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Autore: Rohchan    26/11/2017    0 recensioni
Prima di quella di Inuyasha, c'è un'altra storia da raccontare. Prima dei suoi incubi, delle sue battaglie, dei suoi sogni e dei suoi amori, c'è stata la vita di altre due creature, un'umana e un demone maggiore. Loro sono l'inizio della sua storia, ed è la loro storia che vorrei raccontarvi.
Volete sedere accanto a me ad ascoltare?
***
"Se verrà, se di notte verrà,
colpiremo a morte il tuo amore,
bruceremo le vesti e il suo cuore,
se verrà lo Straniero..."
(A. Branduardi, "Lo straniero)
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: inu taisho, izayoi, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando ripresi a vivere più o meno normalmente, Sorin tornò a trovarmi. Sospettai di Shizuka, ma non mi arrabbiai con lei. Sapevo che era stata profondamente ferita dal nuovo matrimonio di mio marito, e sospettavo che aspettasse di vedermi stare meglio per mandargli a dire di tornare a trovarmi, per concedermi un po' della sua compagnia.

Avrei voluto essere più fredda nei suoi confronti, mostrarmi forte come la montagna contro il vento, ma quando vidi la sua figura stagliarsi sulla carta di riso della porta, seppi che non avrei mai potuto essere, con lui, altro che la piccola Izayoi, ansiosa di compiacerlo.

 

Quel primo pomeriggio parlammo a lungo. Di lui, di me, del nostro futuro. Parlammo anche di Shimo, e notai la tenerezza nella sua voce mentre mi raccontava delle sue piccole abitudini, della grazia con cui ballava, del silenzio dei suoi movimenti, del piccolo vezzo di tenere la punta della lingua all'angolo della bocca mentre si esercitava a scrivere. Mi disse che Shimo aveva trovato un mio vecchio rotolo di esercizi in un armadio, ed era rimasta colpita dalla bellezza della mia scrittura. La sua era ancora piuttosto acerba, e così il mio rotolo si era guadagnato un posto nella sua scatola da scrittura, dove poteva ammirarlo e consultarlo ogni volta che voleva.

La cosa mi fece piacere, ed arrossii. Il fatto che reputasse la mia grafia migliore della sua, e tenesse il mio rotolo come esempio solleticava la mia vanità. Ma credo sia stata l'immagine di lei con la lingua rosea tra le labbra, concentrata sui tratti, a farmela di nuovo vedere per ciò che era: una ragazzina che aveva inconsapevolmente condiviso il mio destino, che non mi serbava rancore, e che forse non intendeva urtare i miei sentimenti o, peggio, rendere la mia vita miserabile.

Così, da quel giorno smisi di tormentarmi per l'esistenza della nuova moglie di mio marito. Divenne il secondo ramo dell'albero della nuova famiglia Otomo, più giovane e sottile, ma allo stesso modo carico di fiori. Capii che era stato il pensiero di lei, e non quello di Sorin, a tormentarmi per tanto tempo, e ripresi a vivere la mia vita, così com'era stata a casa di mio padre: suonavo il koto, facevo esercizi di scrittura, leggevo haiku, e ballavo al suono degli shamisen con le mie dame di compagnia. Takemaru era sempre presente, discretamente seduto oltre la porta scorrevole che dava sull'engawa. In lui vedevo un'ombra forte e salda, e si fece strada in me la sensazione che fosse stato un sostegno più importante di quanto mi fossi permessa di credere. Riservato, silenzioso, abile con la spada, lui ed i suoi uomini erano sempre pronti ad accogliere ogni mia richiesta, che si trattasse della visita ad un tempio vicino o dello spostare oggetti particolarmente pesanti con i miei servi.

 

Nel centoquarantunesimo anno della dinastia Muromachi, nell'undicesimo mese, seppi che il ramo di Shimo stava fruttificando.

La casa principale era in fermento: bonzi venivano a pregare nelle stanze della donna che avrebbe dato un erede al clan Otomo, e quotidianamente arrivavano messi per porgere le proprie felicitazioni a mio marito.

Sorin era fuori di sé dalla gioia, e scoprii che la ferita che credevo ormai chiusa per sempre aveva soltanto iniziato a guarire.

Il fatto che Shimo aspettasse un figlio mi rendeva più vulnerabile che mai. Se lei avesse deciso che non potevo più vivere sotto il loro tetto, a Sorin non sarebbe rimasto altro da fare che soddisfare la sua richiesta e mandarmi via, magari in qualche tempio a pregare per la purezza della mia anima.

Ma così non accadde. Shimo si dimostrò più lontana che mai, evitando persino di mandarmi un messaggero per informarmi ufficialmente della lieta notizia finchè la sua gravidanza non entrò nella sesta luna. Se ti dicessi, Inuyasha, che non mi dispiacque questo suo atteggiamento, ti direi una bugia. Avevo creduto che mi vedesse in qualche modo come una donna che divideva con lei il cuore e l'affetto di Sorin, e che, rispettosa nei suoi confronti, non chiedeva al marito mai più di un rotolo nuovo per scrivere, una nuova corda per il koto, o una carezza leggera alla fine di una visita, quando ormai le tazze erano fredde e la notte si faceva troppo fonda per non destare sospetti sulla natura del nostro legame. Ma evidentemente mi sbagliavo. Le rimandai indietro una lettera con le mie felicitazioni per la bella notizia, e qualche giorno dopo incaricai Takemaru di consegnarle per me un abitino fatto per il nascituro, con l'augurio di salute per entrambi e la speranza che fosse maschio, così da onorare il nome di Sorin.

Takemaru era sempre ben lieto di obbedirmi, e attento ad ogni mio bisogno, esplicito o meno. Mi accompagnava con i suoi uomini ovunque desiderassi andare, ed in un paio di occasioni lo sorpresi a rimbrottare i servi per la loro lentezza nel servirmi, o perchè il sentiero di pietre che conduceva al laghetto delle carpe non era stato pulito a dovere.

Lo rimproveravo a mia volta; non volevo che i miei servi venissero maltrattati, e lui non aveva alcun diritto di fare le mie veci con loro. Mi avrebbe fatta apparire come la dama che non sa provvedere onorevolmente alla sua casa, e avrebbe potuto dare il via a pettegolezzi spiacevoli sul mio conto, se alla casa principale fosse giunta la voce del capo della guardia che amministrava la mia servitù come un padrone.

Takemaru sembrava soffrire molto per le mie parole, ma pensai che fosse solo l'atteggiamento contrito del servo ripreso. Seppi solo anni dopo quanto davvero lo ferissero le mie parole in quelle occasioni.

 

Gli ultimi mesi della gravidanza di Shimo volarono via come le foglie spinte dal vento autunnale, ed un tardo pomeriggio del settimo mese, mentre ero intenta a suonare il koto, grida di gioia e trambusto nella casa principale mi informarono che l'erede di Sorin era nato. Nel giro di un'ora, nella casa non pareva esserci un solo servo che non avesse un compito importante da svolgere; chi correva a portare la lieta notizia, chi aiutava la levatrice a occuparsi di Shimo, chi correva avanti e indietro carico di teli puliti di pregiato lino candido, per asciugare a dovere la pelle del nuovo nato.

Sorin venne da me quando il sole iniziava a calare, rosso in viso per la gioia e la corsa che, dalle stanze di Shimo, lo aveva portato fino a me.

- E' un maschio, Izayoi!! Un maschio!! Sono padre di un bel bambino sano e robusto, e la mia dinastia ha un erede maschio!!- mi disse, con un sorriso che non ebbi cuore di non ricambiare.

- È meraviglioso, mio signore. Meraviglioso. Gli dei sorridono alla tua casa e a tua moglie.- gli risposi, forse più fredda di quanto avrei dovuto essere. Mi sforzavo di essere felice, ma qualcosa nel petto mi impediva di esserlo davvero.

- Oh, Izayoi, sapessi quanto sono felice! È giunto poco fa anche un messo del Daimyo, che si congratula con me e prega gli dei per la salute di Shimo e del bambino.-

Fu come una pugnalata al cuore. Anche il Daimyo si era scordato della mia presenza in questa casa. Nessun accenno alla moglie che non può dare futuro alla dinastia del marito.

Le donne non varranno mai nulla, mi dissi sconsolata. A meno che non siano ottime fattrici e serve silenziose.

- Quale sarà il suo nome, mio signore? Come chiamerai tuo figlio?-

- Il suo nome sarà Miyoshi, Izayoi. E diverrà un grande guerriero, forte e saggio, e saprà portare onore ai miei antenati. Sarà forte, ma anche gentile con colei che un giorno diverrà la sua sposa. Farò di lui un uomo degno di onore e rispetto.-

 

Fu quello, Inuyasha, il momento in cui capii che il mio posto al suo fianco era ormai perduto. Forse sarebbe venuto ancora da me, nelle lunghe sere d'inverno che non si riesce mai a far finire, ma tra noi ci sarebbe sempre stato soltanto l'affetto che lega due vecchi amici, e nulla più. Gli sorrisi, perchè non si può non sorridere ad un uomo che è appena diventato padre, e che promette di essere per il figlio il miglior padre del mondo, e lui si congedò da me felice, stringendomi in un abbraccio veloce prima di ripartire, quasi trotterellando verso le stanze di Shimo, a controllare la salute di madre e figlio.

 

Il mattino seguente, nella fredda luce dell'alba, vidi un grosso carro scortato da un piccolo drappello di guardie lasciare il cortile interno della casa principale, diretto verso il piccolo tempio poco distante. Takemaru mi disse, quando lo convocai alla mia presenza qualche ora più tardi, che Sorin aveva ordinato di portarvi dieci sacchi di riso, come ringraziamento per la nascita del bambino.

 

 

...e un altro capitolo è andato. Lo so, lo so. volete vedere quando arriverà Inu no Taisho. Portate pazienza...le cose belle hanno il passo lento...;)

 

Grazie a Shivax23, per il commento. E anche a tutti voi che leggete in silenzio.

 

A domenica prossima! Rohchan

  
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