Il suono dei tacchi rimbombò nella stanza vuota, Peggy osservò il simbolo dell’aquila dipinto sulla parete. Voltò il capo verso Howard, sfilò gli occhiali da sole arricciando il labbro.
“Ti chiederei come ti è venuta l’idea, ma ho paura di scoprirlo” disse.
Howard sogghignò arricciando il naso, sciolse le braccia incrociate e camminò tra le scrivanie vuote poste lungo la stanza rotonda.
“Dopo la morte di Steve ho pensato molto a cosa avrebbe voluto, e ho realizzato che non sono le armi a dover difendere le persone”, disse, “è uno scudo”.
Peggy si avvicinò alla parete, sfiorò il cerchio che circondava l’aquila e passò l’unghia sulla scritta verniciata in rosso.
“SHIELD”.
Si voltò verso Howard, piegò il capo sorridendo.
“Vuoi che lo diriga con te?”.
Howard alzò gli occhi al cielo, si poggiò contro una scrivania e vi mise le mani accavallando le caviglie, la guardò negli occhi sogghignando.
“No, voglio tu faccia la segretaria!”, esclamò, “ovvio che voglio tu lo diriga con me, Peg. Sei l’unica a cui posso affidare l’eredità di Steve”.
Peggy si guardò intorno osservando la serie di scrivanie vuote, si scostò dalla parete avanzando verso Howard e strinse le labbra.
“Serviranno persone fidate”, disse, “non solo soldati, anche scienziati, ingegneri, professionisti”, elencò, “uno scudo che copra ogni campo”.
Howard scosse il capo, allargò le braccia e camminò lungo le scrivanie sfiorando i tavoli, infilò le mani in tasca voltando la testa.
“Il numero di persone di cui mi fido ammonta a quattro, contando me stesso”.
Peggy ticchettò con il tacco sul pavimento, lisciò ripetutamente la stecca degli occhiali che aveva in mano graffiando la vernice rossa con l’unghia e sospirò.
“Allora sceglierò io”, disse, “non dovrai fare nulla senza che io non lo sappia, okay?”.
Howard sorrise, si voltò completamente e allargò le braccia.
“Ehi”, esclamò, “non ho mica intenzione di fondare una società spionistica”.