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Autore: Rohchan    12/11/2017    2 recensioni
Prima di quella di Inuyasha, c'è un'altra storia da raccontare. Prima dei suoi incubi, delle sue battaglie, dei suoi sogni e dei suoi amori, c'è stata la vita di altre due creature, un'umana e un demone maggiore. Loro sono l'inizio della sua storia, ed è la loro storia che vorrei raccontarvi.
Volete sedere accanto a me ad ascoltare?
***
"Se verrà, se di notte verrà,
colpiremo a morte il tuo amore,
bruceremo le vesti e il suo cuore,
se verrà lo Straniero..."
(A. Branduardi, "Lo straniero)
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: inu taisho, izayoi, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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All'epoca ricordo che mi sembrò un comportamento da gran signore, gentile e premuroso; ora so, come avrei dovuto sapere anche allora se non l'avessi amato così tanto, che Sorin in realtà ripensava continuamente alle predizioni del bonzo, e che non aveva alcuna intenzione di dividere con me il letto per dare un erede alla famiglia. Io vivevo felice nel mio mondo di premure, coccolata dai servi della casa e da Shizuka, e guardavo il giardino del grande palazzo di mio marito, con lo stagno delle carpe ed il ponticello di legno chiaro, ed il grande ciliegio che in tarda primavera lasciava cadere i suoi petali nell'acqua trasformando il ruscello in una pezza di seta rosa pallido.

La prima volta che lo vidi sfiorire pensai che piangesse, ma mi dissi che era sciocco, e che nulla avrebbe potuto rovinare la bellezza di quel luogo.

Vivevo circondata da persone amorevoli, con una bella casa in cui vivere e tre abiti da indossare ogni giorno a mio piacimento, riso, pesce e verdure da mangiare e nuovi fogli ed inchiostro su cui esercitare la mia maldestra calligrafia, che però Sorin sembrava amare tanto.

Così, ero del tutto impreparata al primo colpo che la vita aveva in riserbo per me; all'inizio dell'inverno dell'anno successivo al nostro matrimonio, Sorin tornò al palazzo con un gran seguito di carri, buoi e cavalli. Uno di questi aveva tende purpuree di seta grezza pesante, e dal retro pendevano i ricchi strascichi di un abito da principessa. Sgomenta, scorsi il corteo alla ricerca di mio marito, e lo vidi, qualche carro più in giù, mentre spiegava ai servi dove portare i ricchi oggetti che la dama portava in dono.

Uscii sul portico, incuriosita; il carro che trasportava la dama aveva ricominciato a muoversi, ed era diretto all'ingresso principale, quello che anch'io avevo varcato dopo essere diventata la sposa di Sorin.

Quando scese, mi sentii venire meno; era bella, più alta di me, le forme morbide di una donna più adulta, adatta ad avere figli. Più della sua bellezza, però, mi turbarono le delicate premure che mio marito le riservava: aiutarla a scendere dal carro come fosse stata fatta di giada, il gentile frapporsi tra lei ed i buoi perchè non corresse il rischio di sporcarsi, il modo in cui le porse il parasole.

Seppi allora che mio marito era di nuovo convolato a nozze, e che non era più soltanto il mio signore, ma anche il signore di un'altra donna.

 

Quella sera, Sorin venne a farmi visita; cercai di addurre la scusa di un'indisposizione, ma lui entrò lo stesso, superando come un nulla la gentile fermezza di Shizuka, che gli chiedeva di non procedere oltre.
"Izayoi,- mi disse- cosa succede? Non vuoi intrattenerti con tuo marito questa sera?"
"Forse eravate mio marito, ma ora non posso più dirlo, poiché siete giunto qui con un'altra sposa." gli risposi, non riuscendo a controllare la mia lingua.

Shizuka, che era rimasta silenziosamente seduta sui tatami accanto all'ingresso, sussultò per la mia audacia. Ma Sorin parve non darle il peso che avrebbe meritato.

"Sono venuto qui per dirti perchè ho preso in moglie Shimo, ma forse aveva ragione mio padre a dire che la cosa non avrebbe dovuto, e non ti avrebbe interessata. Perdonami. Se sei davvero così indisposta, ti farò mandare del riso bianco dalle cucine e non ti disturberò finchè non ti sarai ristabilita."
"Perchè l'avete fatto?" chiesi ancora, contro ogni buonsenso, ignorando lo sguardo supplice di Shikuka, che mi pregava di tacere.
"Perchè anche se ti sono affezionato, non è saggio andare contro gli oracoli. Perchè tu sei ancora troppo giovane, mentre lei può darmi dei figli. Ed in quest'epoca, un guerriero senza figli non ha nulla da offrire al suo signore."
"Ma io posso!- risposi, rossa in viso- Io posso darvi i figli che volete...io posso, sono una donna ormai, il mio corpo è pronto! Se solo mi metteste alla prova...- finii, in un bisbiglio. Shizuka era ormai al di là di ogni vergogna, a capo chino con lo sguardo fisso sulle mani che teneva in grembo. - Voi...voi non avete mai cercato di avere un figlio con me."
"Izayoi, ti prego di capirmi...- mi disse, in un sospiro.- Ti ho voluta accanto a me perchè ti sono affezionato, sei una creatura delicata e splendida, e sono grato agli dei per averti lasciato attraversare il mio cammino, ma cerca di comprendere. Il clan Otomo non può crescere dal tuo grembo. Non è ciò che gli dei vogliono, e non è nemmeno il mio volere. Temo troppo che tu ti possa spezzare sotto il peso di un figlio."

Piansi, piansi tanto. Non silenziosamente, come ci si sarebbe aspettati da una principessa, ma gridando e singhiozzando, come la più umile delle contadine. Il mio sposo mi disse che non sarei più potuta restare nella casa principale, e che avrei dovuto spostarmi in un'altra ala, riservata alle donne della casa. Sarei stata circondata da serve, e avrei mantenuto il mio tenore di vita, ricevuto carta, inchiostro, cibo e abiti ogni volta che l'avessi chiesto. Sorin aveva provveduto ad affidarmi un piccolo manipolo di soldati, capitanati da un uomo di nome Takemaru Setsuna. Fu lui ad accompagnarmi nelle mie nuove stanze, la sera successiva, poco prima del tramonto. I suoi soldati aiutarono Shizuka con i miei oggetti, e lui stesso mi camminò accanto, precedendomi di appena un passo, mentre io mi sforzavo di non piangere e di assumere invece il contegno che ci si aspettava da me. Lo sforzo fu enorme, e in gran parte vano. Le lacrime continuavano a scivolarmi sul viso, rendendolo lucido e ingrandendo e arrossando i miei occhi, da cui mi sembrava non passasse più luce.

Mi sentivo perduta, e mi parve, in quel momento, di aver deluso tutto il mio mondo. Mio padre sarebbe stato umiliato, forse avrebbe perso la posizione che con tanta fatica si era guadagnato, forse il Daimyo l'avrebbe punito per la mia inettitudine. E Sorin... Sorin non sarebbe mai più venuto a chiedermi di potermi dormire accanto, e non avrei più potuto svegliarlo con dolcezza quando si agitava nel sonno per colpa di un brutto sogno.

Sarebbe stato compito di un'altra donna.

***

Dei. sono passati troppi anni da quando ho pubblicato una storia...mi sembra incredibile non riuscire ad usare correttamente l'editor...abbiate pazienza. Grazie a tutti voi che avete letto, e soprattutto ad Adelhait13, che ha commentato. A domenica prossima!

 

  
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