strada, lasciando che il freddo della notte si insinuasse nelle pieghe del suo giubbotto.
Scese i pochi scalini che separavano l’abitazione dall’asfalto e raggiunse la sua vettura, parcheggiata poco distante.
Nel mentre, una lacrima solcò la sua guancia, perdendosi tra le infinite gocce di pioggia.

   
 
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