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Autore: apeirmon    28/11/2017    4 recensioni
Introspezione del protagonista de "Il guardiano dei porci" di Hans Christian Andersen.
I motivi che l'hanno portato a mettere alla prova la propria sposa secondo la mia immaginazione.
Storia partecipante al contest “Cuore d’Ombra” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autore: Il disprezzo può essere di vario tipo secondo la causa: sociale, razziale, culturale, etico... ma si basa sempre su una paura di alcune caratteristiche del disprezzato, quindi da un’ignoranza di esse.

Per questo nel mondo è importante andare oltre le impressioni e cercare realmente (o principalmente) l’origine degli attributi non accettati.

La scena di violenza è dovuta al divieto di rating verde per la partecipazione al concorso.

 

C’era una volta la mia identità superficiale.

Seppure di un modico regno, avere il titolo di “principe” rendeva il mio corpo e i miei possedimenti un concentrato di attenzioni da parte di servitori, guardie e funzionari solo per timore di non adempiere al proprio incarico, e non perché tenessero a me.

La mia famiglia era eccessivamente consona a questo falso apprezzamento per poter avere sentore di un’interazione autentica. Sin dall’infanzia ho desiderato esperire circostanze nelle quali ciascuno possa scegliere il metodo di condotta della propria vita, senza pregiudizi o condizionamenti alcuni.

Ho tentato, durante la giovinezza, di concedere maggiori libertà (o meglio: far notare la presenza delle stesse) ai miei precettori ed ai serventi di corte, ma il timore di evadere dall’etichetta rendeva superfluo che i miei genitori la imponessero nuovamente. Ne ho tratto che menti avvezze alla staticità erigano mura di ansia in vista di cambiamenti che, qualora assecondati, offrirebbero una varietà di opzioni aggiuntiva rispetto a quella rientrante negli schemi che ne condizionano l’operato.

Far riflettere e indurre una scelta conscia, non dettata dall’istinto o dall’emotività, infastidisce gli appellati perché richiede tempo e un’affermazione di sé stessi: in questo frangente, le azioni vengono compiute secondo pressioni non attinenti alla propria indole verace, risultando siffatto una dilapidazione effettiva di tempo, giacché il conseguito non si presta allo sviluppo del complesso animo individuale. Esso costituisce la più emblematica porzione di ciascuno, non venendo asservita a fabbisogni pratici, morali ovvero ragionativi e, anzi, spesso venendo accantonata per non interferire con i suddetti.

Non gravando su di me preoccupazioni pecuniarie né conflittuali, i convincimenti che ho qua esposto possono mostrarsi frutto di un’estraneità al giogo della sopravvivenza applicato alle genti, a un’assenza di ingenuità nel senso etimologico, pertanto ho accertato gli effetti dello stesso giogo imponendolo alle mie abitudini con la privazione degli agii procuratimi dall’eredità sociale: ho trascorso durevoli periodi, anche di mesi, fornendo servigi manuali e limitatamente redditizi a fabbri, villani, fornai e persino un mercante marinaio per verificare l’attuabilità della ponderazione autonoma in circostanze di dipendenza lavorativa.

Ebbene: sia la stremità che la dedizione alle deleghe mi hanno lasciato la capacità di applicare i miei princìpi a qualsivoglia occasione di scelta e comportarmi nei riguardi dei miei interagenti secondo direttive che ne causino la messa in dubbio dello scontato.

Esse, talora, assumono la parvenza di crudeltà ineccepibili: durante una delle mie immedesimazioni in un mietitore, mi ero imbattuto in un vetusto che sferzava un somaro al fine di obbligarlo a procedere lungo l’agro. Sospettando la vanità di verbi che osassero un’infusione di premura in una impostazione caratteriale già edificata da copiosi lustri, gli sottrassi lo scudiscio per adoperarlo sul proprietario sicché apprendesse il detrimento che infieriva al paziente quadrupede, fin quando non arrossai le polveri della strada.

Per quanto concerne le relazioni, ho la certezza che solo esibendo gli aspetti meno irragionevolmente rifiutati dalla mentalità cortigiana quanto volgare si possa determinare la validità del sentimento, tramite la reazione dell’inerente conoscente.

A causa dell’attuale allentamento fisico e mentale di mio padre, la responsabilità di acquisire una consorte mi è erogata da un’ingente quantità di cortigiani e io sono propenso ad accoglierla, sia in merito a un desiderio di restituirgli, per quanto sia realizzabile, la serenità, sia a favore della mia ricerca di un affetto pretto e sempiterno.

Forse la donna che concupito sarà coinvolta in angustie che potrebbero non concederle l’opportunità di distinguermi come l’uomo ad ella confacente, ordunque stimo che un bacio consti in un cenno di individuazione adeguatamente evocante sollecitudine.

   
 
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