Storie originali > Comico
Ricorda la storia  |      
Autore: lorenzo_rev    01/12/2017    0 recensioni
Ieri sera ho incontrato uno scroto per terra, l’ho salutato e ora sono morto.
Ma andiamo con ordine.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ieri sera ho incontrato uno scroto per terra, l’ho salutato e ora sono morto.

Ma andiamo con ordine.

 

Stavo passeggiando per le vie del centro quando, guardando distrattamente al suolo, vidi quello che sembrava un borsellino di monetine, di quelli che vanno di moda ora, rotondo, non troppo grande e con un qualche tipo di fantasia ricamata sopra.

Mi chino per osservare meglio e mi rendo conto che quello che avevo scambiato per un borsellino da monete era effettivamente un borsellino, ma per altro tipo di contenuto.
Quello che stavo studiando con grande impegno altro non era che uno scroto, abbastanza peloso, con crini ricci del raggio di circa 1-2 centimetri, ma non volgari, diciamo più il tipico scroto grinzoso di un uomo sulla 50ina.

Mi disse di appartenere a un uomo di nome Eugenio Varini, un, a quanto pare, noto imprenditore di origine bresciana, trasferitosi a Milano negli anni 2000 durante il boom economico industriale.

Eugenio apparteneva ad una nota famiglia di artigiani e, come suo padre, aveva iniziato la sua carriera lavorativa in una piccola bottega familiare che produceva scope fatte a mano.
“Falle pelose!” gli diceva suo nonno, ormai alla fine dei suoi giorni, “Falle raspanti!” e così Eugenio faceva, merito anche del padre che lo aveva iniziato fin da piccolo al mestiere.
Eugenio aveva un talento eccezionale per le scope, sapeva crearne di ogni tipo.
Lunghe, corte, in legno, Re Bello e flessibili, gli riuscivano con una facilità e precisione disarmanti, da fare impallidire persino il padre, da sempre un gran esperto di scope.
Quest’ultimo, che aveva a cuore l’educazione del figlio, ogni sabato pomeriggio passava ore nello studio della Professoressa Righini, un’avvenente insegnante di matematica, per discutere di un eventuale ritiro di Eugenio perché si dedicasse totalmente al mestiere.

“Quella donna saprà anche risolvere le equazioni a sistema, ma non sa scopare.” gli diceva sempre il padre, che come ogni sabato pomeriggio, essendo la moglie a lavoro, lo veniva a prendere a scuola e andava a parlare con la signorina Righini “Ma meglio aspettare un altra settimana, l’educazione è importante”.

Era un padre molto premuroso quello di Eugenio.

 

Un giorno, quando il 18esimo compleanno di Eugenio era ormai prossimo, il padre gli disse con tono grave “Figliuolo, vieni qui, c’è qualcosa che devi sapere”.
Eugenio era incuriosito ma anche un po’ spaesato, suo padre mai usava un tono di voce tanto basso senza nemmeno un bicchiere di whisky in mano.
Il padre lo condusse in cantina e, una volta lì, aprì un armadio nel quale era riposta un’unica cassa in legno intarsiata di ogni tipo di forma geometrica bizantina e celtica e barocca, praticamente una fantasia di fogli accartocciati, e da lì estrasse la scopa più bella che si fosse mai vista.
Era ricavata dall’ebano puro, nel quale erano stati scavati inserti che poi erano stati riempiti in oro a formare spirali e parole che Eugenio non riusciva a leggere, testimoniava la bellezza e la maestosità di un impero una volta grande ma che ormai era stato dimenticato nelle pieghe del tempo.
Le setole di quella meraviglia parevano ricavate dalla criniera di un leone, ma per qualche motivo erano solide, lisce e precise come i capelli di una ragazza con lo shatush.
La scopa nel suo essere dava l’impressione di respingere le impurità anche solo per contrasto, come se il concetto di sporco fosse completamente estraneo alla sua natura extra-polverale.
“Questa, figlio mio” proseguì il padre di Eugenio con fare aulico “è la Jashlak. Una scopa tramandata di generazione in generazione nella nostra famiglia da tempo immemore.
La leggenda narra che il nostro capostipite Odoacre Varini, originario della Mongolia,
abbia imprigionato al suo interno le anime dei più importanti Geni del Pulito dell’antichità per mezzo di un potente sortilegio proibito delle sue terre, rendendo di fatto questa Scopa la più alta forma di perfezione ancora legata a questo mondo.
Eugenio era ammaliato. Mai in vita sua aveva visto un oggetto tanto bello e tanto incredibile.
Aveva come l’impressione che il solo stare in presenza di quell’oggetto lo rendesse in qualche moto più puro, come se non fosse capace di partorire altro che idee di grande spessore finché quella Scopa era accanto a lui.
“Voglio che l’abbia tu” disse Il padre di Eugenio “Era di mio padre prima di me, e di suo padre prima di lui e così via, ora muoviti e va in negozio che devi aprire che oggi gioca il Milan e devo andare al bar a vederlo”
Eugenio era sconvolto. Non sapeva cosa pensare, mai il padre gli aveva fatto nessun accenno a quella storia, né al Milan, né al fatto che il negozio dovesse aprire anche la domenica.
Così mentre sentiva la BMW del padre sgommare lungo la via prese una decisione.
Prese tuti i suoi risparmi, ripose con cura Jashlak nella sua cassa, la caricò nel baule della sua Panda 4x4 e sgommò via in direzione Milano.

 

Arrivò in città in un batter d’occhio e gli ci vollero solo 5 ore per trovare parcheggio, la fortuna era dalla sua parte.
Entrò nel primo banco dei pegni che vide e vendette Jashlak per 20 euro, somma appena sufficiente a pagare il parcheggio in via Brombeis, una delle vie più altolocate di tutta la città.

Pieno di un’energia che mai aveva sentito prima in vita sua e con la lungimiranza degna di un binocolo, Eugenio prese i risparmi di una vita e li investì in una fabbrica di piastrelle che aveva appena aperto nella zona industriale del milanese che, grazie alla guida di Eugenio che ne era diventato il più grande azionista e proprietario, divenne ben presto leader del settore delle piastrelle, inglobando altre imprese più piccole ed anche una insignificante catena di supermercati chiamata Lidl.
Ma non sempre gli affari possono andare a gonfie vele.
Dopo solo 25 anni di prosperità economica infatti la compagnia di Eugenio iniziò a rallentare, sia a causa della saturazione del mercato, sia a causa della crisi economica dell’edilizia.
A quanto pareva ora alla gente non piacevano più le piastrelle: nelle case, le poche che venivano costruite, volevano il mattone vivo, il sapore di calcestruzzo e stucco dei cantieri andava molto di moda in quel periodo.
E fu così che gli analisti della compagnia misero Eugenio di fronte ad un bivio: continuare la produzione rivedendo le stime al ribasso e tagliando di molto i progetti e i prodotti che l’avevano resa la leader del mercato, o trasferire la produzione in Polonia, dove le piastrelle erano viste come il futuro e la gente si meravigliava di quanto un pavimento potesse diventare bello se ricoperto con piastrelle ®.
Ma Eugenio, che era un uomo di poche parole e che amava il suo paese, e che oltretutto non sapeva mezza parola di polacco, rispose loro con un elegantissimo ed aulico “Mo piotost am taii i marùn” (trad: Ma piuttosto mi amputo i testicoli).
E così fece quando l’azienda fallì pochi mesi dopo. Eugenio era infatti un uomo di poche parole ma di parola.

 

E quindi rieccoci all’inizio della nostra storia.
Ieri sera, abbandonato in una via del centro, ho incontrato lo scroto di Eugenio, che fu testimone silenzioso delle sue avventure, nonché vittima innocente del suo orgoglio.
Oltretutto subito dopo essere venuto a conoscenza di questi fatti mi è caduto un vaso di petunie in testa e sono morto, ma questa beh…
Questa è un’altra storia.

 



dis is a Lorenzo Reverberi’s original stori, follo mi on mai social peiges for mor

Instagram: https://www.instagram.com/lorenzo_rev/
Facebook: https://www.facebook.com/lorenzo.reverberi

personal blog, ci sono altre storie anche dentro: https://anotherwhale.wordpress.com/

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: lorenzo_rev