Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Alsha    31/10/2017    2 recensioni
| Tolkien!verse - The Hobbit & LOTR | AU - Crossover |
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Se c'è una cosa che Bartimeus ha imparato viaggiando per la Terra di Mezzo, è che si fanno strani incontri alla locanda del Puledro Impennato.
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-C’è qualche problema? – chiede, dopo aver ingoiato con un sorso di birra l’ultimo boccone della sua cena.
-Oh, no signore, no, assolutamente. Solo una domanda, se possibile. – da sotto il cappuccio l’uomo annuisce, lo incita con un cenno della testa – Siete un mago?
Genere: Fantasy, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bartimeus, Kitty Jones, Nathaniel, Queezle, Tolomeo
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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ALL’INSEGNA DEL PULEDRO IMPENNATO
 
Persino dall’esterno la locanda pareva un posto piacevole a occhi abituati alle costruzioni degli Uomini. […]
All’arco era appesa una lanterna sotto la quale oscillava un grande cartello: vi era raffigurato un grasso pony bianco che si ergeva sulle zampe posteriori.

 
Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello, capitolo IX
 
 
 
Anno 2932 – Terza Era
 
-Scusatemi, signore? – è una vocetta piccola piccola che gli fa alzare gli occhi da sotto al cappuccio blu. L’uomo sorride.
 
Un giovane hobbit si stringe timido un libro al petto, i riccioli neri sono tanto lucidi da riflettere la luce, ma la camicia bianca è impolverata, e una bretella è attorcigliata su sé stessa. Ovviamente è a piedi nudi, i riccioli neri quanto quelli che ha sulla testa, ma non così accuratamente spazzolati. Sorride timidamente e una piccola cicatrice si tende sulla pelle abbronzata del suo viso.
 
-C’è qualche problema? – chiede, dopo aver ingoiato con un sorso di birra l’ultimo boccone della sua cena.
 
-Oh, no signore, no, assolutamente. Solo una domanda, se possibile. – da sotto il cappuccio l’uomo annuisce, lo incita con un cenno della testa – Siete un mago?
 
Le labbra si schiudono sorprese, e l’uomo lascia che il cappuccio blu scivoli sulle sue spalle. Ha i capelli scuri e lunghi, lievemente ondulati, la pelle dorata. Porta molti gioielli, gemme colorate e semplici ciondoli d’oro e argento al naso, ad un sopracciglio e alle orecchie. Ha anche un piccolo anello sul lato del labbro inferiore, che luccica quando sorride.
 
-Cosa te lo fa pensare? – domanda.
 
-Non saprei. Ricordo che alla vigilia di mezz’estate veniva uno stregone in visita al Vecchio Tuc, ma era molto anziano e totalmente diverso da voi. Però sento lo stesso… potere? Vicino a voi, ecco. E avete il bastone. – inclina lievemente la testa verso il bastone appoggiato sul tavolo, con un pentacolo inciso sulla sommità.
 
-Mai dubitare di uno hobbit. – borbotta tra sé e sé, e sorride – Il mio nome è Bartimeus, il Blu. Hai indovinato, giovane abitante della Contea. Sono uno Istari, come si chiamano quelli della mia razza. Mago fa pensare ad viandante o ad un intrattenitore di strada. Cosa che, nel caso del Grigio potrebbe anche essere vera. E tu, chi sei?
 
-Sono Tol. Tolomeo, cioè, Tolomeo Tuc.
 
 
Anno 2936 – Terza Era
 
È difficile non affezionarsi agli hobbit. Sono senza dubbio tra le razze migliori che la Terra di Mezzo abbia mai visto da quando Bartimeus ne percorre le strade. Un po’ semplici, certo, ma almeno non trascorrono il loro tempo ad ammazzarsi come gli uomini, a sfinirsi di lavoro come i nani o a contemplare sé stessi come gli elfi.
 
Ogni tanto, Tolomeo lo ospita nel piccolo smial in cui vive; anche se avrebbe potuto vivere in uno dei Grandi Smial della famiglia con il suo denaro aveva preferito prendersi un luogo per sé da riempire di libri.
 
“Se lo fa un Baggins, a Hobbiton, posso farlo io qui.” aveva sentenziato, da vero Tuc la prima volta.
 
Lo aveva riempito di domande, ogni volta che si recava in visita, di nascosto, sempre più spesso.
 
Com’era cambiata la Terra di Mezzo? Come sono gli elfi? Ha mai visitato una galleria dei nani? Come mai hai così tanti nomi? Posso dartene uno anche io? Posso chiamarti Rekhyt? È un bel nome, non è vero?
 
-Gli Istari possono morire? – gli chiede un giorno, seduti in un angolo alla locanda, Tol che fuma e Bartimeus che continua a tossire ogni volta che si alza la brezza, perché l’odore di erba pipa sono millenni che non riesce a soffrirlo, gli occhi persi nella luce di una candela.
 
La fiamma per un attimo gli ricorda lunghe ciocche di un biondo dorato e luminoso che contornano occhi allungati, di un blu così chiaro e brillante da sembrare zaffiri dalla profondità di Erebor, e un viso bruciato da fiamme e oscurità e rimasugli di stoffa blu scuro e un sorriso triste, una sera vicino ad una rozza barca sulla riva del mare.
 
“Non posso guarire. Non qui.”
 
-Tutti possono morire, in tanti modi.
 
 
Anno 2941 – Terza Era
 
-Lo sapevi? – tossisce, la voce roca che riecheggia tra le pareti vuote della stanza dove per giorni e giorni ha deciso di rimanere nonostante la malattia, per aspettarlo – Il signor Baggins, di Bag End. È partito. – tossisce ancora, la piccola forma sconquassata sotto le coperte – Con dei nani. Per un’avventura.
 
Tolomeo sorride, i riccioli appiccicati alla fronte sudata, gli occhi lucidi e arrossati. È sempre stato debole, nato prematuro nel Crudele Inverno. E adesso non c’è magia che riesca a salvarlo. Dopo settimane di malattia, gli si è spezzato qualcosa dentro.
 
Bartimeus è arrivato troppo tardi.
 
-Mi sarebbe piaciuto partire per un’avventura.
 
 
Anno 2943 – Terza Era
 
-Ce l’hai? – domanda l’elfo. Ha i capelli lunghi e neri, lievemente arricciati verso la fine, tenuti indietro con una treccia laterale, gli abiti verdi e leggeri degli elfi silvani, la parlata macchiata dal sindarin di Bosco Verde il Grande, Bosco Atro adesso, fino chissà a quando.
 
-Perché il tuo re vuole questi testi? – domanda. Sono i libri di Tolomeo. Li ha lasciati a lui, ma Bartimeus sa che, alla fine, avrebbe preferito che fossero nelle mani di qualcuno che li avrebbe usati.
 
-Studiarli. Immagino. Re Thranduil non mi deve spiegazioni. – gli sbatte il denaro sul tavolo, prende i libri e se ne va, ondeggiando.
 
-Scommetto che non sei mai uscito dalla tua foresta! – gli ride dietro – Scommetto che il viaggio fino a qui ti ha sconvolto! Scommetto che sei troppo stupido per il mondo! – Nathaniel del Reame Boscoso se ne va senza rispondere.
 
 
Anno 2949 – Terza Era
 
-Posso? – chiede al nano, seduto in un angolo. Non ci sono altri tavoli liberi, e quello annuisce – Mercante?
 
-Tra Erebor e Ered Luin. – replica. Ha i capelli castano scuro, ciocche corte lungo i lati di un viso dalla mascella dura, con i capelli più lunghi dietro che formano una lunga treccia bloccata da una placca di solido acciaio decorata da complesse incisioni. Due altre trecce scendono lungo il collo fino a dondolare sulle clavicole con le loro perle di metallo, intrecciando le basette e la barba che gli scurisce solo i lati delle guance. Il resto del viso è sorprendentemente glabro per un nano che già deva aggirarsi sul centinaio di anni.
 
-Raccontami, come si sta nella Montagna Solitaria? Sono successe grandi cose, dopo la Battaglia delle Cinque Armate.
 
-Dain Piediferro è un buon re. – dice soltanto il suo ospite, distogliendo appena lo sguardo.
 
-Solo “buono”? Ho sentito che il Re Sotto la Montagna, con l’aiuto della sorella di Scudodiquercia, e di quel suo consigliere… il figlio di Fundin, stanno riportando Erebor all’antico splendore.
 
Gli occhi scuri del nano sono incuriositi, mentre cerca, forse, di capire le sue ragioni.
 
-È molto che non viaggio a Est. Me ne racconteresti un po’? – riprova.
 
-Cosa ci guadagno? – domanda, e l’Istari ferma con una mano una cameriera.
 
-Due birre. – ordina – E anche due porzioni del piatto del giorno, offro io. – poi si volta verso il nano, che sta giocherellando con una delle due trecce – Mi presento, sono Bartimeus. Girovago, mago e stregone, almeno così dicono.
 
-Kath, di Ered Luin.
 
 
Anno 2957
 
-Davvero, spiegami, cosa se ne fa il Signore del reame boscoso di libri di storia e genealogia degli Hobbit. Ti prego. Ho bisogno di saperlo. – l’Istari si stende sul tavolo di legno, allungando le mani in supplica verso l’elfo.
 
-Nulla. Non se ne fa nulla. – come Bartimeus, Nathaniel non era cambiato con il passare degli anni, solo il suo sguardo si era lievemente attenuato, perdendo un poco di quella freddezza arrogante che gli Elfi spesso avevano. Viaggiare gli aveva fatto bene, notò lo stregone, faceva sempre bene, ai mortali. Non era ancora riuscito a fargli provare della birra, però.
 
-E allora…?
 
-Sono per me. – sbuffa, e distoglie lo sguardo con le punte delle orecchie e gli zigomi arrossati - Non si sa quasi nulla di questi… periannath. Voglio sapere. – lo sguardo è sempre ostinatamente fisso verso un angolo in ombra del locale, le orecchie arrossate.
 
E all’improvviso Bartimeus capisce.
 
-Erano sempre per te! Magari non all’inizio, ma i libri che ti stavo vendendo, li tenevi per te! – piccolo spocchioso elfo bugiardo!
 
-E anche se fosse?
 
-Mi hai mentito! – e non dovrebbe essere da lui, che ha visto infinite generazioni mortali spendersi nella Terra di Mezzo, ma la magia gli scivola via incontrollata attraverso la pelle, in fiammelle azzurre che danzano sull’orlo della sua cappa blu, sulla punta del suo bastone – Erano miei, e tu mi hai mentito! – i tesori di Tolomeo, del suo Tol, in mano ad un bugiardo, non ad un Re, ad un Ladro!
 
La bocca di Nathaniel si storce appena, gli occhi tornano alla freddezza del loro primo incontro.
 
-Sei pazzo. – sibila stizzoso come un bambino piccolo geloso dei giochi – Sono miei e non puoi farci niente.
 
Bartimeus ruggisce, scintille di luce azzurra brillano sul tavolo e sui pavimenti, sembrano quasi fuoco di drago.
 
Nel silenzio più attonito, esce fuori dal Puledro Impennato sbattendo le porte dietro di sé.
 
 
Anno 2990 – Terza Era
 
Una testa incappucciata di blu fa capolino dagli stipiti, scrutando con attenzione la sala. Quando scorge una figura ben conosciuta, tozza e robusta, si dirige a passo svelto verso il suo tavolo, ordinando nel mentre da bere e da mangiare per due.
 
-Ti ha cercato ancora? – chiede Kath di Ered Luin, inarcando appena un sopracciglio al suo comportamento sospetto.
 
-Ha lasciato dei messaggi. Non è facile incontrarmi se non sono mai qui. – sogghigna lo stregone, e solleva il suo boccale di birra in segno di saluto, mentre Kath avvolge le dita robuste attorno al boccale. Le trecce della sua barba sono più lunghe adesso, e ha iniziato a portarne altre due ai lati delle orecchie, ma per il resto continua a non indossare decorazioni di sorta. Preferisce commerciarle, in genere.
 
 -Come vanno… gli affari? – Kath agita vagamente una mano verso di lui.
 
-Dovrei chiederlo io a te. Porti notizie, dall’Est?
 
-Vorrei dirti nulla di che. – sospira, e l’accenno di serenità sparisce da quei tratti di pietra.
 
-E invece?
 
-Balin figlio di Fundin e altri con lui sono partiti l’anno scorso. Vogliono riprendersi Khazad-Dum.
 
Un pezzo di pane gli va quasi di traverso, perché il Nanosterro è degli orchi adesso, da decenni. Dalla battaglia di Azanulbizar nessuno avrebbe mai più dovuto rimetterci piede. Persino lui, che raramente si era interessato alle vicende dei mortali della Terra di Mezzo, si sente balzare il cuore in gola al ricordo di fiamme e tenebra, di un viso spento e della risata spezzata di Queezle, prima che partisse per Valinor lasciandolo solo.
 
Hai altro da fare, qui.
 
-E tu, che ne pensi? – domanda, guardando le ombre sul viso di Kath diventare più scure.
 
-Non amo gli Elfi, ma se l’hanno chiamata Moria un motivo c’è. Non mi fido del pozzo nero, Bartimeus. Un mio caro amico è partito, non ho potuto trattenerlo. – calca ancora di più la falda del cappuccio, e lo stregone non vuole credere che stia piangendo – Molti delle nostre famiglie sono morti, al seguito di Thror, e lui farà la stessa fine. Che Mahal lo protegga, Khazad-Dum ci ha già portato via troppo.
 
 
Anno 2994 - Terza Era

 
Bartimeus si affaccia alle porte, nascosto dal mantello. Sarebbe dovuto arrivare tre giorni prima, ma uno scontro con una banda di orchi aveva rallentato il suo viaggio, ma nonostante il ritardo Kath lo sta aspettando. La strada doveva essersi fatta pericolosa, a giudicare dal livido che aveva sotto l’occhio e dalla grossa ascia appoggiata al fianco del tavolo.
 
Ma mai pericolosa quanto quella taverna per l’elfo con cui condivide il tavolo. Nathaniel doveva aver dato il peggio di sé, e Kath non era persona da sprecare parole quando un pugno ben assestato poteva bastare. Ancora un attimo, e sarebbe scorso il sangue.
 
-Kath, amica mia! – strilla, facendo girare diverse teste – Grazie per avermi atteso. Con questa compagnia non so se io ce l’avrei fatta.
 
La nana ghigna, e solleva il boccale in segno di saluto. Ha gli occhi segnati e stanchi, le vesti rovinate. Sembra invecchiata molto più in fretta di quanto solitamente succeda al popolo di Durin.
 
-Alla buon’ora. Ho delle cose per te e non posso dartele se mi arrestano.
 
-Thranduil godrebbe di avere un altro nano nelle sue celle. – lo stregone ride, sedendosi, e l’espressione dell’elfo silvano è impagabile, decisamente.
 
-Non reggerei di certo il confronto con coloro che mi hanno preceduto. – ribatte Kath. Ci sono dei fili grigi tra i suoi capelli castani, o forse è solo uno scherzo della luce.
 
-Una femmina. – sussurra Nathaniel, attirando involontariamente l’attenzione su di sé – Un nano femmina. – non si è ancora scollato di dosso l’espressione a metà tra lo stupefatto e l’inorridito, e raramente in millenni aveva visto un elfo così poco elfico – Non esistono nani femmina.
 
-Vuoi vedere come non esisto quando ti spacco quel bel musino a pugni? – quasi non sembra arrabbiata, solo disgustata mentre si gira verso Bartimeus – La sua ignoranza è seconda solo alla bruttezza dei suoi vestiti. Da dove credi che vengano i nani? Dalla roccia? – chiede, sottolineando ogni domanda con un colpo di boccale al tavolo. Nathaniel ha la bocca spalancata, come se avesse paura di dire di sì.
 
 
Anno 3008 – Terza Era
 
-Non so entro quanto riusciremo a tornare. La strada è diventata sempre più pericolosa, attraversare le Terre Selvagge è suicidio. – Nathaniel lascia scivolare gli occhi su Kath, seduta vicino al caminetto nella stanza dello stregone; dà le spalle a tutti e due intenta com’è a lucidare la sua ascia.
 
-Probabilmente non sopravvivremo al ritorno. – dice la nana, con tutta la naturalezza possibile, e solleva la lama per controllarne lo stato in controluce. Le spalle dell’elfo si irrigidiscono, lo sguardo incollato sulle spalle di lei. Bartimeus non ha ancora capito bene come funziona il loro… rapporto? Da quando hanno iniziato a viaggiare assieme dall’Est verso l’Ovest e viceversa, sembrano aver trovato un comune accordo che ha tenuto entrambi in vita e relativamente sani (anche se Nathaniel ricorda ancora perfettamente, con la memoria infallibile degli elfi, il pugno preso qualche anno prima).
 
-Hai intenzione di stanziarti a Erebor? – domanda quindi, sapendo che Kath ha vissuto più sulle strade che in qualsiasi altro posto.
 
-La maggior parte dei miei affari sono lì, e non è che conosca nessuno a Ered Luin. – si volta appena, lanciando un’occhiata a Nathaniel di sfuggita, prima di tirarsi su da terra. Quei due non gliela raccontano giusta.
 
-Re Thranduil si sta preparando ad un lungo assedio, non credo intenda permettere a nessuno di noi di uscire dalla foresta. Ogni arma è necessaria.
 
-Anche le tue? – domanda Kath sarcastica – A vent’anni mi difendevo meglio.
 
Nathaniel grugnisce, scocciato, e sussulta quando Bartimeus lo colpisce in pieno petto con un libro.
 
-Tieni. – gli dice – Per le umide notti di Bosco Atro. Non lo visito da secoli e ancora me lo sento nelle ossa.
 
È l’ultimo dei libri di Tolomeo, e Nathaniel non ne ha idea. Appoggiata all’impugnatura della sua arma, Kath gli sorride.
 
 
Anno 2 – Quarta Era
 
Non si aspettava il corvo, e non si aspettava la lettera. Kath siede da sola ad un tavolo del Puledro Impennato e non sorride, i capelli striati di bianco e grigio più di quanto non siano mai stati prima. Una cicatrice scura sulla sua guancia si è portata via parte della sua barba, e linee profonde le segnano il viso.
 
Ha tatuaggi nuovi sul dorso delle mani, e uno sul sopracciglio. Marchi di lutto, per la battaglia ai cancelli di Erebor. Quello sulla mano destra è fin troppo elfico per non pensare al vuoto sulla panca di fianco a lei.
 
-Faceva schifo a combattere. – dice soltanto.
 
 
Anno 16 – Quarta Era
 
Kath lo aiuta a spingere la barca in acqua. Non intende partire dai Porti Grigi con gli elfi, ma Bartimeus è un Istari, troverà la strada per Valinor.
 
-Ci ritroveremo. – prova a dirle – Nella Seconda Canzone, quando Arda verrà ricostruita. Tu, io, e quell’altro incapace. – cerca di sorridere, ma il richiamo al di là del mare è troppo forte.
 
Ormai i capelli di Kath sono del colore del mitrhil più puro, ma le sue mani sono ancora forti, anche se gli occhi sono vuoti mentre sorride debolmente. Sembra sbagliato vederla al di fuori delle pareti scure della locanda, ma non è più tempo per quel luogo.
 
-Fai buon viaggio. – e dà una spinta alla barca, forte, fino a mandarla dove l’acqua è sufficientemente alta, dove il vento ne gonfia la vela portandola in mare aperto.
 
Non resta a guardare, tira il cappuccio fin sulla fronte e se ne va, in silenzio, pronta a tornare ai suoi affari con la nuova colonia dei Nani, alla sua vita. Gli dispiace lasciarla indietro, come gli dispiace lasciare la Terra di Mezzo con tutta la sua vita, vibrante e colorata.
 
Stendendosi a guardare il cielo sopra di sé, Bartimeus si chiede se insieme a tutto ciò non rischi di lasciare indietro altro, le sfumature calde dei ricci di Tolomeo e il modo in cui storceva sempre il naso alla prima boccata di erba pipa, il tono nervoso che la voce di Nathaniel non sembrava poter abbandonare e lo sguardo soffice che ogni tanto gli sfuggiva mentre parlava, il modo in cui Kath giocherellava con le perline sulle sue trecce e negli ultimi anni tracciava in silenzio i disegni sulla sua mano destra.
 
Li ritroverà, quando verrà il momento.
 
Per adesso deve solo pensare agli occhi azzurri e all’infinita pace che lo attendono al di là del mare.
 
 
 
NOTE
 
_Il titolo è quello dell’omonimo capitolo IX della Compagnia dell’Anello, da cui è anche tratta la citazione.
 
_Tolomeo è uno Hobbit, perché hanno grandi famiglie e grandi drammi, e poi sarebbe dannatamente adorabile. È ancora molto giovane, nella storia, e soffre dell’essere nato prematuro durante il Crudele Inverno, il più gelido della storia della Contea (durante il quale i lupi attraversarono il Brandivino gelato, ecc.). Ho deciso di renderlo un Tuc perché si sa che i Tuc sono ribelli e si curano poco degli altri, e poi, ribadisco, famiglia potente e ricca, con grandi drammi (sempre in stile Hobbit, sia chiaro).
 
_Su Bartimeus come Istari credo che ci sia poco da chiarire. Siccome i due stregoni blu non vengono mai inclusi nelle vicende di LOTR o de Lo Hobbit ho deciso di cedere il loro ruolo a lui e Queezle (sì, è stata ferita da un balrog o da qualche altra creatura di Mordor, mi sembrava un giusto rimando al Golem senza però che perdesse la vita sigh). Ah, anche perché Bart ha più nomi di Aragorn figlio di Aratorn eccetera eccetera e Gandalf messi insieme.
 
_Nathaniel è un elfo silvano di Bosco Atro per due ragioni, principalmente: sono gli elfi più astiosi che io abbia mai visto tra libri e film (e il nostro Natty-boy è spocchioso di natura), e Bosco Atro ed Erebor sono praticamente confinanti, quindi.
 
_Kitty è diventata una nana perché io le amo profondamente. Non ne appare attivamente neanche una (si accenna vagamente a Dìs, sorella di Thorin), ma io vado matta all’idea di queste fantastiche dwarrowdams, come si dice in inglese, con le loro barbe intrecciate e la possibilità di fare di tutto, dal combattere al commerciare. In LOTR Gimli dice che le nane sono poche, e che quando viaggiano si fanno passare per maschi (forse per evitare di dare spiegazioni, visto che ci somigliano molto, o forse per evitare problemi con altre razze che fanno più distinzioni), per questo Kitty che fa la mercante all’inizio si fa passare per maschio, ed è per questo che Nathaniel è così sorpreso (essendosi interessato ben poco al popolo di Durin). Sospetto che Bart ci sia arrivato da solo, ma siete liberi di immaginare ciò che più preferite.
 
_L’amico a cui Kath accenna nella mia testa sarebbe Jakob, ma potrebbe trattarsi di chiunque della Resistenza, a vostra discrezione.
 
_Periannath è il termine elfico per gli Hobbit, mentre mithril è il nome dell’acciaio argentato che lavorano i nani.

_La cronologia è presa tutta dalle appendici del Signore degli Anelli (bookverse, quindi, yay!).
 
_Per quanto riguarda i nomi, Tolomeo è stato lasciato perché mi sembrava in linea con i pomposi nomi di certi Tuc, e perché poteva essere abbreviato in Tol, che è abbastanza Hobbit, per me. Bartimeus e Queezle sono rimasti questi più per una questione di “sono Istari, si possono chiamare come caspita vogliono”. Nathaniel mi suonava abbastanza elfico come nome, quindi è rimasto, mentre Kathleen (Kitty) è stato abbreviato ad un suono più nanico.
 
_La storia è taggata anche come crossover perché tecnicamente i personaggi e le vicende del canon esistono comunque, anche se entrano in contatto con i nostri personaggi solo marginalmente.
 
Grazie per la pazienza!
 
 
  
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