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Autore: Old Fashioned    31/10/2017    22 recensioni
Londra, 1887. Nel posto di Polizia di Whitechapel cominciano a verificarsi misteriosi incidenti che colpiscono, uccidendoli invariabilmente, gli agenti veterani.
Sarà una recluta con sei mesi di servizio, Alistair MacLeod, a cogliere una sinistra coincidenza che accomuna tutti i decessi, e a decidere di indagare. Tra segreti inconfessabili, omertà e pericoli, scoprirà una terribile verità.
Seconda classificata al contest "Magiche Feste" indetto da Dollarbaby sul forum di EFP e giudicato da E.Comper
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tarocchi 4 Ciao cari/e,
rieccoci qui per la chiusura della faccenda.
Ringrazio sentitamente tutti coloro che sono passati di qui, mi hanno letto o addirittura mi hanno lasciato un parere!^^







Capitolo 4

Raccolta lungo i marciapiedi, una piccola folla seguiva con attenzione quello che stava succedendo intorno alla casa di O’Hanigan.
Il movimento era iniziato al mattino presto: era arrivato un gruppetto di poliziotti, che avevano cominciato a girare su e giù davanti alla tetra magione scambiandosi commenti. Nessuno era entrato.
Successivamente erano arrivati due veicoli: un carro chiuso dell’obitorio e una carrozza di strada. Dalla seconda era sceso un reverendo con tanto di paramenti e Sacra Bibbia, che appena messo piede a terra aveva tirato fuori un fazzoletto inamidato e se l’era premuto su naso e bocca con aria disgustata, poi si era guardato intorno con l’aria di chi si rende conto di essere sceso dalla carrozza nel posto sbagliato e non sa come tornarsene indietro.
Dalla piccola folla un uomo, mani in tasca e cappello calcato in testa, sprezzante osservò: “Sembra uno che deve farla e non trova la latrina.”
Al suo fianco, un altro brontolò: “E tutte queste aragoste crude[1], qui in giro, che vogliono? Non è bene svegliare il cane che dorme.”
Già, eravamo stati tranquilli per un bel po’, e adesso...”
Sopraggiunse un altro veicolo, che scaricò un’ulteriore piccola frotta di agenti. Gli spettatori rivolsero al gruppetto dei nuovi arrivati sguardi poco amichevoli.
Un poliziotto passò lungo la folla e ruvidamente disse: “Non c’è niente da vedere. Circolare.”
Fece un gesto inequivocabile con lo sfollagente. “Circolare,” ripeté.
Gli astanti si dispersero. I più audaci si spostarono solo più indietro, chi ne aveva la possibilità si affacciò alle finestre che davano sulla scena. Gli altri tornarono scontenti alle rispettive occupazioni.

L’agente MacLeod spinse il cancello arrugginito, quindi si fece da parte e disse: “Se volete seguirmi, sergente Kelsey, vi farò vedere quello che l’agente Campbell e io abbiamo scoperto.”
L’altro annuì e si incamminarono lungo il vialetto. Quando furono a una certa distanza dai colleghi, disse: “Mi è venuto il dubbio che tu fossi ubriaco, quando mi hai raccontato quella storia, ragazzo.”
Nossignore, ero perfettamente sobrio.”
Intendo dire: che tu e Campbell abbiate trovato un corpo nascosto in una stanza ci può stare, in fondo non sarà il primo crimine che rimane impunito, ma il resto...”
Ci sono correlazioni molto chiare, signore, mi riesce difficile pensare che siano semplicemente coincidenze. In ogni caso, se volete seguirmi, vi mostrerò tutto.”
Entrarono in casa, l’agente vide il sergente Kelsey rabbrividire quando la ben nota sensazione di freddo lo colse all’atto di mettere piede nell’ingresso. “È una dannata ghiacciaia,” brontolò con fare risentito. Abbassò gli occhi sul pavimento. “E questi segni cosa sono?”
È un pentacolo, signore.”
Un pentacolo? Cos'è, roba di magia?”
Temo di sì, signore. Abbiate la bontà di seguirmi, prego.”
E quel ritratto?” Kelsey stava indicando la zingara davanti al carrozzone.
Credo che si tratti di Catriona O’Hanigan.”
Ma perché ha tutti quei segni intorno?”
MacLeod tolse il piede dal primo gradino della scala e raggiunse il superiore. Fissò lo sguardo imperioso e spiritato della donna. “Qui ci sono cose che la logica non può spiegare, signore,” gli disse in tono tranquillo. “All’inizio ho provato anch’io a trovare una ragione scientifica per tutto questo, ma vi renderete conto anche voi che non esiste. E ora, se volete seguirmi, vi faccio vedere cosa c’è al piano superiore.”
Arrivarono su, e subito MacLeod diresse il fascio di luce della lanterna verso la porta che lui e Campbell avevano scoperto. “È là, signore,” disse.
Entrarono.
Il corpo era ancora dove l’avevano lasciato, le carte nel frattempo non si erano mosse. MacLeod si chiese speranzoso se per caso non fosse bastato l’intervento suo e di Campbell per vanificare l’incantesimo, un po’ come succedeva quando da ragazzino toccava le uova di un nido, e poi chi le aveva deposte percepiva l’odore estraneo e non le covava più.
Kelsey intanto stava osservando le spoglie mummificate con il distacco dell’abitudine. “Non è la prima vecchia stecchita che trovo, ragazzo,” gli disse alla fine dell’ispezione, “e non vedo il motivo di fare tanto teatro. Ora chiama su il reverendo Smith e gli inservienti dell’obitorio e sistemiamo le cose.”
MacLeod lo fissò sbigottito. “Ma signore...” mormorò.
Che c’è?”
Ecco… volete farla portare via e basta? Senza fare nient'altro?”
L’altro sospirò. “MacLeod, tu sei un bravo ragazzo e diventerai un agente coscienzioso, ma devi imparare a non farti prendere dall’emotività. Alla vecchia sarà venuto un colpo mentre faceva le carte, e suo figlio l’avrà chiusa qui dentro per non pagare i soldi del becchino. Considerato che tipo era, non mi stupirebbe affatto.”
Il più giovane trasecolò. “Ma signore, e quelle carte? Non vedete che sono tutte collegate ai modi in cui gli agenti sono morti? Il carro, la torre, la ruota...”
Tu sei troppo suggestionabile, ragazzo,” lo interruppe Kelsey. Raccolse le carte, le unì al resto del mazzo e appoggiò il tutto sul comodino. “Ecco qui: i tarocchi cattivi non ci sono più. Adesso va', in Centrale mi aspettano cose importanti.”
Ma signore,” tentò ancora il giovane poliziotto, “Tutti gli agenti morti avevano partecipato alla stessa operazione.”
A quella e a mille altre. Ora su, da bravo.” Gli indicò la porta con fare significativo.
Sissignore.”
MacLeod uscì dalla stanza sentendosi un cretino. Aveva fatto muovere mezzo posto di Polizia per delle superstizioni da comari? A sentire Kelsey, sembrava proprio di sì.
Eppure, anche Campbell la pensava come lui, e non era mica una recluta. I suoi quasi otto anni di servizio li aveva.

Poco dopo, una piccola processione composta da lui, l'agente Campbell, il reverendo e i due becchini che trasportavano una bara da poco prezzo si mosse verso la casa.
Quando furono dentro, i necrofori non guardarono né a destra né a sinistra. “Dov'è?” chiese soltanto il più vecchio dei due.
Al piano di sopra,” rispose Campbell.
L’altro si rivolse al proprio collega e severamente gli disse: “Che non ti venga in mente di inciampare come l'ultima volta.” Alzò gli occhi sui due agenti e soggiunse: “È caduto per le scale e ha mollato la bara. Vi lascio immaginare il resto. C'è da dire che era ubriaco, comunque.”
Non ero affatto ubriaco,” protestò il primo.
Senza rispondere, l'altro batté un paio di volte la mano aperta sulla cassa e indicò le scale con un cenno della testa.
La bara cominciò a procedere verso il piano superiore.
A questo punto, l'agente Campbell si rivolse a Smith: “Dopo di voi, reverendo.”
Quando arrivarono in camera, i due becchini avevano già deposto la cassa a lato del letto, e anche loro con la disinvoltura dell'abitudine, stavano tirando vie le coperte. “Almeno non puzza,” osservò uno dei due.
Già, e neanche si disfa, visto che è rinsecchita.”
Quelli rinsecchiti sono i migliori.”
Già.”
Per sollevare il corpo, usarono il lenzuolo sul quale esso giaceva. Lo deposero nella bara, poi il più giovane chiese: “Che cosa facciamo con questo?” Sollevò un lembo di stoffa.
L'altro gettò un'occhiata significativa alle varie uniformi che giravano su e giù e scosse impercettibilmente la testa. Il lenzuolo ricadde nella bara.
A questo punto si avvicinò Kelsey, che diede un'occhiata al corpo avviluppato nel percalle e disse: “Una benedizione e poi chiudiamo, reverendo.”
Smith si fece avanti e prese a recitare: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla...[2]”
Tutti si scoprirono la testa e rimasero ad ascoltare le parole del reverendo con espressione compunta.
Mentre l'uomo parlava, MacLeod fece cenno a Campbell di spostarsi. Quando si furono allontanati di qualche passo, sottovoce gli chiese: “Adesso dove la portano?”
Immagino al Tower Hamlets.”
E lì la seppelliranno?”
Non scavano con questo freddo, la metteranno da qualche parte finché non si riescono a fare le fosse.”
Si spostarono in corridoio, e il più giovane chiese: “Cosa pensi che succederà?”
Campbell si strinse nelle spalle. “Non lo so. Niente, immagino.” Poi, dopo una pausa: “O almeno lo spero.”
Dici che basterà una sepoltura cristiana per fermare la maledizione?”
Di solito funziona così, no?”
Dalla camera provennero i colpi del martello che inchiodava il coperchio della cassa. Successivamente uscirono dapprima il sergente Kelsey e il reverendo Smith, quindi i becchini che trasportavano la bara.
I due agenti rimasero a guardarla in silenzio. MacLeod avrebbe voluto avvisare il collega che sentiva ancora invariati sia il freddo mortale che la sensazione di essere osservato, ma di fronte alla sua espressione sollevata non ne ebbe il coraggio.

§

Era mattino presto, e l'agente MacLeod era appena montato di servizio. Era passata una settimana dagli ultimi eventi, e sembrava che la signora in lutto non fosse più ricomparsa. Campbell cominciava ad avere un'espressione più distesa e Wyndham era leggermente meno intrattabile.
Il poliziotto stava preparando il necessario per uscire di ronda quando proprio Campbell lo raggiunse nella stanza riservata agli agenti. Era di un pallore mortale, e aveva la faccia di chi ha appena visto un fantasma.
Il più giovane lo fissò stupito e gli chiese: “Cosa c'è, Charles, stai male?”
Lynch l'ha vista,” esalò lui per tutta risposta. Si passò fra i capelli una mano vagamente tremante.
MacLeod non ebbe nemmeno bisogno di domandare chiarimenti. “Quando?” chiese soltanto.
La notte scorsa. È arrivata come al solito verso le due e mezza.”
Il più giovane deglutì, lo sogguardò incerto. “Chi...?” osò chiedere alla fine.
Il vecchio Fred.” Poi, notando l'espressione perplessa del collega, precisò: “Alfred Taggart, quello che ha cambiato mestiere.”
E lui sta... bene?”
È quello che vorrei sapere,” fu la cupa risposta.
Si scambiarono un'occhiata, poi MacLeod chiese: “Sta nel nostro distretto?”
No, in quello di Rochester Row.”
Magari possiamo andare dopo il servizio a sentire se sanno qualcosa, che ne dici?”
L'altro emise un sospiro. “Sì, mi sembra l'unica cosa da fare.”
Uscirono. Nonostante la stagione, il tempo era sereno e non faceva nemmeno particolarmente freddo. Ogni tanto si vedevano piccole ghirlande di agrifoglio o nastri rossi attaccati alle finestre. “Tra un po' è Natale,” buttò lì MacLeod.
Già.”
A me piace il Natale, e a te?”
Campbell esitò un po' prima di rispondere. “Non particolarmente.”
Il più giovane lo fissò stupefatto. “Perché?”
È triste, Ally. Mentre chi può si rimpinza di roast beef, pudding di prugne e salmone, qui c'è gente che non ha da mangiare nemmeno una crosta di pane, e invece di passare la sera a guardare un bel fuoco che scoppietta nel camino, se ne starà rincantucciata in qualche angolo a tremare con addosso pochi stracci. Fai presto a perdere l'innocenza, quando lavori in un posto come questo.”
L'altro non rispose. Procedettero per un po', poi riprese il discorso: “Ma tu... stai coi tuoi per Natale...” Esitò qualche secondo, poi con tono incerto, quasi temendo di venire redarguito per la libertà che stava per prendersi, soggiunse: “...Charlie?”
Penso che mi farò mettere di servizio.”
Perché?”
La mia famiglia sta troppo lontano.”
Il più giovane lo fissò con espressione triste. “Mi spiace.”
L'altro alzò le spalle. “Ci ho fatto l'abitudine.”
Ma senti... e se vieni da noi per Natale? I miei sarebbero contentissimi di conoscerti, gli parlo sempre di te.”
L'altro serrò le labbra mentre la sua espressione si induriva. “Non credo sia il caso.”
Per favore, Charlie.”
Ho già promesso a Kelsey che faccio il giorno di Natale.”
MacLeod sospirò avvilito, ma non ebbe il coraggio di ribattere. Aveva notato che il collega era teso, e non voleva infastidirlo con un'eccessiva insistenza.
Mentre immerso in quei pensieri procedeva al suo fianco lungo il giro di ronda, si avvicinò un ragazzino con un fascio di giornali sul braccio. Tolse da esso una copia, la porse agli agenti e disse: “Daily Telegraph, signori?”
Il giovane stava per rifiutare quando si accorse che sulla prima pagina c'era una fotografia che rappresentava uno spiazzo con due torri ai lati e uno specchio d'acqua in primo piano.
Trasse di tasca qualche moneta e la allungò al ragazzino, quindi prese il quotidiano e lo osservò. La didascalia dell'immagine recitava: Rotten Row, il luogo in cui si è consumata la tragedia.
Fece scorrere lo sguardo sulla pagina. Il titolo dell'articolo era: Muore sbranato dai cani randagi.
Si voltò: Campbell era sbiancato. “È lui, vero?” disse con voce atona.
MacLeod scorse rapidamente il testo. Sembrava che la vittima fosse rientrata tardi dal pub. Una volta raggiunta la zona di Rotten Row, isolata e piena di vegetazione, sarebbe stata assalita e sbranata da una muta di cani. Dappertutto erano state trovate tracce delle bestie, sebbene i motivi della letale aggressione rimanessero ignoti. Il corpo, orribilmente sfigurato, era stato identificato solo grazie a un tatuaggio che risaliva al periodo trascorso sotto le armi. “Alfred Taggart,” confermò MacLeod alla fine.
I cani, come nella carta,” mormorò Campbell. “Sbranato dai cani.” Si appoggiò con la spalla al palo di un lampione.
Stai bene, Charlie?” chiese il più giovane.
Tu che ne dici?” fu la ruvida risposta.
Beh, no. Ovvio che no. Ma senti, ci dev’essere un modo per fermare questa cosa.”
E se non ci fosse?”
Ci deve essere,”
L’altro gli rivolse un pallido sorriso. “Dimenticavo che hai la testa più dura della mia.”
In certi casi è utile, come vedi.”
Ripresero a camminare affiancati. Il sole nel frattempo stava cominciando a coprirsi, l’aria si era fatta fredda e prometteva altra neve. Passò una vecchia scarmigliata, con tre cappotti uno sopra l’altro, che spingeva una carrozzina malandata con dentro i suoi pochi averi. Si allontanò borbottando qualcosa di incomprensibile.
Andiamo dall’armeno,” disse MacLeod dopo un lungo silenzio.
Da chi?”
Il libraio. Quello che mi ha detto delle carte. Magari sa darci qualche informazione utile.”
Campbell lo fissò, sul volto un’espressione a metà fra diffidenza e ottimismo. “Tu credi?”
Tentare non costa nulla. È poco lontano dalla nostra zona, possiamo andarci anche subito.”

Sembrava che Kasparian li stesse aspettando. Uscì dal negozio sorridendo ed esclamò: “Bentornato, agente MacLeod!” Poi scrutò l’altro poliziotto e disse: “Temo di non conoscere il vostro collega.”
Lui è l’agente Charles Campbell.”
Molto piacere,” disse il libraio, tendendo la mano. “Petros Kasparian. Ma entrate, non restate qui sulla porta.”
Li condusse all’interno, e come già aveva fatto quando MacLeod si era presentato da solo, li invitò a sedere tra malferme pile di libri. Offrì loro vino di melagrana.
Campbell tentò di rifiutare, ma il collega gli fece cenno di non offendere l’ospitalità armena.
Ebbene, agenti, cosa posso fare per voi?” chiese il libraio, una volta che si furono tutti accomodati.
Ricordate le carte?” gli chiese MacLeod, “I tarocchi della Papessa Nera?”
Certo che li ricordo. So che c’è stato un po’ di movimento ultimamente intorno alla casa.”
Sì, è stata condotta un’operazione di Polizia all’interno.”
Il libraio sogguardò alternativamente i due agenti e chiese: “C’eravate anche voi?”
MacLeod annuì grave.
E i tarocchi? Li avete visti?”
È proprio di quelli che vorrei parlarvi, signor Kasparian,” rispose il giovane poliziotto, “Io temo che siano veramente quelli di Satana. Oppure sono maledetti.”
L’uomo lo fissò stupefatto. “State scherzando, spero.”
Vorrei potervi dire di sì, signore, ma quando vi racconterò quello che è successo, temo che anche voi mi darete ragione.”
L’altro scosse la testa. “No, agente, la Scienza è in grado di spiegare tutto.”
Non quello che sto per narrarvi, signore.”
Alla fine della storia, Kasparian era comprensibilmente senza parole. Prese la bottiglia di vino di melagrana e si riempì il bicchiere fino all’orlo, quindi fece lo stesso con quelli dei due agenti, che nel frattempo si erano vuotati esattamente come il suo. Sebbene fossero in servizio, i poliziotti non obiettarono.
Che cosa ne pensate, signore?” volle sapere MacLeod. Bevve un cauto sorso.
L’uomo aggrottò le sopracciglia e borbottò qualcosa nella sua lingua, quindi si alzò e imboccò uno stretto corridoio ricavato fra due pareti di libri. Campbell fissò il collega, poi sollevò il mento nella direzione in cui era sparito Kasparian e si picchiettò una tempia con la punta dell’indice. L’altro scosse la testa e gli fece segno di abbassare la mano.
Si sentiva il rumore di antichi tomi sfogliati e spostati.
Eccolo qui,” disse alla fine il libraio. “Eccolo, proprio quello che cercavo.”
Si udirono i passi di ritorno, poi il volto barbuto del vecchio spuntò dalla penombra. “Eccolo qui,” ripeté. Aveva in mano un libro grande e rilegato in pelle, che dava l’idea di essere molto antico. Lo aprì: le pagine erano spesse e coperte di scrittura e disegni. In alcuni punti erano strappate o macchiate.
I due agenti si scambiarono un'occhiata, poi Campbell chiese: “Che cos'è?”
Il titolo non vi direbbe niente, è un trattato di magia del diciassettesimo secolo, verosimilmente proveniente dall'Europa centrale. Per quanto, ribadisco, io sia devoto alla Scienza, riconosco che ci sono in cielo e in terra anche fenomeni che la Scienza non può, o forse non può ancora, spiegare. Qui si parla di argomenti che potrebbero fare al caso vostro.”
Ovvero?”
Oggetti in grado di incanalare o serbare potere magico, come sembrerebbe il caso di quel famoso mazzo di tarocchi.”
I due poliziotti si chinarono sul libro, ma i caratteri parvero loro del tutto incomprensibili. Si scambiarono un'occhiata e simultaneamente alzarono sul libraio uno sguardo che esprimeva una muta domanda.
È ebraico,” chiarì Kasparian, “scritto con la grafia di due secoli fa. È abbastanza normale che non ci capiate niente.”
Cosa dice?” chiese Campbell.
Il libraio emise un sospiro e rispose: “Qui c'è scritto che è necessario compiere un rituale sull'oggetto. Una volta effettuato quello, viene eliminato il tramite della persona con il nostro piano di esistenza.”
Il nostro... che?”
Lascia perdere,” si intromise MacLeod, “l'importante è che adesso sappiamo come liberarci di quella maledetta strega.” Poi, rivolto Kasparian: “Vi siamo molto obbligati, signore. Quindi adesso cosa dobbiamo fare?”
Dovete procurarvi quei tarocchi.”
Sì, ma chi sa fare... il rituale? Che rituale, poi?”
Quando la Papessa Nera sparì, la gente del quartiere chiamò una cosiddetta maga bianca a sigillare la casa, qualunque cosa significhi. Dovrebbe essere la persona adatta.”
Voi sapete dove trovarla?”
La chiamerò per voi.”
MacLeod si rialzò in piedi, imitato subito dopo dal collega. “D'accordo, signor Kasparian,” disse, “torneremo il prima possibile con quelle carte. Per il momento grazie, siete stato molto gentile.”
E grazie anche per il vino,” soggiunse Campbell, “ne avevo bisogno.”

§

E adesso?” chiese Campbell, allontanandosi a grandi passi dal negozio di Petros Kasparian. Teneva le mani allacciate dietro la schiena e lo sguardo incupito rivolto al marciapiede.
Beh, adesso andiamo a prendere quelle maledette carte e le portiamo all'armeno.”
E stiamo a controllare che faccia quel che deve fare. L'hai visto anche tu quando ne parlava: gli brillavano gli occhi.”
Cosa vorresti dire?”
Che secondo me non gliene frega niente se un paio di aragoste crude in più o in meno ci lasciano la pelle, per lui è importante mettere le mani su quei dannati tarocchi.” Fece una pausa, poi soggiunse: “Quindi Ally, se permetti, io starò a guardare cosa fa e mi accerterò che sia veramente la cosa giusta. Altrimenti, quant'è vero Dio, prima di crepare glieli brucio assieme a tutto il suo negozio di carta straccia.”
Ma se li bruci, forse non si potrà più sciogliere la maledizione?”
Scherzi? Da che mondo è mondo, queste cose sono sempre state combattute col fuoco. Hai presente che fine facevano le streghe?”
In effetti...”
Ecco perché la faccenda del rituale mi sa di fregatura. Avremmo dovuto dare fuoco a quella maledetta casa, invece di chiamare Kelsey. Comunque, intanto mettiamo le mani su quei dannati tarocchi, poi vedremo.”
Continuarono a camminare per un po'. Nel frattempo aveva cominciato a nevicare, e radi fiocchi fluttuavano lenti verso terra. MacLeod si voltò verso il collega e timidamente gli chiese: “Senti... per Natale, allora?”
Cosa?” replicò l'altro senza voltarsi.
Voglio dire...” si morse un labbro con fare indeciso. “Ti va di venire da noi?”
Sono di servizio. Posto che sia ancora vivo, naturalmente.”
Ma che stai dicendo?”
Rimaniamo solo io e Wyndham. Considerato che oggi è il venti, e che da qualche giorno la vecchia non si presenta, direi che tra un po' toccherà o a me o a lui.”
L'altro si trovò involontariamente a deglutire. “Troveremo un modo,” disse, quasi più per rassicurare se stesso che il collega.
Raggiunsero la casa di O'Hanigan. Il cancelletto semiaperto sembrava quasi invitare la gente all'interno, ma la neve caduta negli ultimi giorni, perfettamente intatta, faceva capire che gli abitanti del quartiere si erano mantenuti a rispettosa distanza dalla magione.
MacLeod in testa, i due percorsero il vialetto e raggiunsero la porta d'ingresso, che come al solito cedette dolcemente quando venne abbassata la maniglia.
Fuori era già freddo, ma l'interno parve a entrambi una ghiacciaia. Addirittura il fiato si condensava in nuvole bianche, e sulle superfici metalliche si stendeva un sottilissimo velo di brina.
Ci vorrebbe una candela,” disse Campbell rabbrividendo. “Non si vede niente.”
MacLeod si guardò intorno e ritrovò il mozzicone che aveva lasciato giorni prima sul tavolo. “Eccola qui.”
La accesero, e alla sua luce tremolante notarono che era successo qualcosa al ritratto della Papessa Nera: sembrava che qualcuno avesse malamente cancellato con una spugna bagnata tutti i segni che erano stati tracciati intorno alla cornice. Righe di colore rosso colavano giù come sangue imbrattando il vetro. “Chi accidenti ha fatto una cosa del genere?” disse Campbell, “Non è entrato nessuno a parte noi.”
L’altro aggrottò le sopracciglia, la sensazione di non essere soli nella stanza era più intensa che mai. “Muoviamoci, Charlie,” disse soltanto, reprimendo un brivido di freddo.
Salirono rapidi su per le scale. Tutto appariva esattamente come l’avevano lasciato, l’armadio era ancora dove lo avevano trascinato giorni prima, il suo contenuto anche. La porta della camera da letto era una voragine oscura che sembrava inghiottire ogni luce.
Di nuovo, quando si avvicinarono la fiamma si affievolì fin quasi a diventare una brace di sigaro. Sebbene l’aria fosse immobile, MacLeod vi mise intorno la mano a coppa. La candela pian piano riprese un po’ di vigore.
Prendiamo quelle dannate carte e andiamocene,” ringhiò Campbell, “Questo posto mi dà i brividi.”
Sono sul comodino.”
Entrarono nella camera, e pur alla scarsa luce si accorsero che le carte erano sparite.
Qualcuno le ha prese,” disse MacLeod.
Qualcuno, chi? Hai visto anche tu che non c’erano tracce intorno alla casa.”
Allora è stato qualcuno di quelli che sono entrati qui quando l’abbiamo portata via.”
Controlla meglio.”
MacLeod guardò dappertutto, spostò le coperte, si chinò addirittura a scrutare sotto il letto, ma delle carte, e della tavoletta sulla quale esse erano state disposte, non c’era alcuna traccia.
I due agenti si scambiarono uno sguardo preoccupato. “E adesso?” chiese Campbell. Aveva l’espressione del naufrago che vede l’ultima scialuppa allontanarsi.
Non possono essersi volatilizzate,” disse il più giovane. Poi, in tono conciliante, aggiunse: “Ragioniamo: nella casa sono entrati solo il reverendo, i nostri colleghi e i due tizi del cimitero. Basterà chiedere a costoro, vedrai che a un certo punto salteranno fuori.”
Dio benedica gli ingenui,” sospirò l’altro, “E pensi che chi le ha prese te lo venga a dire come se niente fosse?”
Perché?”
Gesù, Ally, perché prendere cose in casa di un morto significa rubare, e nessuno confessa a un poliziotto di aver rubato.”
Non ci avevo pensato,” borbottò MacLeod con espressione contrita. “Scusami, Charlie.”
Seguì qualche secondo di silenzio, infine Campbell disse: “Scusami tu, è che questa faccenda mi rende un po’ nervoso.”

§

L’agente Wyndham si sedette accanto alla stufa e mise i piedi sull’angolo della scrivania. Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra: alla luce dei lampioni, non si vedeva altro che il turbinare furioso della neve. “È un maledetto schifo,” brontolò.
Si stropicciò le mani al calore, poi disse: “Quasi mi dispiace per i giovani. Pensa, Dobbins, essere di ronda con questo tempaccio. Ma noi ai nostri tempi l’abbiamo fatto, e ora tocca a loro. Giusto?” Poi, senza attendere risposta: “Ehi, che ne dici di tirare fuori quella tua fiaschetta?”
L’interpellato, che stava sistemando dei rapporti in uno schedario, si voltò verso di lui e come al solito rispose: “Ma James, lo sai che non si può bere in servizio. E se ci beccano?”
Lo voglio proprio vedere, Kelsey che fa un’ispezione alle due di notte. Cos’hai portato stasera, dello scotch?”
Sì.”
Allora dà qua.” Tese la mano con una certa imperiosità. Dopo una breve esitazione, l’altro vi depose il contenitore di metallo e si diresse verso la porta. “Vado a vedere come procedono le cose di là,” annunciò.
Sì, vai, così ne resta di più per me.”
L’altro si spostò nella stanza attigua, quella alla quale avevano accesso i cittadini. Anche lì c’era una piccola stufa in un angolo, e un paio di scrivanie, alle quali sedevano Woods e Northwood.
Come va?” chiese il secondo.
Dobbins alzò le spalle. “Ne approfittavo per mettere via delle scartoffie. Voi?”
Almeno con questa neve non c’è nessuno in giro. È una notte calma.”
Vuoi il cambio?”
Vorrei un giro dalla tua fiaschetta, se non se la scola tutta Jim.”
Dobbins alzò le spalle. “Ah, lascialo perdere. Almeno se beve non viene di qua a rognare.” Fece una pausa, poi soggiunse: “Del resto, posso capirlo: ormai non ne mancano più molti.”
Northwood annuì. “Lui e il Jock[3], giusto?”
Sì, anche se il Jock era un moccioso, all’epoca.”
Però mi dicono che non si è tirato indietro, quando gli hanno chiesto di fare la sua parte.”
Non vuol dire niente, poveraccio. I mocciosi fanno sempre quello che dicono i vecchi, lo sai. Ti ricordi quando il povero Jackson ordinò al quel ragazzo di buttarsi nel Tamigi per cercare le tracce del tizio che era scappato a nuoto?”
Diavolo, sì. Che risate.” Si appoggiò all’indietro contro lo schienale e soggiunse: “Lo tirarono su bagnato come un pulcino.”
L’altro annuì. “Io mi ricordo ancora Jackson che sbraitava: e me lo dici adesso che non sai nuotare, razza di idiota?”
I due ridacchiarono un po’ al ricordo dell’episodio. Nel frattempo li raggiunse Woods con la teiera fumante in mano. “Ne volete?” chiese.
Un sorso di tè non si rifiuta mai,” rispose Dobbins, poi rabbrividì e disse: “Cos’è questo freddo, all’improvviso?”
Sembra di essere in una ghiacciaia,” confermò Northwood. Si alzò e si diresse verso la stufa nell’angolo. “Ora controllo se questo dannato ferrovecchio sta funzionando a dovere.”
Mentre Northwood era così impegnato e Woods stava versando il tè, Dobbins vide la porta che dava sull’esterno schiudersi lentamente. In un silenzio mortale, da essa entrò una vecchia signora in lutto strettissimo, con uno scialle frangiato e un ampio cappello con la veletta. Nonostante fuori nevicasse forte, non un fiocco turbava il nero integrale della sua tenuta. Si avvicinò a passettini, emettendo di tanto in tanto un sinistro scrocchiare, come di giunture ferme da molto tempo.
Quando fu a pochi passi dalla scrivania, disse: “Buona sera. Sto cercando l’agente James Wyndham, per favore.”
Dobbins deglutì come se stesse mandando giù un dado da due pollici. “Che… che cosa?” riuscì appena a balbettare. Gli altri due agenti, rispettivamente accanto alla stufa e presso lo stipo delle tazze, erano diventati statue di sale.
James Wyndham,” scandì la misteriosa signora. La voce si sovrappose ai tre colpi del campanile.
In quel momento si spalancò la porta che dava sulla stanza degli agenti. Nel riquadro c’era proprio l’agente Wyndham, con lo sfollagente in mano e lo sguardo spiritato. “Specie di lurida baldracca!” sbraitò.
Tutti si girarono stupefatti nella sua direzione.
Vuoi ammazzarmi, eh? Ma ti ammazzo prima io!” Il poliziotto stava per aggiungere altro, ma il rumore della porta che si richiudeva gli impedì di continuare.
Wyndham balzò in avanti, ghermì il pastrano e lo indossò mentre si precipitava fuori.
Sparì nella notte.

Il primo a riprendersi fu Dobbins. “Bisogna andargli dietro,” disse in tono concitato, “è fuori di sé e mezzo ubriaco. Poi sapete anche voi come va a finire.”
Già,” brontolò Northwood. “Si caccia sicuramente nei guai.” Raccolse il pastrano e lo indossò, quindi accese una lanterna. “Dobs, vieni anche tu?” chiese.
Arrivo.”
I due agenti uscirono. Fuori nevicava forte e c’era un gran silenzio. I rumori erano attutiti e la visibilità ridotta al minimo. L’unica testimonianza del passaggio di Wyndham era una fila di impronte che si sovrapponeva a quelle della vecchia e si perdeva con esse nel buio .
Dobbins vi avvicinò la lanterna, quindi disse: “Recuperiamo Jim, prima che ne combini una delle sue.”
Procedettero veloci per un po’, seguendo le impronte del collega, poi cominciarono a sentire un frenetico galoppo di cavalli, accompagnato da sferragliare di ruote e nitriti.
A un certo punto dovettero farsi bruscamente da parte per evitare di essere travolti. Quello che passò era un carro chiuso, trainato da due cavalli imbizzarriti con gli occhi spiritati e la schiuma alla bocca. A cassetta non c’era nessuno.
Il carro si trascinava dietro una lunga e pesante catena con un gancio alla fine, che tintinnava rimbalzando sul selciato.
Subito dopo videro una figura che correva più avanti.
Eccolo!” esclamò Dobbins.
Il carro curvò bruscamente, la catena si tese sotto l'effetto della forza centrifuga, si allungò e il gancio intercettò Wyndham. Fin da quella distanza, gli altri due agenti sentirono un rumore come di rami spezzati, poi il collega venne sollevato, si torse in aria e ricadde in uno spruzzo di neve rossa. Fu trascinato per un po’, poi arrivò contro un ostacolo. Si udì un suono lacerante e il carro proseguì da solo. I due videro che attaccata al gancio, saltellante dietro il veicolo che si allontanava, era rimasta una cosa rossastra, che a ogni rimbalzo lasciava impronte sanguigne sulla neve fresca.

§

Campbell aggrottò le sopracciglia e disse: “E tu che ci fai qui?”
MacLeod si strinse nelle spalle. “Visto che sei di servizio, ho pensato di venire a farti compagnia: ho chiesto un cambio a Gardner.”
Ma è Natale.”
E allora buon Natale, Charlie.” Mise sulla scrivania un involto che fino a quel momento aveva tenuto con ogni cura fra le braccia. “Questi sono dolci delle nostre parti, li ha fatti mia madre. Ha detto che così ti sentirai a casa anche tu.”
Non dovevi.”
Scherzi? Mi fa piacere.” Aprì il pacchetto, rivelando biscotti e pasticcini di varie fogge, poi a voce alta disse: “Ragazzi, venite anche voi a mangiare qualche dolce?”
Woods si avvicinò dubbioso. “Non sarà mica la vostra robaccia da montanari, vero?” chiese, scrutando il contenuto dell’incarto. Annusò odori misti di cioccolato, cannella e vaniglia. “Uhm, che profumino, però. Ne assaggio uno.”
Sparì il primo biscotto.
A quel punto Lynch lo raggiunse. Gli diede una scherzosa gomitata e gli disse: “Fatti in là, se non sai apprezzare la buona pasticceria.” Poi, rivolto a MacLeod: “Bravo ragazzo. Forse non sei poi così male, per essere una recluta.”
Il più giovane sorrise. Gli piacevano quei momenti: vi coglieva spirito di corpo e cameratismo. C’era quella speciale vicinanza che derivava dal condividere tutti i giorni la stessa missione e gli stessi pericoli.
Prendete e mangiatene tutti,” disse con una risata, accompagnando le parole con un gesto benedicente, poi aprì il pacco in modo che si vedesse meglio il suo contenuto.
Dopo un po’ si voltò verso Campbell, che era l’unico che non aveva ancora preso nulla. Stava per dirgli qualcosa, ma l’altro si allontanò di qualche passo e rimase a fissare fuori dalla finestra dandogli le spalle.
MacLeod gli rivolse un’occhiata, ma prima che potesse decidere di fare qualsiasi cosa, la voce di Woods lo richiamò alla realtà: “Ci vorrebbe un po’ di tè, ragazzo, se no questa tua roba delle Highlands fa fatica a scendere.” Con fare significativo, si batté il pugno all’altezza dello sterno, come a mostrare dove si verificasse l’ostruzione del canale.
Arriva,” disse il più giovane.
Preparò l’infuso e lo portò ai colleghi, che l’accolsero con gioia. “Ci vorrebbe solo la fiaschetta di Dobs e poi sarebbe il paradiso,” sospirò Lynch.
Woods, che stava per addentare uno shortbread, abbassò il dolcetto e assunse un’espressione triste. “Quando parli della fiaschetta di Sam mi viene sempre in mente il povero James.”
Già, poveretto. Una fine veramente schifosa.”
MacLeod non disse nulla. Non aveva visto il corpo di James Wyndham, ma aveva sentito i racconti degli inorriditi colleghi: il gancio che pendeva dal carro gli si era piantato sotto il mento per effetto della forza centrifuga, gli aveva rotto il collo, l’aveva trascinato e alla fine gli aveva strappato via la mandibola. La cosa lo aveva colpito per due motivi: il primo era senz’altro l’orrore di quella fine spaventosa, ma il secondo era ancora una volta l’attinenza con l’arcano dei tarocchi.
La Forza rappresentava una donna che spacca le mascelle a un leone, e Wyndham era morto con le mascelle spaccate.
Lanciò un’occhiata a Campbell, che nel frattempo aveva abbandonato la posizione accanto alla finestra per sedere alla scrivania dall’altra parte della stanza. Aveva davanti un registro aperto, ma invece di compilarlo si limitava a tamburellare nervosamente con la penna sulla pagina bianca.
Lo vide passarsi l’altra mano fra i capelli, stringendo come se avesse voluto strapparseli via.
Versò due tazze di tè e lo raggiunse.
È appena fatto, Charlie,” disse, spingendone una verso di lui.
Grazie,” rispose l’altro senza guardarlo.
Ti spiace se mi siedo?”
Campbell si limitò ad alzare le spalle.
MacLeod prese una sedia e si accomodò. “Che stai facendo?”
Niente.”
Vuoi che ti porti un paio di shortbread per quel tè?”
L’altro emise un sospiro. “Ally, per favore...”
Il più giovane assunse un’espressione costernata. “Vuoi che me ne vada?”
Sì, per favore. Scusa, ma non sarei molto di compagnia.”
MacLeod aprì la bocca per replicare, poi ci ripensò, raccolse la sua tazza e tornò dagli altri.

§

La giornata era stata singolarmente tranquilla. Poche persone avevano turbato la quiete del posto di Polizia, e gli agenti in servizio si erano limitati a mangiare i dolci, bere tè e fare di tanto in tanto qualche giro di ronda nei dintorni.
Il cielo era coperto, per cui non si vedeva il movimento del sole, ma la luce stava comunque scemando verso un cupo crepuscolo.
MacLeod ripercorse per l’ennesima volta tutto ciò che sapeva sulla faccenda dei tarocchi.
Per prima cosa, c’era un collegamento tra le carte estratte e gli agenti morti, questo era indubitabile. Il modo in cui essi morivano aveva a che fare con l’immagine delle carte, e sembrava che il decesso sopraggiungesse una volta scoperta la carta.
Il che implicava, visto che gli agenti continuavano a morire, che ci fosse qualche posto in cui le carte continuavano a venir scoperte una dopo l’altra.
Si prese la radice nel naso fra pollice e indice, chiuse gli occhi come per concentrarsi meglio. Dove potevano essere le carte?
Ciò che gli venne in mente andava contro ogni logica, ma in effetti in quella faccenda di logico non c’era molto.
Vale la pena di fare un tentativo,” disse a mezza voce alzandosi in piedi. Poi, più forte: “Sapete se il Tower Hamlets è aperto?”
Oggi è Natale,” gli rispose Lynch, “Però se bussi alla porta del guardiano, puoi farti dare le chiavi. È la comodità di avere addosso un’uniforme.”
Bene, faccio un salto prima che venga buio.”
A fare che?”
Devo assolutamente controllare una cosa. Vado e torno.”
Si infilò il pastrano, raccolse la lanterna e uscì.
Prese a percorrere a passo svelto le strade innevate. La luce stava calando rapidamente, e in giro non si vedeva nessuno. Fiochi lampioni emettevano coni di luce giallastra, che per contrasto rendevano ancora più oscuro quanto si trovava intorno.
Non si fece intimidire: man mano che procedeva verso il cimitero, l’idea che gli era balenata in mente, e che all’inizio gli era parsa assurda, si stava facendo sempre più plausibile.

Poco dopo si stagliò in fondo alla strada, sinistro nella luce calante, l’ingresso neogotico del Tower Hamlets, una sorta di frontone di cattedrale con guglie e statue dolenti. Il cancello di ferro era serrato, ma dall’edificio del custode filtrava una debole luce.
Il giovane poliziotto si avvicinò alla porta: da dentro provenivano un lieve cicaleccio di conversazioni, risa di bambini e gli accordi di un pianoforte malamente strimpellato.
Bussò alla porta: i rumori si interruppero, ma non successe altro.
Bussò più forte.
Passò un tempo imprecisato. MacLeod stava per bussare ancora, quando da dentro si udirono un passo strascicato e una voce maschile che diceva: “Lascia in pace tuo marito almeno il giorno di Natale, Edith!”
Polizia, signore. Aprite la porta!” ordinò l’altro per tutta risposta.
La Polizia?”
Sì, signore. Abbiate la bontà di aprire.”
Seguì ancora qualche secondo di silenzio, poi il chiavistello scattò e l’uscio si schiuse. Nella fessura comparve un volto rubizzo e adorno di due rispettabili favoriti. Da dietro l’uomo provenne una voce femminile: “Chi è, Archibald?”
È veramente la Polizia, cara.” Poi, rivolto a MacLeod: “Scusate per prima, signore. Pensavo fosse di nuovo la vedova Brewster. Non manca un giorno, sapete.” Poi, dopo una pausa: “Che cosa posso fare per voi?”
Sono l’agente Alistair MacLeod,” si presentò innanzitutto il poliziotto, poi chiese: “Dove tenete i corpi in attesa di sepoltura?”
L’altro trasecolò. “Eh?”
Un paio di settimane fa dovrebbero aver portato qui il corpo di una donna trovato all’interno di una casa chiusa da molti anni. Catriona O’Hanigan.”
Il custode annuì. “Ah, quella,” disse. “Ma certo, agente. Non l’abbiamo ancora seppellita, è ovvio. Come si fa a scavare una tomba con questo freddo? La terra è dura come la pietra, sapete? E allora li teniamo nella cripta fino al disgelo. A parte quelli delle tombe ricche, naturalmente. In quel caso non si può certo rimandare il funerale, dico bene?”
Posso vedere questa cripta?”
Il custode si guardò alle spalle e assunse un’espressione afflitta: non aveva chiaramente la minima voglia di indossare pastrano e stivali e uscire per accompagnare un poliziotto in una ghiacciaia piena di morti. “Non potreste tornare domani?” propose speranzoso.
L’altro fu inamovibile. “No, non posso.”
L’afflizione del custode si fece più profonda. Dai recessi della casa, la voce femminile di prima ripeté: “Ma chi è, Archibald?” Il tono aveva una punta di stizza.
Ti ho detto che è la Polizia, cara.”
La Polizia? Ma è Natale!”
Facciamo una cosa,” propose MacLeod, “Datemi la chiave e spiegatemi dove trovo la cripta. Io vado, controllo quello che mi serve e poi ve la riporto. Può andare bene?”
Preso tra i due fuochi dell’atmosfera familiare e del dovere civico, il custode non ebbe che una breve esitazione, poi si staccò dalla cintura un mazzo di chiavi e lo tese a Macleod. “Quella lunga apre il cancello. Abbiate la bontà di richiuderlo dopo che siete passato, se no poi mi trovo chiunque a fare i suoi comodi in mezzo alle tombe. Quella di fianco apre la cripta, che è alla fine del viale principale sulla destra, non potete sbagliare. Mettete le chiavi nella cassetta della posta quando avete finito. E ora, scusatemi ma devo proprio rientrare.”
Lo piantò lì su due piedi.
MacLeod andò al cancello di ferro. Dovette armeggiare parecchio, prima di riuscire a far scattare a serratura, quindi per non perdere tempo a richiuderlo. Lo lasciò solo accostato, più che altro nel timore di rimanere poi chiuso dentro.
Facendosi precedere dal fascio di luce della lanterna, percorse il viale principale, che appariva come un’inviolata distesa bianca, lievemente scintillante nei punti dove si era formato più ghiaccio. Ai lati si intravedevano monumenti funebri coperti di neve e lapidi variamente corrose dal tempo. Mausolei si levavano oscuri tra gli alberi, alcuni con la porta socchiusa in un sinistro invito.
Il silenzio era tale che all’agente sembrava di riuscire a sentire il battito accelerato del proprio cuore.
Finalmente giunse a uno spiazzo intorno al quale erano disposti alcuni edifici: vi erano sulla sinistra una chiesa neogotica, di fronte una specie di grande mausoleo in stile vagamente egizio, con tanto di sfingi addormentate ai due lati della porta, e finalmente sulla destra un terzo edificio, dall’aspetto molto più funzionale e chiuso da una porta di ferro.
L’agente si avvicinò, estrasse il mazzo di chiavi, scelse quella che avrebbe dovuto aprire la cripta e la inserì nella toppa. La serratura scattò, il rumore del meccanismo si riverberò in decine di echi metallici.
Tirò la porta, che cedette cigolando, e proiettò all’interno il fascio di luce: vide una specie di ampio vestibolo, sui lati del quale erano allineati tipici carrelli da cimitero. Nella parete di fronte c’erano un largo montacarichi e una scala che scendeva.

Di sotto c’era un’enorme sala con il soffitto sostenuto da colonne. Sui due lati lunghi c’erano scaffali a più piani, sui quali erano appoggiate innumerevoli bare, da quelle di legno pregiato ornate di maniglie di bronzo, a quelle da poco prezzo, messe su alla buona con assi di recupero.
Il silenzio di quella lugubre necropoli era così profondo che faceva quasi male alle orecchie. MacLeod tossì, e il rumore si riverberò sulla volta come un colpo di cannone.
Il poliziotto mosse qualche cauto passo, facendo girare tutt’intorno la luce della lanterna. Si accorse che su ogni bara era appuntato un cartellino con il nome del defunto e altri dati.
Trovò alla fine la bara di Catriona O’Hanigan in un angolo, accanto a una specie di tavolo di lavoro. Probabilmente donata da qualche associazione benefica, essa era talmente misera che stava insieme per miracolo. Evidentemente il guardiano aveva pensato di consolidarla in qualche modo per evitare che gli si sfasciasse durante la sepoltura.
Si avvicinò e per un po’ si limitò ad osservarla. C’erano un paio di fessure sul lato, da una parte sporgeva un lembo del lenzuolo con cui avevano avvolto il corpo. Il coperchio era incurvato come se fosse rimasto per anni in qualche posto molto umido.
L’agente deglutì e si guardò intorno reprimendo un brivido. L’idea di fare quel controllo, che nel rassicurante tepore del posto di Polizia gli era sembrata così buona, presentava sempre minori attrattive. Posò la lanterna sul tavolo, in una posizione dalla quale illuminasse bene il feretro, quindi prese un piede di porco e lo infilò con decisione sotto il coperchio. Fece forza verso il basso.
In quel silenzio raggelante, lo scricchiolio del legno che cedeva risuonò come un lamento. Subito dopo il coperchio cadde a terra con un rimbombo cupo.
Il corpo giaceva nella cassa esattamente come era giaciuto nel letto: ieratico e composto. Le mani scheletrite erano posate sulla tavoletta di legno, proprio sotto una fila di nove carte, sette delle quali scoperte.
MacLeod si fece indietro, indeciso se pregare, scappare o spaccare il cranio del cadavere con il palanchino che stringeva ancora in mano. Si accorse di ansimare, il cuore gli batteva come se avesse voluto scoppiargli nel petto. Si sentiva la bocca più secca di una manciata di segatura.
Per un po’ rimase a fissare la scena impietrito, poi adagio si fece avanti. Le carte scoperte erano quelle che aveva già visto, esattamente nella sequenza in cui le aveva viste la prima volta.
Allungò una mano tremante verso la prima delle carte coperte e la sollevò: la papessa. Anche quella l’aveva già vista.
La posò e volse lo sguardo verso l’ultima carta coperta. Era sicuro che quella non ci fosse quando avevano trovato il corpo.
La prese e la voltò: la morte.
In quel momento, dal piano di sopra provenne un poderoso rimbombo metallico: qualcuno aveva chiuso la porta. MacLeod sussultò e si voltò verso la scala, ma un nuovo, spaventoso rumore comparso alle sue spalle lo indusse a girarsi di nuovo bruscamente verso la bara.
L’orrore di ciò che vide minacciò di fargli perdere i sensi: in un osceno scrocchiare di giunture irrigidite, il corpo stava sorgendo dalla cassa. I suoi movimenti, dapprima scoordinati e lenti, si facevano con inquietante velocità sempre più rapidi e più precisi.
Volse verso di lui il volto scheletrito, nel quale le orbite scavate erano nere voragini di malvagità.
MacLeod si fece indietro con l’intento di colpirla, essa si spostò sul pavimento con la rapidità fluida di un serpente, quindi si raccolse e gli si avventò addosso.
Ribaltato all’indietro dall’impatto, il poliziotto perse la presa sul piede di porco, che sferragliò sul pavimento. Annaspando cercò di farsi indietro, ma le mani ossute della Papessa Nera gli percorsero l’uniforme come orrendi, giganteschi ragni, risalirono fino a circondargli il collo e presero a stringere con forza sovrumana.
Il giovane agente si divincolò con tutte le sue forze, ma era come cercare di togliersi un collare di ferro, che però si stava inesorabilmente stringendo.
Un velo nero gli oscurò la vista.
Poi qualcosa d’improvviso sembrò trarlo dalla melma nella quale stava sprofondando: l’aria gli entrò di nuovo in gola, una luce gli si proiettò in faccia facendogli sbattere gli occhi. “Ally!” esclamò una voce.
Charles?” mormorò il giovane agente con voce roca.
Alzati, presto!” disse l’altro per tutta risposta. Lo tirò con urgenza per un braccio. “Alzati, prima che quello schifo ritorni.”
Tossendo e barcollando, MacLeod si alzò. Il corpo si stava raddrizzando come una grottesca marionetta.
Cristo...” mormorò l’agente.
Via! Vattene!” urlò l’altro. Raccolse da terra il palanchino e si parò fra lui e il corpo animato. Sotto gli occhi inorriditi di MacLeod, Campbell si fece avanti e colpì con tutte le forze la Papessa Nera, che però non fece altro che barcollare appena ed emettere la sua raschiante, orribile risata. Poi ghermì lo strumento che l’agente aveva ancora in mano, glielo strappò via e glielo piantò nel petto con tale forza che la punta uscì dalla schiena.
Prima che MacLeod potesse fare qualsiasi cosa, la Papessa Nera gli fu addosso, e di nuovo gli strinse le mani intorno al collo.
Il giovane si divincolò annaspando, ma presto gli mancò il fiato, e si trovò a lottare per mantenere la lucidità.
L’orrendo teschio chino su di lui, di cui nel buio percepiva solo il candido ghigno, divenne pian piano una macchia sfocata.
E poi la Papessa Nera abbandonò la presa, e si fece indietro emettendo un urlo raccapricciante. Sebbene ancora stordito, MacLeod percepì danzanti bagliori rossastri.
Il corpo della donna nel frattempo si contorceva sul pavimento, e man mano si consumava, spargendo intorno una polvere impalpabile.
Sollevò lo sguardo e vide che dalla bara si stavano levando delle fiamme.
Accanto alla cassa c’era Campbell, riverso in una pozza di sangue. E di fianco a lui, la sua lanterna con il serbatoio dell’olio aperto.
Charlie!” gridò MacLeod. Corse a inginocchiarglisi accanto.
L’altro schiuse faticosamente gli occhi, tossì facendosi scorrere un rivolo di sangue lungo il mento. “Quella là… è morta?” chiese faticosamente.
MacLeod si girò a guardare. “Un mucchio di cenere.”
Lo dicevo che ci voleva… il fuoco.”
Sì, avevi ragione.” Si tolse di tasca il fazzoletto, lo premette sulla ferita, ma era come cercare di arginare un torrente in piena. Si guardò intorno: doveva chiamare soccorsi, ma come? Dove?
La voce flebile di Campbell lo distrasse dalle sue angosciose meditazioni: “Alla fine avrei fatto meglio ad accettare il tuo invito, Ally.”
Ti inviterò tante altre volte,” rispose il più giovane. Una lacrima gli rotolò lungo la guancia.
Temo di no.” Un altro colpo di tosse, che strappò al ferito una smorfia di dolore. “Mi dispiace di non aver assaggiato i tuoi dolci.”
Mia madre ne farà altri,” gli assicurò MacLeod precipitosamente, “li mangeremo insieme.” Le lacrime continuavano a scendergli lungo le guance.
Passò qualche secondo, scandito solo dal respiro sempre più faticoso di Campbell, che alla fine disse: “Ora rimani tu l’unico Jock di Whitechapel.”
L’altro avrebbe voluto dire che non era vero, che presto l’avrebbe rivisto in salute, ma riuscì solo a mormorare: “Insegnerò a questi Sassenach[4] di che pasta sono fatti i veri scozzesi.” In quel momento cominciò a sentire passi e voci, e fasci di luce si proiettarono fuori dalla tromba delle scale. Sentì Lynch dire qualcosa.
Si chinò su Campbell. “Glielo insegnerò io,” ripeté, ma l’amico non rispose. MacLeod lo sollevò, ma era come se qualcosa, nella consistenza e nell’abbandono del corpo del compagno, gli comunicasse che non c’era più niente da fare, che ormai Charles Campbell era in un posto dal quale non avrebbe più potuto richiamarlo indietro.
Svariati agenti sciamarono nella stanza.
Avrebbe volentieri continuato a piangere, ma ricordò la promessa che aveva appena fato all’amico. Si asciugò gli occhi con la manica.
È tutto finito,” si limitò ad annunciare agli attoniti colleghi.






[1] “Raw Lobster”, nomignolo dispregiativo in uso nella Londra vittoriana per definire i poliziotti. Fa riferimento al colore delle uniformi (all’epoca blu/grigio).
[2] Salmo 23.
[3] Diminutivo di John con cui gli inglesi definiscono genericamente gli scozzesi, tipo “Fritz” per i tedeschi o “Tommy” per gli inglesi.
[4] Termine scozzese derivato dal gaelico saussnach (sassone) per definire gli inglesi.













Piccolo angolo dell’autore

Inclito lettore, inclita lettrice,
ora che siamo arrivati a questo punto, e che mi hai seguito così fedelmente per i vicoli di Londra e per le case infestate, voglio ancora una volta ringraziarti, e assicurarti come sempre che senza di te (sì, proprio tu che mi stai leggendo) questa storia non sarebbe mai esistita.

Grazie ancora a chiunque mi abbia commentato, ma anche a chi ha messo la storia in qualche lista o si è anche solo fermato a leggere.



   
 
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