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Autore: Schully    06/12/2017    0 recensioni
Capitoli in revisione.
Mi sono messa a pasticciare dopo un finale di metà stagione mooolto deludente... se vi piace sognare forse questa storia fa per voi... premetto che l'ho scritta e pubblicata... non le ho dato il tempo di riposare sono troppo arrabbiata se c'è qualcosa da aggiustare dite son tutta orecchi.
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Siamo arrivati? Siamo arrivati? Siamo arrivati?....

 

Un altro giorno di cammino, un’altra alba sopra le nostre teste, l’aria fredda che mi penetra nelle ossa. L’incertezza dell’ignoto però non mi spaventa, non più, non come prima, mi sento euforica. Sono finalmente libera dalle catene invisibili che io stessa avevo forgiato, dopo aver perso il mio angelo, il mio piccolo André. Mio figlio. Quale madre sopravvive ad un figlio? Nessuna…  Non è accettabile, non è giusto. Ci annienta, e se riusciamo a sopravvivere, diventiamo qualcosa che…

Io avevo forgiato catene. Catene indissolubili, così simili a quelle con cui avevo incatenato i miei cari, così pesanti… così necessarie. Li avevo usati come scudo non solo per gli erranti ma anche per gli esseri umani, tenendomi sempre ai margini non riuscendo, non volendo mai del tutto cedere quella parte di me inviolabile e oscura, anche con Andrea nonostante avessimo condiviso moltissimo non mi ero aperta, mai del tutto. Con Rick e gli altri invece a poco a poco sono tornata ad essere quella che ero, non quella che ero dovuta diventare. Non c’era voluto molto tutto sommato, un vagito di Judith, una gara di equilibrio con Carl spartendosi una barretta di cioccolato; Glen che accarezza la pancia di Maggie… L’ottimismo di Beth che è riuscita a contagiare persino DarylMichonne è tornata, IO sono tornata, è stato un risveglio repentino, così di punto in bianco, una mattina guardando fuori dalla finestra del Grady, mi sono resa conto che ero io lo zombie in fin dei conti, ero io che arrancavo in una non vita, credendo che fosse l’unica via percorribile. Non mi ero mai più sbagliata di così, e ne sono incredibilmente felice, a rendermi ancora più su di giri in questa mia rinascita, è che finalmente Rick si è deciso, e stiamo seguendo Aaron verso quella che potrebbe diventare la nostra prossima casa. Non sono così ingenua da credere che sarà tutto rose e fiori, infatti Rick non ha voluto nemmeno seguire il percorso tracciato da Aaron, non fidandosi totalmente delle sue parole, e abbiamo preso una strada alternativa. Come volevasi dimostrare… siamo nei guai.

La strada scelta da Rick si è dimostrata fin da subito molto accidentata, piena di buche e irta di erbacce, tronchi d’albero sparsi che ci hanno rallentato e di parecchio, quello sarebbe stato il meno da sopportare se non che, ad un certo punto, appena superato un ponte traballante che già ci aveva causato molte difficoltà, il manto stradale era completamente sconquassato e i tramezzi che l’avrebbero dovuto tenere insieme erano arrugginiti e in alcuni punti piegati. Abbiamo dovuto procedere a passo d’uomo, e confesso che ad ogni scricchiolio il mio cuore perdeva un battito, a pochi metri dal ponte abbiamo trovato una vera e propria voragine al centro dell’asfalto, la crosta si è staccata lasciando un buco di circa 3 metri di larghezza per 4 di lunghezza e un bel mezzo metro di profondità, pieno di fango e detriti, non ci giurerei ma mi è sembrato di vedere anche un paio di corpi in quel putridume. Ai nostri lati c’è solo il bosco, arrancare a piedi tra gli alberi non era di certo nei nostri piani.

-“Cazzo!”- esclama Daryl di botto, frenando di colpo.

-“Siamo nella merda”- rispondo guardando verso Rick, mi verrebbe quasi da urlargli:

“Perché l’hai fatta più complicata di quella che era? Bastava fidarsi, Cristo! Non era così difficile” poi mi rendo conto dell’enormità della parola “fidarsi” e credo che sarò indulgente. Carol mi guarda in modo complice, entrambe abbiamo avuto lo stesso pensiero ma non è il caso di farlo sapere a Rick. Lui infatti continua a guardarci con occhi colpevoli e io sogghignando penso: “Ok, vicesceriffo sei nostro” faccio l’occhiolino a Carol per sottolineare la nostra intesa e punto i miei occhi in quelli di Rick:

-“E adesso?”-

-“Suggerirei di trovare qualcosa come delle assi di legno per superare l’ostacolo”-  a parlare è stato Eugene –“Buona idea”- risponde Daryl e tutti si mettono in cerca, mentre Rick, Abraham e io montiamo la guardia.

 

Sono passate un paio d’ore, Beth e Carol hanno trovato erbe e bacche commestibili, Maggie si sta riposando su insistenza di suo marito, mentre padre Gabriel si sta occupando di Judith. Glenn e gli altri sono riusciti a trovare abbastanza supporti per permetterci di superare la voragine senza abbandonare i nostri veicoli, che adesso rappresentano per noi la differenza tra vivere o morire, ma siamo talmente sfiniti che per il momento dobbiamo fermarci. Il sole impietoso batte sulle nostre fronti sudate, la scarsità d’acqua comincia a farsi sentire, non siamo ancora in emergenza ma poco ci manca. L’odore dell’opossum alla griglia che Daryl ha cacciato penetra nelle mie narici, non credevo potesse essere un profumo così allettante per il mio stomaco, ma evidentemente mi sbagliavo, in questo momento mi sembra il piatto più succulento su cui abbia messo i denti; ci sediamo tutti intorno al fuoco a mangiare. Per un po’ il silenzio vige sovrano fino a che Beth su insistenza di Maggie non intona una canzone, è Will survive di Gloria Gaynor, per un momento rimango in silenzio, ascoltando la voce delicata di Beth ma poco a poco l’entusiasmo di essere ancora viva ed insieme alla mia famiglia mi fa venire voglia di cantare e così faccio, Eugene insieme a Tara cominciano a battere il ritmo su delle lattine, Carol lancia un acuto e tutti ridiamo, gli unici che rimangono sulle loro sono Rick, Sasha, Carl e Daryl. Carl per il semplice motivo che è troppo giovane e non può conoscere questa hit dance anni 80, e secondo me ci reputa anche un po’ svitati, infatti ci guarda storto mentre culla Judith, Sasha è giustificata dal lutto. Sono Daryl, e Rick che non hanno scuse, sono musoni perché vogliono esserlo, con questa consapevolezza rido ancora più forte di prima, facendomi andare di traverso un pezzo di opossum, una pacca vigorosa di Abraham tra le scapole mi rimette in sesto. Ho gli occhi che mi lacrimano e la vista leggermente sfocata per questo non noto subito l’orda che sta arrivando alle nostre spalle, si muovono lentamente ma saranno presto qui. Beth smette di cantare e vede anche lei ciò che ho visto io, non esce un fiato dalla sua bocca, si limita ad alzarsi di scatto e a brandire la pistola.

-“Dobbiamo muoverci a spostare le macchine”-  dice Daryl con urgenza, mentre si mette a spingere il primo minivan sulle assi di fortuna che abbiamo trovato per superare la voragine , Glenn e padre Gabriel gli danno una mano mentre io, Carol e Maggie siamo pronte a fare fuoco per contenerli.

-“Rick ho un idea”- esclama Beth guardando il vicesceriffo sia io che Rick la guardiamo interrogativi –“non sono ancora arrivati al ponte, potremmo dividerli e buttarli giù dal dirupo mentre gli altri spostano le macchine”-

-“buona idea Beth”- le dico guardandola negli occhi, e so che anche Rick l’ha trovata una buona idea perché sta già correndo verso l’inizio del ponte insieme a Sasha e Abraham, Carol e Rosita, io, Tara e Daryl li raggiungiamo subito dopo, mentre tutti gli altri fanno avanzare i nostri mezzi oltre l’ostacolo che abbiamo trovato. Per il momento il piano sembra funzionare, ci stiamo liberando degli erranti senza sparare un colpo, tutto fila liscio finché Sasha non si fa sopraffare dalla rabbia o da non so che altro, si stacca dal gruppo e comincia a falciare erranti senza criterio, lasciando un’enorme falla nella nostra difesa. Rick cerca di contenerla senza riuscirci, a mia volta cerco di raggiungerla falciando non morti a destra e a manca, l’ho quasi raggiunta quando succedono due cose contemporaneamente, Maggie urla che siamo pronti a scappare, i tramezzi cedono e la parte di ponte dove stava Sasha crolla miseramente nel vuoto, trascinando lei e mezza dozzina di erranti nel dirupo che si è aperto a meno di mezzo metro da me. Per un attimo rimango agghiacciata fino a che la mano di Rick prende il mio braccio e mi trascina indietro un attimo prima che il terreno frani anche sotto ai miei piedi:

-“Non possiamo fare più niente, dobbiamo andarcene”- mi appoggio a lui e continuo a correre mentre l’urlo di Sasha continua a riecheggiare nelle mie orecchie.

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞

 

Aaron è nervoso, il suo compagno l’avrebbe aspettato tre giorni dopodiché se ne sarebbe andato tornando ad Alexandria. Eravamo quasi allo scadere del tempo, all’alba Eric sarebbe ripartito. L’uomo non dubitava di poter arrivare alla città ma si vedeva lontano un miglio che non voleva che il suo compagno lo credesse morto, almeno è quello che continuo a ripetermi, per placare la mia ansia e il mio… senso di colpa? Sasha è morta, forse per colpa sua, forse per colpa della mia idea, forse per colpa di Rick che non ha voluto fidarsi fino in fondo. A questo punto non credo che abbia importanza, è un altro fantasma con cui dovrò fare i conti, e non sarà ne il primo ne l’ultimo.

Il sole sta tramontando, fortunatamente non dobbiamo fare ancora molta strada, il paese che Eric e Aaron usano come avamposto per accogliere i nuovi cittadini dista solo 5 miglia però Rick, ha proposto comunque di fermarci e stranamente Aaron non ha battuto ciglio. Credo che sia stanco anche lui dopotutto, e nonostante voglia arrivare dal suo compagno velocemente è consapevole che da stanchi, i nostri riflessi sono compromessi e che quindi è meglio riposare.  Io non ho assolutamente sonno, anzi mi sento più sveglia che mai insomma…  Nel giro di 24 ore sono cambiate moltissime cose, abbiamo perso un altro membro del gruppo, e non eravamo pronti ad un altro lutto in così breve tempo. Sono triste per Sasha, però non posso fare a meno di sentirmi euforica per il bacio con Daryl. Sono una persona orribile? Può essere, ormai non ha più importanza, io sono una sopravvissuta e questo mi basta.  Il posto dove ci siamo fermati non offre molti ripari, ci barrichiamo alla bel e meglio e aspettiamo che passi la notte.

 

Credevo che non avrei chiuso occhio e invece sono crollata come una pera cotta, dopo pochi minuti che mi sono sdraiata sul sedile posteriore della station cullando Judith, a svegliarmi è il tocco delicato di Carl –“stiamo per partire, vuoi darla a me?”- Chiede mentre allunga le braccia verso la bambina, gliela cedo volentieri. Ho bisogno di vedere Daryl, sincerarmi che quello che è successo ieri non sia un sogno. Non ho fortuna, le macchine sono tutte cariche, e non riesco a vederlo fino che alla guida di uno dei mini van, non ci supera facendo segno a Rick di seguirlo.

 

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞

 

Il cielo stava piano, piano rischiarendo a est, lasciando spazio ad un nuovo giorno e Aaron non era ancora tornato, effettivamente mancavano ancora un paio d’ora al rande-vu, però l’ansia cominciava ad attanagliarmi le viscere, e se gli fosse capitato qualcosa? Se il gruppo non l’avesse accolto ma invece l’avesse… ucciso, no. Non pensarlo nemmeno. Sono brave persone, non potrebbero mai fare una cosa del genere, ma… se avessero incontrato una mandria di non morti?  Non è possibile, il percorso è pulito ci sono voluti mesi per renderlo tale, ma alla fine ci siamo riusciti, mi ripeto continuando a guardare l’alba che prepotente si mostra davanti a me. E se gli argini avessero ceduto? Se si fosse ferito? Eric piantala, Aaron è un uomo in gamba e ti ha dimostrato più di una volta di essere pieno di risorse. Perché però continuo ad avere paura? C’è qualcosa che non va, mi sento accapponare la pelle. Per tenere a freno l’ansia comunque mi metto a fare ordine tra le nostre attrezzature, ripetendomi che tra poco sarà qui.

Avere le mani occupate mi permette di gestire meglio le mie emozioni, è sempre stato così anche prima di tutto questo. Il lavoro manuale mi ha sempre rilassato, da bambino passavo ore con i lego a costruire, smontare, e rimontare. A 16 anni iniziai a lavorare il legno, mio nonno era un abile costruttore di mobili e mi aveva lasciato questa sua passione, che poi trasformai nella mia professione, ero diventato molto ricercato nel mio campo, ero stato addirittura contattato da una casa di produzione per andare a collaborare con quel reality show di ristrutturazioni, poi però il mondo era finito e la mia vita anche. Fino a che Aaron non mi aveva trovato nello scantinato in cui mi nascondevo nella periferia di Washington, e insieme avevamo raggiunto Alexandria. Scruto il cielo che sta diventando sempre più chiaro, “Aaron dove sei?”  Il furgone è caricato, le armi le ho smontate e pulite ed ora sono allineate perfettamente davanti a me, prendo il fucile di precisione e salgo sul tetto del furgone, armato di binocolo scruto l’orizzonte, di coloro che sto aspettando non c’è nessuna traccia, un sospiro frustrato mi scappa, il tempo sta stringendo. Tra un po’ me ne dovrò andare e abbandonare Aaron… No, no, no, guardo l’ora sul mio orologio sgualcito, le sei e mezza, cazzo è in ritardo doveva essere qui alle sei, l’ansia mi risale peggio di prima, ora come ora, neanche costruire una casa intera mi calmerebbe. “Aaron dove cazzo sei?” Potrei andargli incontro penso in un baleno, mentre scendo dal tetto e mi metto alla guida del furgone, controllo la mappa, l’interstatale è la seconda svolta a destra, -“vengo a prenderti amore mio!”- Pieno di fiducia metto in moto.

 

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞

 

A due miglia dal villaggio la station-vagon di Rick ha bucato, me ne sono accorto perché continuavo a fissare lo specchietto retrovisore ogni 5 minuti, non avere la ragazzina accanto a me mi rendeva nervoso, ma l’averla vicina mi ci avrebbe reso ancora di più dopo il bacio di ieri, così ero sceso ad un compromesso con me stesso. Però continuavo a guardare dietro per controllare che andasse tutto bene. Accosto ancora prima che Rick mi faccia i fari, e scendo velocemente per dare una mano.

-“Voi proseguite, cominciate a fare le presentazioni, noi cambiamo la ruota e arriviamo”- risponde Rick guardandomi  con un sorriso. La ragazzina mi fissa mentre tiene in braccio la piccola spaccaculi, i suoi occhi sembrano stelle che brillano, e ora so che lo fanno per me e questo mi rende orgoglioso e spaventato allo stesso tempo. Vorrei chiederle di venire con me, scaricare Eugene o Tara e osservare i suoi capelli biondi che ondeggiano al vento, ma mi impongo di essere duro.

-“Ok”- rispondo velocemente e risalgo in macchina, Aaron è impaziente, continua a fissare l’orologio del cruscotto con aria truce mentre Tara cerca di rassicurarlo, mi limito a sbuffare mentre giro la chiave nel quadro, il minivan riprende vita con un rumore sordo, il motore ormai è al limite, speriamo che regga.

 

Siamo giunti all’avamposto di cui ci parlava Aaron, il vecchio ufficio vendite del quartiere residenziale di Alexandria, due container che fungevano da uffici, un paio di bagni chimici e una casetta in legno che doveva essere l’infermeria, fortunatamente sono tutti in buono stato. Però mi ricordo che Aaron aveva parlato di villaggio, questo mi sembra una presa per il culo, guardo verso l’uomo in modo truce e lui alza le spalle, come a chiedere scusa. Tutto intorno ci sono cartelli che indicano la safezone e i requisiti per farne parte, un po’ mi ricordano Terminus e un brivido mi risale lungo la schiena, ma so che queste persone, anche se non le conosco, sono ciò che c’è di più lontano a quei cannibali figli di puttana. Beth ha ragione, esistono ancora le brave persone e Aaron è una di queste, non credo che possa convivere con una tribù di cannibali senza battere ciglio. Quindi ho deciso di dargli il beneficio del dubbio, mi fiderò… Finché sarà opportuno farlo. Comincia a chiamare a gran voce un nome, quello di Eric, il suo compagno, ma nessuna voce giunge in risposta. Entriamo nei container-ufficio, un divano comodo appare alla mia destra, sulla scrivania ci sono delle bottigliette d’acqua, ne afferro una e do una sorsata. Tara e Glen cominciano ad aprire i cassetti in cerca di qualcosa di utile, a parte dei progetti architettonici non trovano nulla, li gettano a terra frustrati mentre Eugene li raccoglie, e comincia ad osservarli con interesse. Continuo a guardarmi intorno cercando cose utili. Il rumore della portiera che sbatte della macchina guidata da Abraham mi fa sussultare per un attimo, l’ex marine mi guarda mentre Aaron continua a chiamare il nome di Eric, anche se ormai è chiaro a tutti che l’uomo non è qui. Improvvisamente un razzo di segnalazione solca il cielo di fronte a noi:

-“Eric!”- urla Aaron e si mette a correre verso quella luce verde.

 

continua....

 

 

   
 
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