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Autore: UnGattoNelCappello    02/12/2017    1 recensioni
Kei realizza durante il suo secondo anno di liceo che probabilmente è innamorato di Yamaguchi da quando ha dieci anni. Per quanto incapace possa essere a gestire la situazione, Kei prega almeno di non esserlo tanto quanto Hinata e Kageyama. Ma a quanto pare, è proprio così. *TRADUZIONE*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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N/T: Salve a tutti! Come disclaimer, ci tengo a precisare che non ho scritto io questa storia ma che la sto traducendo con il permesso dell'autrice; se siete interessati, questo è il link della storia originale, e se vi va e sapete un po' di inglese non esitate a farlo sapere all'autrice!
Ed ora, buona lettura :D
 



 

Capitolo 1
 

Prima ancora che se ne accorga

 

Se Kei non portasse gli occhiali, la neve non gli dispiacerebbe.

Ma porta gli occhiali. Perciò, quando quella mattina guarda fuori dalla finestra, è ancora più contrariato del solito. Fa una smorfia mentre pensa con orrore alla camminata mattutina che lo aspetta, dove dovrà sopportare una mezza cecità sfocata o arrendersi a pulire costantemente le lenti sul cappotto bagnato, che comunque renderebbe inutili i suoi occhiali. Si infila due calzini su ogni piede e spera che sia solo una spolverata, che forse non attecchirà. Questo lo spera non per sé ma per Yamaguchi, il quale è estremamente goffo quando si tratta di elementi naturali. Kei potrebbe trovarla una cosa tenera se non si preoccupasse che Yamaguchi possa scivolare e rompere la sua faccia lentigginosa ad ogni passo.

Il suo telefono vibra sulla scrivania. Kei sbuffa leggermente quando vede il nome—chi altro lo chiamerebbe così presto, comunque? — e sblocca lo schermo. Si chiede perché si dia la pena di guardare fuori dalla finestra, visto che Yamaguchi gli manda un messaggio ogni volta che la mattina minaccia di mostrare qualcosa che non sia nuvole e sole.

 

da: Tadashi ★

oggetto: NEVE

sta nevicando tsukki

 

a: Tadashi ★

oggetto: Re: NEVE

Ebbene sì, Yamaguchi

 

da: Tadashi ★

oggetto: Re: NEVE

!!! beh ricordati di metterti il cappotto pesante ecc

 

Kei fissa gli eccessivi punti esclamativi prima di infilarsi il telefono in tasca; una delle tasche quadrate, foderate di lana, del suo cappotto blu pesante che gli è stato ordinato di indossare. Ovviamente l’avrebbe indossato in ogni caso. Un altro sguardo fuori dalla finestra lo fa gemere ad alta voce.

“Va tutto bene?” gli chiese sua madre quando entra in cucina.

“Sì. Perché?”

“Hai gridato come se ti avessero sparato!”

“Magari,” borbotta Kei. “Non dovrei uscire con questo tempo di merda.”

Lei gli mette davanti un piccolo piatto di cibo, affermando: “Sei così drammatico.”

“Forse,” concede lui.

Si alza dalla sedia subito dopo essersi seduto e si infila il leggero zaino in spalla. Quando la sua mano si posa sul pomello della porta, rabbrividisce come se fosse già in strada.

“Già esci? Non mangi niente?”

“Prenderò qualcosa da Yamaguchi. Mangia tu le mie cose,” dice Kei rivolgendole un sorriso convincente.

“Beh, mettiti un cappello, okay? I tuoi guanti sono già nelle tasche del cappotto.”

“Grazie.”

Kei afferra un cappello appeso all’appendiabiti e lo infila in una larga tasca vuota. Scivola fuori dalla porta d’ingresso e tira immediatamente su con il naso, affondando silenziosamente nella neve.

 

__________

 

I fiocchi di neve cadono costanti durante il breve tragitto fino alla casa di Yamaguchi, eppure il sole minaccia di far capolino dalla coltre di nuvole. Come se si prendesse gioco di lui. Kei si ricorda di infilarsi il cappello in testa quando bussa ripetutamente alla porta d’ingresso rossa di Yamaguchi.

Quella si spalanca e il ragazzo riesce a intravedere un volto lentigginoso prima di essere trascinato all’interno dalla manica del cappotto. Kei si riprende immediatamente al calore della casa e respira profondamente, rilevando un aroma di caffè. Non sente lo stomaco brontolare sopra il suono della porta che Yamaguchi sbatte dietro di sè.

“Giorno, Tsukki,” dice Yamaguchi, stringendosi le braccia intorno al torso. Indossa ancora solo una maglietta. La voce gli trema e si strofina le braccia nude per scaldarle, dicendo, “Si congela lì fuori.”

“Giorno. Lo so,” risponde Kei sopprimendo un ultimo brivido.

Non perde tempo e si sfila gli occhiali per usare l’orlo della manica della t-shirt di Yamaguchi per asciugare l’umidità, finché non è sicuro che siano del tutto puliti.

“No, ma prego, fa pure,” insiste la sagoma sfocata a forma di Yamaguchi, e Kei è abbastanza sicuro che alzi gli occhi al cielo. La massa informe continua, “Papà ha preparato del caffè se vuoi berlo mentre mi cambio. Scendo tra un secondo.”

Kei si riposiziona gli occhiali sul viso, ed è soddisfatto dal risultato ma elettrizzato alla prospettiva del caffè.

“Va bene. Come facevate tutti a sapere che stavo venendo?” chiede rivolto alla schiena di Yamaguchi mentre il ragazzo si ritira in cima alle scale.

Yamaguchi si gira e gli rivolge un’occhiata.

“Beh, sta nevicando,” dice in tono ovvio.

“Sì, è così,” annuisce lui, anche se più per sé stesso. Yamaguchi è già corso di sopra e Kei sente il click della porta della sua camera da letto che si chiude. Non si sofferma troppo a pensare al fatto che riconosca quello specifico suono e invece si dirige in cucina per salutare il padre di Yamaguchi e, cosa più importante, il suo caffè.

 

__________

 

a: Tadashi★

oggetto: —

Tuo padre dice di non dimenticarti di mettere due paia di calzini

 

a: Tadashi★

oggetto: —

Preferibilmente quelli con i Pokémon

 

__________

 

Non si sono allontanati neanche cinque metri dalla casa di Yamaguchi quando lui scivola all’improvviso in avanti e Kei deve afferrarlo dal cappuccio per non fargli perdere l’equilibrio.

“Sei davvero assurdo,” insiste Kei, divertito.

“Tu sei assurdo,” risponde automaticamente Yamaguchi, ma il suo tono è distante. Sta mettendo tutta la sua concentrazione nel guardare i propri piedi avanzare nel sottile strato di neve che copre il marciapiede. Kei lo guarda guardarsi i piedi per un minuto prima di tornare a rivolgere lo sguardo avanti.

“Reggiti a me e basta,” suggerisce Kei alzando gli occhi al cielo come sua abitudine.

Yamaguchi arriccia il naso determinato e insiste che può farcela da solo. Kei si limita a far roteare di nuovo gli occhi. E comunque, lui è saldo accanto al suo amico, riflessi veloci e allenati e pronti a qualunque movimento improvviso di Yamaguchi.

“Ti sei messo i calzini dei Pokémon?”

“Sì,” ride allegramente Yamaguchi, rivaleggiando con il sole che si è finalmente deciso a fare una comparsa da dietro le nuvole opache. “I miei calzini fortunati di Oddish.”

“Tuo padre li ha specialmente richiesti.”

“Sì, come no,” dice Yamaguchi alzando gli occhi al cielo, spostando finalmente lo sguardo dal terreno per guardare Kei.

La gelida aria invernale rende le sue guance arrossate, e anche se il rossore copre un po’ le sue lentiggini, Kei pensa che le renda ancora più evidenti. Un passo dopo, Yamaguchi scivola di nuovo sgraziatamente. Sta per cadere sul terreno innevato quando Kei si abbassa dietro di lui, stringendo le braccia intorno al suo busto sottile. Si muove come per appoggiare Yamaguchi al sicuro a terra, ma poi lo solleva in aria lasciandolo penzolare dalle sue braccia. Yamaguchi emette un suono acuto che Kei non è del tutto sicuro sia umano.

“Sei senza speranza,” dice rivolto alla spalla di Yamaguchi.

“Io non… Io… Giuro che non…” Yamaguchi sta ridendo, sghignazzando, tremando contro il petto di Kei, “Tsukki, dai, mettimi giù. Giuro che non… ah! Ah ha!”

Kei si sente come riempire il petto da una luce dorata quando Yamaguchi è così felice e blaterante, con il freddo pungente sui loro visi e il timido sole invernale a illuminarlo.

Si sente del tutto dorato. Non vuole pensare alla lunga giornata di scuola che li aspetta una volta raggiunta la loro destinazione. Non vuole pensare agli allenamenti di pallavolo e al caos che portano—anche più dello scorso anno, da quando i ragazzi del terzo anno si sono diplomati qualche mese fa. Vorrebbe camminare per sempre, girare intorno a Yamaguchi con le braccia tese per proteggerlo. Le sue guance arrossiscono involontariamente al pensiero e rimette l’altro ragazzo in piedi. Il viso abbronzato di Yamaguchi è ancora rosso, in egual parte per le risate e il freddo.

“Ti ho detto che non sarei caduto di nuovo, significa che non lo farò—“

Non fa neanche in tempo a mettere forza nel colpetto che cerca di dare alla spalla di Kei prima di scivolare di nuovo. Questa volta, Yamaguchi agita le braccia in aria prima di avvolgerle saggiamente intorno a Kei, incollandosi al suo fianco. Kei batte i denti quando viene colpito dal rigido vento.

“Senza speranza,” ripete, il calore al suo fianco una sensazione piacevole rispetto al freddo invernale che avvolge il resto di lui.

“Scusa, Tsukki,” sorride Yamaguchi, “ma hai detto che potevo reggermi a te.”

Le sue guance sono ancora più rosse di prima, ma Kei se lo sta probabilmente immaginando.

“Purché tu non scivoli e muoia. Dovrei pulire il tuo cervello congelato dalla strada e trovare un nuovo battitore. Ennoshita mi ucciderebbe, letteralmente. E credo che la testa di Kageyama esploderebbe. E poi dovrei pulire il suo cervello dal pavimento della palestra,” Kei fa un gemito prima di aggiungere, “anche se probabilmente lo farei pulire ad Hinata.”

“Come fai a essere così cupo di mattina presto?”

“È il mio talento.”

“Lo è sempre stato.”

La scuola emerge in lontananza, la sua vista solo leggermente oscurata dalla neve. Stanno camminando in sincrono ora, nota Kei. Yamaguchi è tornato a guardarsi attentamente i piedi. Lo prende come un via libera per osservare il suo viso, gli occhi scuri attenti e concentrati su quell’immagine luminosa. Solleva l’angolo della bocca come se si fosse raccontato una barzelletta nella mente. Kei distoglie lo sguardo.

“Perché sono così fortunati, comunque?” chiese Kei tornando a parlare dei suddetti calzini.

“Ancora non lo so.”

“Non lo sai?”

Yamaguchi scuote la testa. “Nope.”

Kei fa un suono d’assenso a bocca chiusa. Il ragazzo lentigginoso si gira per rivolgergli un veloce sorriso che fa girare la testa a Kei.

“Mi sa che mi tocca aspettare che succeda qualcosa di bello mentre li indosso, no, Tsukki?”

 

__________

 

“Hey, Hinata.”

Hinata abbassa la bottiglia d’acqua gialla dal viso arrossato e dice, “Che c’è?”

“Se la testa di Kageyama esplodesse sul pavimento della palestra, puliresti il suo cervello?”

“Cos—?”

Hinata si interrompe e guarda fisso nel vuoto, accigliandosi. Kei pensa di non averlo mai visto pensare così intensamente a qualcosa in tutto l’anno e mezzo in cui l’ha conosciuto. Kageyama smette di palleggiare in aria, in piedi a qualche metro da loro, e tiene la palla in mano ascoltando. Hinata si gira per guardarlo, ancora pensando, prima di girarsi di nuovo verso Yamaguchi.

“Perché non può farlo lui?” chiede genuinamente il rosso.

“Idiota,” lo accusa Kei, “perché la sua testa è esplosa! È morto, o quasi.”

“Non è vero,” dice Kageyama.

Kei e Yamaguchi lo ignorano e quest’ultimo chiede ancora, “Allora, lo faresti?”

“Solo se lui lo farebbe per me,” decide Hinata. “Non pulisco il cervello di qualcuno che non farebbe lo stesso per me.”

“Mi sembra giusto,” dice Yamaguchi.

“Che dici allora, Kageyama?”

Si girano tutti verso il palleggiatore che ora ha la palla sotto il braccio e potrebbe sembrare arrossito se Kei non lo conoscesse.

Alza le spalle in un gesto pigro prima di rispondere, “Certo.”

“Grande, Kageyama!” grida felice Hinata balzando sul pavimento della palestra per lanciarsi verso di lui.

Ennoshita sembra materializzarsi dal nulla e afferra Hinata per il collo della maglietta prima che possa scontrarsi contro il fianco di Kageyama. Gli rivolge un suono di disapprovazione e spinge Hinata di nuovo in campo.

“Solo per farvelo sapere, non pulirei nessuno dei vostri cervelli,” dichiara fieramente Ennoshita.

“Neanche il mio?” gridano in unisono Nishinoya e Tanaka dalla porta.

“Neanche il tuo?” chiede distrattamente Kageyama al loro capitano, guardando Hinata allontanarsi.

Kei sbuffa. “Questo non ha senso.”

“Ha senso quanto la tua faccia!” grida Hinata dall’altro lato della palestra dove è stato bandito.

Ennoshita gli rivolge un’occhiataccia e Hinata assume un’aria tradita prima di gesticolare verso Kei e Yamaguchi.

“Hanno iniziato loro!”

“È vero,” ammette Yamaguchi, “abbiamo iniziato noi, in un certo senso.”

 

_________

 

Le persone si lasciano. Kei lo sa.

L’ha visto succedere con i suoi genitori quando aveva sei anni. L’ha visto con i suoi zii quando ne aveva undici. Lo vede succedere sempre in libri e film e fumetti che si imbarazza un po’ a leggere. L’ha visto succedere ancora e ancora quando suo fratello Akiteru era al liceo; ragazze di cui parlava da settimane che venivano a cena una volta sola e che poi Kei non vedeva mai più né ne sentiva parlare. Suo fratello era bello, interessante, divertente… Kei non capiva.

“Cos’è successo a quella ragazza che veniva sempre a casa nostra?” chiede Kei. Akiteru alza lo sguardo dal libro sulla sua scrivania per guardare Kei che è seduto a gambe incrociate sul letto del fratello Tsukishima più grande. Il ragazzo alza un sopracciglio e inclina la testa. Kei torna a guardare il libro sui dinosauri che ha in grembo.

“Chi?”

“Portava gli occhiali,” risponde Kei, aggiustando i suoi. “Ed era bassa, con i capelli marroni.”

Akiteru stringe la bocca e dice, “Non parliamo più molto, in realtà.”

“Era simpatica.”

“Eh?” Akiteru sorride. “Lo pensi davvero, Kei?”

“La maggior parte delle ragazze che hai portato a casa erano simpatiche,” mente Kei; non gli dà davvero molta attenzione, anche se siede solo a qualche centimetro da loro durante le conversazioni a cena. “Sono state loro a lasciarti?”

“Hey!” grida Akiteru. “Perché dai per scontato che mi abbiano lasciato loro e che non sia stato io a lasciarle?”

“Non cambia molto,” risponde onestamente Kei.

“Certo che cambia,” Akiteru sospira. “Ma, è solo che… non lo so.”

“Hm?” Kei alza lo sguardo su di lui, le sopracciglia aggrottate.

“Con alcune di loro avrei fatto meglio a restare solo amico.”

Kei gira distrattamente una pagina del suo libro.

“…Non puoi restare amico con qualcuno anche dopo che vi siete lasciati?”

Akiteru scrolla le spalle e si gira di nuovo verso la scrivania.

“No. È diverso, dopo.”

“Diverso,” ripete Kei.

“Sì, Kei. Lo capirai quando sarai più grande.”

Kei odiava quando le persone dicevano quella frase, e lo odia ancora. Sono passati sette anni e ancora non riesce a comprendere del tutto quello che suo fratello gli ha detto quando aveva dieci anni, perché l’unica persona che era rimasta con lui per più di un paio di giorni era Yamaguchi— è Yamaguchi. Non è preoccupato da questo fatto neanche lontanamente quanto lo sarebbe qualcun altro.

Kei pensa a tutte le ragazze che nell’ultimo anno e mezzo di scuola lo hanno avvicinato. Pensa ai fiocchi rosa e rossi nei loro capelli lucenti, alle calze tirate su fino a metà polpaccio, ai loro begli occhi scintillanti mentre spingevano regali nelle sue mani pallide. A volte desidera che quei momenti gli piacessero di più di quanto succeda in realtà. A volte desidera volere le loro attenzioni e affetto e complimenti, come Tanaka-san. Desidera riuscire a racimolare un po’ di comprensione per loro quando le rifiuta. Tieni il regalo, gli dicono tristemente quando lui cerca di ridarglieli, l’ho preso per te, quindi puoi tenerlo.

Così lui butta i bigliettini nel cestino della stanza del club di pallavolo e condivide i dolci con Yamaguchi—che dice sempre di sentirsi un po’ in colpa a mangiarli—e perfino con Kageyama e Hinata se quel giorno si sente particolarmente gentile. Li ascolta bisticciare con una passione che sembra esagerata per la loro innocua rivalità e osserva le dita di Yamaguchi mentre piega delicatamente i piccoli fogli di alluminio in cui erano incartati i cioccolatini.

Gli amici possono diventare amanti, certo, pensa pigramente Kei, ma come si può ritornare ad essere amici quando l’amore inevitabilmente va a finire male?

 

__________

 

da: hinata shouyou!

oggetto: AIUTOOO!!!

YAMAGUCHI io e tobio abbiamo trovato un gatto fuori sakanoshita     

 

“Chi?” chiede Kei, guardando il telefono di Yamaguchi da sopra la sua spalla.

Yamaguchi lo guarda con un sopracciglio alzato e Kei lo fissa.

“Tobio?” dice. Kei continua a fissarlo. “Kageyama-kun, Tsukki!”

“Giusto. Non credo di aver mai sentito Hinata chiamarlo così.”

“Hm,” fa Yamaguchi. “Forse neanche Kageyama.”

“Che vuoi dire?”

Yamaguchi è troppo impegnato a scrivere una risposta per parlare.

 

a: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

è carino? hinata perché l’oggetto è AIUTO?

 

da: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

è molto molto carino ma non sappiamo che farci!

 

a: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

Non devi farci niente è uno stupido gatto lascialo in pace.

 

a: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

quello era Tsukki!! :< arriviamo

 

“Dobbiamo per forza?” si lamenta Kei. “È solo un gatto. Sono troppo esagerati.”

Yamaguchi gli dà un colpetto sulla spalla e si rinfila il telefono in tasca. Quando quello suona allegramente con la risposta di Hinata, non lo guarda.

“Gli passiamo proprio davanti per tornare a casa. E comunque, ha detto che era molto carino.”

“Ha degli standard molto bassi.”

A Yamaguchi scappa una risata.

“Ti compro un ghiacciolo se la smetti di rompere.”

“Non stavo rompendo.”

“Sembrava proprio che stessi rompendo,” sorride Yamaguchi.

“Se insisti,” capitola Kei, guardandosi dietro le spalle per osservare come l’ultimo raggio di sole colora il cielo di arancione e rosa. Sente le ossa pesanti per l’allenamento e la sua borsa gli fa dolere la spalla. La fa scivolare giù per portarla in mano.

“Ti fa male la spalla?”

“Un po’, sì.”

“Povero Tsukki,” dice sinceramente Yamaguchi. Si gira per rivolgere uno sguardo di comprensione a Kei ma poi si tira subito su quando continua a parlare, “Ti sei impegnato oggi. Non ne sono sorpreso.”

“Non sei sorpreso che mi sono impegnato?”

“Voglio dire che non sono sorpreso che sei dolorante, tonto.”

“Giusto,” annuisce Kei. Fanno qualche altro passo e Kei esita per un po’ con quello che vuole chiedere.

“Ti sorprende ancora quando mi impegno?”

“No, mai,” risponde immediatamente Yamaguchi, sopracciglia corrucciate per la concentrazione piuttosto che per confusione. “Em, non più. Lo sai.”

Kei sa che sono entrambi cambiati nell’ultimo anno e parlarne sembra ridondante. Sono sorte delle motivazioni e sono cambiate le prospettive. Ma Yamaguchi ha questo luccichio concentrato negli occhi ogni volta che viene portato a galla l’argomento; da Kei (in quei momenti molto rari in cui si sente particolarmente sentimentale), da il Coach Ukai, da Yachi, o da uno qualsiasi del terzo anno. È uno sguardo nuovo, su Yamaguchi.

È sicurezza. Kei pensa che gli calzi meglio di qualsiasi altro colore in tutto il dannato spettro.

“Hey! Yamaguchi! Tsukishima!”

Kei fa appena in tempo a distogliere lo sguardo da Yamaguchi prima di andare a sbattere contro Hinata e… qualcos’altro. La palla di pelo lo guarda con enormi occhi gialli e Kei le risponde battendo le palpebre. Hinata gli spinge la gatta in faccia.

“Ti ho detto che era carino,” dice.

“Porta sfortuna.”

“E dai, Tsukki, non ci credi.”

Yamaguchi prende delicatamente la gatta da Hinata e la tiene contro il suo petto. La creatura si rilassa immediatamente e lancia un’occhiataccia al suo precedente rapitore. Kageyama le rivolge un’occhiataccia in risposta da dietro Hinata e Kei lo guarda divertito. La gatta strofina con entusiasmo il suo muso contro le dita di Kei quando lui le allunga per accarezzarla.

“Kageyama, non ti piacciono i gatti?” chiede Hinata, girandosi per guardarlo. Kageyama tira un calcio a terra con le sue scarpe da ginnastica.

“Sì, certo. Ma io non piaccio a loro.”

“Sì che gli piaci,” si lamenta il rosso. “Dici così solo perché prima la stavo tenendo solo io. Yamaguchi, dalla a Kageyama.”

Kageyama cerca di protestare ma Yamaguchi va da lui e gli porge delicatamente la massa di pelo scuro. Yamaguchi emette un suono intenerito quando lei praticamente si lancia nelle braccia di Kageyama raggomitolandosi contro di lui.

“Ah! Visto, te l’avevo detto!”

“Le piaci, Kageyama,” concorda Yamaguchi.

Kei ridacchia. “Scommetto che è la prima volta che sente quella frase.”

“Chiudi la bocca,” ringhiano in modo innocuo Kageyama e Hinata prima di tornare a interessarsi al morbido felino.

Kei si sporge in avanti per tirare la manica di Yamaguchi.

“Ghiacciolo?” dice.

Yamaguchi alza gli occhi al cielo ma sulle sue labbra cresce un sorriso affezionato. Gli occhi di Kei scattano verso di esse prima che riesca a fermarsi. I suoi denti bianchi e dritti gli sorridono splendenti tra la luce che si affievolisce.

“Okay, Tsukki.”

Yamaguchi ha la testa rivolta dietro le sue spalle mentre entrano nel negozio. Guarda gli altri due ragazzi del secondo anno, capelli arancioni che contrastano contro nero lucente mentre le loro teste sono premute insieme sopra la sfortunata gatta. Kageyama non guarda l’animale, ma Hinata. Kei riderebbe se non ci fosse qualcosa di quasi familiare nel modo in cui lo guarda. Occhi blu scuro scattano in alto per incontrare i suoi marrone dorati, e si stringono come se sfidasse Kei a dire qualcosa. Kei si volta per guardare avanti a sé e tira di nuovo la manica di Yamaguchi così che lui faccia lo stesso.

“Sono carini,” commenta teneramente Yamaguchi.

Kei cerca di dare un nome alla sensazione che prova ma non ci riesce. Paga per entrambi i loro ghiaccioli anche se Yamaguchi protesta, e tornano fuori, con il sole finalmente scomparso dietro le montagne. Il cielo senza nuvole è punteggiato da un viola scuro.

“Penso che l’avete infastidita abbastanza,” insiste Kei rivolgendosi alla gatta ancora nelle braccia di Kageyama.

Hinata le rivolge dei baci da lontano e Kageyama sposta con determinazione lo sguardo da un’altra parte.

“Ci vediamo domani!” dice Yamaguchi salutando i due con la mano.

Una luce all’esterno di Sakanoshita si accende con un leggero blip e i quattro ragazzo sbattono le palpebre nell’improvvisa luminosità. Kageyama posa finalmente la gatta a terra con un “ciao, gatto” a bassa voce, e Hinata fa scivolare la sua mano su per la lunga coda attorcigliata prima di lasciarla finalmente andare. Kei sente un ticchettio quando Hinata tira su la bicicletta da dove l’aveva abbandonata a terra.

“Sì, sì, stiamo andando anche noi. Devo riportare questo gatto fifone a casa prima che sia del tutto buio.”

“Hey!” inizia Kageyama, sbattendo un palmo rigido contro la nuca di Hinata.

“Zitto, Kageyama! Sappiamo tutti che hai paura del buio, non è più un segreto, non da quella volta…”

“Hinata, stupido, smettila!”

“…da quella volta al pigiama party a casa di Sugawara-san l’anno scorso quando…”

“Finiscila!”

“Pigiama party di squadra,” sorride Yamaguchi mentre lui e Kei si dirigono dalla parte opposta del duo. “Dovremmo farne un altro.”

“Ti prego,” avverte Kei, rivolgendogli uno sguardo tagliente. “Non parlarne con nessuno di loro. Specialmente Nishinoya.”

“Non dovrò farlo. Scommetto che Hinata si è già messo l’idea in testa.”

“Sarà l’unica cosa che ha in testa.”

“Così cattivo, Tsukki,” lo rimprovera Yamaguchi, ma lo prende comunque sottobraccio per un secondo.

  
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